N. 60 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 novembre 1991

                                 N. 60
 Ordinanza  emessa  il  29  novembre  1991 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Torino nel procedimento  penale  a
 carico di Pontillo Gioacchino
 Processo penale - Procedimenti speciali - Rito abbreviato -
    Inammissibilita'  per  gli  imputati punibili con la pena edittale
    dell'ergastolo (ma che in concreto potrebbero essere condannati  a
    pena  detentiva  temporanea)  - Disparita' di trattamento rispetto
    agli altri imputati punibili con pene temporanee - Menomazione del
    diritto di difesa - Sconfinamento dei poteri  del  p.m.  in  danno
    all'attivita'  decisoria  dell'organo  giudicante  - Disparita' di
    trattamento tra accusa e difesa  -  Sottrazione  dell'imputato  al
    giudice "naturale" (nella specie: g.i.p.).
 (Legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, dir. 53; c.p.p. 1988, artt.
    438, 439, 440 e 442).
 (Cost., artt. 3, 24, 25, primo comma, e 101).
(GU n.8 del 19-2-1992 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Il  giudice  dell'udienza preliminare dott. Sebastiano Sorbello ha
 pronunciato la seguente  ordinanza,  sull'eccezione  di  legittimita'
 costituzionale   sollevata   dalla  difesa  di  Pontillo  Gioacchino,
 imputato:
       a) del reato di cui agli artt. 575 e 577, n.  3  del  c.p.  per
 avere  cagionato  la  morte  di  Pacini  Gian Carlo, attingendolo con
 quattro colpi di arma da fuoco in zone vitali, commettendo  il  fatto
 con premeditazione;
       b)  del reato di cui agli artt. 12 e 14 della legge n. 497/1974
 per avere illegalmente portato in luogo  pubblico  un  revolver  Colt
 cal. 38 special.
    In Torino, fatti del 17 marzo 1991.
                           PREMESSO IN FATTO
    La  difesa dell'imputato Pontillo, in sede di udienza preliminare,
 ha richiesto - in principalita' e  previo  consenso  del  p.m.  -  il
 giudizio  abbreviato;  in  subordine - ritenuta la rilevanza e la non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 442, secondo comma, del c.p.p. in relazione agli  artt.  3,
 24, 76 e 101 della Costituzione, in quanto non consente agli imputati
 di  reati  punibili con l'ergastolo, poi, condannati a pena detentiva
 temporanea, di richiedere il giudizio abbreviato, -  instava  per  la
 trasmissione   degli  atti  alla  Corte  costituzionale  per  le  sue
 determinazioni.
    La difesa di Pontillo, ad integrazione  della  richiesta  motivata
 presentata  nel  corso  dell'udienza  preliminare  6  novembre  1991,
 produceva memoria, depositata il 14 novembre 1991.
    Il p.m. dopo aver chiesto (nell'udienza preliminare del 6 novembre
 1991) un breve rinvio per esprimere le sue determinazioni  in  ordine
 alla  suesposta richiesta difensiva, trasmetteva al g.i.p. in data 19
 novembre 1991, nota con cui, in via  principale,  esprimeva  consenso
 rispetto  alla  richiesta  difensiva  di  giudizio  abbreviato ed, in
 subordine, si associava alla richiesta  di  trasmissione  degli  atti
 alla  Corte  costituzionale, ritenendo rilevanti e non manifestamente
 infondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla
 difesa del Pontillo.
    Con memoria difensiva del 23 novembre 1991,  la  difesa  di  parte
 civile  chiedeva  al  g.i.p.  di  respingere  entrambe  le  richieste
 avanzate, alternativamente dalla difesa del Pontillo.
