N. 96 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 settembre 1991

                                 N. 96
 Ordinanza  emessa  il  5  settembre 1991 dal tribunale amministrativo
 regionale della Calabria - Catanzaro,  sul  ricorso  proposto  da  Lo
 Passo Oscar contro Co.Re.Co. delle u.s.l.  di Catanzaro ed altra
 Impiego pubblico - Stato giuridico del personale delle u.s.l. -
    Dirigenti  veterinari  -  Collocamento  a riposo al compimento del
    sessantacinquesimo  anno  di  eta'  -   Mancata   previsione   del
    trattenimento  in  servizio  fino  al settantesimo anno di eta' al
    fine di conseguire maggiori  benefici  previdenziali,  cosi'  come
    stabilito  per  i  dirigenti dello Stato e i primari ospedalieri -
    Ingiustificata disparita' di trattamento con incidenza sul diritto
    ad una retribuzione proporzionata e adeguata, e sul  principio  di
    buon andamento della pubblica amministrazione.
 (Legge 19 febbraio 1991, n. 50, artt. 1 e 3).
 (Cost., artt. 3, 38 e 97).
(GU n.10 del 4-3-1992 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sulla domanda di sospensione
 dell'esecuzione del provvedimento, impugnato in  via  giurisdizionale
 col  ricorso  n.  737/91  proposto da Lo Passo Oscar, rappresentato e
 difeso dall'avv. Giuseppe Sirimarco, contro il Co.Re.Co. delle u.s.l.
 Catanzaro, in persona del  presidente  pro-tempore,  rappresentato  e
 difeso  dall'avvocatura dello Stato di Catanzaro e l'unita' sanitaria
 locale  n.  4  di  S.  Marco  Argentano,  in   persona   del   legale
 rappresentante   pro-tempore   (n.c.),   per   l'annullamento  previa
 sospensione dell'esecuzione, dell'ordinanza n. 15967  del  Co.Re.Co.,
 di  annullamento  della delibera n. 64 in data 21 febbraio 1991 della
 u.s.l. n. 4 di S. Marco Argentano con la quale  il  dottor  Lo  Passo
 Oscar,  veterinario  dirigente, veniva trattenuto in servizio sino al
 raggiungimento  dei  quaranta  anni  di  servizio   utile   ai   fini
 pensionistici e comunque non oltre il settantesimo anno di eta';
    Visto  il  ricorso con i relativi allegati, nonche' gli atti tutti
 della causa;
    Vista l'istanza di sospensione del provvedimento impugnato;
    Udito il relatore dott. Paolo  Passoni  e  udito  altresi'  l'avv.
 Giuseppe  Sirimarco per il ricorrente, alla camera di consiglio del 4
 settembre 1991;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Il dott. Lo Passo Oscar, in servizio quale  veterinario  dirigente
 presso  la  u.s.l. n. 4 di S. Marco Argentano (Cosenza), il giorno 22
 febbraio 1991 ha compiuto il sessantacinquesimo anno di eta'.
    In accoglimento della sua  istanza  in  data  14  settembre  1990,
 preordinata  al trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo
 anno di eta' per non aver maturato  il  massimo  della  pensione,  la
 u.s.l.  n.  4  di  S. Marco Argentano con delibera 64 del 21 febbraio
 1991 disponeva il trattenimento in servizio del dott. Lo Passo  Oscar
 sino  al  raggiungimento  dei  quaranta anni di servizio utili per il
 conseguimento del massimo della pensione.
    Il  Co.Re.Co.  per  la  regione  Calabria,  dopo  aver   acquisito
 specifici  chiarimenti  dalla u.s.l. procedente, con il provvedimento
 impugnato ha annullato  la  delibera  n.  64  citata,  sostenendo  la
 illegittimita'  della  stesa " ..in quanto nessuna normativa consente
 il mantenimento in servizio sino al settantesimo anno dei  veterinari
 dirigenti".
