N. 40 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 aprile 1992
N. 40 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 aprile 1992 (della regione Veneto) Edilizia e urbanistica - Introduzione in materia urbanistica dei c.d. "programmi integrati di intervento" al fine di riqualificare il tessuto urbanistico edilizio ed ambientale - Possibilita' di presentare proposte di programmi integrati da parte di soggetti pubblici e privati relativamente "a zone in tutto o in parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione al fine della loro riqualificazione urbana e ambientale" - Previsione della facolta' delle regioni di destinare parte delle somme loro attribuite dalla legge alla formazione di detti programmi e dell'obbligo di concedere finanziamenti inerenti al settore dell'edilizia residenziale con priorita' ai comuni che provvedano in tal senso - Asserita indebita invasione della sfera di competenza regionale in materia di edilizia e urbanistica con particolare riguardo all'aspetto della programmazione regionale - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 343, 399 e 459 del 1989 e 266/1990. (Legge 17 febbraio 1992, n. 179, art. 16). (Cost., art. 117).(GU n.17 del 22-4-1992 )
Ricorso della regione Veneto, in persona del presidente della giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della giunta n. 1632 in data 27 marzo 1992, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Mario Bertolissi e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5, per mandato speciale a rogito del notaio dott. Giovanni Candiani di Venezia in data 27 marzo 1992, n. 91754 di repertorio, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 17 febbraio 1992, n. 179, recante "Norme per l'edilizia residenziale pubblica", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 febbraio 1992, e segnatamente dell'art. 16. F A T T O Nell'intento di soddisfare una domanda di normazione, da piu' parti avanzata, volta al riordino della stratificata e non sempre perspicua disciplina posta in tema di edilizia residenziale pubblica, il legislatore statale ha approvato la legge 17 febbraio 1992, n. 179, (in Gazzetta Ufficiale del 29 febbraio 1992), con la quale ha parziamente modificato fra l'altro la legge 5 agosto 1978, n. 457. Gran parte delle fattispecie considerate rientrano senz'altro - quantomeno dal punto di vista del modo secondo il quale si e' venuto effettivamente evolvendo il sistema dei rapporti Stato-regioni in parte qua - nell'ambito delle attribuzioni riservate allo Stato o che comunque lo Stato ha esercitato senza incorrere in alcuna significativa declaratoria di illegittimita' costituzionale: si pensi, ad esempio, a tutto cio' che attiene all'equo canone, alle modalita' e agli apparati di gestione del patrimonio edilizio pubblico, agli istituti autonomi case popolari, alla sorte della contribuzione ex Gescal (decisa dalla Corte con sent. n. 241/1989), alle risorse finanziarie cui attingere, al regime dell'indennita' per gli espropri e via discorrendo. Ne' la regione ricorrente intende contestare in questa sede alcuna delle previsioni inerenti simili aspetti della materia: materia che va in ogni caso, sia pure brevemente, richiamata, quantomeno per quel che dispone la legge 17 febbraio 1992, n. 179, dal momento che si contesta la legittimita' di un suo specifico disposto: dell'art. 16, dedicato ai "Programmi integrati di intervento". Ebbene, il ruolo assegnato dal legislatore statale alla Regione nel campo dell'edilizia residenziale pubblica e' il seguente, tenuto conto del puro e semplice ordine progressivo delle disposizioni: la Regione predispone il proprio programma di utilizzazione dei fondi (di cui alla legge n. 179/1992) ripartiti dal comitato per l'edilizia residenziale (C.E.R.), che conserva nei confronti di essa un potere sostitutivo in caso di inadempimento (art. 3); la regione puo' riservare una quota di risorse (entro un limite quantitativo massimo predeterminato) per l'edilizia agevolata e sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi di particolari categorie