                          RITENUTO IN DIRITTO
      che  non  puo'  essere  accolta  la   richiesta   del   giudizio
 abbreviato,  in  quanto  lo  svolgimento  di  questo rito alternativo
 appare, allo Stato, "precluso"  -  come  specificato  nella  separata
 ordinanza  di  cui al verbale di udienza del 29 novembre 1991 - dalle
 questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate  nella  presente
 ordinanza;
      che  si  presenta  rilevante  e  non manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale sia dell'art.  442,  secondo
 comma,  del  c.p.p.  sia  dell'art. 2, p.to 53, della legge delega 16
 febbraio 1987, n. 81  (intendendo  questo  G.I.P.,  per  quest'ultima
 disposizione,  sollevare d'ufficio, la questione stessa) in relazione
 agli artt. 3, 24 e 25, primo comma, e 101 della  Costituzione,  nelle
 parti  in cui non e' previsto che gli imputati di reati puniti con la
 pena edittale dell'ergastolo (ma che in  concreto  potrebbero  essere
 condannati  ad  una  pena detentiva temporanea) possano richiedere di
 essere giudicati con rito abbreviato;
      che con sentenza 23 aprile 1991, n. 176, la Corte costituzionale
 ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 442, secondo
 comma, ultimo periodo ("Alla pena dell'ergastolo e' sostituita quella
 della reclusione di anni trenta"), del codice  di  procedura  penale,
 escludendo, cosi' la convertibilita' della pena dell'ergastolo;
      che,  nella  parte motiva di tale sentenza e non nel dispositivo
 (n.b.: tale puntualizzazione e'  estremamente  significativa,  atteso
 che la migliore dottrina costituzionalistica sostiene che solo quanto
 statuito  in  sede  di  dispositivo ha efficacia erga omnes e, quindi
 obbliga   tutti   i   consociati  determinando,  ex  art.  136  della
 Costituzione  la  cessazione  di  efficacia  della  legge  dichiarata
 incostituzionale),  la  Corte  ha sostenuto la "inapplicabilita'" del
 giudizio abbreviato "ai processi  concernenti  delitti  punibili  con
 l'ergastolo",  sia  sulla  base  della non suscettibilita' della pena
 dell'ergastolo di quella diminuzione  prevista  per  qualsiasi  altra
 pena  di tipo detentivo temporaneo (potendosi concepire una riduzione
 in  frazioni  solo  con   riferimento   a   quantita'   numericamente
 individuali  e  non  quando  la  pena  determinata  dal  giudice  sia
 l'ergastolo) sia sulla base di una connessione  diretta  (o  assoluta
 interdipendenza)  tra rito abbreviato e riduzione sanzionatoria, tale
 da fare conseguire - a giudizio della Corte - "l'impraticabilita' del
 primo in mancanza della possibilita' di operare la seconda";
      che, tutto  cio'  premesso,  la  mancata  esplicita  previsione,
 nell'art.  2,  p.to 53, della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, e
 nell'art. 442, secondo comma, del c.p.p. sia  della  possibilita'  di
 chiedere  il  rito  abbreviato  (con  il  meccanismo "premiale" della
 riduzione della pena) da parte degli imputati di reati puniti con  la
 pena  edittale  dell'ergastolo  (ma che in concreto potrebbero essere
 condannati ad una pena  detentiva  temporanea)  sia  della  riduzione
 della   pena   dell'ergastolo   integri   un'evidente  disparita'  di
 trattamento con gli imputati di altri reati puniti con pena detentiva
 temporanea,  in  violazione  del  principio  di  uguaglianza  di  cui
 all'art. 3 della Costituzione;
      che, con riferimento al parametro costituzionale di cui all'art.
