N. 191 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 ottobre 1991
N. 191 Ordinanza emessa il 18 ottobre 1991 dalla pretura di Bergamo, sezione distaccata di Clusone, nel procedimento penale a carico di Bondioli Flavio Processo penale - Procedimento pretorile - Dibattimento - Genericita' dell'imputazione - Lamentata omessa previsione del dovere del p.m. di integrare l'imputazione in caso di indicazione incompleta del fatto-reato - Impossibilita' per il giudice di supplire a tale lacuna - Possibilita' per il p.m. di non aderire all'invito di integrazione del fatto genericamente contestato - Lesione del principio di soggezione del giudice solo alla legge e dell'obbligo di promuovere l'azione penale. Processo penale - Procedimento pretorile - Dibattimento - Delegabilita' delle funzioni di p.m. a ufficiali di polizia giudiziaria (nella specie: brigadiere c.c.) - Lamentata omessa previsione dei requisiti richiesti ai delegati o dell'indicazione per quali processi tale delega sia praticabile - Violazione del principio di eguaglianza - Partecipazione all'amministrazione della giustizia riservata a una sola categoria di persone senza garanzia di imparzialita' - Lesione dell'interesse per la realizzazione della giustizia. (C.P.P. 1988, art. 516; ordinamento giudiziario r.g. n. 12/41, art. 72, come modificato dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1990, n. 15 e dall'art. 162 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271). (Cost., artt. 3, 24, 101, 102, 106 e 112).(GU n.16 del 15-4-1992 )
IL PRETORE Ha pronunciato la presente ordinanza nel procedimento penale n. 3220/1991 r.g. pretura Clusone, a carico di Bondioli Flavio, nato a Lovere il 6 maggio 1965, ivi residente, difeso di ufficio dall'avv. Neri; O S S E R V A Bondioli Flavio veniva citato a giudizio per rispondere, fra l'altro, della seguente imputazione: "del reato di cui all'art. 80/13 del c.d.s., perche' conduceva un ciclomotore con cilindrata maggiorata e comunque capace di sviluppare una velocita' di 95 km/h e quindi da considerarsi motoveicolo inquanto superante il limite stabilito dall'art. 24, lett. b), del c.d.s.: in Rogno il 19 giugno 1991": il fatto ascrittogli, dunque, era quello di aver condotto un motociclo, fatto che - come e' evidente - non costituisce reato di per se', bensi' solo per il caso in cui il conducente sia sprovvisto di patente di guida, oppure sia in stato di ebbrezza, ecc.; la specifica circostanza inerente la patente, peraltro, non formava oggetto di contestazione esplicita; il pretore, all'udienza 18 ottobre 1991, avendo la difesa eccepito la nullita' dell'imputazione per genericita' ex art. 555, lett. e), del c.p.p. e nulla avendo richiesto il pubblico ministero (ufficiale di polizia giudiziaria delegato) in proposito, sospende il processo e rinvia gli atti alla Corte costituzionale. Appare infatti rilevante ai fini del decidere la questione circa la legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 516 del c.p.p. nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero provveda alla modifica integrativa della imputazione non solo quando il fatto risulti diverso da quello descritto nel decreto di citazione, ma anche nei casi in cui il decreto di citazione rechi l'indicazione incompleta del fatto-reato, come nel caso di specie: mancando la relativa integrazione non pare possibile pervenire all'accertamento del fatto nella sua compiuta estensione e si dovrebbe quindi pervenire ad una pronuncia paradossale: accertamento eventuale della unica porzione di fatto descritta, senza peraltro accertamento del reato (la cui configurabilita' pare desumibile dai - pur inutilizzabili - sommari processi verbali di accertamento irritualmente allegati al fascicolo del dibattimento ..). La norma cosi' formulata, invero, pare non conforme al principio di cui agli artt. 101 e 112 della Costituzione in quanto vincola il giudice alla pur palesemente incompleta prospettazione accusatoria del p.m. - impedendo al giudice di supplire alla autoevidente lacuna - e consente al p.m. di restare inerte non ostante l'espresso invito del giudice a valutare l'opportunita' di integrare la descrizione del fatto imperfettamente contestato. Accanto a tali profili, che non paiono manifestamente infondati, questo giudice deve pure reiterare i dubbi di costituzionalita' circa l'art. 72 dell'ordinamento giudiziario (r.d. n. 12/1941) in quanto all'odierna udienza, interveniva l'ufficiale di polizia giudiziaria brig. Dell'Angelo Giuseppe, carabinieri di Clusone, il quale, in forza di delega nominativa scritta ricevuta dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Bergamo, era stato chiamato a svolgere, in udienza, funzioni corrispondenti a quelle del magistrato del pubblico ministero dinnanzi a questo ufficio. Lo scrivente deve qui in parte richiamarsi ad alcuni argomenti gia' sviluppati in altre ordinanze di remissione (sebbene dichiarate infondate con la sentenza n. 333/1990 e manifestamente infondate con le successive ordinanze nn. 451, 517 e 574 