    A  sostegno del gravame avverso il diniego tutorio vengono dedotte
 le seguenti censure:
      1) violazione dell'art. 1, comma-  4-quinquies  della  legge  28
 febbraio  1990,  n.  37,  in connessione con l'art. 47 della legge 23
 dicembre 1978, n. 833, e con l'art. 83 del  d.P.R.  n.  761/1979;  in
 buona  sostanza, il ricorrente ritiene che ai sensi dell'ultima norma
 citata (in base alla quale al personale  sanitario  si  applicano  le
 disposizioni  del  testo  unico  n. 3/1957 sul personale civile dello
 Stato  e  successive  modificazioni  ed  integrazioni,   i   benefici
 attribuiti  ex  legge  n.  37/1990  ai  dirigenti  dello Stato devono
 intendersi ope legis estensibili anche alla dirigenza  sanitaria,  al
 contrario di quanto ritenuto dall'u.s.l. 18 di Catanzaro;
      2)  in  via subordinata, illegittimita' costituzionale dell'art.
 53 del d.P.R. n. 761/1979 per violazione degli artt. 3, 38 e 97 della
 Costituzione nella parte in cui non prevede  -  similmente  a  quanto
 disposto  dall'art. 15 della legge n. 37/1990 per i dirigenti statali
 - che il personale medico delle u.s.l. possa fruire, sussistendone  i
 medesimi  presupposti, del beneficio del mantenimento in servizio per
 raggiungere il massimo della pensione.
    Alla  camera di consiglio del 5 settembre 1991 la parte ricorrente
 ha insistito sull'adozione del provvedimento cautelare di sospensione
 della delibera impugnata.
    Il tribunale con ordinanza collegiale n. 801 del 5 marzo  1991  ha
 disposto  la sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato sino alla
 camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da  parte
 della   Corte   costituzionale,   una  volta  deciso  l'incidente  di
 costituzionalita' sollevato con la presente  ordinanza  relativamente
 agli artt. 1 e 3 della legge 19 febbraio 1991, n. 50.
                             D I R I T T O
    Occorre  preliminarmente rilevare come l'espansione alla dirigenza
 sanitaria dei benefici pensionistici gia' previsti in  via  esplicita
 per la dirigenza statale e scolastica, non possa argomentarsi a mezzo
 di  mera  interpretazione  estensiva  dell'art.  1, comma 4-quinques,
 della legge n. 37/1990; non giova dunque al  ricorrente  invocare  il
 rinvio  al  t.u.  impiegati civili dello Stato n. 3/1957 e successive
 modifiche, posto dall'art. 83 del  d.P.R.  n.  761/1979  sullo  stato
 giuridico del personale uu.ss.ll.; quest'ultima norma esclude infatti
 dalla relatio quanto nel decreto medesimo espressamente disciplinato,
 ed  in  questo  senso  l'eta'  di collocamento a riposo del personale
 u.s.l. trova puntuale regolamentazione nell'art.  53  del  d.P.R.  n.
 761/1979,  denegando  cosi'  ogni rinvio dinamico in soggetta materia
 alla normazione vigente per i dirigenti civili dello Stato.
    Del resto la recente  legge  19  febbraio  1991,  n.  50,  recando
 espresse  disposizioni  sul  collocamento a riposo di certo personale
 sanitario dipendente, ha indirettamente confermato l'esclusione della
 categoria da pregresse normative di analogo  contenuto,  afferenti  a
 diversi rami del pubblico impiego.
    Inoltre, la questione di costituzionalita' dell'art. 53 del d.P.R.
 n.  761/1979  subordinatamente  prospettata  dal  ricorrente potrebbe
 ritenersi superata per il personale sanitario dirigente dalla  citata
 legge  n.  50/1991, al cui interno deve ora intendersi trasposto ogni
 rilievo di ingiusto trattamento nei  confronti  dell'altro  personale
 sanitario  apicale  escluso dai benefici riservati ai soli primari di
 ruolo.
    Il collegio ravvisa pertanto nella citata novella  legislativa  n.
 50/1991 (pure ignorata dal ricorrente) l'elemento determinante che si
 innesta  nella  pendente  vicenda  contenziosa,  condizionandone,  il
 relativo esito.
