N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 aprile 1992
N. 37 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 aprile 1992 (della provincia autonoma di Trento) Sanita' pubblica - Norme in materia di pubblicita' sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie - Limitazione della pubblicita' concernente l'esercizio delle professioni sanitarie e sanitarie ausiliarie alle sole targhe apposte sull'edificio in cui l'attivita' si svolge ed alle iscrizioni negli elenchi telefonici - Necessita' per detta pubblicita' dell'autorizzazione del sindaco previo nulla osta dell'ordine professionale - Autorizzazione delle regioni, sentite le federazioni regionali degli ordini sanitari, per la pubblicita' relativa alle case di riposo private e agli ambulatori specialistici - Attribuzione al Ministro della sanita' del potere di disciplinare con proprio decreto le modalita' per il rilascio di detta autorizzazione - Asserita indebita invasione della sfera di competenza provinciale in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera e di autorizzazione e vigilanza relative alle case di cura private (art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833). (Legge 5 febbraio 1992, n. 175, artt. 1, 2, 4, 5, primo e secondo comma, e 6, terzo comma). (Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 9, n. 10, 8, nn. 5 e 6, e 16).(GU n.17 del 22-4-1992 )
Ricorso della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale sig. Mario Malossini, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 3560 del 23 marzo 1992, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, per mandato speciale a rogito del notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 26 marzo 1992, n. 57438 di rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 4 e 5 (primo e secondo comma) e 6 (terzo comma) della legge 5 febbraio 1992, n. 175, recante "norme in materia di pubblicita' sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie", e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 29 febbraio 1992. La disciplina statale della pubblicita' concernente l'esercizio delle professioni e delle attivita' sanitarie era fino ad oggi contenuta nell'art. 201, primo e secondo comma, del t.u.l.s., approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, modificato dall'art. 7 della legge 1 maggio 1941, n. 422, ai cui sensi per "la pubblicita' a mezzo stampa, o in qualsiasi altro modo, concernente ambulatori o case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, case o pensioni per gestanti, stabilimenti termali, idropinici, idroterapici" e' necessaria una "licenza", gia' rilasciata dal prefetto, sentito l'ordine dei medici competente per territorio. L'art. 25 del d.P.R. 10 giugno 1955, n. 854, aveva attribuito al sindaco, che provvede sentito l'ordine dei medici e l'ufficiale sanitario, il potere di accordare licenza per la pubblicita' a mezzo stampa, o in qualsiasi altro modo, concernenti ambulatori. L'art. 1, secondo comma, lett. f), del d.P.R. 14 gennaio 1982, n. 4, concernente il trasferimento alle regioni ordinarie delle funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera aveva trasferito a tali regioni le funzioni concernenti "la pubblicita' concernente le case di cura private e di assistenza ostetrica nonche' le case e pensioni per gestanti, ferma restando la competenza consultiva degli ordini dei medici". Per quanto riguarda la provincia ricorrente, l'art. 1 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, ha trasferito alla provincia tutte le attribuzioni in materia di "igiene e sanita', ivi comprese l'assistenza sanitaria e ospedaliera", gia' esercitate dallo Stato o gia' trasferite alla regione Trentino-Alto Adige, mentre lo stesso d.P.R. n. 474/1975 ha elencato tassativamente le competenze rimaste allo Stato, con formulazioni che, per quanto qui interessa, non si discostano sostanzialmente dalla disciplina del d.P.R. n. 4/1972 concernente le regioni ordinarie (il quale, come si e' detto, aveva disposto espressamente il trasferimento delle funzioni in tema di pubblicita' delle case di cura private), con riserve allo Stato anzi piu' restrittive (e quindi con piu' ampie attribuzioni alle province autonome) per cio' che riguarda le professioni sanitarie ausiliarie e le arti ausiliarie delle professioni sanitarie (cfr. art. 3, n. 9, del d.P.R. n. 474/1975, raffrontato con l'art. 6, nn. 20 e 21, del d.P.R. n. 4/1972). Successivamente il d.P.R. n. 616/1977, nel completare il trasferimento delle funzioni alle regioni ordinarie, ridusse l'ambito delle riserve a favore dello Stato alle sole funzioni - per quanto qui interessa - concernenti la "fissazione dei requisiti minimi per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari" (art. 30, lett. r)), la determinazione "dei requisiti minimi per l'esercizio delle professioni mediche, sanitarie ed ausiliarie" (art. 30, lett. s)), e "gli ordini e i collegi professionali" (art. 30, lett. t)). Tale riparto di funzioni rileva residualmente, come e' noto, anche in relazione alla provincia di Trento, poiche' ai sensi dell'art. 9 