N. 102 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 settembre 1991
N. 102 Ordinanza emessa il 24 settembre 1991 dal tribunale di Verona nel procedimento penale a carico di Montresor Roberto Processo penale - Dibattimento - Assunzione di mezzi di prova su disposizione del giudice - Subordinazione dell'esercizio di tale potere alla preventiva acquisizione delle parti - Disparita' di trattamento per situazioni analoghe - Lamentato esercizio solo apparente dell'azione penale - Conseguente lesione del principio di obbligatorieta' - Mancata salvaguardia dell'indipendenza del p.m. - Decisioni vincolate dalle scelte processuali delle parti - Lesione dei principi della legge delega. (C.P.P. 1988, art. 507). (Cost., artt. 3, 25, 76, 101 e 112; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, direttive 37, 42, 49, 50, 51 e 52).(GU n.10 del 4-3-1992 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Montresor Roberto (n. 72/91 r. gen. trib.), imputato del reato p. e p. dagli artt. 81 del codice penale e 3, n. 8, della legge 20 febbraio 1958, n. 75, commesso in Verona nel 1983 in danno di Welponer Wally; Premesso che in sede di esposizione introduttiva e richiesta di prove il pubblico ministero - dopo aver rappresentato che l'accusa si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa dal reato, Welponer Wally, e dal di lei marito, Corbioli Gabriele, e che, essendosi reso conto dei motivi di dissidio esistenti tra l'imputato e la persona offesa, nonche' di talune qualita' morali di quest'ultima e del teste Corbioli tali da svalutare l'attendibilita' sostanziale delle predette fonti di prova - si dichiarava convinto di non poter efficacemente sostenere l'accusa nel giudizio, e non richiedeva l'assunzione di alcun mezzo di prova, in particolare decideva per "economia processuale" di non richiedere l'esame della Welponer e del Corbioli, gia' indicati nella lista dei testimoni a norma dell'art. 468 del codice di procedura penale; che la difesa, parimenti, non provvedeva in detta sede a richiedere alcun mezzo di prova, neppure quelli gia' indicati in apposite liste o richieste gia' depositate, giudicando cio' corrispondente al proprio interesse in conseguenza della strategia processuale scelta dal pubblico ministero, ma si limitava a richiedere l'acquisizione di documenti e l'esame di testi e dell'imputato solo per il caso in cui il tribunale avesse deciso di esercitare il potere di cui all'art. 507 del codice di procedura penale; che il pubblico ministero in un secondo tempo - e dopo che era stato gia' dato l'avviso all'imputato ex art. 494 del codice di procedura penale e gia' si era ritirato una prima volta, il Tribunale, per decidere in ordine all'eventuale espletamento di attivita' istruttoria su impulso ufficioso - il pubblico ministero, dunque, richiedeva l'esame di due testi per dar corpo ai dati di fatto da cui aveva tratto il convincimento della sostanziale inattendibilita' della persona offesa e del teste Corbioli, richiesta questa, pero', alla quale si opponeva la difesa giudicandola tardiva ed irrituale; Ritenuto che, stante l'eccezione della difesa, la richiesta successiva del pubblico ministero e' inammissibile perche' tardiva essendo stata formulata dopo "esaurita l'esposizione introduttiva" e dopo l'avviso di cui all'art. 494 del codice di procedura penale, quando ormai la situazione si era cristallizzata sul se poteva o non esercitarsi il potere del giudice di disporre d'ufficio nuovi mezzi di prove, mentre era chiaro che nessuna decisione doveva essere adottata ex art. 495 del codice di procedura penale non avendo le parti richiesto attivita' istruttoria; Ritenuto che, in conseguenza di quanto sopra, risulta rilevante la decisione in ordine al punto dell'applicabilita' al caso di specie dell'art. 507 del codice di procedura penale, apparendo chiaro che, in difetto di qualsivoglia attivita' istruttoria, al giudice non resterebbe altro che pronunciare l'assoluzione nel merito dell'imputato; Rilevato altresi' che l'art. 507 del codice di procedura