N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo 1991- 13 febbraio 1992

                                 N. 91
 Ordinanza   emessa   il   13   marzo   1991   (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 13  febbraio  1992)  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  del Lazio sul ricorso proposto da Meoli Gabriele contro il
 Ministero di grazia e giustizia ed altri
 Impiego pubblico - Magistrati - Trattamento economico - Importi a
    qualsiasi  titolo  erogati  o   da   erogare   in   occasione   di
    provvedimenti  giudiziari  passati  in  giudicato - Attribuzione a
    titolo personale e  riassorbimento  con  la  normale  progressione
    economica  e  nelle  funzioni con detrazioni a conguaglio a carico
    della indennita' di buonuscita - Incidenza sul diritto  di  difesa
    in  giudizio  e sul principio della intangibilita' del giudicato -
    Invasione da parte del  legislatore  dell'ambito  riservato  dalla
    Costituzione all'attivita' giudiziaria - Riferimento alla sentenza
    n.  413/1988  (non  fondatezza  di  analoghe  questioni)  ritenuta
    superabile dal giudice a quo.
 (Legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 24, 25, 101, 102, 103, 104, 108 e 113).
(GU n.10 del 4-3-1992 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  2466/90,
 proposto  dal  dott. Meoli Gabriele, rappresentato e difeso dall'avv.
 Antonio Barra ed elettivamente domiciliato  presso  lo  studio  dello
 stesso  in  Roma,  lungotevere  delle  Navi  n.  30,  presso  il sig.
 Mazzitelli Giuseppe, contro il Ministero di  grazia  e  giustizia  in
 persona del Ministro pro-tempore, il Ministero del tesoro, in persona
 del Ministro pro-tempore, la Presidenza del Consiglio dei Ministri in
 persona  del  Presidente  pro-tempore,  rappresentati  e difesi dalla
 Avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento del provvedimento
 in data 8 maggio 1989 del direttore della organizzazione  giudiziaria
 e  aa.gg.    del  Ministero  di grazia e giustizia nella parte in cui
 dispone il riassorbimento di somme erogate al ricorrente,  magistrato
 di  cassazione,  ai sensi dell'art. 10, secondo comma, della legge n.
 425/1984;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri di grazia e
 giustizia e del tesoro e della Presidenza del Consiglio;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  13  marzo  1991  il  relatore
 consigliere  Restaino  e  uditi,  altresi',  l'avv.  Barra   per   il
 ricorrente   e   l'avv.   dello  Stato  Arena  per  l'amministrazione
 resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Il ricorrente, magistrato di cassazione gia'  collocato  a  riposo
 dal  1›  aprile  1990,  impugna  il provvedimento del direttore della
 organizzazione  giudiziaria  e  aa.gg.  del  Ministero  di  grazia  e
 giustizia  dell'8  maggio  1989  nella  parte  in  cui  si dispone il
 riassorbimento  delle  somme  gia'  erogategli  per   differenze   di
 stipendio  relative  al  periodo  1› gennaio 1979 - 30 giugno 1983 ai
 sensi e con le modalita' di cui all'art.  10,  secondo  comma,  della
 legge  6  agosto  1984,  n.  425  (nella  specie e' stato disposto il
 recupero  delle  stesse  somme  dalla  indennita'  di  buonuscita  al
 ricorrente   spettante   in  conseguenza  della  sua  cessazione  dal
 servizio, nota n. 9837/5 del 28 giugno 1990 del Ministero di grazia e
 giustizia).
    Tali  somme  erano  state  all'attuale  istante   corrisposte   in
 esecuzione della sentenza, passata in giudicato, n. 172 del 1› giugno
 1984  del  t.a.r. per la Campania, sezione di Salerno con la quale e'
 stato riconosciuto il diritto del dott. Meoli a percepire gli aumenti
 periodici di cui all'art. 5, ultimo comma,  del  d.P.R.  28  dicembre
 1970, n. 1080 a decorrere dal 1› gennaio 1979.