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 926, la definizione delle funzioni amministrative, come enunciata nel d.P.R. n. 616/1977, per ciascuna materia in esso considerata, "si intende riferita anche alle funzioni amministrative delle regioni o delle province, riguardanti le corrispondenti materie di rispettiva competenza" (primo comma), e fra le funzioni amministrative trasferite alle province con i precedenti decreti di attuazione statutaria "si intendono comprese per ciascuna materia, tutte quelle rientranti nella definizione datane per le regioni ordinarie" dal medesimo d.P.R. n. 616/1977 (terzo comma); e ai sensi dell'art. 10 dello stesso decreto n. 526/1987 e' attribuita alla regione e alle province, in aggiunta alle funzioni amministrative gia' di loro competenza, "ogni altra funzione amministrativa che, dismessa dallo Stato, per effetto del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nel territorio della suddetta regione, sia ancora di competenza statale nel territorio stesso, nonche' ogni altra funzione amministrativa che dallo stesso d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sia stata comunque conferita alle regioni a statuto ordinario e non sia stata ancora estesa alla regione o alle province". A sua volta la legge 23 dicembre 1978, n. 833, nel ridefinire il riparto delle funzioni fra Stato e regioni o province autonome, ha ancora una volta limitato la riserva di competenze allo Stato, per quanto qui interessa, alla "fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari", ai "requisiti per l'esercizio delle professioni mediche e sanitarie ausiliarie" (art. 6, lett. q)) e agli "ordini e .. collegi professionali" (art. 6, lett. s)). Si aggiunga che, ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 526/1987, le funzioni amministrative che le leggi generali dello Stato conferiscono ai comuni o sono state attribuite ad essi dal d.P.R. n. 616/1977 sono trasferite ai comuni delle province di Trento e Bolzano solo "qualora non rientrino nelle materie di competenza della regione o delle province" (primo comma), mentre al trasferimento ai comuni di funzioni rientranti nelle materie di competenza delle province si provvede con legge regionale su concorde richiesta delle province (secondo comma), in mancanza di che tali funzioni restano in capo alle province stesse. Si puo' dunque concludere che la materia della pubblicita' sanitaria e precisamente della pubblicita' concernente l'esercizio delle professioni sanitarie e delle professioni sanitarie ausiliarire, nonche' delle case di cura, ambulatori e simili, e' di piena competenza della provincia autonoma, salvo eventualmente cio' che tocchi le competenze degli ordini professionali. In ogni caso, e' certamente di piena competenza provinciale cio' che attiene all'esercizio (ivi compresa la relativa pubblicita') delle professioni sanitarie ausiliarie, diverse da quelle di ostetrica, e all'esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie. Ora la legge 5 febbraio 1992, n. 175, contenente "norme in materia di pubblicita' sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie", contiene una nuova dettagliata disciplina della materia, che pero' risulta non rispettosa e anzi invasiva della competenza provinciale. In particolare, l'art. 1 disciplina sotto il profilo sostanziale la pubblicita' concernente l'esercizio delle professioni sanitarie e delle professioni sanitarie ausiliarie, consentito solo mediante targhe apposte sull'edificio in cui si svolge l'attivita' professionale, nonche' mediante iscrizione sugli elenchi telefonici (primo comma). La disposizione non si limita a stabilire i mezzi di pubblicita' consentita, ma precisa minuziosamente le indicazioni che possono essere contenute nelle targhe e nelle inserzioni (secondo comma); oltre a disciplinare l'uso delle qualifiche di specialista o la menzione della particolare disciplina specialistica esercitata dal medico (terzo e quarto comma), e a estendere la disciplina contenuta in tale articolo alle iscrizioni su fogli di ricettario dei medici chirurgici e dei laureati in odontoiatria nonche' sulle carte professionali usate dagli esercenti le altre professioni (quinto comma). Ora, anche a voler ammettere che la limitazione dei mezzi di pubblicita' rientri nella potesta' legislativa "di principio" spettante allo Stato in materia, non vi rientra certamente la specificazione dettagliata delle indicazioni ammesse nelle targhe, e nelle inserzioni e nelle carte professionali. L'art. 2 della legge stabilisce che per la pubblicita' con i mezzi previsti dall'art. 1 e' necessaria l'autorizzazione del sindaco previo nulla osta dell'ordine professionale. Ma, ancora una volta, esso non si limita a stabilire tale regola, bensi' disciplina minuziosamente il procedimento per la concessione dell'autorizzazione, prevedendo le modalita' di presentazione della domanda, la documentazione da cui essa deve essere corredata, i termini di trasmissione di essa dall'ordine al sindaco (secondo comma); e - ancora peggio - stabilisce che ai fini del rilascio del nulla osta l'ordine debba verificare non