N. 116 ORDINANZA 4 - 19 marzo 1992
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Procedimenti speciali - Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza quale pronuncia di condanna - Espressione di una modalita' di esercizio del diritto di difesa (cfr. sentenza n. 313/1990) - Manifesta infondatezza. (C.P.P., art. 444). (Cost., art. 24, secondo comma).(GU n.13 del 25-3-1992 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 444 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10 settembre 1991 dal Pretore di Catania nel procedimento penale a carico di Duplicato Domenico, iscritta al n. 660 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 19 febbraio 1992 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che, con ordinanza emessa il 10 settembre 1991, il Pre- tore di Catania ha sollevato, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 444 del codice di procedura penale; che, ad avviso del remittente, nel rito speciale di cui alla norma impugnata il giudizio sulla responsabilita', come puo' desumersi dalla sentenza di questa Corte n. 313 del 1990, deve considerarsi sostanzialmente formulato dal giudice nel momento in cui, senza che la difesa intervenga con proprie deduzioni in ordine alla valutazione degli elementi in atti, egli decide se pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 del codice di procedura penale o applicare la pena; che il diritto di difesa viene quindi garantito in ordine alla qualificazione del fatto, all'esistenza o meno di circostanze, al giudizio di comparazione e alla determinazione della pena, ma non in ordine al giudizio di responsabilita', che non puo' essere oggetto di un accordo; che, inoltre, pur essendo vero che non bisogna confondere il diritto di difesa con l'assoluto diritto di esercitarlo, tuttavia la rinuncia al diritto di difesa, che e' una facolta', puo' solo ammettersi all'interno di un procedimento e non puo' essere imposta dalla legge come condizione per accedere ai benefici derivanti dalla attuazione di un rito speciale; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza della questione; Considerato che la richiesta di applicazione di una pena da parte dell'imputato, ovvero il consenso sulla richiesta formulata dal pubblico ministero, ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, esprimono essi stessi una modalita' di esercizio del diritto di difesa, in quanto - come questa Corte ha gia' affermato nella sentenza n. 313 del 1990 - costituisce efficiente strumento di tale diritto la possibilita' offerta all'imputato di avvalersi, con libera scelta, dell'istituto in esame e di acquisire, quindi, una pena minima sottraendosi al rischio di piu' gravi sanzioni; che il fatto che il giudice conservi comunque, pur in presenza dell'accordo delle parti, il potere-dovere di pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale e' espressione di un principio generale posto evidentemente a garanzia dello stesso imputato, per cui va chiaramente escluso che cio' possa violare il suo diritto di difesa; che, in conclusione, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 444 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Catania con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 marzo 1992. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: FERRI Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 19 marzo 1992. Il cancelliere: FRUSCELLA 92C0346