    Vengono dedotti i seguenti motivi di gravame:
      I)  errata  interpretazione  ed  applicazione dell'art. 10 della
 legge 6 agosto 1984, n. 425, anche in  relazione  all'art.  12  delle
 disposizioni sulla legge in generale e violazione dell'art. 136 della
 Costituzione in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n.
 123  del  7-10  aprile  1987  nonche'  degli  artt.  36  e  97  della
 Costituzione.
    Rileva il ricorrente come alla data di pubblicazione della legge 6
 agosto 1984, n. 425, la decisione emessa nei suoi confronti (sentenza
 n. 172 dal 1› giugno 1984  del  t.a.r.  della  Campania,  sezione  di
 Salerno,  notificata  l'8  giugno  dello  stesso anno) non era ancora
 passata in giudicato stante la sospensione dei termini feriali dal 1›
 agosto.
    Da cio' la inapplicabilita' nei suoi confronti del  secondo  comma
 dell'art. 10 della stessa legge n. 425/1984.
    Rileva  altresi'  sotto altro profilo la inefficacia di tale norma
 sulla fattispecie in questione, richiamando la decisione della stessa
 Corte   costituzionale   n.   123/1987   che,   nel   dichiarare   la
 illegittimita'  costituzionale  del  primo  comma  dell'art. 10 della
 legge n. 425/1984, ha ritenuto inammissibili i  rilievi  relativi  al
 successivo    secondo   comma   dello   stesso   articolo,   la   cui
 interpretazione restava devoluta ai giudici di merito  per  i  quali,
 secondo  il  ricorrente,  si  porrebbe  di  determinante rilevanza la
 preclusione dei giudicati derivanti delle decisioni  emesse  in  sede
 giurisdizionale.
    Viene  comunque  eccepita,  in  via subordinata, la illegittimita'
 costituzionale della stessa disposizione che verrebbe ad incidere  su
 diritti soggettivi perfetti di natura economica;
      II)  violazione  del  giudicato  derivante  dalla  decisione  n.
 172/1984 nonche' dei principi vigenti in materia anche  in  relazione
 agli  artt.  1218,  1224  e 1282 del cod. civ. nonche' dell'art. 429,
 terzo comma, del c.p.c.
    Viene  con  tale  motivo  denunciata   la   illegittimita'   della
 estensione  del  recupero  delle  somme  di  cui  trattasi anche agli
 importi relativi  alla  rivalutazione  monetaria  ed  agli  interessi
 legali.
    Il  contraddittorio e' stato istituito nei confronti del Ministero
 di grazia e giustizia, del Ministero del tesoro  e  della  Presidenza
 del  Consiglio  che, costituitisi in giudizio, con memoria depositata
 il 28 febbraio 1991 sostengono la infondatezza del ricorso.
    Con  memoria depositata il 21 febbraio 1991 il ricorrente fornisce
 ulteriori argomentazioni a sostegno del gravame insistendo per il suo
 accoglimento.
    Alla udienza del 13 marzo 1991 la causa e' passata in decisione.
                             D I R I T T O
    Vengono impugnati dal ricorrente, magistrato  di  Cassazione  gia'
 collocato a riposo dal 1› aprile 1990, i provvedimenti con i quali e'
 stato  disposto  il  recupero,  dalla  indennita'  di buonuscita allo
 stesso spettante in conseguenza della  cessazione  dal  servizio,  di
 somme  che  gli  erano  state  gia' erogate a titolo di differenze di
 stipendio relative al periodo  1›  gennaio  1979-30  giugno  1983  in
 esecuzione della sentenza, passata in giudicato, n. 172 del 1› giugno
 1984 del t.a.r. della Campania, sezione di Salerno.
    Con  tale  sentenza  e' stato riconosciuto il diritto dello stesso
 istante a percepire gli aumenti periodici di cui all'art.  5,  ultimo
 comma,  del  d.P.R.  28  dicembre  1970,  n. 1080, a decorrere dal 1›
 gennaio 1979.