penale subordina l'esercizio dei poteri istruttori d'ufficio del tribunale al fatto che sia terminata l'acquisizione delle prove, evidentemente quelle richieste dalle parti, apparendo chiaro il tenore letterale della norma che limita detto potere al caso in cui vi sia stata richiesta di prove dalle parti e conclusa la fase di acquisizione delle stesse, norma che essendo di carattere eccezionale (art. 190, secondo comma del codice di procedura penale) non consente applicazione analogica; tutto cio' e' premesso e osservato, in ordine alla interpretazione del contenuto dell'art. 507 del codice di procedura penale, quanto segue: "E' indubitabile che il nuovo codice di procedura penale abbia introdotto un nuovo sistema di ricerca della prova incentrato sul principio del rito accusatorio di stampo anglosassone mentre il codice abrogato si ispirava esclusivamente ai principi del rito inquisitorio. Va pero' subito chiarito che il rito inquisitorio non e' stato completamente bandito dal nuovo processo penale residuando vaste aree di applicazione dello stesso. Ci si riferisce in particolare a tutti i casi di giudizio abbreviato, di applicazione della pena su richiesta delle parti, al procedimento per decreto, in pratica a tutti i riti che consentono di pervenire alla definizione del procedimento utilizzando come prove gli atti delle indagini preliminari compiuti dal pubblico ministero o anche sviluppando una istruzione secondo i meccanismi tipici del rito inquisitorio. Si pensi all'attivita' istruttoria supplementare svolta in sede di udienza preliminare e condotta direttamente dal giudice o anche all'attivita' istruttoria condotta direttamente dal giudice del giudizio pretorile sull'accordo delle parti (anche se sulla base delle domande e contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori, art. 576 del codice di procedura penale) oppure ancora alla previsione che sia lo stesso giudice a condurre la prova disposta ex art. 507 del codice di procedura penale nel caso in cui cio' sia avvenuto d'ufficio (art. 151, secondo comma delle norme di attuazione del codice di procedura penale. Se si pone mente all'importanza dei riti speciali, attibuita loro dallo stesso legislatore ai fini di poter pervenire alla deflazione dei carichi giudiziari, si comprende anche - ancorche' siano definiti speciali tali riti e ancorche' dunque considerati derogativi al sistema ordinario sviluppato secondo il rito accusatorio - la vastita' del campo di applicazione di meccanismi tipici del rito inquisitorio. La norma dell'art. 507 del codice di procedura penale non si pone dunque come una disposizione del tutto incoerente ed avulsa dal sistema del codice benche' preveda condizioni precise all'esercizio di poteri d'ufficio istruttorio da parte del giudice. Questi solo dopo aver assistito all'istruzione dibattimentale ammessa su richiesta delle parti e solo ove risulti assolutamente necessario potra' disporre l'assunzione di nuovi mezzi di prova, ove la novita' di questi e' da porre in relazione all'istruzione conclusasi ed espletata sulla richiesta delle parti. Anche la dottrina nell'esporre i principi cardini del nuovo rito penale che concernono l'attivita' istruttoria ha evidenziato tre aspetti fondamentali di detta attivita': la necessita' di un provvedimento immediato ed espresso del giudice sulla richiesta di prova formulata dalle parti; la presunzione di ammissibilita' della prova richiesta dalle parti, che andra' esclusa solo se vietata dalla legge o manifestamente superflua o irrilevante - art. 190, primo comma -; la presunzione di completezza della prova ammessa su richiesta delle parti che deriva dalla disposizione dell'art. 190, secondo comma, secondo cui l'ammissione della prova d'ufficio ad op- era del giudice e' eccezionale ed e' possibile soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge. La piu' significativa di dette ipotesi tassative e' quella prevista dall'art. 507 del codice di procedura penale: 'per la sua portata generale, riferibile a qualsiasi mezzo di