N. 36 SENTENZA 22 gennaio - 5 febbraio 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Minori - Provincia di Bolzano - Delinquenza minorile - Erogazione  di
 contributi   agli   enti   locali  -  Ripartizione  -  Beneficiari  e
 destinazione di immobili - Commissione istituita presso la Presidenza
 del Consiglio  -  Rappresentanti  delle  province  autonome  e  delle
 regioni - Interventi di natura aggiuntiva, straordinaria ed urgente e
 non  sostitutiva  - Richiamo alle sentenze nn. 180, 37 e 32 del 1991;
 345/1990, 459, 399 e 324 del 1989  e  217/1988  -  Non  fondatezza  -
 Concessione   di  contributi  relativi  ad  iniziative  assistenziali
 attivate o da  attivare  nell'ambito  del  territorio  provinciale  -
 Incidenza   nella   sfera   di   autonomia   provinciale   -  Mancata
 partecipazione   delle   province   al   relativo   procedimento    -
 Irragionevolezza  -  Richiamo alla sentenza n. 286/1985 della Corte -
 Immobili di natura demaniale e patrimoniale - Gestione - Uso gratuito
 -  Limitazione  delle  competenze   degli   enti   -   Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Legge  19  luglio  1991,  n. 216, artt. 1, 2, primo, secondo, terzo,
 quarto, quinto e settimo comma, e 3; legge 19 luglio  1991,  n.  216,
 art. 2, sesto comma).
 
 (Statuto  Trentino-Alto  Adige, artt. 8, 9, 16, 78, 79 e 80; legge 30
 novembre 1988, n. 386, art. 5; Cost., art. 119).
(GU n.7 del 12-2-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio  BALDASSARRE,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6
 della legge 19 luglio 1991, n. 216 (Primi interventi  in  favore  dei
 minori  soggetti a rischio di coinvolgimento in attivita' criminose),
 promossi con i ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento
 notificati il 16 e 21 agosto 1991, depositati in cancelleria il 23  e
 28  agosto  successivi ed iscritti rispettivamente ai nn. 31 e 32 del
 registro ricorsi 1991;
    Visti gli atti di costituzione del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  3  dicembre  1991  il  giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per  la  Provincia
 di  Bolzano  e  Umberto  Pototschnig  per  la  Provincia  di Trento e
 l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
     1.  -  Con  ricorso notificato in data 14 agosto 1991 (Ric. n. 31
 del 1991), la Provincia autonoma di  Bolzano  impugna  gli  artt.  1,
 primo  comma; 2, primo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo comma;
 3 e 6 della legge 19 luglio 1991, n. 216 (Primi interventi in  favore
 dei   minori  soggetti  a  rischio  di  coinvolgimento  in  attivita'
 criminose), per violazione degli artt. 8, primo comma, nn. 4, 25, 26,
 27 e 29; 9, primo comma, n. 2; 16, primo comma; 54, primo  comma,  n.
 4; 68; 78; 79 e 80 dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto
 Adige  (d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670) e delle relative norme di
 attuazione approvate con i decreti del Presidente della Repubblica 20
 gennaio 1973, n. 115; 20 gennaio 1973, n. 116; 1' novembre  1973,  n.
 687;  1'  novembre  1973,  n. 689; 1› novembre 1973, n. 691; 28 marzo
 1975, n. 469; 24 marzo 1981, n. 215; 4  dicembre  1981,  n.  761;  10
 febbraio  1983,  n. 89; 19 novembre 1987, n. 526; nonche' dell'art. 5
 della  legge  30  novembre  1989,  n.  386,  e  dell'art.  119  della
 Costituzione.