    Lo stesso recupero  e'  stato  disposto  ai  sensi  dell'art.  10,
 secondo  comma,  della  legge  6  agosto  1984,  n.  425, concernente
 disposizioni sul trattamento economico dei magistrati che, come noto,
 dispone il riassorbimento, con  la  normale  progressione  economica,
 degli  importi  erogati  o  da erogare al personale di cui all'art. 3
 della stessa legge in esecuzione di provvedimenti giudiziari  passati
 in   giudicato   ovvero,   se  necessario,  operando  le  conseguenti
 detrazioni a carico della indennita' di buonuscita.
    Ritiene il collegio non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita' costituzionale dello stesso secondo comma del suindicato
 art.  10  che, come evidente, assume pregiudiziale rilevanza, ai fini
 della risoluzione della controversia in esame.
    La stessa questione, peraltro, e' stata gia' esaminata dalla Corte
 costituzionale che con sentenza n. 413 del 7 aprile 1988, intervenuta
 su numerose ordinanze  di  rimessione  dei  tribunali  amministrativi
 regionali,  ha  ritenuto la disposizione di cui al suindicato art. 10
 conforme  ai  precetti  costituzionali   assunti   a   parametro   di
 incostituzionalita' della stessa norma.
    Con  una  prospettazione  volta  ad evidenziare nuove implicazioni
 derivanti dall'applicazione della predetta norma, la Sezione  ritiene
 ora   di   dover   riproporre   la  questione  di  costituzionalita',
 persistendo  aspetti  non  ancora  esaustivamente   esplorati   circa
 l'effettiva portata dispositiva della norma.
    Come  e'  noto,  antecedentemente  alla legge n. 425/1984, recante
 disposizioni  in  ordine  al  trattamento  economico  dei  magistrati
 ordinari,  amministrativi,  contabili  e  militari e degli avvocati e
 procuratori   dello   Stato   si   era   formato   un    orientamento
 giurisprudenziale  dei  giudici  amministrativi  di primo grado e del
 Consiglio di Stato (cfr. per tutte, la decisione dell'ap. 16 dicembre
 1983, n. 27)  che,  ispirato  alla  unitarieta'  ed  uniformita'  del
 trattamento  economico  delle  categorie  magistratuali  e  di quelle
 equiparate, aveva - in sostanza - riconosciuto in favore di  tutti  i
 magistrati indistintamente, la spettanza della speciale indennita' di
 cui  all'art.  3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, originariamente
 attribuita,  secondo  il  dettato  letterale  della  norma,  ai  soli
 magistrati   ordinari   ed  esteso  inoltre  ugualmente  a  tutte  le
 categorie, la disciplina degli aumenti periodici di stipendio dettata
 per i soli magistrati della Corte dei conti dall'art. 5 del d.P.R. n.
 1080/1970.
   L'anzidetto  quadro  normativo  -  univocamente  interpretato dalla
 giurisprudenza nel senso teste' ricordato  -  si  e'  modificato  con
 l'emanazione  della legge n. 425/1984 il cui art. 1, primo comma (con
 valore  di  interpretazione  autentica)  chiarisce  che  la  speciale
 indennita'  ex  legge  n.  27/1981  compete,  antecedentemente  al 1›
 gennaio 1983 - data dalla quale  ne  viene  disposta  l'estensione  a
 tutti  - solo ai magistrati dell'ordine giudiziario. Il secondo comma
 dello stesso art. 1 (anch'essa norma interpretativa)  afferma  a  sua
 volta  che  i  particolari  criteri  di  calcolo  degli  aumenti  per
 anzianita' originariamente previsti per i soli magistrati della Corte
 dei conti, debbono essere in effetti applicati solo a questi  ultimi.
 Tale criterio di calcolo viene, tuttavia abolito (art. 3) anche per i
 predetti  magistrati  contabili,  a  decorrere  dal  1› luglio 1983 e
 sostituiti,  per  tutti,  con  un  nuovo  criterio  di   progressione
 economica,  articolato  in  8 classi biennali del 6% ed in successivi
 aumenti biennali del 2,50%.
