N. 120 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 novembre 1990- 24 febbraio 1992
N. 120 Ordinanza emessa il 14 novembre 1990 (pervenuta alla Corte costituzionale il 24 febbraio 1992) dalla Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, sul ricorso proposto da Maloberti Achille Pensioni - Pensioni erogate dalla C.P.D.E.L. - Computo nella base pensionistica delle eventuali mensilita' oltre la tredicesima corrisposte a titolo di gratifiche annuali o altrimenti periodiche soltanto per gli iscritti con trattamento economico di attivita' di servizio regolato da contratto collettivo di lavoro e comunque limitatamente alla parte di esse corrisposta obbligatoriamente ai sensi del rispettivo contratto di lavoro - Irrazionalita' della predetta limitazione della pensionabilita' delle mensilita' aggiuntive alla sola fonte normativa dei contratti collettivi e della conseguente esclusione di altre fonti normative (accordi nazionali e regolamenti ministeriali) - Incidenza sui principi della proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione (anche differita) dovendosi i predetti emolumenti ritenere parte integrante della normale retribuzione. (Legge 5 dicembre 1959, n. 1077, art. 16, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 36).(GU n.11 del 11-3-1992 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. c/121964 del registro di segreteria, presentato dal sig. Maloberti Achille nato il 14 marzo 1919, elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria n. 5, presso lo studio dell'avv. Guido Romanelli, avverso il decreto n. 087098 in data 18 agosto 1980 e la nota n. 2993106 in data 13 gennaio 1984 della direzione generale degli Istituti di previdenza (C.P.D.E.L.) e nei confronti dei ministeri del tesoro e dell'industria, commercio ed artigianato nonche' della Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Genova; Uditi, nella pubblica udienza del 3 ottobre 1990, con l'assistenza del segretario rag. Antonio Giuseppone, il consigliere relatore dott. Manlio Licari, l'avv. Guido Romanelli, procuratore speciale del ricorrente, e il pubblico ministero in persona del vice-procuratore generale dott. Gennaro Faracca; non comparso l'avvocato dello Stato; Visti gli atti e i documenti tutti della causa. RITENUTO IN FATTO Con atto ritualmente notificato, depositato il 23 maggio 1984, seguito da memoria depositata il 27 settembre 1990, il sig. Achille Maloberti - gia' dipendente della camera di commercio I.A.A. di Genova, cessato dal servizio dal 1 gennaio 1977 per esodo ai sensi della legge 24 maggio 1970, n. 336 - ha presentato ricorso sostenendo che illegittimamente non e' stata considerata quale retribuzione contributiva utile a pensione la "gratificazione annuale" (commisurata a due mensilita' dello stipendio, delle quote di aggiunta di famiglia e dell'assegno integrativo mensile in godimento) di cui all'art. 40 del regolamento approvato con d.m. 16 marzo 1970, relativo al personale camerale. A sostegno della propria tesi, il ricorrente ha esibito anche copia della decisione 2 novembre 1981-30 marzo 1982, n. 5 del Consiglio di Stato in adunanza plenaria, che ha effettuato, in sostanza, la natura fissa e continuativa di detto emolumento. Con memoria depositata il 24 luglio 1990, l'avvocatura generale dello Stato, per la direzione generale degli istituti di previdenza, ha chiesto la reiezione del ricorso perche', in sostanza, "il disposto del regolamento si scontra con il chiaro disposto dall'art. 16 della legge n. 1077/1959, che esclude la pensionabilita' delle gratificazioni annuali per le categorie rette da regolamento". Alla pubblica udienza, l'avv. Romanelli ha insistito per l'accoglimento del ricorso; il pubblico ministero ne ha chiesto la reiezione, in conformita' a precedenti pronunce della sezione. CONSIDERATO IN DIRITTO Il tenore letterale dell'art. 16, secondo comma, della legge 5 dicembre 1959, n. 1077 - secondo il quale le eventuali mensilita' oltre la tredicesima corrisposta a titolo di gratifiche annuali o altrimenti periodiche, anche se erogate, interamente od in parte, con il sistema degli acconti a quote mensili, sono da comprendere nella retribuzione annua contributiva "soltanto" per gli iscritti con trattamento economico di attivita' di servizio regolato da "contratto collettivo di lavoro" e comunque limitatamente alla parte di esse corrisposte obbligatoriamente ai sensi del rispettivo contratto di lavoro - e la consolidata interpretazione giurisprudenziale quanto al rapporto (di norma speciale a norma generale) fra detta disposizione ed il precedente art. 15 (cf Corte dei conti 3a sezione pensioni civili, 6 marzo 1981, n. 46996, in Rivista della Corte dei conti 1982, I, 190), condurrebbero alla reiezione del ricorso, in conformita' a costante giurisprudenza di questa sezione (decisioni, in casi identici e con particolare