dell'anno 1990), ai quali ritiene di dover raggiungere altri profili di illegittimita'. In particolare, non ostante il richiamo delle menzionate decisioni di codesta Corte a precedenti sue pronunce (nn. 123 e 186 del 1970 e 172 del 1987), il giudicante deve sommessamente osservare: la sentenza n. 333/1990 esclude la violazione dell'art. 107 della Costituzione poiche' la partecipazione di estranei all'amministrazione della giustizia e' prevista dall'art. 108/2 e dall'art. 102/2 della Costituzione; ma ritiene il pretore che l'art. 102/2 (del quale l'art. 108/2 rappresenta specificazione in ordine all'esigenza di garantire anche agli estranei l'indipendenza) si limiti a consentire la partecipazione del popolo (terzo comma) all'amministrazione della giustizia, mediante inserimento (del popolo, e non di una sola parte di esso) nelle sezioni specializzate. Ora, poiche' gli ufficiali di polizia giudiziaria costituiscono solo un segmento del popolo, la previsione di partecipazione di essi, e di essi solo (sebbene unitamente ai vice procuratori onorari e agli uditori giudiziari) all'esercizio delle funzioni requirenti, suscita il dubbio di conformita', della relativa norma ordinaria, sia con l'art. 102/2 stesso, sia con l'art. 3 della Costituzione; nella medesima sentenza n. 333/1990, la Corte costituzionale ha affermato che il procuratore della Repubblica, nel conferire la delega alle funzioni d'udienza, opera certamente una scelta fra gli ufficiali di p.g. ritenuti piu' idonei; ma ritiene il pretore che tale (per quanto intuitivamente necessario) requisito dei prescelti, assunto come certezza dalla Corte, non costituisca tuttavia criterio doveroso per il procuratore, non essendo in alcun modo previsto dalla legge, ne' potendosi con sufficiente certezza stabilire in anticipo quale grado di difficolta' possa presentare un processo al momento della sua concreta trattazione in dibattimento (atteso che nel dibattimento non vengono affrontate solo questioni di merito, ma sovente anche quelle procedurali), e comunque mancando nella legge criteri predeterminati e validi per tutti gli uffici requirenti in ordine alla scelta dei delegabili. Tali criteri di idoneita', peraltro, appaiono doverosamente demandabili al legislatore alla luce dell'art. 102, terzo comma, della Costituzione; con riferimento a profili pratici, la Corte ha condiviso la esigenza, prospettata dalla relazione al progetto preliminare del c.p.p., di ovviare, mediante tale delegabilita' di funzioni, alle carenze di magistrati professionali e di non ritardare la definizione dei processi penali. Ebbene, anche a voler ammettere che la possibilita' di delega in questione si sia rivelata idonea, in questi anni, ad arginare le carenze suddette, il giudicante nutre comunque il dubbio che il risultato (da dimostrare conseguito o almeno avvicinato) sia da anteporre agli strumenti e mezzi all'uopo impiegati (e si deve dunque dubitare della ragionevolezza della scelta legislativa impartita anche dal legislatore delegante); la sentenza 9 luglio 1970, n. 123, per altro verso, affronto' compiutamente (nel sesto ed ultimo paragrafo, posto che i primi cinque concernevano la natura anfibia del pretore del rito previgente) la questione dell'attribuzione ad estranei delle funzioni di pubblico ministero, ma solo in rapporto agli artt. 104/1, 105, 106, primo e secondo comma, 107/4 e 108/2 della Costituzione (e si limitano sostanzialmente a far riferimento a tali argomenti le sentenze 2 dicembre 1970, n. 186 - che si richiama integralmente alla precedente - e 15 maggio 1987, n. 172 - nella quale il parametro di cui all'art. 102 della Costituzione pur indicato dal pretore di Palestrina, non e' trattato siccome assorbito da altri argomenti -). Ritiene pertanto il pretore di dover insistere nel proprio dubbio con riferimento soprattutto alla violazione degli artt. 102, secondo e terzo comma, e 3 della Costituzione giacche' l'art. 72 ord. giud., nella sua attuale formulazione, non pare soddisfacente rispetto alle richiamate esigenze di idoneita' dei soggetti estranei chiamati a partecipare direttamente, siccome popolo, all'attivita' giudiziaria - in quanto l'art. 72 omette di fornire precise indicazioni circa i requisiti che devono essere posseduti dai delegati, ovvero di indicare con precisione per quali processi possa attuarsi la delega -; ne' a quelle di garantire, mediante tale accesso di estranei, la partecipazione del popolo all'amministrazione della giustizia - che' gli ufficiali di p.g. rappresentano certo solo una parte di popolo -, ancora, l'art. 72 pare in contrasto con il principio di eguaglianza, posto che solo ad una categoria di soggetti, e senza garanzie di imparzialita' nella scelta - che rimane quindi arbitraria - del soggetto cui conferire la delega, esso consente di partecipare all'amministrazione delle funzioni giurisdizionali. Quanto alla prefigurabile obiezione circa le conseguenze della differenza di funzioni fra i magistrati (onorari) requirenti e quelli (onorari) giudicanti, ci si