    Il primo comma dell'art. 1 statuisce che "I primari ospedalieri di
 ruolo che non  abbiano  raggiunto  il  numero  di  anni  di  servizio
 effettivo necessario per conseguire il massimo della pensione possono
 chiedere  di  essere trattenuti in servizio fino al raggiungimento di
 tale anzianita' e, comunque, non oltre il settantesimo anno di eta'",
 mentre l'art. 3, primo comma delimita l'applicabilita'  dei  benefici
 de quibus " .. ai primari ospedalieri di ruolo non collocati a riposo
 alla  data  di  entrata  in vigore della presente legge" (20 febbraio
 1991).
    La disposizione non  consente  dunque  utilita'  specifiche  nella
 sfera   giuridica   del   ricorrente,  riferendosi  ai  soli  primari
 ospedalieri di ruolo, con esclusione pertanto degli altri  medici  di
 vertice  e  delle  residue  categorie  sanitarie  apicali  (precipue,
 veterinario dirigente).
    Le  violazioni  sospettate  riguardano  gli  artt.  3, 38, secondo
 comma, e 97, primo comma, della Costituzione.
    La  disparita'  di  trattamento  ex  art.  3  della   Costituzione
 afferisce  alla mancata estensione al personale veterinario dirigente
 delle opzioni di proroga del servizio oltre  i  sessantacinque  anni,
 opzione  riservata  -  ai  sensi  dell'art. 1 della legge 19 febbraio
 1991, n. 50 - ai soli primari ospedalieri di ruolo (analoga questione
 di costituzionalita' e' stata rimessa da questo tribunale agli  altri
 medici apicali esclusi).
    Sebbene  il  potere  di  deroga non postuli ex necesse sistematico
 contrasto costituzionale allorquando risulti preordinato  a  regolare
 specifiche  e  peculiari  esigenze  di  settore,  dette  esigenze non
 sembrano peraltro evidenziate o comunque aliunde argomentabili.
    Preesistenti discriminazioni applicative connesse  a  benefici  di
 tardivo  collocamento  a  riposo  all'interno del personale medico di
 vertice,  sono  state  infatti   ritenute   legittime   dal   giudice
 costituzionale  solo  ove  la  specifica ratio che le governa risulti
 finalisticamente  non  dilatabile  alle  categorie   escluse   (Corte
 costituzionale,  sentenza  n.  134/1986  in  riferimento agli artt. 6
 della legge n. 336/1964 e 5 della legge n. 402/1982).
    Nel caso di  specie,  al  contrario  della  precedente  deroga  di
 settore,  da  una  parte  la  legge  n.  50/1991 sembra aver non solo
 disatteso, quanto piu' in radice superato la regola generale ex  art.
 53  del  d.P.R.  n.  761/1979 sul collocamento a riposo del personale
 sanitario dirigente al  compimento  del  sessantacinquesimo  anno  di
 eta';  dall'altra  la  dilatazione  dei citati benefici alle similari
 categorie  escluse  sembra  non   solo   possibile   ma   logicamente
 necessaria,  pena una sintomatica disparita' di trattamento ex art. 3
 della Costituzione.
    E' infatti da evidenziare che  il  veterinario  dirigente  risulta
 incardinato  ex  d.P.R.  n.  761/1979  allegato 1, nel medesimo ruolo
 (sanitario) e nella medesima  posizione  funzionale  di  vertice  del
 primario  ospedaliero  (beneficiario  dell'opzione  previdenziale  ex
 legge n. 50/1991), oltre che degli altri medici apicali, per i  quali
 e' anch'essa pendente questione di costituzionalita'.
    Inoltre, rispetto alla generalita' del residuo personale sanitario
 di  vertice  (biologi,  chimici,  fisici,  psicologhi) il veterinario
 insieme  al  farmacista   dirigente   risulta   piu'   specificamente
 assimilato  al  profilo  professionale  dei  medici  in  relazione al
 requisito di esame di idoneita', necessario per la partecipazione  ai
 rispettivi concorsi (artt. 19 e 20 del d.P.R. n. 761/1979), requisito
 giustificato  dalla  notevole  esperienza professionale nonche' dalle
 qualificate preparazioni additive che collegano le  citate  posizioni
 funzionali.