ampiezza di motivazione, 17 aprile 1989, n. 62748 e n. 62739, in Riv. Corte dei conti 1989 n. 5, I, 112 e 1990 n. 1, I, 133; ed ancora, dec. n. 64380 del 12 ottobre 1990). Il collegio ritiene peraltro che debba porsi - perche' non manifestamente infondata, oltre che palesemente rilevante ai fini della decisione sul ricorso - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, secondo comma, della legge 5 dicembre 1959, n. 1077, per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione. Quanto al primo profilo (art. 3 della Costituzione), si osserva che la limitazione posta dalla suddetta norma (e cioe' la rilevanza pensionistica delle disposizioni dettate "soltanto" dal contratto collettivo dilavoro) rispetto alla generale previsione delle fonti idonee a statuire retribuzioni rilevanti anche ai fini di pensione (precedente art. 15: leggi, regolamenti o contratti collettivi) era chiaramente intesa ad assicurare un sufficiente carattere di "generalita'" dell'emolumento in questione, anche ai fini della necessaria tutela dell'equilibrio finanziario delle Casse pensioni, escludendo l'idoneita' dei molteplici regolamenti organici degli enti territoriali e pubblici a statuire al riguardo, dal momento che - quanto alle categorie rette da legge - e' evidente che la fonte primaria avrebbe sempre potuto (e potrebbe tuttora) statuire espressamente la pensionabilita' delle mensilita' aggiuntive, con cio' prevalendo sulla norma generale. Peraltro, la successiva evoluzione dell'ordinamento, assoggettando la retribuzione dei dipendenti dei vari Enti alle statuizioni degli accordi nazionali (agevolmente assimilabili, sotto questo aspetto, ai contratti collettivi) ha ulteriormente ridotto la rilevazione della limitazione di cui al predetto art. 16; ma gia' dall'origine la particolarissima situazione dei dipendenti camerali - il cui stato giuridico ed economico era disciplinato da decreto ministeriale (del Ministro dell'industria, commercio ed artigianato, di concerto con il Ministro per il tesoro - non sembra essere stata tenuta nella debita considerazione dal legislatore pensionistico, perche' detta fonte normativa appare perfettamente idonea ad assicurare oggettivita' e generalita' (nell'ambito, ovviamente, di una particolare categoria di pubblici dipendenti) degli emolumenti ivi previsti. Sembra, pertanto, che irrazionalmente (e cioe' anche discostandosi dalla ratio che ne informa la statuizione) il citato art. 16 non ha fatto salva, insieme alla posizione dei dipendenti disciplinati da contratto collettivo (e, per quanto si e' detto, dalla legge e dagli accordi nazionali), anche la posizione dei dipendenti camerali, disciplinati da regolamento ministeriale (e non da regolamento di singoli Enti), con cio' discriminandoli sulla sola base di tale circostanza e di una inesatta assimilazione ai dipendenti il cui trattamento economico era invece rimesso alle statuizioni regolamentari di (numerosissimi) singoli enti. Quanto al secondo profilo (art. 36 della Costituzione), le argomentazioni contenute nelle decisione del Consiglio di Stato ap. 2 novembre 1981-30 marzo 1982, n. 5 (in atti in copia integrale) - anche se non consentono di superare, per gli aspetti pensionistici, il tenore letterale dell'art. 16 della legge n. 1077 del 1959 - esattamente e evidenziano la natura di normale retribuzione degli emolumenti di cui trattasi, cosicche' la negazione della loro persionabilita' (gia' confliggente, per quanto si e' detto, con l'art. 3 Cost.) appare anche incontrasto con l'art. 36 della Costituzione, in relazione all'art. 15 della stessa legge n. 1077/1959 e per il noto carattere di retribuzione differita della pensione; valgono, a tal proposito, le considerazioni piu' ampiamente svolte, in altra fattispecie involgente analoga problematica, con l'ordinanza di questa sezione 2 maggio 1990 in causa Arata (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - 1a serie speciale, n. 44 del 7 novembre 1990, pag. 66).
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sopra ogni pronuncia, ordina che gli atti di causa siano trasmessi alla Corte costituzionale affinche', in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione ed all'art. 15, primo comma, della legge 5 dicembre 1959, n. 1077 sia risolta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, secondo comma, della legge 5 dicembre 1959, n. 1077, nella parte in cui esclude la pensionabilita' delle mensilita' oltre la tredicesima per gli iscritti con trattamento economico di attivita' di servizio disciplinato da regolamento ministeriale; Dispone che, a cura della segreteria, la presnte ordinanza sia notificata alle parti, al procuratore generale della Corte dei conti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Cosi' pronunciato in Roma, nella camera di Consiglio del 14 novembre 1990. Il presidente: SARACENO 92C0265