    Le questioni sollevate investono i profili seguenti:
       a) l'art. 1, primo comma, della legge n. 216, prevedendo che la
 Presidenza  del  Consiglio  dei ministri, Dipartimento per gli affari
 sociali, assuma il sostegno di iniziative volte a tutelare e favorire
 la crescita, la maturazione  individuale  e  la  socializzazione  dei
 minori  al fine di fronteggiare il rischio del loro coinvolgimento in
 attivita'   criminose,   violerebbe,   oltre   all'art.   119   della
 Costituzione,  le  norme  dello  Statuto  speciale  e  della relativa
 disciplina attuativa che  attribuiscono  alla  Provincia  di  Bolzano
 competenza   legislativa  ed  amministrativa  esclusiva  in  tema  di
 assistenza  e  beneficenza  pubblica,  scuola   materna,   assistenza
 scolastica,   addestramento   e   formazione  professionale,  nonche'
 competenza concorrente in tema di istruzione elementare e secondaria.
    Le iniziative ammesse a finanziamento  riguardano  l'attivita'  di
 comunita'  di  accoglienza  dei  minori; l'attuazione di interventi a
 sostegno delle famiglie; l'attivita'  di  centri  di  incontro  e  di
 iniziativa  sociale;  l'attuazione  di  interventi  nell'ambito delle
 strutture scolastiche. La  Provincia  ricorda  che,  nei  settori  in
 questione,  sono state emanate specifiche norme di attuazione e varie
 leggi provinciali dirette ad assicurare ampi  e  completi  interventi
 educativi  ed  assistenziali  a  favore dei minori, in particolare di
 quelli  soggetti  al  rischio  di  essere  coinvolti   in   attivita'
 criminose.  La  disposizione  impugnata,  non  avendo  fatte salve le
 attribuzioni spettanti alla Provincia autonoma di Bolzano, si sarebbe
 sovrapposta  e  contrapposta  a  specifiche  competenze  alla  stessa
 spettanti;
       b)  l'art.  2,  primo,  terzo,  quarto, quinto, sesto e settimo
 comma, e l'art. 3 della legge  impugnata  prevedono  l'erogazione  di
 contributi  a favore degli enti locali nonche' di enti e associazioni
 di volontariato che operino senza scopo di lucro  nelle  attivita'  e
 per le finalita' indicate nell'art. 1 della legge medesima. I compiti
 di  stabilire  i  criteri  e  i  requisiti  per  la  ripartizione dei
 contributi e  di  formulare  al  Ministro  dell'interno  la  proposta
 relativa  alla  loro  concessione  sono attribuiti ad una commissione
 istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, presieduta
 dal Ministro per gli affari sociali e composta da rappresentanti  dei
 ministeri interessati, da esperti e da rappresentanti delle Regioni e
 dei  Comuni.  Quanto  ai rappresentanti delle Regioni, si prevede che
 essi siano designati in numero di tre dalla Conferenza permanente per
 i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di  Trento
 e  di  Bolzano.  Si  prevede  altresi',  ai  fini dell'erogazione dei
 contributi, l'onere per i soggetti destinatari  di  trasmettere  alla
 suddetta   commissione   i   propri   bilanci,   con   una  relazione
 sull'attivita' svolta e che  la  presentazione  delle  domande  debba
 avvenire  a  cura  del  Comune  per  tramite  della  Prefettura.  Per
 l'erogazione dei contributi l'art. 3 istituisce un apposito fondo per
 il triennio 1991-93. Il  finanziamento  viene  erogato  dal  Ministro
 dell'interno, con proprio decreto, entro trenta giorni dalla proposta
 della Commissione.
    Tali disposizioni sono impugnate sotto vari profili.
    Innanzitutto  - ad avviso della ricorrente - esse sarebbero lesive
 della competenza provinciale esclusiva, prevista dagli artt. 8, primo
 comma, n. 25, e 16, primo comma, dello Statuto speciale, in  tema  di
 amministrazione  ed  erogazione  dei  contributi  per  l'assistenza e
 beneficenza pubblica.
    In secondo luogo, le stesse disposizioni  violerebbero  gli  artt.