prova, la norma svolge un ruolo di clausola di chiusura del sistema e vale a definire l'intervento d'ufficio del giudice, non solo come eccezionale, ma anche come residuale rispetto all'iniziativa delle parti, essendo destinato ad operare come extrema ratio, quando il giudice rilevi che in concreto le prove gia' acquisite su richiesta di parte richiedono un'integrazione assolutamente necessaria ad assicurare la funzione conosciutiva del processo'. Quale che sia la portata che si intende attribuire al potere, riconosciuto al giudice dall'art. 507 del codice di procedura penale, non sembra sia esclusa la funzione sussidiaria di garanzia acche' il processo tenda effettivamente alla ricerca della verita', quantomeno tenda non ad un risultato qualsiasi ma a quel risultato che e' il meno lontano possibile dalla verita'. E, pur con sfumature diverse, la dottrina invero non l'ha affatto esclusa. Da taluni si e' infatti solo voluto negare che il giudice possa estendere i suoi poteri a spazi di ricerca della prova estranei alle contrapposte tesi affacciate dalle parti in nome di una verita' assoluta, ancorche' extraprocedimentale, ma non si e' escluso - pur sottolineandosi il ribaltamento rispetto al sistema precedente - che il giudice si attivi "la' dove le parti si dimostrano inerti", intervenendo in supplenza, ma sempre con riferimento alle tesi dalle medesime prospettate. Da altri - premesso che secondo l'opzione di fondo del sistema accusatorio non v'e' una verita' oggettiva da ricercare e l'unica verita' e' quella che scaturisce dal conflitto tra le parti e che il sistema inquisitorio muove invece dalla impostazione filosofica opposta della ricerca della verita' oggettiva che si ritiene possa essere avvicinata da un soggetto animato da coscienza e ragione - si e' evidenziato come il legislatore dopo aver abbracciato evidentemente il sistema dialogico di ricerca della prova, 'si sia accorto - e non poteva non accorgersene - che il conflitto puo' produrre delle distorsioni: il legislatore del 1988 ha scelto la procedimentalita' ma sempre con un occhio ai valori. Ed e' per questo che se ha stabilito che due e' meglio di uno (e su questo si puo' esser anche d'accordo) non ha affatto escluso che tre sia meglio di due'. Si puo' dunque ritenere che il codice abbia 'preferito la figura del giudice tutore in seconda battuta dei valori extraprocedimentali'. Il giudice lascera' le parti giocare fino in fondo la loro partita dismettendo il ruolo di protagonista; ma si e' ben lontani da poteri istruttori ufficiosi da intendere come espressione di 'eccezionalita' quasi patologica'. Cio' costituisce inoltre un fattore di equilibrio importante (in un sistema che 'contempla ancora molte parti che sono troppo deboli per lasciarle affogare o troppo forti per lasciarle spadroneggiare'). Il sistema appare coerente con questa interpretazione ove si considerino anche: la direttiva n. 73 della legge delega del 16 febbraio 1987, n. 81, ove contempla i poteri istruttori del giudice e cioe' di 'indicare alle parti temi nuovi od incompleti utili (si badi) alla ricerca della verita' .. di disporre l'assunzione di mezzi di prova' (si badi anche qui: 'mezzi di prova' puramente e semplicemente); l'art. 523 del codice di procedura penale (interruzzione della discussione per l'assunzione di nuove prove se non in caso di assoluta necessita'); lo stesso art. 358 del codice di procedura penale che prevede il potere-dovere della pubblica accusa di svolgere altresi' 'accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini'. Infine, piu' in generale, si e' pure osservato (Cordero) che 'senza questo residuo dei vecchi poteri, l'alternativa decisoria sarebbe disponibile, e l'ipotesi dissona dai quadri culturali italiani. La scelta accusatoria non vuole essere adesione bigotta a modelli anglosassoni'" (cfr. sent. n. 333 del 9 aprile 1991 del tribunale di Verona, imp. Dei Micheli); Ritenuto in definitiva che i limiti imposti dalla norma, cosi' come attualmente formulata, non possano essere superati da