N. 185 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 febbraio 1992

                                N. 185
       Ordinanza emessa il 12 febbraio 1992 dal pretore di Prato
 nel procedimento penale a carico di Guasti Gabriele Maurizio ed altro
 Imposta di fabbricazione - Deposito di olii minerali - Costituzione
    e/o  esercizio senza la prescritta denuncia al competente U.T.I.F.
    - Trattamento sanzionatorio - Determinazione del  minimo  edittale
    nella  misura del doppio dell'imposta relativa ai prodotti trovati
    nel deposito - Lamentata eccessivita' della sanzione con incidenza
    sul principio della funzione rieducativa della pena.
 (D.-L. 5 maggio 1957, n. 271, art. 13, primo comma, convertito, con
    modificazioni, in legge 2 luglio 1957, n. 474 e  sostituito  dalla
    legge 31 dicembre 1962, n. 1852, art. 21).
 (Cost., art. 27).
(GU n.16 del 15-4-1992 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Guasti  Gabriele  Maurizio  e  Menchetti Guido sono stati tratti a
 giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 13 della  legge  n.
 474/1957  ed  in particolare per avere esercitato un deposito di olii
 minerali senza avere effettuato la prescritta  denuncia  all'U.T.I.F.
 (nell'imputazione   si   fa  riferimento  alla  mancata  licenza,  ma
 dall'opposizione degli imputati al decreto penale si evince  che  gli
 stessi non avevano nemmeno denunciato all'U.T.I.F. il deposito).
    Nel   corso   dell'istruttoria   dibattimentale,   imperniata   su
 acquisizioni documentali e sulla deposizione del sottufficiale  della
 G.d.F. che effettuo' l'accertamento, emergeva che:
       a)  la  ditta  Lavanderia  GM  S.r.l.  di cui gli imputati sono
 legali rappresentanti, e' provvista di un deposito di  olii  minerali
 costituito da una cisterna della capienza di 24,9 metri cubi;
       b)  nessuna  denuncia  all'U.T.I.F.  era  stata  effettuata per
 l'esercizio di detto deposito;
       c) nel corso  dei  cinque  anni  precedenti  all'accesso  della
 polizia  tributaria  presso  la  ditta suddetta, erano transitati nel
 deposito complessivamente kg. 4.816.710 di olii  minerali;  l'imposta
 relativa   a   detti   prodotti   ammontava   complessivamente  a  L.
 603.726.115.
    All'esito dell'istruttoria dibattimentale, la difesa dell'imputato
 sollevava  questione  di  legittimita'  costituzionale  della   norma
 incriminatrice  di  cui  all'art.  13,  primo  comma,  della legge n.
 474/1957,  per  contrasto  con  l'art.   27,   terzo   comma,   della
 Costituzione,  in  quanto  il meccanismo di determinazione della pena
 (dal doppio al decuplo dell'imposta relativa ai prodotti trovati  nel
 deposito)  genererebbe  una sproporzione enorme tra fatto e sanzione,
 con conseguente violazione del precetto  costituzionale  relativo  al
 finalismo rieducativo della sanzione criminale.
    Ai  fini  della  valutazione della questione proposta dalla difesa
 occorre prendere le mosse  dal  nuovo  assetto  interpretativo  della
 norma costituzionale invocata, assetto interpretativo scaturito dalla
 recente sentenza della Corte costituzionale n. 313 del 2 luglio 1990.
    Tale  pronuncia,  recependo  ed  articolando le acquisizioni della
 dottrina piu' consapevole ed  evoluta  ha  chiarito  in  termini  non
 equivocabili come " .. la necessita' costituzionale che la pena debba
 tendere  a  rieducare,  lungi  dal  rappresentare  una  mera generica
 tendenza riferita al solo  trattamento,  indica  invece  proprio  una
 delle  qualita'  essenziali e generali che caratterizzano la pena nel
 suo  contenuto  ontologico,  e  l'accompagnano   da   quando   nasce,
 nell'astratta  previsione  normativa,  fino  a  quando in concreto si
 estingue".
    La pronuncia in esame ribadisce quindi  con  forza  che  "  ..  il
 precetto  di  cui al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione vale
 tanto per il legislatore quanto per i giudici  della  cognizione  .."
 trattandosi  di  " .. un principio che, seppure variamente profilato,
 e' ormai  da  tempo  diventato  patrimonio  della  cultura  giuridica
 europea,  particolarmente per il suo collegamento con il principio di
 proporzione fra qualita' e quantita' della sanzione, da una parte, ed
 offesa, dall'altra".
    L'applicazione delle suddette enunciazioni al caso di  specie  non
 puo'  che  portare  alla  dichiarazione di non manifesta infondatezza
 della questione in discorso.