 3,  va  puntualizzato  che  la  questione relativa alla disparita' di
 trattamento, secondo la giurisprudenza costituzionale, vada  valutata
 in  relazione alla disciplina che l'ordinamento riserva a fattispecie
 diverse da quella che forma  oggetto  della  norma  impugnata  (cosi'
 come,  peraltro, sostenuto da autorevole dottrina: "il giudizio della
 Corte non  si  svolge  entro  uno  schema  binario,  esaurendosi  nel
 consueto  confronto  fra  la  norma  impugnata  ed  il parametro o la
 pluralita' dei parametri costituzionali richiamati;  bensi'  richiede
 che  il  giudizio stesso comprenda almeno tre termini, vale a dire la
 norma impugnata, il  principio  costituzionale  d'eguaglianza  ed  un
 tertium  comparationis,  in  vista  del  quale  possa  dirsi  che  la
 differenziazione o la classificazione in esame sia ragionevole oppure
 arbitraria,  provvista  o   carente   di   un   adeguato   fondamento
 giustificativo,  e  quindi  conforme  o difforme rispetto al generale
 imperativo dell'art. 3.  -  Livio  Paladin,  Corte  costituzionale  e
 principio  generale  d'eguaglianza.  Aprile  1979 - Dicembre 1983, in
 Giurisprudenza costituzionale, 1984, p. 22"; che, nella situazione in
 esame, con il detto parametro costituzionale vanno poste le due norme
 ricavabili, entrambe, dal disposto di cui all'art. 442, secondo comma
 del c.p.p., alla luce di quanto ritenuto in via interpretativa  dalla
 Corte  costituzionale (e, cioe', la norma che prevede la possibilita'
 per gli imputati di reati puniti con  pena  detentiva  temporanea  di
 richiedere  il  giudizio  abbreviato  ed  ottenere la riduzione di un
 terzo della pena inflitta  e  quella  che  inibisce  tale  rito  agli
 imputati di reati punibili con l'ergastolo);
      che,  ne'  dal citato art. 2, punto 53 della legge-delega ne' da
 un'interpretazione sistematica dei principi  della  legge  stessa  si
 evince l'intento del legislatore delegante di escludere dall'area del
 giudizio  abbreviato  i  reati  punibili  con  l'ergastolo, come pare
 adombrato  nella  sentenza  della  Corte  costituzionale;  che, anzi,
 dall'iter legislativo relativo alla delega emerge che,  mentre  nella
 formulazione   approvata   dalla  Camera  dei  deputati  la  predetta
 direttiva circoscriveva il rito speciale a "categorie di reato prede-
 terminate", in quella passata  al  Senato  (e  divenuta,  poi,  testo
 definitivo)   la   limitazione   cadeva,   rimanendo,   pertanto,  il
 legislatore-delegato "libero di seguire criteri di  esclusione  o  di
 indicazione  positiva,  anche indipendentemente dal titolo di reato o
 dalla misura edittale della pena"; che, d'altra  parte,  l'esclusione
 dal  rito abbreviato di reati punibili con l'ergastolo contraddirebbe
 fortemente la finalita' deflattiva assegnata a questo rito (finalita'
 maggiormente avvertita, proprio, in relazione ai  reati  di  maggiore
 gravita',  rispetto  ai  quali l'acquisizione della prova si presenta
 normalmente   piu'   difficoltosa,   complessa   e    temporaneamente
 impegnativa); che lo stesso legislatore/delegato, recependo l'intento
 del  legislatore/delegante  e  supplendo  alla mancata indicazione da
 parte di quest'ultimo del criterio sulla base del  quale  operare  la
 riduzione di pena in relazione ai reati puniti con l'ergastolo, aveva
 stabilito  la  conversione  di quest'ultima pena con quella di trenta
 anni di reclusione (motivata  da  esigenze  di  prevenzione  generale
 "agganciate"   al   limite   massimo  della  pena  della  reclusione,
 consentito nel nostro ordinamento penale);
      che, la dichiarazione (con la citata sentenza  n.  176/1991)  di
 illegittimita'  costituzionale  di  tale  conversione della pena (per
 eccesso di delega) ha "attualizzato" la sopra evidenziata  situazione
 di disparita' di trattamento;
      che  tale situazione di disparita' di trattamento assume aspetti
 ancor piu' gravi ed inaccettabili nei  confronti  degli  imputati  di
 reati  puniti  con la pena edittale dell'ergastolo ma che in concreto
 potrebbero essere condannati ad una pena detentiva temporanea, atteso
 che, proprio, l'art. 2, p.to  53,  della  legge-delega  "collega"  la
 riduzione   della   pena  di  un  terzo  (disposta  per  il  giudizio
 abbreviato) alla "pena prevista per il reato ritenuto  in  sentenza",
 facendo   cosi'   unico   riferimento   all'esito   del  processo  di
 concretizzazione normativa e, cioe' alla pena  in  concreto  ottenuta
 sulla base dei criteri di cui all'art. 133 del c.p. e della specifica
 valutazione   delle  circostanze  del  reato  e  del  loro  eventuale
 bilanciamento ai sensi dell'art.  69  del  c.p.  (direttiva,  questa,
 recepita,  peraltro,  dal  testo  dell'art.  442,  secondo  comma del
 c.p.p., che prevede che "la pena che il  giudice  determina,  tenendo
 conto  di  tutte le circostanze (sia) diminuita di un terzo"); che la
 mancata differenziazione da parte della Corte costituzionale tra pena
 astrattamente prevista dalla norma e qualificazione operata dal  p.m.