 78,  79  e  80  dello Statuto speciale, come integrati dalla legge 30
 novembre 1989, n. 386, poiche' la Provincia ricorrente, alla quale e'
 devoluta una larga parte del  gettito  locale  dei  tributi  statali,
 dovrebbe  poter "disporre liberamente dell'impiego di tali mezzi" nei
 settori di propria competenza esclusiva  senza  che  lo  Stato  possa
 direttamente determinare le fonti, la destinazione e le modalita' dei
 flussi finanziari.
    Infine,  le  stesse  disposizioni incorrerebbero in una violazione
 dell'art. 5  della  legge  n.  386  del  1989,  dove  si  prevede  la
 partecipazione  delle  Province  autonome  di  Trento  e Bolzano alla
 ripartizione di eventuali fondi speciali dello Stato,  partecipazione
 che la legge impugnata, di contro, non contempla;
       c)  l'art. 6 della stessa legge n. 216, prevedendo che le Prov-
 ince autonome di Trento e Bolzano possano concedere in  uso  gratuito
 agli  enti,  alle organizzazioni di volontariato ed alle associazioni
 beni immobili di loro proprieta' al fine di destinarli ad  interventi
 a favore dei minori, sarebbe in contrasto con l'art. 68 dello Statuto
 speciale  e  con  le relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n.
 115 del 1973,  con  i  quali  si  e'  provveduto  a  trasferire  alla
 Provincia   ricorrente,  in  corrispondenza  delle  materie  ad  essa
 attribuite, i beni immobili statali, nonche'  con  l'art.  54,  primo
 comma,  n. 4, dello Statuto speciale, che ha conferito alla Giunta il
 compito di amministrare il patrimonio  provinciale.  L'illegittimita'
 discenderebbe anche dal fatto che la norma impugnata prescrive, per i
 beni  in  questione,  l'uso  gratuito  con il rispetto di determinate
 modalita'.
    2. - Con ricorso notificato in data 21 agosto 1991 (Ric. n. 32 del
 1991), anche la Provincia autonoma di Trento ha impugnato  gli  artt.
 1,  2,  3 e 6 della legge n. 216 del 1991, per violazione degli artt.
 8, 9  e  16  dello  Statuto  speciale  del  Trentino-Alto  Adige,  in
 relazione  al  d.P.R.  31  agosto 1972, n. 670, al d.P.R. 1' novembre
 1973, n. 687 e al d.P.R.  15 luglio 1988, n. 405.
    Con  argomentazioni  analoghe  a  quelle  contenute  nel   ricorso
 proposto  dalla  Provincia  di Bolzano, la ricorrente sostiene che le
 norme impugnate lederebbero la propria competenza primaria in materia
 di assistenza e beneficenza pubblica, di  assistenza  scolastica,  di
 attivita'  artistiche,  culturali  ed  educative  locali,  nonche' la
 competenza  secondaria  in  materia  di   istruzione   elementare   e
 secondaria.  Tali  norme  non  riserverebbero, infatti, alle Province
 autonome alcun potere in riferimento alla concessione dei contributi,
 alla determinazione dei criteri e dei requisiti necessari  e  neppure
 all'inoltro  delle  domande da parte dei beneficiari, dal momento che
 questi compiti sono attribuiti al Dipartimento per gli affari sociali
 (art. 1), al Ministro dell'interno (art. 2, sesto comma,  e  art.  3,
 secondo  comma)  ed  alla  apposita  commissione  istituita presso la
 Presidenza del Consiglio dei ministri (art. 2, quinto comma), dove la
 rappresentanza delle Province autonome non risulta garantita e resta,
 comunque, minoritaria.
    La Provincia di Trento ricorda,  inoltre,  di  aver  approvato  le
 leggi  31  ottobre  1983,  n.  35, e 12 luglio 1991, n. 14, che hanno
 disciplinato la stessa materia regolata dalla legge n. 216 del 1991.