sociali, fissando i requisiti soggettivi ed oggettivi, ed altresi' per la realizzazione da parte di cooperative edilizie a proprieta' indivisa di alloggi da assegnare in godimento a lavoratori dipendenti (art. 4); la regione riparte fra i comuni e i loro consorzi le disponibilita' assegnate ogni anno dal C.E.R. e gravanti sul fondo speciale di rotazione per la concessione di mutui finalizzati all'acquisizione e all'urbanizzazione di aree edificabili ad uso residenziale, nonche' all'acquisto di aree edificate da recuperare (art. 5); la regione opera quale tramite - convenzionato ex lege con gli istituti e le sezioni di credito fondiario ed edilizio - per l'erogazione dei contributi di edilizia agevolata (art. 6) ai soggetti indicati dalla legge statale (art. 7); la regione dispone, in specie per quel che attiene all'attuazione dell'art. 19 della legge n. 457/1978 (come modificato dall'art. 6 della legge n. 179/1992) nel rispetto dei minuti requisiti indicati nelle disposizioni dettate in tema di locazioni (artt. 8-10) e recupero (artt. 11-15), e concorre alla esecuzione di quanto puntualmente dettato negli artt. 17-19 (Capo III, Disposizioni per le cooperative e proprieta' indivisa). E' in questo contesto - rappresentato da fattispecie che non esaltano di certo la funzione regionale - che e' stato inserito (sulla scorta di cio' che e' stato previsto in precedenti progetti e disegni di legge) l'art. 16, dedicato, come si e' visto, ai "Programmi integrati di intervento", articolo il quale prefigura un insieme di soluzioni che hanno, relativamente alle competenze spettanti alla regione ex art. 117 della Costituzione in materia urbanistica (ma non solo, ben potendo coinvolgere ogni aspetto del tessuto edilizio e ambientale), un effetto negativo per cosi' dire draconiano: nel senso che si traducono in misure non tanto di contenimento di competenze costituzionalmente proprie della regione, quanto di vera e propria neutralizzazione di prerogative spettanti anche in forza di atti statali fondamentali di trasferimento di funzioni amministrative (valga per tutti il d.P.R. n. 616/1977) e, quindi, legislative. Il citato art. 16, infatti, prevede: il fine proprio dei programmi integrati (che e' quello di "riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale", il contenuto dello stesso (che "e' caratterizzato dalla presenza di pluralita' di funzioni, dalla integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana e dal possibile concorso di piu' operatori e risorse finanziarie pubblici e privati"; i titolari del potere di iniziativa (spettante a "soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati fra di loro", fermo restando quello di promozione riservato ai comuni; la procedura di approvazione del programma ed i suoi effetti, che sono quelli contemplati dall'art. 4, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, (che possiede una latitudine vastissima, inerente - come si e' accennato - all'intero "tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale". In particolare, l'art. 16 al suo quarto comma stabilisce che, "qualora il programma sia in contrasto con le previsioni della strumentazione urbanistica .. il programma medesimo con le relative osservazioni e' trasmesso alla regione", la quale "provvede alla approvazione o alla richiesta di modifica entro i successivi centocinquanta giorni, trascorsi i quali si intende approvato". Ora, non v'e' dubbio che, pur versandosi in materia sicuramente regionale quale e' l'urbanistica, l'art. 16 della legge n. 179/1992 fissa essa stessa, in un contesto che propriamente concerne l'edilizia residenziale pubblica, i termini di svolgimento della procedura di formazione del programma, e cio' fa in modo assolutamente inderogabile, talche' la regione non puo' stabilirne di diversi per eventuali (ed evidenti) esigenze di coordinamento con le altre procedure pianificatorie rilevanti in campo urbanistico; per altro aspetto, abilitando la citata normativa anche i soggetti privati a presentare al Comune i programmi di cui trattasi e potendo questi ultimi essere