N. 127 ORDINANZA 16 - 25 marzo 1992
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza - Pensioni - Aggiornamento del massimale di retribuzione pensionabile - Discriminazioni tra le varie decorrenze - Questioni gia' decise con declaratorie di non fondatezza (sentenza n. 173/1986) e di manifesta infondatezza (ordinanze nn. 120/1989 e 171/1990) - Manifesta infondatezza. (Legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19; legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tredicesimo comma; legge 15 aprile 1985, n. 140, art. 9; d.-l. 22 dicembre 1990, n. 409, artt. 1, quarto comma, e 2, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1991, n. 59). (Cost., art. 3).(GU n.14 del 1-4-1992 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 19 della legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica); 3, tredicesimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica); 9 della legge 15 aprile 1985, n. 140 (Miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento della pensione sociale); 1, quarto comma, e 2 del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409 (Disposizioni urgenti in tema di perequazione dei trattamenti di pensione nei settori privato e pubblico), convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1991, n. 59; promosso con ordinanza emessa il 9 luglio 1991 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Silmo Malinverni Elba ed altri ed I.N.P.S., iscritta al n. 630 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 19 febbraio 1992 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto che il Pretore di Torino, con ordinanza emessa il 9 luglio 1991 (R.O. n. 630 del 1991), nel procedimento civile promosso da Silmo Malinverni Elba ed altri nei confronti dell'I.N.P.S., avente ad oggetto la riliquidazione delle pensioni corrisposte agli attori con varie decorrenze, in applicazione delle disposizioni di progressivo aggiornamento del massimale di retribuzione pensionabile, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 19 legge 23 aprile 1981, n. 155, dell'art. 3, tredicesimo comma, legge 29 maggio 1982, n. 297, dell'art. 9 legge 15 aprile 1985, n. 140, in riferimento al principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non operano anche a beneficio dei gia' pensionati, i quali vengono cosi' discriminati rispetto a quelli futuri, anche sotto il profilo del diverso e piu' svantaggioso collegamento tra retribuzione e pensione; b) degli artt. 1, quarto comma, e 2 del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1991, n. 59, in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui fanno decorrere il ricalcolo pensionistico, correlato ai nuovi limiti massimi di retribuzione pensionabile indicati nell'art. 2 D.P.C.M. 16 dicembre 1989 (Gazzetta Ufficiale, n. 299 del 23 dicembre 1989), da periodo successivo al 31 dicembre 1989 anziche' dall'anno di pensionamento e, fino a tutto il 31 dicembre 1990, in ragione solo del 60%; che, a parere del giudice remittente, si sarebbero verificate, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, discriminazioni palesamente irrazionali fra un pensionato e l'altro, in relazione al fatto, meramente accidentale, della data di collocamento a riposo, pur a parita' delle residue condizioni di anzianita' assicurativa e di retribuzione imponibile, nonche' intrinseca incoerenza delle norme censurate sub b), le quali, pur presupponendo l'iniquita' dei previgenti "tetti pensionistici", si' da disporne l'aggiornamento, limitano, poi, la liquidazione degli arretrati da data sensibilmente posteriore a quella in relazione alla quale il riconoscimento della iniquita' e' avvenuto; che nel giudizio e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha concluso per la manifesta infondatezza della questione sub a), in base alla pregressa giurisprudenza della Corte in materia, e per la manifesta infondatezza della questione sub b), osservando che le disposizioni denunciate non appaiono correttamente individuate nella ordinanza di remissione, in quanto il limite alla decorrenza del trattamento pensionistico e le misure dell'aggiornamentosono posti dal D.P.C.M. del 16 dicembre 1989, attuativo dell'art. 3 della legge n. 544 del 1988, non anche dal decreto-legge n. 409 del 1990, come convertito in legge n. 59 del 1991; e che, comunque, si tratta di limiti temporali al riconoscimento del diritto a miglioramenti pensionistici, rimessi alla discrezionalita' del legislatore; Considerato che la questione sub a) e' stata gia' dichiarata non fondata (sent. n. 173 del 1986) e manifestamente infondata (ordd. nn. 120 del 1989 e 171 del 1990); che non sono stati dedotti motivi nuovi che possano fondare una diversa decisione; che la questione sub b) e' anche essa manifestamente infondata in quanto, a prescindere dall'eventuale errata individuazione delle norme rilevata dall'Avvocatura Generale dello Stato, si e' piu' volte ritenuto che la determinazione della data di miglioramenti della pensione e' rimessa alla discrezionalita' del legislatore, sottratta al sindacato di legittimita' costituzionale, se, come nella specie, non sia stata esercitata con arbitrio o con irrazionalita'; che, pertanto, le questioni sollevate devono essere dichiarate manifestamente infondate; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale: a) degli artt. 19 della legge 23 aprile 1981, n. 155 (Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica); 3, tredicesimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica); 9 della legge 15 aprile 1985, n. 140 (Miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento della pensione sociale); b) degli artt. 1, quarto comma, e 2 del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409 (Disposizioni urgenti in tema di perequazione dei trattamenti di pensione nei settori privato e pubblico), convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1991, n. 59; Sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pre- tore di Torino con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 marzo 1992. Il presidente: CORASANITI Il redattore: GRECO Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 25 marzo 1992. Il cancelliere: FRUSCELLA 92C0370