    Infine, la Provincia ricorrente ribadisce le censure relative alla
 violazione  delle  disposizioni  statutarie  in  tema  di   autonomia
 finanziaria,  anche  in  relazione  all'art. 5 della legge n. 386 del
 1989, ed alla lesione delle competenze relative alla  amministrazione
 dei  beni  di  sua  proprieta', da ritenersi implicite nelle restanti
 attribuzioni provinciali.
    3. - Si e' costituito in entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 Generale dello Stato, deducendo la inammissibilita' e  l'infondatezza
 delle questioni sollevate.
    Con  memoria  presentata  in prossimita' dell'udienza l'Avvocatura
 premette alla illustrazione delle proprie difese alcune notizie rela-
 tive ai  problemi  posti  dalla  delinquenza  minorile  su  tutto  il
 territorio  nazionale  e  richiama  vari atti del Consiglio superiore
 della Magistratura, della Commissione  parlamentare  antimafia  e  di
 altri  organi  parlamentari,  dove viene sottolineata la gravita' del
 fenomeno e l'urgenza di intervenire  con  misure  adeguate  a  favore
 delle  famiglie  ed a sostegno delle azioni di contrasto svolte dagli
 enti pubblici e dal volontariato.
    In relazione a questo quadro, la legge n. 216  del  1991  dovrebbe
 ritenersi  attinente  -  ad  avviso  dell'Avvocatura  -  a materia di
 competenza statale, in quanto diretta a "fronteggiare il  rischio  di
 coinvolgimento dei minori in attivita' criminose", cioe' a perseguire
 un  fine preminente di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico.
 La  difesa  dello  Stato  riconosce,  peraltro,  che  gli  interventi
 previsti  dalla  legge  si  riflettono anche su materie di competenza
 regionale (quali l'assistenza pubblica e l'istruzione),  ma  il  fine
 primario   della   legge  giustificherebbe  pur  sempre  l'iniziativa
 statale,  anche  alla   luce   della   giurisprudenza   della   Corte
 costituzionale,  che,  in  varie  occasioni,  ha  ammesso  interventi
 statali aggiuntivi a quelli posti in essere  dalle  Regioni  e  dagli
 enti  locali  competenti,  quando  occorra  affrontare  emergenze  di
 notevole rilevanza sociale o sia necessario intervenire su  questioni
 incidenti  sulla  sicurezza pubblica e sull'ordine pubblico, a tutela
 di interessi propri dell'intera collettivita' nazionale.
    In riferimento alla censura relativa alla violazione del principio
 dell'autonomia finanziaria, l'Avvocatura ritiene che la  legittimita'
 del  sistema  centralizzato  di finanziamento previsto dalla legge n.
 216 possa essere giustificato in quanto  attinente  a  interventi  di
 competenza statale. Infine, per quanto concerne l'art. 6 della stessa
 legge,  l'Avvocatura  osserva che tale disposizione esprime una norma
 meramente autorizzatoria e pertanto non lesiva della competenza delle
 ricorrenti relativa all'utilizzo del loro patrimonio immobiliare.
    4.  - In prossimita' dell'udienza la Provincia autonoma di Bolzano
 ha presentato memoria  per  ribadire  gli  argomenti  sviluppati  nel
 ricorso.
    Secondo  la  ricorrente, gli interventi previsti nell'art. 1 della
 legge impugnata sarebbero tutti di natura tipicamente assistenziale e
 solo indirettamente potrebbero rilevare  ai  fini  della  prevenzione
 della  criminalita'  minorile.  Tale  conclusione  sarebbe confermata
 dalla attribuzione alla Presidenza del Consiglio dei ministri (e  non
 al  Ministero  di grazia e giustizia) dei compiti di attuazione della
 legge e dalle rilevanti differenze tra gli interventi di  prevenzione
 criminale  riguardanti  i  minori  (disciplinati dal R.D.L. 20 luglio
 1934, n. 1404) e quelli di  tipo  assistenziale  di  cui  alla  legge
 impugnata.