    Della legittimita' costituzionale di queste norme  interpretative,
 e'  stata  nuovamente investita la Corte, sospettandosi, da parte dei
 giudici  remittenti,  della   conformita'   di   un   intervento   di
 interpretazione  autentica,  diretto ad imporre, in giudizi pendenti,
 una soluzione  contrastante  con  i  precedenti  giurisprudenziali  e
 sfavorevole  ad  una uniformita' di trattamento retributivo fra tutte
 le categorie magistratuali ed equiparate (Consiglio di Stato,  quarta
 sezione,  4 febbraio 1988, n. 22; t.a.r. Brescia 14 novembre 1987, n.
 987).
    Siffatta questione  di  illegittimita'  costituzionale  -  tuttora
 pendente   -   e'   scaturita,  in  sostanza,  da  una  pronuncia  di
 incostituzionalita' emessa dalla Corte, dell'art.  10,  primo  comma,
 della  legge  n. 425/1984 il quale, disponendo l'estinzione d'ufficio
 dei giudizi pendenti in qualsiasi stato e grado si trovino alla  data
 di  entrata  in  vigore  della  legge  stessa,  precludeva,  con cio'
 violando l'art. 24  della  Costituzione,  al  giudice  di  merito  di
 pronunciarsi sulle controversie relative al trattamento economico dei
 magistrati,  cosi'  come prefissato dalle ricordate norme interpreta-
 tive del diritto previgente (Corte costituzionale 10 aprile 1987,  n.
 123).
    Sull'art.  10,  secondo  comma,  della  legge  n.  425/1984  - che
 interessa il presente giudizio - necessita ora soffermarsi.
    La  norma  in  questione  recita  testualmente:  "Gli  importi   a
 qualsiasi titolo erogati o da erogare al personale previsto dall'art.
 3  della  presente  legge  in  esecuzione di provvedimenti giudiziari
 passati in giudicato, rimangono attribuiti a titolo personale e  sono
 riassorbiti con la normale progressione economica e nelle funzioni ed
 inoltre,   se   necessario,  operando  le  conseguenti  detrazioni  a
 conguaglio a carico dell'indennita' di buonuscita".
    Nella pronuncia della Corte, sopra  richiamata  (n.  413/1988)  si
 legge  che in tale norma " .. non e' configurabile ne' lo svuotamento
 del contenuto economico del giudicato, ne' l'impiego  della  funzione
 legislativa   per  invadere  l'ambito  riservato  dalla  Costituzione
 all'attivita' giudiziaria, in quanto la norma stessa, funzionale alla
 generale finalita' perequativa perseguita dalla legge n. 425/1984 per
 tutti i magistrati,  mira  ad  eliminare,  con  il  meccanismo  della
 gradualita'  temporale  proprio del riassorbimento nella progressione
 economica,  esiti  privilegiati di trattamento economico riproduttivo
 di disparita' non tollerabili nel quadro  di  intenti  costituzionali
 legittimi della volonta' legislativa".
    Un  approfondimento  della questione deve muovere dalla situazione
 reale prefigurata dalla stessa  legge  n.  425/1984  sul  trattamento
 economico  dei  magistrati,  cosi' come risultante in vigore, dopo le
 pronunce correttive della Corte costituzionale.
    Il trattamento economico dettato per tutti i magistrati sulla base
 di un nuovo meccanismo retributivo e' in vigore dal 1›  luglio  1983.
 Messo  a  raffronto  con  quello previgente, determinato, in ipotesi,
 anche a seguito di provvedimenti giudiziali passati in giudicato,  e'
 ipotizzabile  che  esso risulti inferiore o superiore a quest'ultimo.
 Nessuna implicazione lesiva si verifica, per  entrambi  i  casi,  per
 l'interessato  il  quale  dal  1› luglio 1983, ha comunque diritto di
 conservare il trattamento precedente piu' vantaggioso sotto forma  di
 assegno   personale  pensionabile  e  riassorbibile  con  la  normale
 progressione economica pari alla differenza fra le due retribuzioni.
    L'art. 8 della legge n.  425/1984  cit.  assicura,  infatti,  tale
 esito    conservativo    attraverso    lo    strumento   tipico   del
 "riassorbimento", che consiste nel mantenere il trattamento economico
 raggiunto  piu'  elevato  di  quello  stabilito  da  una   disciplina
 sopravvenuta,  con  il congelamento della progressione economica fino
 al  momento  in  cui  gli  incrementi  retributivi   determinano   la
 parificazione dei due trattamenti.