solo "l'osservanza delle disposizioni, di cui all'art. 1" ma anche "la rispondenza delle caratteristiche estetiche della targa o dell'inserzione o delle insegne di cui all'art. 4 a quelle stabilite con apposito regolamento emanato dal Ministro della sanita', sentiti il Consiglio superiore di sanita', nonche', ove costituiti, gli ordini ed i collegi professionali, che esprimono il parere entro novanta giorni dalla richiesta" (terzo comma). L'attribuzione al Ministro della sanita', senza alcuna precostituzione di criteri legali, e percio' in violazione anche del principio di legalita' sostanziale, del potere (definito regolamentare) di determinare le caratteristiche estetiche che rendono ammissibile la targa o l'inserzione o l'insegna viola palesemente la competenza provinciale. E che non ci si trovi in presenza di alcun interesse unitario infrazionabile, tale da giustificare in astratto l'attribuzione di siffatto compito al Ministro, e' reso del tutto palese dal fatto che ci si riferisce non al contenuto delle iscrizioni o targhe (del resto interamente disciplinato dall'art. 1) ma alle "caratteristiche estetiche" delle stesse, in vista dunque di interessi che non hanno nulla a che fare con quelle di ordine sanitario astrattamente attribuibili alla cura del Ministro della sanita', bensi' riguardano piuttosto il decoro degli edifici, interesse del tutto estraneo alla competenza di detto Ministro e piuttosto riconducibile alla competenza della provincia, per le generali attribuzioni spettanti ad essa nella materia considerata oltre che per le attribuzioni della stessa in materia di urbanistica e tutela del paesaggio (art. 8, nn. 5 e 6, dello stat. spec.). L'art. 4 della legge disciplina la pubblicita' concernente la case di cura private e i gabinetti e ambulatori soggetti alle autorizzazioni di legge, prevedendo che essa sia consentita mediante targhe apposte sull'edificio nonche' con inserzioni sugli elenchi telefonici e attraverso giornali e periodici destinati esclusivamente agli esercenti le professioni sanitarie, "con facolta' di indicare le specifiche attivita' medico-chirurgiche e le prescrizioni diagnostiche e terapeutiche effettivamente svolte, purche' accompagnate dalla indicazione del nome, cognome e titoli professionali dei responsabili di ciascuna branca specialistica". Anche in tal caso dunque si disciplinano dettagliatamente i mezzi di pubblicita' e i contenuti della stessa; e anche in questo caso si prevede - attraverso il rinvio all'art. 4 contenuto nell'art. 2, terzo comma - il potere del Ministro della sanita' di stabilire con apposito regolamento le "caratteristiche estetiche" della targa o dell'inserzione o delle insegne. Ancora una volta dunque si detta una dettagliata disciplina e si autorizza, senza prefissione di criteri legali e percio' in violazione del principio di legalita' sostanziale, l'esercizio di un potere del Ministro in materia di competenza provinciale. A sua volta l'art. 5 disciplina l'autorizzazione richiesta per la pubblicita' delle case di cura e degli ambulatori. Il rilascio di tale autorizzazione e' bensi' attribuito alla regione (e dunque, in Trentino, alla provincia autonoma), ma, anzitutto, sottoponendola al previo parere obbligatorio della federazione regionale degli ordini o dei collegi professionali, chimata fra l'altro a "garantire" la rispondenza delle "caratteristiche estetiche" della targa, insegna o inserzione a quelle stabilite nel regolamento ministeriale previsto dal terzo comma dell'art. 2 (primo comma). Per di piu' il secondo comma dell'art. 5 prevede che "le modalita' per il rilascio dell'autorizzazione regionale" sono stabilite "con decreto del Ministro della sanita'": cosi' attribuendo al Ministro, senza prefissione di criteri e dunque anche in violazione del principio di legalita' sostanziale, un potere di disciplina del procedimento di pertinenza provinciale, con manifesta lesione dell'autonomia legislativa e organizzativa, oltre che amministrativa della provincia. L'art. 6 della legge, dopo avere stabilito che e' necessaria l'autorizzazione del sindaco, previo parere dei rispettivi ordini o collegi professionali, per la pubblicita' concernente l'esercizio di un'arte ausiliaria delle professioni sanitarie (primo e secondo comma), estende agli esercenti dette arti ausiliarie le disposizioni contenute nell'art. 1 e nell'art. 3, "in quanto compatibili". Anche con riguardo a tali arti ausiliarie, che rientrano nella piena competenza della provincia, si verifica dunque la lesione dell'autonomia, attraverso la dettagliata disciplina sostanziale dei mezzi e del contenuto della pubblicita', che si e' rilevata a proposito dell'art. 1.
P. Q. M. Chiede che la Corte voglia dichiarare la illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 4, 5, primo e secondo comma, e 6, terzo comma, della legge 5 febbraio 1992, n. 175, per violazione degli artt. 9, n. 10, 8, nn. 5 e 6, e 16 dello statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e delle relative norme di attuazione. Roma, addi' 28 marzo 1992 Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA 92C0440