    Ad  avviso  della Provincia le norme impugnate non presenterebbero
 caratteri  di  straordinarieta'   ed   urgenza   ne'   prevederebbero
 interventi  temporanei  per  far fronte a situazioni di emergenza, ma
 configurerebbero una stabile sovrapposizione degli interventi statali
 a competenze esclusive provinciali.
    Nella  memoria  si  ribadiscono,  infine,  le   censure   relative
 all'assenza  di  poteri  decisionali  delle  Province  autonome nella
 ripartizione dei finanziamenti ed alla conseguente  violazione  della
 loro  autonomia  finanziaria,  anche con riferimento all'art. 5 della
 legge n. 386 del 1989.
    5. - Anche la Provincia autonoma di Trento, con memoria presentata
 in prossimita' dell'udienza, ha ribadito la richiesta di accoglimento
 del ricorso, con argomentazioni analoghe  a  quelle  contenute  nella
 memoria della Provincia di Bolzano.
                        Considerato in diritto
    1.  -  I  due  ricorsi  investono,  sotto  profili  in  gran parte
 coincidenti, le medesime disposizioni della legge n. 216 del 1991.  I
 giudizi  relativi  vanno,  pertanto,  riuniti  per  essere decisi con
 un'unica sentenza.
    2. - La legge 19 luglio 1991, n. 216 (Primi  interventi  a  favore
 dei   minori  soggetti  a  rischio  di  coinvolgimento  in  attivita'
 criminose),   in   considerazione   "della   situazione   eccezionale
 determinatasi nel Paese" a seguito dell'aggravarsi del fenomeno della
 delinquenza minorile, si pone come obiettivo fondamentale il sostegno
 finanziario  a iniziative dirette a "tutelare e favorire la crescita,
 la maturazione individuale e la socializzazione della persona di eta'
 minore", al fine di  prevenire  "il  rischio  di  coinvolgimento  dei
 minori in attivita' criminose" (art. 1).
    A tale scopo la legge prevede l'erogazione di contributi agli enti
 locali   e   loro   consorzi   nonche'  ad  enti,  organizzazioni  di
 volontariato e cooperative di solidarieta' sociale che operino  senza
 scopo  di  lucro,  al  fine di sostenere le attivita' di comunita' di
 accoglienza per minori e di centri sociali nei quartieri  a  rischio,
 nonche'  l'attuazione  di  interventi  a  favore  delle famiglie e di
 assistenza scolastica (artt. 1 e 2).
    Per l'erogazione dei contributi viene istituito, per  il  triennio
 1991-93,  un  apposito  fondo  aggiuntivo  rispetto  ai  fondi di cui
 all'art. 2 del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415 (convertito con
 la legge 28 febbraio 1990, n.  38),  concernente  il  concorso  dello
 Stato  al  finanziamento  ordinario per l'anno 1990 dei bilanci delle
 amministrazioni locali (art. 3).
    I criteri per la ripartizione dei contributi sono  determinati  da
 una  commissione  istituita  presso  la  Presidenza del Consiglio dei
 ministri, presieduta dal Ministro per gli affari sociali  e  composta
 di  rappresentanti  delle  amministrazioni  statali  interessate,  di
 esperti  e  di  rappresentanti  delle   amministrazioni   locali.   I
 rappresentanti  delle  Province  autonome  e  delle  Regioni  (tre su
 quattordici componenti il plenum dell'organo) vengono designati dalla
 Conferenza Stato-Regioni (art. 2, quinto comma).  I  contributi  sono
 erogati  con  decreto  del  Ministro  dell'interno, su proposta della
 stessa commissione (art. 2, quinto e sesto comma, e art.  3,  secondo
 comma).