approvati anche in contrasto con le previsioni della strumentazione urbanistica vigente, la norma si pone in contrasto con la legge regionale n. 61/1985 (legge urbanistica regionale) che limita tale possibilita' agli strumenti attuativi pubblici, negandola invece a quelli privati. Al riguardo sempre per sommi capi, riservandosi di svolgere in modo compiuto in apposita memora gli argomenti qui appena delineatosi deve rammentare che il giudice delle leggi ha in altre e ripetute circostanze riconosciuto la fondatezza delle pretese regionali a disciplinare, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, l'urbanistica e a dettare una propria disciplina finanche nel settore dell'edilizia popolare e residenziale pubblica per gli aspetti di essa che rilevano - interferendo - sul piano delle attribuzioni costituzionali di cui all'art. 117. D I R I T T O La violazione dell'art. 117 della Costituzione appare, dunque, evidente fra l'altro per i motivi qui di seguito enunciati. 1. - Con una pronuncia assai significativa (la sentenza del 17 luglio 1975, n. 221; ma v. pure la sentenza del 22 giugno 1976, n. 140), la Corte ha precisato che "e' pacifico che l'art. 117 della Costituzione non contiene alcun riferimento espresso ad una materia dell'edilizia residenziale pubblica, prevista, invece, da taluni statuti regionali speciali, sotto svariate denominazioni (quali 'case popolari', 'edilizia popolare', 'edilizia comunque sovvenzionata') come materia unitaria ed a se' stante .. Ma e' pur vero che trattasi in realta' di materia essenzialmente composita, articolantesi in una triplice fase: la prima, avente carattere di presupposto rispetto alle altre, propriamente urbanistica; la seconda, di programmazione e realizzazione delle costruzioni, concettualmente riconducibile ai 'lavori pubblici' e tradizionalmente rientrante infatti nell'ambito dell'organizzazione amministrativa statale, centrale e periferica, cui spetta la cura dei pubblici interessi a quelli inerenti; la terza, infine, attinente alla prestazione e gestione del servizio della casa (disciplina delle assegnazioni degli alloggi in locazione od in proprieta', ecc.), limitatamente all'edilizia residenziale pubblica in senso stretto .. Ora, tanto la materia dell''urbanistica' quanto quella dei 'lavori pubblici di interesse regionale' sono comprese nell'elenco dell'art. 117, senza riserve od ulteriori distinzioni nel loro interno e senza percio' che sia lecito postulare la esclusione da quest'ultima di quel che piu' particolarmente concerne l'edilizia residenziale pubblica, nella sua accezione piu' ampia, entro il limite, ovviamente, della dimensione regionale degli interessi al cui soddisfacimento le relative attivita' sono rivolte .." E la Corte costituzionale ne ha desunto - come annota Paladin, diritto regionale, Padova, 1985, 167 - che "fossero spettanti alla legislazione ed all'amministrazione regionale non solo la 'fase urbanistica' ma anche la fase ulteriore di realizzazione dei lavori pubblici inerenti all'edilizia residenziale (salva soltanto la fase dell'assegnazione e della gestione degli alloggi". E' questa, dunque, una prima conferma dell'assunto prospettato, secondo cui il censurato art. 16 delle legge n. 179/1922 collide con il sistena di riparto delle competenze fissato dalla legge fondamentale posto che le "componenti" della materia vanno scisse e differentemente regolate affinche' la normativa sia coerente con l'art. 117 della Costituzione. 2. - Si deve osservare, quindi, che il citato art. 16 si discosta assai - ed immotivatamente - da quanto dispone il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, relativamente sia all'urbanistica sia all'edilizia residenziale pubblica. Quanto alla prima, dalla combinazione dei vari disposti contemplati dagli artt. 80-83 non si desume senz'altro - almeno pare - una qualche clausola legittimante il tenore delle previsioni introdotte dall'art. 16 della legge n. 179/1992. Quanto alla seconda, gli artt. 93, 94 e 95 sono anch'essi orientati nel senso di una chiara apertura in favore delle regioni, la cui sfera di autonomia amministrativa e normativa puo' essere verosimilmente circoscritta la' dove ricorrono - come si e' osservato in giurisprudenza e in dottrina - ragioni di salvaguardia degli interessi nazionali o delle esigenze di carattere unitario che nel caso di specie non sembra davvero sussistano, come si rilevera' fra un istante. 