N. 44 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 aprile 1992

                                 N. 44
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
                     cancelleria il 13 aprile 1992
                       (della regione Lombardia)
 Trasporto - Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di
    massa - Benefici, a carico dello  Stato,  a  favore  delle  citta'
    metropolitane  e di altri comuni, consistenti nel finanziamento di
    piani di intervento ai fini dello sviluppo del trasporto  pubblico
    nelle  aree  urbane  e  per favorire l'installazione di sistemi di
    trasporto rapido di  massa  a  guida  vincolata  in  sede  propria
    (metropolitane  e  metropolitane  "leggere") e di tranvie veloci -
    Individuazione delle citta' metropolitane e dei comuni che possano
    avvalersi  dei  benefici mediante atto del Ministro per i problemi
    delle aree urbane di concerto con il Ministro  dei  trasporti,  su
    proposta  delle  regioni interessate - Asserita indebita invazione
    della  sfera  di  competenza  regionale  in   materia   di   linee
    tranviarie, metropolitane, filoviarie, funicolari e ferroviarie di
    ogni tipo.
 (Legge 26 febbraio 1992, n. 211, artt. 1, 4, 5, 7, 9 e 10).
 (Cost., artt. 117, 118, 119 e 128).
(GU n.17 del 22-4-1992 )
   Ricorso  della  regione  Lombardia, in persona del presidente della
 giunta  regionale   ing.   Giuseppe   Giovenzana,   autorizzato   con
 deliberazione  della  giunta  regionale  n. 20493 del 1› aprile 1992,
 rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero
 Rueca, ed elettivamente  domiciliato  presso  quest'ultimo  in  Roma,
 largo  della  Gancia,  1,  come  da delega in calce al presente atto,
 speciale a rogito dott.  Pierluigi  Mott  contro  il  Presidente  del
 Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore,  per  la  dichiarazione  di
 illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 4, 5, 7, 9 e 10 della
 legge 26 febbraio 1992, n. 211, recante "Interventi nel  settore  dei
 sistemi  di  trasporto  rapido  di  massa", pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale n. 55 del 6 marzo 1992.
    La legge n. 211/1992 prevede dei benefici a carico dello  Stato  a
 favore  delle citta' metropolitane e di altri comuni, consistenti nel
 finanziamento di piani di intervento  "ai  fini  dello  sviluppo  del
 trasporto  pubblico  nelle aree urbane e per favorire l'installazione
 di sistemi di trasporto rapido di massa a  guida  vincolata  in  sede
 propria  e  di  tramvie  veloci"  (art.  1,  primo  comma), cioe' per
 costruzione di metropolitane, metropolitane "leggere", tramvie veloci
 e altri sistemi analoghi di trasporto.
    La materia cui la legge attiene - il trasporto pubblico nelle aree
 urbane o in generale il trasporto pubblico locale - rientra  a  pieno
 titolo e interamente nell'ambito delle competenze regionali.
    Infatti,  secondo  l'art.  84  del  d.P.R.  n. 616/1977, i servizi
 pubblici   di   trasporti   esercitati   con    "linee    tramviarie,
 metropolitane,  filoviarie,  funicolari  e  ferroviarie di ogni tipo,
 automobilistiche"  rientrano  nell'ambito  delle  funzioni  ad   esse
 trasferite.
    Ora  la  legge  26  febbraio  1992,  n.  211, prevede e disciplina
 interventi statali diretti, finanziari e amministrativi, nel  settore
 dei  "sistemi  di trasporto rapido di massa", che vengono ad invadere
 le attribuzioni regionali.
    In  particolare,  l'art.  1  dispone  che  possono  avvalersi  dei
 benefici  previsti  dalla  legge  le  citta' metropolitane e i comuni
 "individuati, su proposta delle regioni interessate, dal Ministro per
 i problemi delle  aree  urbane,  di  concerto  con  il  Ministro  dei
 trasporti,  sulla  base  delle  indicazioni  del  piano  generale dei
 trasporti e, ove esistenti ed aggiornati,  dei  piani  regionali  dei
 trasporti".  Gia' qui e' palese lo "scavalcamento" delle attribuzioni
 regionali, attraverso la competenza decisoria  rimessa  ai  Ministri,
 riservandosi alla regione un mero compito di proposta.