esigenze di carattere sistematico che non si sono tradotte in disposizioni esplicite e che anzi trovano in quelle positivamente adottate ostacoli di ordine letterale evidenti; Ritenuto che, intesa nel senso che il giudice non possa esercitare il potere di disporre d'ufficio nuove prove se non quando sia stata conclusa l'acquisizione delle prove richieste dalle parti e non anche nel caso che prove le parti - nonostante il rinvio a giudizio - non ne abbiano richieste affatto, la norma contrasti con i seguenti principi costituzionali: art. 3 della Costituzione sia sotto il profilo della coerenza interna del sistema e dunque della ragionevolezza della norma stessa che sotto il profilo della disparita' di trattamento di situazioni analoghe, non ravvisandosi alcun ragionevole motivo acche' non sia equiparata al fatto che il giudice ritenga incompleta la prova richiesta dalle parti la situazione in cui le parti, totalmente inerti, non consentano al giudice di conoscere alcunche' della vicenda sostanziale; art. 112 della Costituzione risolvendosi la situazione di stallo determinata dalla scelta processuale delle parti in un solo apparente esercizio dell'azione penale; in conseguenza di cio', art. 25 e 3 della Costituzione atteso che "il principio di legalita' che rende doverosa la repressione delle condotte .. abbisogna .. della legalita' nel procedere"; e questa in un sistema come il nostro, fondato sul principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, non puo' essere salvaguardata che attraverso l'obbligatorieta' dell'azione penale (corte costituzionale sentenza n. 88 del 28 gennaio 1991); art. 101, secondo comma della Costituzione sotto il profilo della salvaguardia dell'indipendenza del pubbico ministero (realizzare la legalita' nell'eguaglianza non e' concretamente possibile se l'organo cui l'azione e' demandata dipende da altri poteri: sicche' di tali principi e' imprescindibile requisito l'indipendenza del publico ministero questi e' infatti, al pari del giudice soggetto soltanto alla legge (art. 101, secondo comma della costituzione) e si qualifica come "un magistrato appartenente all'ordine giudiziario collocato come tale in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere, che non fa valere interessi particolari, ma agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all'osservanza della legge" (sentenze corte costituzionale nn. 190/1970 e 96/1975, nonche' n. 88/91 cit.); art. 101 secondo comma della Costituzione, sotto il profilo che il giudice nell'esercizio della funzione giurisdizionale sarebbe vincolato, in ordine alle decisione nel merito della causa, dalla scelta di carattere processuale, per ipotesi anche immotivata, delle parti; art. 76 della Costituzione, per eccesso di delega atteso che il sistema delineato dalla legge delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale (direttive n. 37, 42, 49, 50, 51 e 52) e' imperniato sul controllo esterno da parte del giudice sull'operato del pubblico ministero, e, nell'attribuzione di poteri istruttori di ufficio al giudice, esprime anche il criterio (direttiva n. 73) dell'utilita' ai fini della ricerca della verita', criterio del tutto vanificato in caso di scelte strategiche delle parti svincolate da qualsiasi potere di intervento del giudice.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' dell'art. 507 del codice di procedura penale, nella parte in cui limita l'esercizio dei poteri istruttori d'ufficio da parte del giudice al caso in cui sia "terminata l'acquisizione delle prove" richieste dalle parti con esclusione del caso in cui le parti, pur potendolo, non abbiano richiesto acquisizione di prova alcuna, in relazione agli artt. 3, 112, 25, secondo comma, e 3, 101, secondo comma, e 76 della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione; Dispone la sospensione del procedimento a carico di Montresor Roberto; Ordina la trasmissione del fascicolo alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Verona, addi' 24 settembre 1991 Il presidente: PASCUCCI 92C0230