    Occorre in proposito evidenziare  (il  punto  di  rilevanza  della
 questione  nel  presente  processo)  che, alla stregua della sentenza
 della Corte costituzionale n. 887 del 26 luglio  1987,  l'espressione
 "prodotti  trovati  nel  deposito"  contenuta  nell'art.  13 cit., si
 riferisce a tutti i prodotti ivi immessi  e  non  soltanto  a  quelli
 esistenti al momento dell'accertamento del reato.
    Proprio su tali basi interpretative (recepite tanto dall'autorita'
 di  polizia  giudiziaria  che  dall'odierno giudicante) fu effettuato
 l'accertamento che diede origine al presente  processo  e  fu  quindi
 evidenziata  la  quantita'  di olii minerali transitati nel deposito,
 nella misura specificata nella narrativa che precede.
    L'esito dell'opzione interpretativa suddetta  e  dell'accertamento
 da essa dipendente porterebbe ad individuare il minimo della pena per
 il  reato  in  discorso,  nella  somma di L. 1.207.452.230 (il doppio
 cioe' dell'imposta relativa ai  prodotti  "trovati"  nel  deposito  e
 corrispondente a complessive L. 603.726.115).
    La  conformita'  di  un  tale trattamento sanzionatorio (di cui e'
 stata specificata solo l'entita' minima) al  precetto  costituzionale
 in discorso ed in particolare al principio di proporzionalita' cui si
 e' fatto cenno, appare quanto meno dubbia.
    Ne'  detto  dubbio  viene  dissipato  dall'ordinanza  della  Corte
 costituzionale  18-27  dicembre  1991,  n.  427,  dichiarativa  della
 manifesta  infondatezza  della questione di legittimita' del ripetuto
 art. 13 del  d.-l.  n.  271/1957,  in  relazione  all'art.  27  della
 Costituzione,  sotto  il  profilo  della sproporzione della sanzione,
 calcolata in relazione al prodotto movimentato, "rispetto all'ipotesi
 in cui il deposito abbia una capacita' solo di  poco  superiore  alla
 soglia dei 10 metri cubi".
    In  detta  ordinanza  si  precisa infatti che "a nulla rileva - al
 fine di censurare  il  relativo  trattamento  sanzionatorio,  sia  in
 riferimento  all'art.  3  che  all'art.  27  della  Costituzione - la
 circostanza che in concreto la soglia di capacita' del deposito possa
 esser  superata di poco o di molto". Ma, cio' precisato, la Corte non
 si pronuncia, perche' non chiamata a farlo  dal  giudice  remittente,
 sulla  compatibilita'  tra  la  finalita' rieducativa della pena e la
 fissazione del  relativo  minimo  edittale  nel  doppio  dell'imposta
 relativa ai prodotti immessi nel deposito.
    Occorre  al  proposito  evidenziare  fra  l'altro  come  la  norma
 incriminatrice di cui all'art. 13, primo comma, cit.,  individui  una
 violazione  formale,  di  mero  pericolo, collocata - nella relazione
 alla legge di conversione del d.-l.  n. 271/1957 - fra le  infrazioni
 "meno pericolose".
    Su   tali  basi  e'  quindi  agevole  desumere  la  non  manifesta
 infondatezza della questione  in  discorso,  solo  che  si  consideri
 l'enorme  sproporzione  sussistente nel caso di specie fra il modesto
 disvalore del  fatto  (la  norma  non  sanziona  alcuna  evasione  di
 imposta) e la sanzione per esso prevista nel minimo.
    La  detta sproporzione impedisce di individuare, in un trattamento
 sanzionatorio  cosi'  congegnato,  alcuna   traccia   del   finalismo
 rieducativo  imposto  dalla  norma  costituzionale  in  discorso come
 contenuto ontologico della pena.
                               P. Q. M.
    Visto ed applicato l'art. 23 della legge 11  marzo  1953  dichiara
 rilevante  e  non  manifestamente infondata, con riferimento all'art.
 27, terzo comma, della Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 13, primo comma, del d.-l. 5 maggio 1957, n.
 271,  convertito con modificazioni nella legge 2 luglio 1957, n. 474,
 come sostituito dall'art. 21 della legge 31 dicembre 1962,  n.  1852,
 nella parte in cui fissa la pena minima per il reato in essa previsto
 nel  doppio  dell'imposta  relativa ai prodotti trovati nel deposito,
 intendendosi per  prodotti  trovati  tutti  i  prodotti  immessi  nel
 deposito medesimo;
    Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale,
 sospende  il  giudizio  in  corso  ed  ordina  che,  a   cura   della
 cancelleria,  la  presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei  due  rami  del
 Parlamento.
      Prato, addi' 12 febbraio 1992
                         Il pretore: COSENTINO

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