    Lo  stesso  riferimento  al  piano  generale  dei trasporti appare
 improprio, dato che  questo  ha  solo  lo  scopo  di  "assicurare  un
 indirizzo  unitario  alla  politica dei trasporti" e di coordinare ed
 armonizzare  l'esercizio  delle  competenze  e   l'attuazione   degli
 interventi amministrativi dello Stato, delle regioni e delle province
 autonome  di  Trento e di Bolzano (art. 1 della legge 15 giugno 1984,
 n. 245); mentre il riferimento ai piani regionali dei trasporti  solo
 se  "esistenti  ed  aggiornati"  fa  pensare  ad  una possibilita' di
 superamento del contenuto di tali  piani  col  pretesto  di  un  loro
 mancato "aggiornamento", che oltretutto non e' chiaro in base a quali
 criteri e parametri sia ritenuto necessario.
    Ma l'art. 1 della legge impugnata va anche oltre. Il secondo comma
 prevede  che  "qualora le regioni non formulino le proposte di cui al
 primo comma entro centoventi giorni" dalla data di entrata in  vigore
 della stessa legge "i comuni 'beneficiari' possono essere individuati
 dal  Ministro  per  i  problemi delle aree urbane, di concerto con il
 Ministro dei  trasporti,  sentita  la  conferenza  permanente  per  i
 rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
 di Bolzano".
    Ora, poiche' le proposte di individuazione in questione  attengono
 a scelte discrezionali di localizzazione di opere e di allocazione di
 risorse,  la  loro  mancata  formulazione non equivale affatto ad una
 inerzia nell'attuazione di un obbligo: puo' semplicemente  essere  il
 frutto consapevole di una valutazione negativa della regione circa la
 sussistenza  delle  condizioni che rendono opportuni gli interventi e
 dunque il loro finanziamento.
    Pertanto e' in  radice  escluso  che  siffatto  adempimento  possa
 essere oggetto di poteri sostitutivi degli organi statali.
    In  ogni  caso  tali interventi sostitutivi si svolgerebbero senza
 nessun raccordo procedimentale con la regione interessata (mentre  il
 parere  della  conferenza  non  adempie  ad  alcuna  utile  funzione,
 trattandosi di localizzazione di opere riguardanti singoli  territori
 regionali),  e  quindi  sono  in  contrasto con il principio di leale
 cooperazione.
    L'art. 3 della legge  prevede  che  gli  enti  locali  interessati
 (citta' metropolitane e comuni individuati), predispongano i piani di
 intervento e definiscano, ove necessario, accordi di programma con le
 amministrazioni  ed  i  soggetti  interessati,  ai sensi dell'art. 27
 della legge n. 142/1990.
    L'art. 4 stabilisce a sua volta  che  "in  carenza  di  tempestive
 iniziative dei soggetti competenti di cui all'art. 3, il Ministro per
 i  problemi delle aree urbane esercita il potere di iniziativa di cui
 all'art. 27 della legge 8 giugno 1990,  n.  142,  per  promuovere  la
 definizione  di  interventi, anche ricadenti nell'ambito di programmi
 gia' in corso di esecuzione, per la realizzazione, l'ammodernamento e
 l'ampliamento di  sistemi  di  trasporto  rapido  di  massa  a  guida
 vincolata  in  sede  propria  anche  ad  automazione  integrale,  ivi
 compresi  i  connessi  sistemi  attrezzati  di  interscambio  nonche'
 l'acquisizione  del relativo materiale rotabile, con esclusione delle
 spese relative ad opere gia' realizzate".
    La fattispecie prevista, francamente incredibile,  e'  quella  del
 Ministro che si sostituisce agli enti interessati addirittura nel ..p
 revedere  il  programma di intervento e la richiesta di finanziamento
 statale, nonche' perfino nell'integrare programmi gia'  in  corso  di
 esecuzione|
    Che cosa ci sia in cio' di vincolato, o di rispondente a interessi
 unitari   infrazionabili,   tali   da   giustificare   un  intervento
 sostitutivo dello Stato, davvero non e' dato di vedere. In realta' si
 vuole semplicemente, attraverso  questa  anomala  ipotesi  di  potere
 sostitutivo,   trasferire   sbrigativamente   a  livello  statale  la
 definizione di iniziative e di procedimenti di  esclusiva  pertinenza
 regionale e locale.
    In  ogni caso, il "potere di iniziativa" in ordine agli accordi di
 programma,  che  dovrebbe  essere  esercitato  dal  Ministro,  e'  in
 contrasto  con la Costituzione, nonche' con il pur richiamato art. 27
 della legge n. 142/1990 (onde fra l'altro si prospetta la  violazione
 dell'art. 1, terzo comma, della stessa legge, ai cui sensi tale legge
 non  puo'  essere  derogata  se  non "mediante espressa modificazione
 delle sue disposizioni", e conseguentemente la  violazione  dell'art.