    Di   talche',  per  il  periodo  successivo  al  1›  luglio  1983,
 l'eventuale provvedimento giudiziale che abbia, in ipotesi,  concorso
 a  determinare  un  maggior trattamento economico viene salvaguardato
 nei  suoi  effetti  sostanziali,  che  continuano  a   prodursi   per
 l'interessato grazie al riassorbimento ( ex art. 8 cit.).
    Altrettanto  non puo' dirsi per il periodo precedente al 1› luglio
 1983, vale a dire per il periodo che va dal 1› gennaio  1979  a  tale
 data,  cui  si  riferiscono  i  giudicati  di cui trattasi, in quanto
 l'art.  10,  secondo  comma,  della  legge   n.   425/1984,   dettato
 espressamente  per  tale  lasso  temporale,  impone che gli importi a
 qualsiasi  titolo  erogati  in   esecuzione   di   giudicati,   siano
 riassorbiti con la normale progressione di carriera o nelle funzioni,
 operando  le conseguenziali detrazioni anche a carico dell'indennita'
 di buonuscita.
    Gli effetti di tale norma, letta nel combinato disposto  dall'art.
 8  cit.,  appaiono  profondamente  diversificati  a  seconda  che  il
 giudicato abbia  determinato  al  1›  luglio  1983  una  retribuzione
 maggiore  o inferiore rispetto a quella (nuova) derivante dalla legge
 n. 425/1984. Nel primo caso, l'interessato, per il periodo  post.  1›
 luglio  1983,  fruisce di tutti gli effetti favorevoli del giudicato,
 conservando l'assegno ad personam, finanche a fini pensionistici - se
 necessario - mentre, contraddittoriamente, per  il  periodo  ante  1›
 luglio  1983,  gli  importi  percepiti  ex  giudicato dovranno essere
 interamente recuperati anche a carico dell'indennita' di buonuscita.
    Nel caso di trattamento economico ex giudicato inferiore a  quello
 ex legge n. 425/1984 - come nel caso dell'attuale ricorrente - non e'
 applicabile  l'art.  8,  perche'  non  vi e' l'esigenza di attribuire
 all'interessato, per il periodo post. 1› luglio  1983,  l'assegno  ad
 personam,  ma  soltanto  l'art.  10,  secondo  comma,  della legge n.
 425/1984, attraverso il recupero delle somme corrisposte, utilizzando
 sia  il  meccanismo  del  riassorbimento  con la normale progressione
 economica e nelle funzioni, sia il recupero vero e proprio  a  carico
 dell'indennita' di buonuscita.
    E' agevole scorgere, nell'effettiva portata precettiva della norma
 succitata   un  sostanziale  e  completo  svuotamento  del  giudicato
 correlato alla circostanza che, laddove quest'ultimo abbia attribuito
 un trattamento economico risultante al 1›  luglio  1983  inferiore  a
 quello  determinato  ex legge n. 425/1984, nessun assegno personale (
 ex art. 8) va riconosciuto all'interessato che e' tenuto, tuttavia  (
 ex   art.  10,  secondo  comma)  a  restituire  con  il  sistema  del
 riassorbimento e della detrazione sull'indennita'  di  buonuscita  le
 somme percepite ex giudicato.
    Invero,  non  e'  agevole  nemmeno comprendere come, nella specie,
 possa operare lo stesso meccanismo del riassorbimento (previsto dalla
 predetta norma) il quale, come e'  noto,  e'  volto  a  mantenere  un
 trattamento  economico  piu'  elevato  di  quello  stabilito  da  una
 disciplina  sopravvenuta  con  il  congelamento  della   progressione
 economica   fino   al  momento  in  cui  gli  incrementi  retributivi
 determinano la parificazione dei due trattamenti.  Ma  nella  specie,
 non  ricorre  tale  presupposto  e  ciononostante  l'art. 10, secondo
 comma, cit. vuole che le somme corrisposte  "  ex  giudicato",  siano
 "riassorbite".
