N. 38 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 aprile 1992

                                 N. 38
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
                     cancelleria il 7 aprile 1992
                        (della regione Puglia)
 Edilizia e urbanistica - Termini per l'approvazione degli strumenti
    urbanistici  -  Qualificazione  del  termine di centottanta giorni
    previsto  dall'art.  9,  secondo  comma,  del  d.-l.  n.  702/1978
    (convertito   in   legge  n.  3/1979),  per  l'approvazione  degli
    strumenti urbanistici, quale termine perentorio la cui  decorrenza
    comporta   la  tacita  approvazione  dello  strumento  urbanistico
    adottato con l'esame delle osservazioni  da  parte  del  consiglio
    comunale  -  Asserita indebita invasione della sfera di competenza
    regionale in materia di edilizia ed urbanistica, in contrasto  con
    i   principi   della   legge  statale  n.  142/1990  relativamente
    all'attribuzione alle regioni della programmazione socio-economica
    e pianificazione territoriale.
 (D.-L. 1› marzo 1992, n. 195, art. 3).
 (Cost., artt. 3 e 117).
(GU n.17 del 22-4-1992 )
   Ricorso della regione  Puglia,  in  persona  del  presidente  della
 giunta  regionale  in carica, difeso e rappresentato, come da procura
 speciale a margine dagli avvocati professori Aldo Loiodice e  Giorgio
 Recchia  e  con  domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in
 Roma a corso Trieste, 88, contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri, in personale del titolare della carica pro-tempore, avverso
 il  d.-l.  1›  marzo 1992, n. 195, avente ad oggetto "differimento di
 termini previsti da disposizioni legislative  ed  altre  disposizioni
 urgenti"  ed  in particolare dell'art. 3 del d.-l., avente ad oggetto
 "termine per l'approvazione  di  strumenti  urbanistici",  pubblicato
 nella Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 1992, serie generale n. 52.
                           PREMESSE IN FATTO
    1.  -  Con l'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n. 702 (convertito
 con modificazioni della legge 8 gennaio 1979, n. 3) e'  stato  -  tra
 l'altro  - stabilito che "entro sei mesi dall'entrata in vigore della
 legge di conversione del presente decreto  le  regioni,  qualora  non
 abbiano  gia'  provveduto,  dovranno  emanare norme per accelerare le
 procedure  per  la  formazione  e  l'approvazione   degli   strumenti
 urbanistici. Tali norme dovranno informarsi ai seguenti principi:
       a)  prevedere  termini  per  ogni  fase  relativa  all'iter  di
 adozione degli strumenti urbanistici;
       b) stabilire il termine massimo entro il quale la regione  deve
 adottare il provvedimento definitivo di approvazione;
       c) definire le modalita' di esercizio del potere sostitutivo in
 caso di inosservanza da parte di comuni nei termini fissati.
    Il  termine massimo di cui al precedente comma, lett. b), non puo'
 essere  superiore  a  centottanta  giorni  per  il  piano  regolatore
 generale  e  tale  termine  deve essere adeguatamente ridotto per gli
 altri  atti  urbanistici  che,  secondo  le  norme  regionali,   sono
 assoggettabili alla formale approvazione della regione".
    2.  - In attuazione di tale previsione, l'art. 16 della legge reg.
 (Puglia) 31 maggio 1980,  n.  54,  ha  provveduto  ad  articolare  la
 procedura di formazione ed approvazione del piano regolatore comunale
 in  modo  tale  da pervenire al perfezionamento del piano nei termini
 ipotizzati dalla normativa statale.
    In particolare e' stato stabilito, quanto ai tempi  di  formazione
 dello  strumento,  che, entro quindici giorni dall'adozione, il piano
 e' depositato presso la Segreteria ove resta  pubblicato  per  trenta
 giorni.  Le  osservazioni,  da proporsi nei trenta giorni successivi,
 sono  esaminate dal consiglio comunale nei sessanta giorni successivi
 alla scadenza del termine di proposizione delle osservazioni.
    Nei successivi quindici  giorni  gli  atti  della  procedura  sono
 rimessi alla regione.
    Tutti  gli  adempimenti  di quest'ultima debbono poi compiersi nel
 termine di centoventi giorni dal momento di ricezione degli atti.
    3. - Con la disposizione dell'art. 3 del d.-l. 1› marzo  1992,  n.
 195, avverso la quale si ricorre, e' stato, infine, stabilito che "il
 termine  massimo  di centottanta giorni previsto dall'art. 9, secondo
 comma,  del  d.-l.  10  novembre  1978,  n.  702,   convertito,   con
 modificazioni,  dalla  legge  8 gennaio 1979, n. 3, deve considerarsi
 perentorio e la sua decorrenza comporta la tacita approvazione  dello
 strumento  urbanistico  adottato  con  l'esame  delle osservazioni da
 parte del consiglio comunale".
    In considerazione di quanto previsto  dall'art.  117  primo  comma
 della  Costituzione e dell'assetto della materia cosi' come delineato
 dall'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972,  n.  8  e  dall'art.  80  del
 d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,  non  v'e'  dubbio  che  la vista
 previsione dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992 risulta illegittima  sul
 piano  dei  principi costituzionali e, pertanto, essa viene impugnata
 dalla regione Puglia, per i seguenti motivi in
                             D I R I T T O
    1. - Il procedimento  di  approvazione  del  piano  regolatore  e'
 incompatibile  per natura e contenuti con la previsione di automatica
 maturazione dell'atto di approvazione per silenzio-assenso.