 128  della Costituzione). Infatti detto art. 27 riserva la competenza
 a promuovere gli accordi di programma al presidente della regione,  a
 quello  della  provincia  e al sindaco, "in relazione alla competenza
 primaria o prevalente"; mentre gli  organi  statali  sono  del  tutto
 eslcusi,  salvo l'ipotesi del settimo comma (non richiamato dall'art.
 3,  primo  comma,  della  legge  in  oggetto),  che  attribuisce   al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  (e  non ad un Ministro) la
 competenza a promuovere  i  soli  accordi  di  programma  relativi  a
 interventi  che  comportino  "il  concorso  di  due  o  pi'u  regioni
 finitime".
    A nessun titolo dunque puo' ammettersi l'intervento  del  Ministro
 per le aree urbane, previsto dalla legge in esame.
    Trattandosi, nel sistema della legge, di interventi sostitutivi in
 presenza  di  una  presunta  inerzia di enti locali, la sostituzione,
 casomai, avrebbe dovuto essere prevista in capo alla  regione  e  non
 gia' dello Stato.
    L'intervento  sostitutivo  e'  poi  configurato  al  di  fuori  di
 qualsiasi raccordo procedimentale (diffida o altro) con la regione  e
 gli enti locali, e quindi in palese violazione del principio di leale
 cooperazione.
    L'art.  5  della legge prevede che i programmi di interventi e gli
 accordi  di  programma  siano  trasmessi,  previo   parere   di   una
 commissione  di  vigilanza  costituita  dai  Ministri dei trasporti e
 delle aree urbane, allo stesso Ministro per i problemi delle aree ur-
 bane, il quale, di concerto col Ministro dei trasporti, li  sottopone
 al  Cipe  "per  l'approvazione  nonche'  per  l'individuazione  delle
 eventuali fonti di finanziamento  a  carico  dello  Stato  e  per  la
 determinazione  delle quote delle disponibilita' di cui all'art. 9 da
 destinare annualmente ai singoli interventi" (primo comma).
    Tale previsione di approvazione ad opera  di  organi  statali  dei
 programmi  di  interventi e degli accordi di programma (che, ai sensi
 dell'art. 27 della legge  n.  142/1990,  costituiscono  strumenti  di
 coordinamento  di  competenze  proprie  delle diverse amministrazioni
 stipulanti, sottratti come tali a qualsiasi approvazione da parte  di
 altri   organi)  comporta  di  per  se'  lesione  delle  attribuzioni
 regionali, a prescindere dal successivo meccanismo di finanziamento a
 carico dello Stato, della cui illegittimita' si dira' piu' avanti.
    Il secondo comma dell'art.  5  aggiunge  poi  un'altra  previsione
 lesiva  dell'autonomia,  la'  dove dispone che i soggetti interessati
 trasmettano al Ministro dei trasporti addirittura  "la  progettazione
 esecutiva,  distinta  per  lotti  funzionali,  delle  opere  e  degli
 interventi  ammessi a finanziamento ai sensi del primo comma", e cio'
 "ai fini degli adempimenti approvativi di cui all'art. 2 della  legge
 29 dicembre 1969, n. 1042, e all'art. 3 del d.P.R. 11 luglio 1980, n.
 753".
    Ora,   l'art.   2   della  legge  n.  1042/1969  prevedeva  bensi'
 l'approvazione da parte del Ministro dei trasporti  dei  progetti  di
 massima  ed esecutivi di costruzione di ferrovie metropolitane, ma in
 un contesto normativo - non a caso anteriore al  trasferimento  delle
 funzioni  alle  regioni  - nel quale questo tipo di interventi faceva
 capo sia dal punto di vista amministrativo che  dal  punto  di  vista
 finanziario allo Stato.
    Rinverdire  oggi,  dopo  l'avvenuta  regionalizzazione piena della
 materia, dopo che, fra l'altro, sono state specificamente  trasferite
 alle regioni fin dal 1972 le funzioni concernenti "l'approvazione dei
 programmi e dei progetti di massima ed esecutivi delle metropolitane"
 (art.  3,  lett.  b)  del  d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5): rinverdire,
 dicevamo, la gia' soppressa approvazione ministeriale dei progetti di
 ferrovie metropolitane, di cui all'art. 2 della  legge  n.  1042  del
 1969, significa violare clamorosamente le attribuzioni della regione.