3. - Non sussistono, innanzi tutto, perche' non sono in alcun modo prospettabili tenuto conto delle fattispecie esaminate in altra circostanza dal giudice della costituzionalita' delle leggi. Senza alcuna pretesa in completezza, vale la pena di ricordare che, ad esempio, da una lato la giurisprudenza ha consentito alla regione ordinaria di specificare i criteri generali e i principi direttivi fissati dal Cipe per il computo del reddito familiare per l'assegnazione degli alloggi (sent. 22 dicembre 1986, n. 1134) e ad una speciale (nel caso, al Friuli-Venezia Giulia) di disciplinare essa stessa la gestione dei finanziamenti assegnati dal Cer. (sent. 25 maggio 1990, n. 226) e, per converso, ha consentito allo Stato di erogare fondi a favore di Comuni con difficolta' abitativa, posto che detti fondi costituiscono mezzi essenziali previsti dalla legge per perseguire un interesse nazionale imperativo ed urgente al soddisfacimento di un diritto sociale fondamentale (sent. 13 luglio 1989, n. 399). D'altro lato - sul versante non piu' dell'edilizia residenziale pubblica strettamente intesa ma dell'urbanistica - questa Corte ha del pari ammesso che le competenze regionali urbanistiche fossero legittimamente compresse in forza di una situazione di emergenza, che richiede interventi rapidi e immediati a salvaguardia di interessi primari dei singoli e dell'intera collettivita' (sent. 27 luglio 1989, n. 459). Tuttavia, in loro difetto, ha inequivocabilmente aderito alla nozione di urbanistica data dall'art. 80 del d.P.R. n. 616/1977: col limite negativo - costituzionalmente posto dall'art. 128 Cost. (ma amche dall'art. 118, primo comma) - del non pregiudizio delle competenze comunali correlate al relativo interesse (sent. 4 aprile 1990, n. 157) e col limite positivo della funzione di coordinamento svolta dai documenti della pianificazione urbanistica: appunto le relative "attivita' di coordinamento corrispondono all'indirizzo normativo generale relativo alla proiezione dei piani regolatori al di fuori dello stretto assetto edilizio ... Con la ridefinizione dell''oggetto' dell'urbanistica si e' consolidato il principio della confluenza nell'assetto del territorio di molteplici e diversificati interessi (anche storici, ambientali, paesaggistici), affidati ad istanze statali e regionali" (sent. 27 aprile 1988, n. 499); e col limite ulteriore ambivalente della coerenza con il principio della leale collaborazione, che ovviamente incide - valorizzando o comprimendo i rispettivi poteri normativi e amministrativi - sullo Stato e sulla regione (sent. 30 giugno 1988, n. 730). 4. - D'altro canto, un fondamento giustificativo che dia base razionale alle prescrizioni urbanistiche dettate dall'art. 16 della legge n. 179/1992 non lo si rinviene - ed anzi si desume semmai un qualche argomento contrario - neppure dall'esame di quella giurisprudenza che ha cercato di collegare il limite dell'interesse (attraverso il limite territoriale) al limite delle materie. Stando ad essa, infatti, e' interesse nazionale l'interesse che si configura come "insuscettibile di frazionamento o localizzazione territoriale". Dimodoche', "gli organi centrali possono in proposito intervenire fin dove l'interesse da soddisfare sfugge necessariamente, per natura e dimensione, all'apprezzamento dei legislatori e delle amministrazioni locali. Altrimenti, va fatta salva la competenza dell'ente autonomo: il quale gode in questo caso, proprio in considerazione delle forme e condizioni particolari del suo status, di maggiori possibilita' di valutazione e di scelta, rispetto alla Regione di diritto comune" (sent. 15 dicembre 1983, n. 340, cui si e' evidentemente riferito fra l'altro il redattore della recente sent. 15 luglio 1991, n. 343, formulata in margine alla legge n. 142/1990, sull'ordinamento delle autonomie locali, nella quale si sono utilizzate analoghe argomentazioni per definire la portata dei poteri regionali attuativi dell'art. 3 della citata legge del 1990). 