    Non  e' nemmeno agevole scorgere la finalita' perequativa di detta
 norma che, anzi, appare nella  sua  concreta  applicazione,  tale  da
 operare concretamente in misura diversificata a seconda delle ipotesi
 verificabili,  incidendo,  conseguentemente,  altrettanto  in  misura
 diversificata, sul giudicato di cui trattasi, al quale e'  consentito
 in  taluni  casi  di  spiegare  i propri effetti, laddove ( ex art. 8
 cit.) si consente all'interessato di continuare  a  fruire,  anche  a
 fini  pensionistici,  di  un  trattamento  economico piu' favorevole,
 mentre in altri lo si svuota completamente, laddove  (  ex  art.  10,
 secondo  comma,  cit.)  si  prescrive  il  recupero che comunque deve
 avvenire, delle somme corrisposte fino al 1› luglio 1983.
    In questo senso e' stata applicata - come non poteva non  farsi  -
 la  disposizione  di  cui  all'art. 10, secondo comma, della legge n.
 425/1984, in quanto l'amministrazione, edotta che l'interessato, " ex
 giudicato", come sopra precisato, aveva percepito importi retributivi
 a titolo di scatti di anzianita' ritenuti  spettanti,  ha  recuperato
 sulla  indennita'  di  buonuscita  del  ricorrente  la  somma  di  L.
 41.906.215 corrispostagli per il periodo  1›  luglio  1979-30  luglio
 1983.
    Nella  specie,  lo svuotamento totale del giudicato e' in re ipsa,
 avendo l'interessato dovuto restituire tutto il conseguito.
    La salvaguardia del giudicato,  del  diritto  di  difesa  e  della
 stessa  funzione  giurisdizionale,  limiti invalicabili per qualsiasi
 intervento legislativo  che  voglia  risultare  conforme  ai  dettami
 costituzionali  contenuti  negli  artt.  24,  25, 101, 102, 103 e 113
 della Costituzione - come ha sempre  riconosciuto  il  giudice  delle
 leggi  - mentre appare osservata dal disposto dell'art. 8 della legge
 n. 425/1984 che ha fatto uso, secondo uno schema tipico del  pubblico
 impiego,  del  solo  "riassorbimento",  appare  invece disattesa, con
 conseguente violazione di  tutti  i  parametri  costituzionali  sopra
 ricordati, oltre che dello stesso art. 3 della Costituzione, da parte
 dell'art. 10, secondo comma, della stessa legge che, almeno in taluni
 casi,  comporta  irreversibilmente  la  totale  restituzione di somme
 attribuite nel periodo 1› gennaio 1979-30  giugno  1983,  consentendo
 all'amministrazione   di   operare   un  equivalente  recupero  sulla
 indennita' di buonuscita.
    Per  le  considerazioni  esposte,  le  delineate  questioni  vanno
 rimesse  alla Corte costituzionale, restando sospeso il giudizio, con
 riserva di ogni ulteriore  statuizione  all'esito  della  risoluzione
 dell'incidente di costituzionalita'.
                               P. Q. M.
    Solleva,  nel  giudizio promosso dal dott. Meoli Gabriele, come in
 epigrafe, la questione di legittimita' costituzionale,  in  relazione
 agli  artt.  3, 24, 25, 101, 102, 103, 104, primo comma, 108, secondo
 comma, e 113 della Costituzione, dell'art. 10, secondo  comma,  della
 legge  6  agosto  1984,  n.  425,  nella  parte  in  cui  consente il
 riassorbimento  degli  importi  retributivi  attribuiti  da  sentenze
 passate   in   giudicato   anche   mediante   l'eventuale  conguaglio
 dell'indennita' di buonuscita;
    Sospende il  giudizio  sino  alla  risoluzione  dell'incidente  di
 costituzionalita';
    Dispone che, a cura della segreteria della sezione, gli atti siano
 trasmessi  alla  Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in giudizio ed al Presidente del Consiglio  dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera del Senato.
    Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 marzo 1991.
                       Il presidente: DE ROBERTO
                                         Il consigliere est.: RESTAINO
 92C0219