N. 17 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 febbraio 1992
N. 17 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 febbraio 1992 (della regione Toscana) Agricoltura - Ente autonomo per la bonifica l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni - Previsione della competenza dell'ente in questione a provvedere alla esecuzione di opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo nonche' ad interventi in materia di realizzazione, manutenzione ed esercizio di opere pubbliche irrigue, di bonifica idraulica ed infrastrutturali, su incarico e concessione delle regioni Umbria e Toscana - Modifica della vecchia denominazione dell'ente predetto in "Ente irriguo umbro-toscano" - Previsione nella composizione del consiglio di amministrazione dell'ente di tre rappresentanti della regione Toscana designati dal consiglio regionale - Asserita indebita invasione della sfera di competenza regionale, atteso che la regione Toscana puo' provvedere per disposizione statutaria alla entificazione di una determinata materia solo quando le competenze non siano delegabili agli enti locali per la loro natura e dimensione - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. (Legge 30 dicembre 1991, n. 411, artt. 2, primo comma, lett. a), secondo comma, lett. c), e 6). (Cost., artt. 97, 117, 118 e 123).(GU n.9 del 26-2-1992 )
Ricorso per la regione Toscana in persona del presidente pro- temporedella giunta regionale, rappresentato e difeso per mandato in calce al presente atto dagli avvocati Vito Vacchi e Nino Ferrelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Fabio Lorenzoni, in Roma, via Alessandria, n. 130, in forza di deliberazione della giunta regionale del 24 gennaio 1992, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. a), del comma n. 2; dell'art. 4, secondo comma, lett. c); art. 6 della legge 30 dicembre 1991, n. 411 "Conversione in legge, con modificazione, del d.-l. 6 novembre 1991, n. 352, recante proroga del termine di cui all'art. 3 della legge 18 ottobre 1961, n. 1048, relativo all'Ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni". 1. - Sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre 1991 e' stata pubblicata la legge n. 412 avente ad oggetto la proroga del termine di cui all'art. 3 della legge n. 1048/1961, nonche' la ristrutturazione complessiva dell'Ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni. In particolare l'art. 2, primo comma, lett. a) dispone che l'Ente provvede "alla progettazione ed alla esecuzione di opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo, nonche' alla relativa gestione, esercizio e manutenzione, nell'ambito delle competenze attribuite al Ministero dell'agricoltura e delle foreste dalla legislazione vigente". La formulazione della disposizione, volutamente ambigua, e' solo apparentemente rispettosa delle competenze regionali. A tal fine, e' necessario ricordare che le competenze che residuano all'Ente, successivamente ai decreti di trasferimento delle competenze alle regioni, sono state determinate con il d.P.R. 18 aprile 1979 (Gazzetta Ufficiale 18 giugno 1979, n. 165). Successivamente non sono intervenute ulteriori disposizioni in materia, per cui e' legittimo ritenere che il complesso delle competenze sia da ricondurre nell'ambito di quelle allora individuate. A conferma di cio', la stessa legge impugnata provvede espressamente a circoscrivere le competenze esclusivamente "nell'ambito delle disposizioni di cui al d.P.R. 18 aprile 1979". Orbene, sulla base del d.P.R. 18 aprile 1979, art. 1, lett. a), l'Ente aveva i seguenti compiti: "progettazione ed esecuzione delle opere idrauliche di seconda categoria di cui all'art. 2, secondo comma, della legge 18 ottobre 1961, n. 1048, relative a bacini idrografici interregionali, individuati con il d.P.C.M. 22 dicembre 1977, n. 13551, previste dagli artt. 89 e 91 del d.P.R. n. 616/1877 o dall'art. 12, ultimo comma, della legge 27 dicembre 1977, n. 984". Rispetto a tale previsione residuano attualmente all'Ente le sole competenze ex art. 12, ultimo comma, della legge 27 dicembre 1977, n. 984, per essere state delegate alle regioni le altre funzioni a far data dal 1 gennaio 1980 come prescritto dall'art. 89 del d.P.R. n. 616/1977. Tali residue competenze (art. 12 della legge n. 984/1977) afferiscono esclusivamente "alle opere di accumulo di acqua a prevalente scopo irriguo nonche' le opere