N. 35 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 aprile 1992
N. 35 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 aprile 1992 (dalla regione Lombardia) Sanita' pubblica - Norme in materia di pubblicita' sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie - Autorizzazione delle regioni, sentite le federazioni regionali degli ordini sanitari, per la pubblicita' relativa alle case di riposo private e agli ambulatori specialistici - Attribuzione al Ministro della sanita' del potere di disciplinare con proprio decreto le modalita' per il rilascio di detta autorizzazione - Asserita indebita invasione della sfera di competenza regionale in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera e di autorizzazione e vigilanza relative alle case di cura private (art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833), competenza gia' esercitata con la legge regionale n. 5/1986. (Legge 5 febbraio 1992, n. 175, art. 5, primo e secondo comma). (Cost., artt. 117 e 118).(GU n.17 del 22-4-1992 )
Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente pro- tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari e Giorgio Recchia, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, corso Trieste n. 88, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 5 febbraio 1992, n. 175, "Norme in materia di pubblicita' sanitaria e di repressione dell'esercizio delle professioni sanitarie", in Gazzetta Ufficiale 29 febbraio 1992, quanto all'art. 5, primo e secondo comma, nella parte in cui tali disposizioni rispettivamente dispongono che la pubblicita' di cui all'art. 4 - concernente le case di riposo pri- vate e gli ambulatori specialistici - sia autorizzata dalla regione sentite le federazioni regionali degli ordini o dei collegi professionali, ove costituiti, e demandano al Ministro della sanita' di stabilire con proprio decreto le modalita' per il rilascio della stessa autorizzazione regionale. La legge 5 febbraio 1992, n. 175, disciplina anzitutto (art. 1) le forme di pubblicita' relative all'esercizio delle professioni sanitarie e delle professioni sanitarie ausiliarie, con disposizioni di estremo dettaglio. tali pubblicita', in base all'art. 2, sono autorizzate dal sindaco previo nulla osta del collegio o ordine professionale di appartenenza, finalizzato al riscontro non solo delle disposizioni di cui all'art. 1, ma anche della rispondenza delle caratteristiche estetiche della targa, inserzione o insegna a quelle fissate dal Ministro con regolamento. L'art. 3 prescrive le sanzioni per i realtivi abusi. L'art. 4 disciplina, ancora in termini alquanto dettagliati, il regime della pubblicita' concernente le case di cura private e gli ambulatori o gabinetti mono o pluri-specialistici. L'art. 5, impugnato con il presente ricorso, prevede che la pubblicita' di cui all'art. 4 sia autorizzata dalla regione - in pieno parallelismo con l'ordine di competenze stabilito dall'art. 2 per la pubblicita' dei singoli sanitari - previo parere, certamente obbligatorio e probabilmente vincolante, delle federazioni regionali degli ordini o collegi professionali, relativo al possesso e alla validita' dei titoli accademici e scientifici, nonche' alla rispondenza delle caratteristiche estetiche della targa, insegna o inserzione a quelle di cui al regolamento ministeriale ex art. 2, terzo comma. Il secondo comma dello stesso art. 5, infine, demanda al Ministro la disciplina delle modalita' per il rilascio dell'autorizzazione regionale - con ulteriore simmetria rispetto a quanto previsto dall'art. 2, terzo comma, per la pubblicita' dei professionisti singoli -. Le norme impugnate sono illegittime in quanto invasive della sfera regionale di competenze per i seguenti motivi di D I R I T T O Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione. Violazione degli artt. 6 e 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Violazione dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. La materia "assistenza sanitaria ed ospedaliera" appartiene alla competenza legislativa regionale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. La legge di riforma sanitaria ha correttamente dato attuazione al riparto costituzionale di competenze tra Stato e regioni, assegnando allo Stato (art. 6, lett. s)), tra l'altro, le funzioni concernenti "gli ordini e i collegi professionali" e riservando invece alle regioni, tra l'altro, l'autorizzazione e la vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato (art. 43), quali appunto quelle alla pubblicita' delle quali si riferiscono le norme impugnate. Anche ammesso che la pubblicita' relativa all'attivita' di singoli professionisti possa apparire riconducibile alla disciplina degli ordini e collegi professionali, con la conseguenza che le relative autorizzazioni alla pubblicita' possano essere assegnate dalla legge statale ai comuni, previo parere dell'ordine di appartenenza, e' invece evidente che il funzionamento di istituzioni sanitarie non ha attinenza con profili ordinistici, ma rientra nella materia che la stessa legge statale di riforma sanitaria (art. 43) assegna alla competenza regionale. Va notato inoltre che la Regione Lombardia ha gia' esercitato la propria potesta' legislativa in materia sin dal 1986, con legge 17 febbraio 1986, n. 5, il cui art. 14 disciplina proprio la pubblicita' degli ambulatori, stabilimenti e gabinetti medici, prescrivendo una autorizzazione da rilasciarsi dall'Ente responsabile dei servizi di zona, o in caso di coinvolgimento di ambiti territoriali piu' ampi dell'unita' socio sanitaria locale dalla giunta regionale. Al contrario, la legge impugnata equipara in tutto e per tutto la regione - quanto alle autorizzazioni per case di cura, gabinetti e ambulatori - al comune - quanto alle autorizzazioni per singoli sanitari -, come ribadisce e sottolinea tra l'altro la piena simmetria dei pareri prescritti e il rinvio a due regolamenti ministeriali per la disciplina delle modalita'. In tal modo il legislatore statale conferisce alla regione una sorta di delega di funzioni amministrative in una materia nella quale viceversa la regione dovrebbe essere titolare di una potesta' legislativa concorrente, e conseguentemente impone vincoli procedimentali e prescrive il ricorso a norme statali regolamentari laddove invece i principi, di per se' gia' sin troppo analitici, contenuti nell'art. 4, dovrebbero essere piu' che sufficienti, a fronte della potesta legislativa concorrente. Semmai, il legislatore statale potrebbe ipotizzare la necessita' di un atto di indirizzo e coordinamento, e non gia' il ricorso ad un regolamento nella forma di decreto ministeriale. A questo proposito, va rammentato che l'art. 17 della legge n. 400/1988 esclude espressamente il ricorso a regolamenti statali nelle materie riservate alla competenza regionale laddove si tratti di attuare e integrare leggi e decreti legislativi (primo comma, lett. b)): principio che dovrebbe a piu' forte ragione trovare applicazione con riferimento ai regolamenti ministeriali del tipo di cui al terzo comma dello stesso art. 17, come appunto nel caso di specie. In sintesi, la delega di funzioni amministrative (condizionata per di piu' ad un parere obbligatorio e vincolante di un diverso soggetto pubblico e a ulteriori modalita' da definirsi in sede regolamentare) in un settore di competenza legislativa della regione, configura il ruolo di quest'ultima come di mera gestione puntuale di scelte e criteri definiti integralmente da altri.
P. Q. M. Chiede che la Corte costituzionale pronunci l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 175, nelle parti de quibus per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione. Milano-Roma, addi' 23 marzo 1992 Avv. prof. Giuseppe Franco FERRARI - Avv. prof. Giorgio RECCHIA 92C0438