N. 183 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 marzo 1992
N. 183 Ordinanza emessa il 3 marzo 1992 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra S.r.l. Telemaremma e amministrazione delle PP.TT Radiotelevisione e servizi radioelettrici - Radiodiffusione di programmi televisivi - Previsto regime di concessione - Conseguente degradazione del diritto di manifestazione del pensiero a mero interesse legittimo - Persistenza del regime autorizzatorio per le imprese che diffondano programmi esteri nel territorio italiano - Irragionevolezza con incidenza sul principio della libera iniziativa economica compromessa dalla previsione del succitato regime concessorio. (Legge 6 agosto 1990, n. 223, artt. 2, 3, 15, 16 e 19). (Cost., artt. 3, 15, 21 e 41).(GU n.16 del 15-4-1992 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta a ruolo il 27 giugno 1986 al n. 4595 del ruolo affari civili contenziosi dell'anno 1986 al n. 1578 del ruolo della sezione al n. 367 del ruolo del giudice istruttore prmossa da: S.r.l. Telemaremma in persona del legale rappresentante avv. Felice Vaccaro attrice contro l'amministrazione delle poste e telecomunicazioni in persona del Ministro pro-tempore, difesa e rappresentata come per legge dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze convenuta avente per oggetto: convalida del provvedimento di urgenza ex art. 700 emesso il 27/28 dicembre 1985, dal pretore di Firenze. RITENUTO IN FATTO Il procedimento sopra emarginato e' stato instaurato con atto di citazione notificato in data 19-20 giugno 1986 dalla S.r.l. Telemaremma la quale, premesso che il pretore di Firenze aveva il 27 dicembre 1985 intimato all'amministrazione PP.TT. di non dare attuazione all'ordine di disattivazione coattiva dell'impianto agente su frequenza 67 UHF e aveva ordinato la riassunzione avanti al tribunale, esponeva di essere titolare di una posizione di pieno diritto soggettivo che non tollerava l'intervento dell'amministrazione al di fuori del verificarsi del presupposto dell'incompatibilita' o della compromissione con frequenze usate dall'amministrazione stessa. Sosteneva la competenza del giudice ordinario, anche con riferimento alla tutela interdittale, data nel caso la carenza di potere della pubblica amministrazione e chiedeva sulla base del contenuto delle sentenze in materia della Corte costituzionale la declaratoria di illegittimita' dell'ordine di disattivazione. L'avvocatura erariale, ritualmente costituitasi, eccepiva il difetto di giurisdizione dell'a.g.o. per essere competente il giudice amministrativo e contestando nel merito le pretese avversarie. Istruita la causa con produzioni documentali, l'avvocatura dello Stato dopo la sopravvenienza della approvazione della legge 223/1990 modificava le proprie conclusioni chiedendo la declaratoria di cessazione della materia del contendere. Parte attrice nelle memorie conclusionali ed alla pubblica udienza del 3 marzo 1992 sollevava questioni di legittimita'. CONSIDERATO IN DIRITTO E' pacifico fra le parti in causa ed e' altresi' ritenuto dal Collegio che certamente rilevante ai fini del decidere si appalesa l'applicabilita' alla fattispecie in esame, anche ai soli fini della attuale e sopravvenuta cessazione della materia del contendere, della normativa introdotta dalla legge n. 223 del 6 agosto 1990, la quale ha previsto ed istituito il regime della concessione, da rilasciarsi dalla competente amministrazione a seguito di domanda e di verifica della compatibilita' della frequenza e degli impianti utilizzati con il cosiddetto "piano nazionale di assegnazione delle radio frequenze"; Rilevante ai fini della decisione e' l'applicazione della predetta normativa anche in relazione alla produzione di parte attrice di copia della domanda di concessione ex art. 32 della citata legge e della documentata installazione del proprio impianto trasmittente anteriormente all'entrata in vigore della legge 223/1990, cosicche' oltre alla eventuale declaratoria di illegittimita' del comportamento della pubblica amministrazione per il periodo precedente alla vigenza della predetta 223/1990, dovrebbe comunque pur sempre pronunziarsi in ordine al diritto di Telemaremma S.r.l. alla continuazione della propria attivita'. La Corte costituzionale ha piu' volte affermato e precipuamente nella pronunzia n. 202 del 28 luglio 1976, che la regola generale dettata dalla Costituzione in materia di esercizio di impianti di ra- dio e tele diffusione va rinvenuta in primis nell'art. 21 che garantisce in ogni sua forma la liberta' di manifestazione del pensiero dell'individuo con ogni mezzo di diffusione e tale diritto non solo e' un diritto soggettivo perfetto, ma costituisce una posizione soggettiva assoluta e forse la prima e massima espressione del principio di liberta' individuale inserita dal Costituente nel titolo I della parte titolata "rapporti civili", tanto che la limitazione delle "forme di comunicazione" e' consentita dalla Costituzione