    La  legge prevede anche che le Regioni, le Province autonome e gli
 enti locali possano,  con  apposita  convenzione,  concedere  in  uso
 gratuito   ai  destinatari  dei  contributi  beni  immobili  di  loro
 proprieta', con vincolo di destinazione  alle  attivita'  contemplate
 dalla stessa legge (art. 6).
    3.  - Le questioni sollevate nei confronti degli artt. 1 e 3 della
 legge n. 216 del 1991 non sono fondate.
    In proposito giova rilevare che la legge impugnata  ha  tratto  la
 sua   motivazione   preminente   -  cosi'  come  risulta  dai  lavori
 preparatori e dagli  stessi  enunciati  dell'art.  1  -  dall'allarme
 sociale  suscitato  dal  recente  aggravamento  di  talune  forme  di
 criminalita' minorile, cioe' da  una  situazione  di  emergenza  che,
 specialmente  nelle  maggiori  aree  urbane  ha  finito  per assumere
 caratteri  di  eccezionale  gravita'.  Tale  situazione  ha   imposto
 l'adozione  di particolari misure di politica criminale e di politica
 sociale nel cui ambito anche la legge in esame va collocata.
    Ora, se e' vero - come riconosce la stessa difesa statale - che le
 iniziative, contemplate dall'art. 1 della legge  n.  216,  ammesse  a
 finanziamento   incidono   largamente   su   materie   di  competenza
 provinciale (quali l'assistenza pubblica e  l'assistenza  scolastica)
 e' anche vero che, in presenza della particolare situazione cui si e'
 accennato,  l'intervento  dello  Stato  ha  potuto  trovare  adeguata
 giustificazione proprio nei caratteri dell'emergenza sociale  che  si
 e'  inteso  affrontare,  stante  la  gravita'  del  fenomeno e la sua
 stretta  connessione  con  problemi  di  difesa  della  sicurezza   e
 dell'ordine pubblico.
    Questa  Corte,  a  tal  proposito, in piu' occasioni ha gia' avuto
 modo di escludere l'illegittimita' di interventi statali attinenti  a
 materie di competenza delle Regioni o delle Province autonome, quando
 detti interventi "presentino il carattere della straordinarieta' ed i
 relativi  finanziamenti  siano  aggiuntivi  rispetto ai trasferimenti
 ordinari" (v. sentt. nn. 180, 37 e 32 del 1991; 345  del  1990;  459,
 399  e  324  del  1989;  217 del 1988): condizioni che, nella specie,
 appaiono rispettate sia in relazione alla  natura  aggiuntiva  e  non
 sostitutiva  del fondo istituito con l'art. 3 della legge n. 216, che
 al  carattere  temporalmente  limitato  al  triennio  1991-93   degli
 interventi dalla stessa legge previsti.
    Il  che induce a escludere la fondatezza delle questioni sollevate
 nei  confronti  sia  dei  criteri  generali  della  nuova  disciplina
 formulati nell'art. 1 che dall'istituzione del fondo triennale di cui
 all'art. 3.
    4.  -  Le questioni relative all'art. 2 della legge impugnata sono
 solo in parte fondate.
    In primo luogo va esclusa la fondatezza  delle  censure  formulate
 nei confronti dell'art. 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, e 7, della legge.
    Tali  norme  individuano  i potenziali destinatari dei contributi,
 stabiliscono le condizioni per accedere agli stessi, istituiscono  la
 commissione  cui  spetta  il  compito  di  formulare i criteri per la
 ripartizione e la proposta per la concessione.
    Si tratta di disciplina naturalmente collegata alla natura statale
 del fondo ed al carattere aggiuntivo e straordinario degli interventi
 allo stesso connessi: l'infondatezza delle  questioni  sollevate  nei
 confronti  delle  norme in esame discende, pertanto, quale corollario
 di quanto gia' rilevato con riferimento alle finalita' generali della
 legge poste dall'art. 1.