 (da  un  lato) e quella in concreto ritenuta dal giudice (dall'altro)
 sembra far escludere, allo stato, dall'area del  rito  abbreviato  (e
 del  meccanismo  "premiale"  della riduzione della pena) non soltanto
 che in concreto viene punito  con  l'ergastolo  ma  anche  chi  viene
 condannato  per  reati diversi da quelli contestati dal p.m. e puniti
 in concreto con pena temporanea (con  il  risultato  aberrante,  oggi
 verificabile,  che all'imputato di reato punibile con l'ergastolo non
 si puo' applicare il rito abbreviato richiesto e non si puo'  operare
 la  riduzione  di  un  terzo  della  pena,  nonostante che, a seguito
 dell'esclusione di un aggravante contestata o  della  concessione  di
 qualche  attenuante,  la pena detentiva determinata in concreto possa
 risultare temporanea e (talvolta) piu' contenuta (con una valutazione
 da parte del giudicante di minore gravita'  del  fatto  e  di  minore
 pericolosita' del reo) di quella concretamente irrogata agli imputati
 di  reati  punibili  con  pene  edittali  temporanee (ammessi al rito
 abbreviato ed alla riduzione della pena);
      che   pur   attribuendo   (fondatamente,   peraltro,   per    le
 considerazioni  sopra  svolte)  al legislatore delegante l'intento di
 escludere dal meccanismo "premiale" della riduzione  della  pena  gli
 imputati  cui  sia  irrogata  in  concreto  la  pena  dell'ergastolo,
 ugualmente dovrebbero riconoscersi agli imputati di reati puniti  con
 la  pena  edittale  dell'ergastolo  il  diritto di richiedere il rito
 abbreviato,  nell'eventualita'  che  il  giudice,  al  momento  della
 decisione,  attribuisca al fatto una definizione giuridica diversa da
 quella proposta dal pubblico ministero e  "ritenga  in  sentenza"  un
 reato  al  quale  sia  possibile  applicare  una pena che consenta la
 riduzione (con il conseguente mantenimento nello schema normativo del
 rito abbreviato del meccanismo "premiale" della riduzione della  pena
 -    che    opera    all'interno    dell'elemento    necessario   del
 consenso/richiesta dell'imputato - oltre  che  degli  altri  elementi
 essenziali  del  "consenso  del  pubblico ministero a che il processo
 venga definito nell'udienza preliminare" e  della  definibilita'  del
 processo "allo stato degli atti");
      che l'art. 2, punto 53, della legge-delega e l'art. 442, secondo
 comma  del c.p.p. - nelle parti in cui non prevedono che gli imputati
 di reati puniti con  la  pena  edittale  dell'ergastolo  (ma  che  in
 concreto   potrebbero   essere   condannati  ad  una  pena  detentiva
 temporanea) possano  richiedere  di  essere  giudicati  con  il  rito
 abbreviato  -  sembrano  porsi  in  contrasto con l'art. 101, secondo
 comma,  della  Costituzione  ("i  giudici  sono  soggetti  solo  alla
 legge");  che,  al  riguardo, si osserva come, allo stato, l'atto che
 consente  o  inibisce  la  possibilita'  di  richiedere  il  giudizio
 abbreviato  sia  costituito  dalla  formulazione  dell'imputazione da
 parte del pubblico ministero nella richiesta di  rinvio  a  giudizio;
 che,  in  altri  termini, il pubblico ministero, con la contestazione
 del reato "impone" un preciso rito processuale ed una  determinazione
 sanzionatoria  (che  non  consente  ne' una riduzione speciale ne' un
 successivo intervento di tipo recuperatorio, cosi'  e',  invece,  ora
 previsto  nell'ipotesi  di  dissenso  del  pubblico ministero, su una
 richiesta di giudizio abbreviato formulata dall'imputato)  anche  se,
 successivamente,  il  giudicante  fosse di avviso diverso quanto alla
 sussistenza delle circostanze o alla qualificazione  del  reato;  che
 tutto  cio'  si  traduce  in una sorta di sconfinamento dell'atto del
 pubblico ministero nell'attivita' decisoria ed  in  una  comprensione
 delle funzioni tipiche dell'organo giudicante, cui non e' consentito,
 allo  stato,  di  emettere  la  sentenza  prevista  dal c.p.p. per il
 giudizio abbreviato e di applicare la  diminuente  speciale  prevista