limita qui a richiamare la sentenza n. 52/1976 della Corte costituzionale, la quale ha ampiamente chiarito che non possono, in riferimento alla Costituzione, legittimamente prospettarsi ipotesi legislative di attribuzione di funzioni requirenti con meccanismi differenziati da quelli previsti per gli altri magistrati, con la pretestuosa giustificazione della differenza di funzioni fra i magistrati requirenti e quelli giudicanti. E dunque, se la scelta dei membri privati delle sezioni specializzate dei collegi giudicanti avviene secondo determinate modalita' (idonee a garantire la competenza dei prescelti, i quali comunque operano in un collegio, e non monocraticamente), e secondo modalita' idonee a garantire l'imparzialita' e la rotazione avviene la designazione dei giudici popolari delle assise (anch'essi inseriti in collegio), e se il secondo e terzo comma dell'art. 106 prevedono la nomina di magistrati onorari anche elettiva, ovvero di insigni professori ed avvocati alla Cassazione, non si comprende quale legittimita' costituzionale possa riconoscersi all'estrema evanescenza del criterio cui e' sostanzialmente abbandonata la scelta del pubblico ministero avanti il pretore. Va, ancora, osservato che l'esercizio della giurisdizione penale si ricollega all'interesse per la realizzazione della giustizia che, "fra l'altro, vale ad assicurare l'esercizio di tutte le liberta', ed e' anch'esso garantito, in via primaria, dalla Costituzione" (Corte costituzionale 28 novembre 1968, n. 114), e che il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, oltre che trovar limite nelle esigenze costituzionalmente rilevanti di tutela della incolumita' e della sicurezza pubblica (su cui, ad es., Corte costituzionale 6 maggio 1976, n. 110), deve essere riconosciuto anche allo Stato, ove questo si configuri quale soggetto-parte del processo (e dove mai, meglio e piu' che nell'attuale struttura competitiva, anziche' cognitiva, del processo penale, lo Stato, rappresentato nella sua pretesa punitiva o, piu' correttamente, nella sua pretesa di legalita' dal p.m. assumerebbe a pieno titolo il ruolo di parte?). Dal punto di vista pratico, la situazione importa un grave pregiudizio delle ragioni della collettivita': come e' ormai noto e reso palese a distanza di oltre due anni dalla sua entrata in vigore, il nuovo codice, colla sua rigida impostazione strutturale di ruoli e parti contrapposte, tra i caratteri del processo penale ha notevolmente accentuato, piuttosto che le componenti di accertamento della verita', quelle competitive, di agonismo fra le parti. Tale situazione, nella quale il giudice e' sostanzialmente vincolato dal principio dispositivo e dai limiti del petitum del pubblico ministero, esige una approfondita preparazione tecnica delle parti, sicche', la pur elevata, ma comprensibilmente diversa, professionalita' dei soggetti che hanno sin qui svolto solo funzioni di polizia giudiziaria (ai quali, seppure non sia disconoscibile una adeguata preparazione sul diritto sostanziale, non puo' nondimeno riconoscersi indistintamente altrettanto adeguata preparazione processualpenalistica) rispetto agli altri soggetti delegabili, non puo' non suscitare fortissime perplessita', a meno di voler ammettere (cosa inammissibile) che, in tali ipotesi, vien fatto ancora carico al giudicante di prender le parti anche del pubblico ministero. Pertanto, unico potere legittimamente esercitabile dal giudicante, dopo la prospettazione della questione di legittimita' costituzionale, e' quello di sospendere il processo. Gli atti, dopo la notifica alle parti, vanno percio' trasmessi alla Corte costituzionale per la relativa decisione: il presente processo deve essere sospeso; a cura della cancelleria vanno inoltrate le prescritte comunicazioni.
P. Q. M. Letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione, 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 516 del c.p.p.; e 72 ordinamento giudiziario r.d. n. 12/1941 (come modificato dall'art. 22 delle norme di adeguamento al nuovo codice di procedura penale, approvate con il d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, e successivamente ancora dall'art. 1 del d.lgs. 2 febbraio 1990, n. 15, nonche' dell'art. 162 del d.lgs. n. 271/1989); In riferimento ai parametri costituzionali rappresentati dagli artt. 101 e 112 della Costituzione (per l'art. 516 del c.p.p.) e 102, 3, 24, 102, secondo e terzo comma, 106, secondo e terzo comma della Costituzione (per l'art. 72 dell'ord. giud.); 24 della Costituzione, nei sensi chiariti nella parte motiva; Sospende il procedimento penale in corso a carico di Bondioli Flavio; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti di questo processo; Dispone che tutti gli atti del presente giudizio siano tempestivamente trasmessi alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia immediatamente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati della Repubblica. Clusone, addi' 18 ottobre 1991 Il pretore: PERTILE Il cancelliere: (firma illeggibile) 92C0435