    Del pari infondata si prospetta la censura sollevata nei confronti
 delle stesse norme con riferimento all'art. 5 della legge 30 novembre
 1989, n. 386,  dove  si  prevede  la  partecipazione  delle  Province
 autonome alla ripartizione dei fondi speciali istituiti per garantire
 livelli  minimi  di  prestazioni  in  tutto  il territorio nazionale.
 L'art.  5  della  legge  in  questione  non  puo',  infatti,  trovare
 applicazione  nel  caso  in esame, dal momento che il fondo istituito
 dall'art. 3, primo comma, della legge n. 216 non presenta i connotati
 propri dei fondi speciali contemplati dall'art. 5 della legge n. 386,
 che  attengono  a  prestazioni  ordinarie,  suscettibili  di   essere
 uniformate, nei loro livelli minimi, su tutto il territorio nazionale
 e  non  ad  interventi  aggiuntivi  ispirati - come quelli in esame -
 all'esigenza  di  contrastare  con  forme  differenziate,  anche   in
 relazione  alla  diversa  gravita'  del fenomeno nelle varie aree del
 paese, una particolare emergenza sociale.
    Un'incidenza nella sfera di autonomia provinciale viene, invece, a
 emergere  dal  fatto  della  esclusione  delle   due   Province   dal
 procedimento  di  concessione  dei  contributi relativi ad iniziative
 assistenziali attivate  o  da  attivare  nell'ambito  del  territorio
 provinciale.  Tale  esclusione  non  puo'  ritenersi  attenuata dalla
 eventualita' che nella commissione di cui all'art. 2,  quinto  comma,
 possano risultare presenti anche membri designati dalle Province, dal
 momento  che  tale  presenza  non  trova  nella  legge  una  garanzia
 specifica e si prospetta comunque del tutto incerta,  tanto  piu'  se
 riferita  ad  ambedue  le  Province.  La mancata partecipazione delle
 Province autonome al procedimento  non  appare  ne'  ragionevole  ne'
 giustificata  anche alla luce della disposizione espressa nel secondo
 comma dell'art. 2, dove si  prevede  la  formulazione  di  un  parere
 obbligatorio  dell'ente  locale  competente  per territorio in ordine
 alla effettiva realizzazione delle iniziative e dei servizi da  parte
 dei destinatari degli interventi.
    La  disciplina in esame si presenta, pertanto, in contrasto con il
 principio di collaborazione tra lo Stato, le Regioni  e  le  Province
 autonome  piu'  volte  affermato da questa Corte, dal momento che non
 puo' dubitarsi del fatto che, nella fattispecie in  esame,  ricorrano
 "interessi  eterogenei,  riferibili  a  soggetti  diversi  e tutti di
 rilievo costituzionale" (v. sent. n. 286 del 1985), riassumibili, per
 lo Stato, nell'intento prioritario di contrastare l'emergenza sociale
 rappresentata  dall'aggravarsi   del   fenomeno   della   delinquenza
 minorile, e, per le Province ricorrenti, nell'esigenza di partecipare
 alla  definizione  di  interventi  da  attuarsi in materie di propria
 competenza. Alla composizione  di  tali  interessi  provvede  -  come
 questa  Corte  ha  sottolineato  (sentt.  n. 351 del 1991, n. 125 del
 1990, n. 337 del 1989, n. 747 del  1988)  -  l'istituto  dell'intesa,
 mediante   il   quale   risulta   possibile   attuare  una  forma  di
 coordinamento  paritario  tra  i  soggetti  portatori  di   interessi
 eterogenei   e  disciplinare  le  garanzie  procedurali  ispirate  al
 principio della leale collaborazione.
    Da  quanto  precede   discende   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  2,  sesto comma, della legge impugnata, nella parte in cui
 affida  al  solo  Ministro  dell'interno  il  potere  di  disporre  i
 finanziamenti  consentiti  dalla  stessa  legge,  senza  prevedere la
 necessita' di una preventiva intesa con le Province  ricorrenti,  ove
 si  tratti  di  sostegno  a  interventi  realizzati  o  da realizzare
 nell'ambito dei rispettivi territori provinciali.