 dal  secondo  comma dell'art. 442 del c.p.p. (indipendentemente dalle
 valutazioni successive);
      che si pongono, ancora,  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
 delle  norme  in  esame - nelle parti sopraspecificate - in relazione
 all'art. 24 e, nuovamente, all'art. 3 della Costituzione; che,  sotto
 il  primo  profilo, l'impossibilita' di ricorrere al rito abbreviato,
 nei casi sopra indicati, si risolve in un'indebbita  menomazione  del
 diritto   della  difesa;  che,  infatti,  la  richiesta  di  giudizio
 abbreviato  rappresenta  un  vero  e   proprio   diritto   soggettivo
 (indipendentemente   dal  fatto  che  per  la  sua  attuazione  siano
 necessari  il  consenso  del  pubblico  ministero  e  la   successiva
 valutazione del giudice in merito alla definibilita' del procedimento
 "allo  stato degli atti"; che, in ultima analisi, l'impossibilita' di
 ricorrere a un determinato rito finisce  per  privare  l'imputato  di
 un'importante "opzione" difensiva (dalle rilevanti conseguenze); che,
 sotto  il  secondo  profilo,  gli  effetti  della  formulazione della
 richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero (in un
 sistema che non consente alcun meccanismo successivo di  recupero  da
 parte  del giudicante) determinano una ingiustificabile disparita' di
 trattamento tra accusa e difesa, atteso che, mentre le ragioni  della
 difesa  sono  sempre  e,  comunque, sottoposte al vaglio del giudice,
 quelle del pubblico ministero non consentono,  nella  specie,  alcuna
 verifica da parte del giudicante, a cui si impongono (per gli aspetti
 sopra evidenziati) per il fatto stesso della loro formulazione;
      che,  infine,  un  profilo  di legittimita' costituzionale delle
 norme in esame - nelle parti sopraspecificate - si pone in  relazione
 all'art.  25/1  della  Costituzione, atteso che la mancata previsione
 che imputati di reati puniti con la pena edittale dell'ergastolo  (ma
 che  in  concreto  potrebbero  essere condannati ad un pena detentiva
 temporanea) possano chiedere, in  sede  di  udienza  preliminare,  il
 giudizio  abbreviato comporta (solo che il pubblico ministero decida,
 con la semplice contestazione del reato, di evitare, per  le  ragioni
 piu'  svariate, che la fase della decisione sia attribuita al giudice
 dell'udienza  preliminare)  la  "sottrazione"  di  tali  imputati  al
 giudice dell'udienza preliminare e, cioe', al loro giudice naturale.
    In   merito  al  requisito  della  rilevanza  delle  questioni  di
 legittimita'  costituzionale  sollevate  nel  presente  provvedimento
 appare  indubbio  che  la decisione della Corte sull'applicabilita' o
 meno del rito abbreviato ai casi sopra  indicati  abbia  un'influenza
 diretta  sull'esito  concreto del processo, sia per quanto attiene al
 rito processuale da adotare sia per quanto attiene alla  sanzione  in
 concreto da irrogare.
    Sotto  il profilo dell'attualita' della questione sollevata, e' da
 sottolineare che l'udienza preliminare e' la  sede  naturale  per  la
 richiesta  di  giudizio  abbreviato e che, di conseguenza, e' in tale
 sede che va portata una questione sull'applicabilita' di  tale  rito,
 essendo  altrimenti preclusa la possibilita' di richiedere lo stesso,
 in una fase successiva.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita' costituzionale della legge 16 febbraio 1987, n. 81, art.
 2,  p.to  53,  e, di conseguenza, degli artt. 438, 439, 440 e 442 del
 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24, 25, primo comma, e  101  della
 Costituzione,  nelle parti in cui non e' previsto che gli imputati di
 reati  punibili  con  l'ergastolo  possano  richiedere  il   giudizio
 abbreviato;
    Dispone  la  sospensione  del  processo  nei confronti di Pontillo
 Gioacchino;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri e che la stessa sia comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Torino, addi' 29 novembre 1991
           Il giudice per le indagini preliminari: SORBELLO
 92C0161