    Si  vuole  pertanto  rilevare  (per  quello che qui interessa) che
 l'estraneita' dai benefici de quibus dei veterinari  dirigenti  e  di
 contro   l'inclusione   dei  soli  medici  primariali  non  evidenzia
 rassicurante ponderazione del legislatore in ordine  alla  diversita'
 di  trattamento  ormai  radicatasi all'interno dello stesso personale
 sanitario  di  vertice,  nel  quale  risulta  comunque  compreso   il
 ricorrente del giudizio a quo.
    Oltre   alla  prospettata  violazione  dell'art.  3,  la  presente
 questione di costituzionalita' investe anche gli  artt.  38,  secondo
 comma,  e  97 primo comma, della Carta. Il primo sotto il profilo del
 violato principio di un adeguato trattamento  previdenziale  di  fine
 rapporto  nei  confronti  di  tutti  i  lavoratori, ed a fortiori, di
 quelli compresi all'interno di analoghe mansioni.
    Trattasi di violazione  logicamente  collegata  alla  censura  per
 disparita'  di  trattamento  ex  art.  3,  alla  quale  si  fa rinvio
 soprattutto in  relazione  al  delineato  aspetto  dell'argomentabile
 equiparazione  giuridica  di  alcune  se  non  di  tutte  le funzioni
 sanitarie apicali (precipue: medici, veterinari e farmacisti).
    Quanto  all'art.  97   della   Costituzione,   primo   comma,   la
 problematica   in  esame  riguarda  l'incidenza  sul  buon  andamento
 amministrativo di eventuali disparita' di tempi  nel  collocamento  a
 riposo degli impiegati.
    Questo   tribunale   considera   al   riguardo   che  il  generale
 orientamento  normativo  mirato  ad  estendere  a   sempre   maggiori
 categorie  di  lavoratori  il trattenimento in servizio per finalita'
 pensionistiche postula comunque un positivo vaglio del legislatore in
 ordine all'efficienza professionale  di  detti  impiegati  durante  i
 periodi lavorativi supplementari.
    Non  potrebbe  infatti ragionevolmente sostenersi che le normative
 de quibus possano consentire proroghe in servizio  di  personale  non
 ritenuto idoneo ad esprimere apprezzabili contributi professionali, e
 cio'  anche  alla  luce del disposto limite invalicabile dei settanta
 anni,  oltre,  il  quale  il  legislatore  ritiene   inaffidabile   -
 indipendentemente  da  ogni  premura  di carattere previdenziale - la
 prosecuzione del rapporto di impiego; anzi, proprio  i  "  ..riflessi
 positivi del generale miglioramento delle condizioni di vita e di sa-
 lute  dei lavoratori sulla loro capacita' di lavoro", ricordati dalla
 Corte  costituzionale  nelle  sentenze  nn.  461/1989   e   444/1990,
 evidenziano    una   piena   compatibilita'   tutoria   di   esigenze
 previdenziali e di migliore  andamento  della  p.a.,  del  resto,  lo
 specifico onere di attivazione a carico del lavoratore orientato alla
 permenanza  in servizio oltre i sessantacinque anni, tende a favorire
 una ponderata autovalutazione sull'efficienza lavorativa, in  un'eta'
 assolutamente  peculiare  in  cui  positivi stimoli al lavoro possono
 garantire rendimenti di  altissima  qualita',  causalmente  collegati
 alla notevole esperienza professionale maturata negli anni.
    In  altre  parole, se l'aspetto previdenziale risulta senza dubbio
 finalita' prevalente nel consentire il tardivo collocamento a  riposo
 del lavoratore (a cio' apertis verbis disposto), sussiste, seppure in
 via  indiretta  e  conseguenziale,  l'interesse  pubblico  a  che  la
 somministrazione periodica di somme di danaro  all'impiegato  avvenga
 per il maggior tempo possibile su base sinallagmatico-stipendiale, in
 cambio di energia lavorativa ancora utile e produttiva.