    5. - L'ultima censura prospettata nei due ricorsi riguarda  l'art.
 6  della  legge  n. 216, dove si prevede che le Province ricorrenti -
 oltre allo Stato, alle Regioni e agli enti locali - possano concedere
 in uso gratuito ai destinatari dei contributi beni immobili  di  loro
 proprieta',  con  vincolo  di  destinazione  alle  attivita'  di  cui
 all'art. 1. Il medesimo art. 6,  al  secondo  comma,  stabilisce  che
 l'uso  del bene concesso sia regolato da apposita convenzione volta a
 disciplinare la durata del rapporto, le modalita' di controllo  sulla
 utilizzazione,  le  cause di risoluzione della concessione nonche' le
 modalita' per apportare modificazioni o addizioni ai  beni  concessi.
 Ad  avviso  delle  ricorrenti  le  norme  in questione risulterebbero
 invasive dei poteri statutariamente concessi alle  Province  autonome
 in ordine alla gestione dei propri beni demaniali e patrimoniali.
    Anche tale questione si presenta fondata.
    La disposizione espressa nel primo comma dell'art. 6, ove riferita
 alle  ricorrenti,  appare, infatti, superflua e invasiva, dal momento
 che le Province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi  dell'art.  68
 dello  Statuto,  dispongono  pienamente  dei  beni immobili di natura
 demaniale e patrimoniale ad esse assegnati e tale disponibilita'  non
 puo'  non  comportare  anche  la  possibilita' di concedere i beni in
 questione in uso  gratuito  per  il  perseguimento  di  finalita'  di
 interesse  provinciale.  A  sua  volta, la disposizione contenuta nel
 secondo comma dell'art. 6, prescrivendo, in connessione con il  primo
 comma,  particolari  modalita' per l'utilizzazione dei beni concessi,
 si presenta limitativa delle competenze relative  all'amministrazione
 del  patrimonio  delle  ricorrenti, che l'art. 54, primo comma, n. 4,
 dello Statuto affida senza condizioni alla Giunta provinciale.
    Ambedue le disposizioni  in  esame  risultano,  pertanto,  viziate
 d'incostituzionalita'  nella  parte in cui, riferendosi alle Province
 autonome di Trento e di Bolzano, introducono,  per  la  gestione  dei
 beni immobili alle stesse spettanti, limiti e condizioni non previsti
 in sede statutaria.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi;
       1)  dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, sesto
 comma, della legge 19 luglio 1991, n. 216 (Primi interventi in favore
 dei  minori  soggetti  a  rischio  di  coinvolgimento  in   attivita'
 criminose),  nella  parte in cui non prevede la preventiva intesa fra
 lo  Stato  e le Province autonome di Trento e di Bolzano in ordine al
 decreto del Ministro dell'interno che dispone i contributi di cui  al
 medesimo art. 2 per il sostegno a iniziative attivate nell'ambito dei
 rispettivi territori provinciali;
       2)  dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della
 legge 19  luglio  1991,  n.  216,  nella  parte  in  cui  estende  la
 disciplina  prevista  dallo stesso articolo alle Province autonome di
 Trento e di Bolzano;
       3)  dichiara  non  fondate   le   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  1;  2,  primo,  secondo, terzo, quarto,
 quinto e settimo comma, e 3 della  legge  19  luglio  1991,  n.  216,
 sollevate,  in  riferimento  agli  artt.  8, 9, 16, 78, 79 e 80 dello
 Statuto speciale del Trentino-Alto Adige e delle  relative  norme  di
 attuazione,  nonche' all'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386,
 e all'art. 119 della Costituzione, dalle Province autonome di  Trento
 e di Bolzano con i ricorsi indicati in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1992.
                       Il cancellerie: DI PAOLA
 92C0143