primarie di adduzione e riparto delle acque ad uso irriguo". Cio' stante, l'art. 2, lett. a) della legge n. 411/1991, prescrive: (L'Ente provvede nell'ambito delle disposizioni di cui al d.P.R. 18 aprile 1979), "alla progettazione e alla esecuzione di opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo. Tale disposizione e' evidentemente in contrasto con la precedente definizione in quanto non sarebbero piu' solo le opere primarie di adduzione di competenza statale (e dunque esercitabili dall'Ente quale suo organismo strumentale), ma anche quelle non primarie; ed inoltre non piu' solo le opere primarie di riparto, ma tutte le opere di distribuzione delle acque. Nel non ricordare l'inciso "primarie" e nel trasformare il riparto in distribuzione, si viola dunque in modo palese ed illegittimo la competenza regionale in materia di bonifica ed irrigazione. 2. - L'art. 2, secondo comma, della legge n. 411/1991 stabilisce che "l'Ente puo' provvedere ad interventi in materia di realizzazione manutenzione ed esercizio di opere pubbliche irrigue, di bonifica idraulica ed infrastrutturali, su incarico o concessione delle regioni Umbria e Toscana, nonche' agli interventi che, nelle stesse materie, siano ad esso affidati da enti locali territoriali". Da questa previsione discende la possibilita' per la regione e per gli enti locali di far ricorso all'Ente per svolgere interventi nelle materie di sua competenza. Cosi' facendo e' stato determinato un ulteriore modo "legittimo" attraverso il quale la regione Toscana e gli enti locali della Toscana possono svolgere le loro funzioni in materia di bonifica, alterando, con cio', il riparto di competenze Stato-Regioni. Infatti, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione e del d.P.R. n. 616/1977, sono le regioni che, nel rispetto dei limiti legislativi regionali, stabiliscono i modi attraverso i quali sono svolte le funzioni di loro competenza, tra cui la bonifica. In tal senso la regione Toscana ha da tempo disciplinato la materia con la legge regionale Toscana 23 dicembre 1977, n. 83 (e successive modifiche) "Norme in materia di bonifica e di miglioramento fondiario. Delega di funzioni agli enti locali". L'attribuzione alle regioni di competenza legislativa e amministrativa implica, ovviamente, come implicita conseguenza, un limite per il legislatore statale nella previsione delle modalita' di svolgimento delle funzioni medesime. Ora, il prevedere, per mezzo di una legge statale non di principio, un modo alternativo attraverso il quale gli enti locali possono svolgere funzioni di bonifica altera il quadro giuridico-istituzionale che la regione ha definito, prevedendo all'art. 9 della legge regionale n. 83/1977 le modalita' di svolgimento delle attivita' di progettazione, esecuzione, esercizio e manutenzione delle opere, direttamente o per concessione. Inoltre, anche la previsione di un modo alternativo attraverso il quale la stessa regione puo' svolgere opere di bonifica (cioe' attraverso l'utilizzazione dell'ente in questione), altera il centrale momento di riferimento amministrativo della funzione di bonifica, cosi' come previsto nella legge regionale ricordata, dato dall'affidamento di tali funzioni a province e comunita' montane. 3. - L'art. 4 della legge n. 411/1991, definisce gli organi dell'ente, ed al comma secondo, lett. c) stabilisce che il Consiglio di amministrazione e' composto, tra gli altri, da "tre rappresentanti della regione Toscana designati dal Consiglio regionale, in modo che sia assicurata la presenza di almeno un rappresentante delle minoranze". Questa previsione lede la sfera di competenza regionale garantita dall'art. 123 della Costituzione, ai sensi del quale "ogni regione ha uno statuto il quale, in armonia con la Costituzione e con le leggi della repubblica, stabilisce le norme relative all'organizzazione interna della regione". Spetta quindi alla regione, per mezzo dello statuto e delle sue leggi, disciplinare il riparto delle competenze tra i diversi organi; cio' anche relativamente alle nomine e designazioni di rappresentanti regionali in enti terzi. Che debba essere il consiglio anziche' la giunta regionale o il presidente della giunta a designare i rappresentanti regionali in seno al consiglio di amministrazione dell'ente de qua, non puo' essere scelta disponibile per il legislatore statale. Al contrario, e' la regione che provvede alla designazione tenuto conto dello statuto e delle leggi, non potendo diversamente essere accolta ogni altra disposizione che inciderebbe inevitabilmente su tale ambito organizzativo discrezionale. Cio', indipendentemente dal fatto che il contenuto della previsione statale possa condurre anche al medesimo risultato cui legittimamente la regione perviene applicando le proprie norme statutarie e legislative. 