5. - Sotto altro aspetto, la denunciata illegittimita' appare evidente se si riflette anche solo un istante sul rapporto regioni- comuni (e si badi che di una simile relazione si occupa l'art. 16 della legge n. 179/1992) cosi' come delineato dall'art. 3 della legge n. 142/1990: il quale appunto stabilisce che "le regioni organizzano l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province", "ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario" (primo comma); ed inoltre che le Regioni identificano nelle materie e nei casi previsti dall'art. 117 della Costituzione gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio (secondo comma). Orbene, a meno di non voler svuotare di ogni suo apprezzabile significato un simile eloquente disposto, non par dubbio che lo Stato ha - con norma certamente di principio-attribuito alla regione il potere-dovere di organizzare e coordinare interessi e funzioni a livello locale, tenuto conto anche della posizione costituzionale degli enti territoriali coinvolti; e l'organizzazione e il coordinamento suddetti (che questa Corte ha da tempo riconosciuto come propri della regione: v., ad esempio, sent. 27 aprile 1988, n. 499) non possono che trovare la loro sede, per quel che attiene all'urbanistica, negli atti che ne esprimono la progettualita', la quale - come sempre questa Corte ha puntualizzato - coagula interessi di varia natura e dimensione, cui sono connessi tempi e modi (le pro- cedure) per la evidenziazione, tutela e valorizzazione. Senza eccepire, dunque, che di per se' l'art. 16 della legge n. 179/1992 contrasta con l'art. 1, terzo comma, della legge n. 142/1990 la' dove ha inciso su una norma di principio in nodo non espresso, determinando cosi' un implicito contrasto con l'art. 128 della Costituzione, qui e' da rilevare che la disciplina posta dalla legge sulle autonomie concorre - per cio' che essa positivamente prevede in ordine all'esercizio delle competenze regionali ex art. 117 della Costituzione - a dimostrare l'illegittimita' dell'art. 16 della legge n. 179/1992, il cui dettato - per gli aspetti considerati - finisce con l'introdurre fattispecie scoordinate e per cio' solo eversive dell'attuale e futuro ordinamento regionale delle potesta' urbanistiche. 6. - In realta', specialmente il terzo, quarto, quinto e sesto comma non costituiscono la risultante del necessario bilanciamento che lo Stato avrebbe dovuto operare ra le differenti fasi in cui si articola l'intervento nel campo dell'edilizia residenziale pubblica. Le prescrizioni di natura schiettamente urbanistica inferferiscono immotivatamente - e, dunque, illegittimamente - sul quadro delle attribuzioni costituzionalmente riservate alla regione e individuate da normazione statale di principio: tanto piu' la' dove le disposizioni oggetto di censura affermano che i programmi integrati di intervento "sono approvati dal consiglio comunale con gli effetti di cui all'art. 4 della legge 28 gennaio 1977 n. 10", con un'operativita' puntuale che si estende all'intero "tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale". In particolare, le minute previsioni delle procedure e degli effetti connessi agli apporti dei soggetti privati tolgono spazio alla legislazione regionale sacrificandone altresi' la capacita' operativa sul piano del governo del territorio, e sono tanto piu' irrazionali in quanto non esiste il benche' minimo fondamento sul pi- ano dell'interesse unitario o di valori costituzionali da salvaguardare, come si e' cercato di dimostrare scorrendo una parte soltanto delle numerose e argomentate pronunce di questo collegio.
P. Q. M. Si chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'impugnata disposizione della legge 17 febbraio 1992, n. 179. Padova-Roma, addi' 27 marzo 1992 Prov. avv. Mario BERTOLISSI - Avv. Luigi MANZI 92C0458