    Sotto   il  citato  profilo,  inibire  al  pubblico  impiegato  la
 prosecuzione di un rapporto attivo con la p.a.  entro  tempi  e  modi
 consentiti  per  altri  lavoratori  in  similare  posizione, potrebbe
 costituire aperto sintomo violativo del  precetto  costituzionale  di
 proficuo andamento dell'azione amministrativa.
    In  via  conclusiva  si  vuole evidenziare come la "lettura" della
 Carta debba  ritenersi  soggetta  ad  una  relatio  dinamica  con  il
 particolare   momento  storico-politico  in  considerazione,  che  si
 manifesta - nel  suo  aspetto  piu'  significativo  e  riassuntivo  -
 nell'orientamento del legislatore volta per volta prevalente.
    Nella  disciplina  in  argomento,  la  primigenia  regola generale
 statuiva il collocamento a riposo di tutti i  pubblici  impiegati  al
 compimento  del  65›  anno  di  eta',  mentre  carattere  derogatorio
 presentavano quelle disposizioni (peraltro confortate  dai  necessari
 presupposti   di   peculiarita')  che  da  una  parte  prevedevano  -
 indipendentemente da specifiche finalita' previdenziali - un  diverso
 limite  di  eta'  (volta per volta inferiore o superiore), dall'altra
 consentivano un trattenimento  in  servizio  mirato  ad  ottenere  il
 massimo della pensione.
    Mentre  i  generali limiti di eta' per singole categorie non hanno
 subito novazioni normative di rilievo, altrettanto non puo' dirsi per
 i limiti di eta' elevabili solo fino all'apice pensionabile. E' ormai
 diritto positivo consolidato quell'evoluzione legislativa  -  che  si
 manifesta appunto con la seconda modalita' di cui sopra - preordinata
 alla  piu'  compiuta  attuazione  dell'art.  38, secondo comma, della
 Costituzione, tanto da poter ormai  raccordarsi  ad  un  sopravvenuto
 principio  normale,  a deroga del quale sono ben possibili interventi
 normativi  diversamente  orientati,  ma  solo  per  cause  specifiche
 direttamente  argomentabili  dalla  ratio  legis,  pena la violazione
 primaria degli artt. 3 e 38, secondo comma, e quella per  cosi'  dire
 secondaria   e   conseguenziale   dell'art.  97,  primo  comma  della
 Costituzione.
    Nel caso di specie, alla tendenza generale a consentire  a  sempre
 piu' vaste categorie di pubblici impiegati l'opzione previdenziale in
 discorso, si e' peraltro cumulata - ai sensi della legge n. 50/1991 -
 una  previsione  ad  hoc per i soli medici primariali, con esclusione
 delle  altre  posizioni  sanitarie  apicali  pure  caratterizzate  da
 similari  requisiti  di  impegno  e rigore professionale (nel caso di
 specie, dirigenza veterinaria).
    Il collegio ritiene pertanto che ricorrono i presupposti normativi
 per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    Visti gli art. 134 della Costituzione e 23 della  legge  11  marzo
 1953, n. 1;
    Dichiara   la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza,  in
 relazione agli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione,  sulla  questione
 di  costituzionalita' degli artt. 1 e 3 della legge 19 febbraio 1991,
 n. 50, nella parte in cui non sono estesi  i  benefici  previdenziali
 disposti  a  favore  dei primari di ruolo, anche al residuo personale
 sanitario di vertice;
    Sospende il giudizio promosso con ricorso n. 737/1991;
    Ordina   l'immediata   rimessione   degli    atti    alla    Corte
 costituzionale;
    Dispone  che  a  cura  della  segreteria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento;
    Dispone  altresi'  la  trasmissione  alle  parti in giudizio della
 presente ordinanza.
    Cosi' deciso  in  Catanzaro,  nella  camera  di  consiglio  del  5
 settembre 1991.
                      Il Presidente: CASTIGLIONE
   Il referendario: POLITI
                                     Il referendario relatore: PASSONI
 92C0224