    E'  infatti  ben  noto  che  l'atto   d'approvazione   costituisce
 provvedimento  complesso  nel  quale  confluiscono sia l'attivita' di
 formazione del comune (con le relative competenze e  con  i  relativi
 ambiti  di  discrezionalita'),  sia  l'attivita'  di  approvazione ed
 eventuale modifica della regione (anche qui con i relativi ambiti  di
 specifica competenza e discrezionalita').
    E'  altresi' ben noto che nel procedimento di formazione del piano
 regolatore (o di altro  strumento  di  pianificazione  urbanistica  a
 carattere generale) l'ambito di attivita' di competenza della regione
 non  si  esaurisce  nell'assolvimento  di  funzioni di mero controllo
 circa il corretto svolgimento  dell'attivita'  di  pianificazione  da
 parte  del  comune,  ma  comporta  - invece - l'esercizio di potesta'
 primaria di  pianificazione  e  programmazione  che  si  attua  anche
 attraverso  l'esercizio  dei  poteri  di modifica d'ufficio (art. 10,
 secondo comma, e segg. della legge 17 agosto 1942, n.  1150  e  succ.
 mod. ed integr.).
    Risulta,  percio',  del  tutto  evidente  che la previsione di una
 maturazione del provvedimento di approvazione, come  conseguenza  del
 semplice  decorso  del  termine  assegnato,  e'  incompatibile con la
 natura e l'assetto dei poteri regionali in materia in quanto  finisce
 con eliminare potenzialmente - o comunque elidere in modo sostanziale
 -  le  potesta'  proprie  della  regione  che  debbono  essere invece
 esercitate in modo positivo e concreto perche' si possa concepire  la
 stessa esistenza dell'atto di approvazione.
    Dal   che'   la  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  della
 Costituzione.
    2.  -  Per  di  piu',  la norma dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992,
 ottiene e raggiunge il detto risultato incidendo sul procedimento  di
 formazione del piano regolatore nella sola parte di esso nel quale si
 articolano  le attivita' di competenza della regione. Tale previsione
 risulta del tutto irrazionale anche  in  considerazione  dell'intento
 perseguito  con  la  norma dell'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n.
 702, che si dice di voler modificare.
    Quest'ultima disposizione e', infatti, concepita per accelerare il
 procedimento di formazione del piano regolatore considerato  nel  suo
 complesso.  Si  prevede  cosi' - tra l'altro - che vengano indicati i
 termini massimi relativi alle fasi di formazione dello  strumento  in
 sede  comunale.  Con  la conseguenza che tutto il procedimento che ne
 deriva, tanto in sede  comunale  come  regionale,  appare  improntato
 all'esigenza  di  concentrazione  ed accelerazione delle attivita' di
 formazione e perfezionamento del piano regolatore.
    La disposizione dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992, tradisce invece
 ed elude tale logica complessiva  e  risulta  irragionevole  rispetto
 all'intento che il legislatore manifesta di voler perseguire.
    Essa  infatti  incide  - come gia' osservato - sul solo ambito del
 procedimento  di  competenza  regionale  privando  la  regione  delle
 proprie  competenze  e  potesta' e, da' luogo ad un sistema nel quale
 risulta possibile che  l'amministrazione  comunale  adotti  il  piano
 regolatore,  ne  rinvii  sine  die  la  trasmissione alla regione per
 l'approvazione (con l'intento di sfruttare - ad esempio - gli effetti
 di salvaguardia) e poi ottenga ugualmente di  far  scattare  a  danno
 della  regione  il  meccanismo  di  maturazione  del provvedimento di
 approvazione per silenzio-assenso.
    Sotto il  profilo  in  esame  non  e'  percio'  dubbio  che  debba
 rilevarsi  a  carico  dell'art.  3  del d.-l. n. 195/1992, oltre alla
 violazione dell'art. 117, anche quella dell'art. 3 della Costituzione
 (per   quest'ultima   norma,   quanto   meno,   sotto   il    profilo
 dell'irrazionalita').
    3. - La norma dell'art. 3 del d.-l. n. 195/1992, impugnata, incide
 anche  in  modo evidente oltre che sul contenuto delle potesta' della
 regione in materia di urbanistica, anche sulla  organizzazione  delle
 relative procedure.
    Nel  caso  che  riguarda  la  regione Puglia, come ricordato nelle
 premesse di fatto, quelle procedure sono state compiutamente regolate
 ed articolate con la legge regionale 31 maggio 1980, n. 54: norma che
 tiene conto delle disposizioni di accelerazione di cui  al  d.-l.  n.
 702/1978.
    In  altri  termini, nel caso in esame, la nuova norma e' andata ad
 incidere  su  di  un  ambito  integralmente  regolato  dall'autonomia
 regionale,  per di piu' con modalita' conformi alle indicazioni della
 ricordata legislazione statale.
    Appartenendo l'organizzazione  e  regolamentazione  della  materia
 urbanistica  all'ambito  garantito  all'autonomia regionale, e' certo
 che la norma impugnata si pone, sotto questo profilo,  in  violazione
 dell'art.  117  della  Costituzione  e dei principi che da tale norma
 derivano.
                              Conclusioni
    La regione Puglia ricorrente chiede che  la  ecc.ma  Corte  voglia
 dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 1›
 marzo 1992, n. 195, per  contrasto  con  gli  artt.  3  e  117  della
 Costituzione.
      Bari-Roma, addi' 27 marzo 1992
           Avv. prof. Aldo LOIODICE - Prof. Giorgio RECCHIA

 92C0441