all'art. 15 solo per motivato atto dell'autorita' giudiziaria. Certamente l'attivita' del privato che esercita l'attivita' di trasmissione di programmi radiotelevisivi e' tutelata dalla Costituzione anche con la previsione contenuta nell'art. 41, che protegge l'iniziativa economica privata ammettendone limiti per ragioni di utilita' sociale e controlli ai fini dell'indirizzo e coordinamento ai fini sociali. Sotto tale profilo la prosecuzione nell'esercizio di emittenti (art. 32, legge 230/1990 collocato fra le norme transitorie), che gia' operavano in situazione di oligopolio di fatto, non parrebbe garantire a tutti i privati su un piano di parita' sostanziale la possibilita' di accedere a tali attivita' economiche con possibile violazione anche del generale principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), anche per la prioritaria ragione che non e' dato vedere quale "fini sociali" e quale "utilita' sociale" si perseguano tutelando la situazione in atto. Dal susseguirsi delle pronunzie della Corte costituzionale in materia e' agevole evincere un criterio di fondo che avrebbe dovuto ispirare il legislatore nell'assetto della materia, criterio ineliminabile al fine di poter garantire la conformita' costituzionale della normativa emananda, consistente nella necessita' di un regime fondato non sul sistema della concessione, bensi' su quello della autorizzazione amministrativa (v. sentenza n. 237 del 30 luglio 1984 e prima ancora nella gia' citata sentenza 202/1976 e piu' recentemente nella sentenza n. 1030 del 15 novembre 1988 dove si argomenta circa la necessita' di apposita "licenza per l'installazione e l'esercizio di stazioni radioelettriche", laddove come reputato dalla parte prevalente della dottrina, licenza e' spe- cies del genus "autorizzazione". Il sistema della legge 223 non solo e' incentrato invece sulla concessione amministrativa, che presuppone l'attribuzione di poteri e facolta' amplianti una situazione giuridica e propria del concedente, e dunque un mero interesse legittimo del privato ontologicamente diverso dal diritto soggettivo perfetto del privato stesso indicato da Corte costituzionale nella sentenza n. 202/1z976, non solo riverbera sul tipo di tutela e dunque sulla giurisdizione (ordinaria od amministrativa) invocabile in caso di scorretto esercizio del potere da parte dell'amministrazione, ma e' anche in sospetto contrasto con se' stesso. Pare infatti da valutarsi da parte del giudice di legittimita' costituzionale anche se sia legittimo, oppure contraddittorio, e dunque illogico e irrazionale, il sistema di un cosiddetto "doppio binario" istituito dal legislatore che ha stabilito all'art. 2 (e richiamato alla disposizione transitoria di cui all'art. 38) la perpetuazione del sistema autorizzatorio di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, e successive modifiche per le imprese che ripetano e diffondano nel territorio italiano programmi esteri, cosicche' dovrebbe comprendersi perche' l'attivita' sia soggetta a concessione se di radioteletrasmissione e costituisca invece l'espressione di un diritto soggettivo se di mera ripetizione di programmi esteri, allorquando entrambe utilizzino le medesime forme di comunicazione e siano espressione di identiche esigenze di liberta' di espressione e manifestazione del pensiero e di svolgimento di attivita' economica. Bene ha evidenziato la difesa della parte attrice, la quale ha citato le note pronunzie della Corte di legittimita' circa la inesistenza di differenziazione, sul piano della tutela accordabile, fra la irradiazione di programmi esteri e la diffusione di programmi nazionali, che il legislatore non ha previsto una proporzionalita', un "punto di equilibrio" fra imprese di radiotelediffusione e imprese di ripetizione di programmi esteri (cosicche' le seconde potrebbero in teoria occupare lo spettro radioelettrico disponibile a danno delle prime, sacrificando cosi' completamente il diritto soggettivo in esame anche se degradato a interesse legittimo), con cio' lasciando comunque irrisolto il problema delle imprese "miste". Ed ulteriore ingiustificata disparita' di trattamento deve ravvisarsi nella piu' volte citata disciplina transitoria: per i soli impianti esistenti infatti non viene distinto fra radiotelediffusione e ripetizione, sancendo per entrambi i casi la sufficienza dell'autorizzazione alla prosecuzione dell'esercizio con evidente contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 e seguenti della Costituzione e l'art. 23 legge n. 87/1953 dichiara rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, 15, 21, 41 della Costituzione la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3, 15, 16 e 19 della legge 6 agosto 1990, n. 223; Dispone la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Cosi' deciso dal Tribunale di Firenze, come sopra composto, riunito in Camera di consiglio il 3 marzo 1992, su relazione del dott. Sebastiano Puliga. Il presidente: SECHI 92C0415