4. - L'art. 6 della legge n. 411/1991 definisce l' ex ente autonomo per la bonifica, l'irrigazione e la valorizzazione fondiaria nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni quale "ente irriguo Umbro-Toscano". La modificazione, come e' facilmente rilevabile, non e' solo di natura meramente formale. In realta' la legge ha inteso strutturare l'ente in modo tale da assegnargli una sorta di ruolo strumentale a servizio, oltre che dello Stato, delle due regioni interessate. Una tale definizione (quella cioe' di soggetto strumentale delle regioni), facilmente ricavabile oltre che dalla denominazione in questione, dal rilevante coinvolgimento delle regioni previsto dalla norma (che francamente sarebbe difficilmente comprensibile nel caso che l'ente altro non fosse se non un soggetto strumentale dello Stato per l'esercizio di talune sue competenze). Se cio' e' vero, ne discende che la previsione viola palesemente sia l'art. 118 della Costituzione sia l'art. 57 dello statuto toscano che definisce i presupposti, i requisiti e le modalita' operative degli enti dipendenti regionali. A tal fine, e' utile ricordare che, per disposizione statutaria (art. 57), la regione puo' provvedere alla entificazione in una determinata materia quando le competenze non siano delegabili agli enti locali per la loro natura e dimensione. La via ordinaria di esercizio delle proprie funzioni e per lo svolgimento delle proprie attivita' e' cioe' quella della delega agli enti locali; cio' in perfetta armonia con la previsione dell'art. 118 della Costituzione, secondo cui la regione "esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle province, ai comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici". Solo quando cio' non possa essere realizzato per moditi afferenti alla natura o dimensione delle funzioni e' possibile pensare a forme diverse di esercizio. Nella materia che ci interessa, come abbiamo gia' avuto occasione di ricordare, la regione ha gia' provveduto mediante la legge regionale n. 83/1977, a delegare le competenze agli enti locali; con il che, a nostro avviso, e' stato implicitamente reso impossibile il ricorso a forme di gestioni diverse da quelle gia' definite. In altre parole, nemmeno la regione, ove per pura ipotesi lo volesse fare, potrebbe fare ricorso, dopo avere scelto la via ordinaria della delega, alla istituzione nella medesima materia, per l'esercizio delle stesse competenze, di un ente strumentale. A maggior ragione non riteniamo possa farlo lo Stato; conseguentemente non puo' non ravvisarsi nella definizione operata dalla legge n. 411/1991, una chiara violazione dell'art. 57 dello statuto regionale. In realta', riteniamo che le contraddizioni di cui e' ampiamente permeata la legge impugnata, altro non sono se non il risvolto delle difficolta' incontrate dal legislatore nazionale di trovare uno spazio operativo ad un soggetto istituzionale che, se aveva una ragione di esistenza negli anni in cui prese vita (le regioni non erano ancora istituite), oggi certamente e' molto piu' difficilmente ravvisabile. A tale proposito, nel corso dei lavori parlamentari durante l'iter legislativo, le regioni hanno congiuntamente piu' volte manifestato rilevanti perplessita' sia sulle proposte a suo tempo avanzate, sia, per quanto possibile dato le modalita' di repentina approvazione, sul testo attualmente vigente. Ragioni che con una certa difficolta' riteniamo possano essere coniugate con i principi di cui all'art. 97 della Costituzione, hanno tuttavia portato alla attuale determinazione da cui, se non dichiarata incostituzionale, nasceranno rilevanti problemi operativi, oltre che pericolose e confuse sovrapposizioni istituzionali.
P. Q. M. La regione Toscana chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. a), del comma n. 2; dell'art. 4, secondo comma, lett. c); dell'art. 6 della legge 30 dicembre 1991, n. 411, per violazione degli artt. 117, 123, 118 e 97 della Costituzione. Firenze, addi' 25 gennaio 1991 Avv. Vito VACCHI 92C0168