    Del tutto improprio e' poi il riferimento all'art. 3 del d.P.R. 11
 luglio 1980, n. 753, che contiene "nuove norme in materia di polizia,
 sicurezza  e  regolarita'  dell'esercizio  delle  ferrovie e di altri
 servizi di trasporto".
    Detto art. 3, infatti, si  limita  a  prevedere  che  l'esecuzione
 delle  opere  per la realizzazione di una ferrovia in concessione non
 possa  iniziarsi  senza  apposita  autorizzazione   "rilasciata   dai
 competenti uffici delle m.c.t.c. o dagli organi delle regioni o degli
 enti  locali territoriali, secondo le rispettive attribuzioni"; e che
 detta autorizzazione e' in  ogni  caso  subordinata  alla  preventiva
 approvazione  dei  progetti  relativi  a  dette  opere  "da parte dei
 competenti  uffici  della  m.c.t.c.,  per  i  servizi  di  competenza
 statale,  o  degli  organi regionali, previo nulla osta ai fini della
 sicurezza da parte degli stessi uffici della m.c.t.c. per  i  servizi
 rientranti  nelle  attribuzioni  delle  regioni  o  degli enti locali
 territoriali" (primo e secondo comma).
    Dunque nessuna approvazione ministeriale di progetti  e'  prevista
 da    tali    norme,    e   nessun   intervento   della   commissione
 interministeriale istituita dall'art. 12, secondo comma, della  legge
 14  giugno 1949, n. 410 (i cui compiti sono stati estesi dall'art. 10
 della legge 2 agosto 1952, n. 1221, e  dall'art.  2,  secondo  comma,
 della  legge 29 dicembre 1969, n. 1042 - tutte disposizioni anteriori
 al trasferimento delle funzioni delle regioni - e la cui composizione
 e' stata modificata dallo stesso art. 2, terzo comma, della legge  n.
 1042/1969  e  ora  viene  nuovamente  integrata dalla disposizione in
 esame, immettendovi - fra l'altro - una rappresentanza  del  Ministro
 per  i  problemi  delle  aree urbane, la cui competenza in materia di
 progettazione ferroviaria e di sicurezza dei trasporti ferroviari  e'
 veramente tutta da dimostrare|).
    L'art.  3  del  d.P.R.  n.  753/1980 fa riferimento, per i servizi
 rientranti nelle attribuzioni  delle  regioni  o  degli  enti  locali
 territoriali,  ad  una  approvazione da parte degli organi regionali,
 con semplice nulla osta ai fini della sicurezza da parte dell'ufficio
 della motorizzazione.
    Pertanto  l'art.  5  della  legge  in esame risulta, sotto tutti i
 profili indicati, lesivo delle attribuzioni regionali.
    Gli articoli 7 e  9  della  legge  disciplinano  l'erogazione  dei
 finanziamenti  statali  per  le  opere  in questione. Precisamente si
 tratta di contributi, in misura non  superiore  al  dieci  per  cento
 dell'investimento, per la durata massima di trenta anni, in relazione
 ad  operazioni  di  mutuo  con  la  Cassa  depositi  e prestiti o con
 istituti di credito nazionali o esteri, al cui fine sono  autorizzati
 limiti  di  impegno  trentennali  di  175  miliardi  per il 1993 e di
 ulteriori 50 miliardi per il 1994 (art. 9).
    L'erogazione  dei  finanziamenti  e'  disposta  dal  Ministro  dei
 trasporti  di  concerto con il Ministro per i problemi delle aree ur-
 bane, ed e' subordinata alle approvazioni di cui all'art. 5,  secondo
 comma,  nonche'  alla  dimostrata disponibilita' delle altre fonti di
 finanziamento (art. 7).
    Emerge qui, anzitutto, una logica per la  quale  il  finanziamento
 statale  (peraltro  limitato  ad  una quota, nemmeno molto rilevante,
 degli investimenti) giustificherebbe l'intero assorbimento delle pro-
 cedure di programmazione di interventi e di approvazione dei progetti
 in capo agli organi statali (secondo  le  previsioni  gia'  esaminate
 degli articoli 1, 3, 4 e 5).
    Il che da un lato e' del tutto illogico e incongruo, dato anche il
 carattere  parziale  della  partecipazione  finanziaria  dello Stato;
 dall'altro  lato  e'  palesemente  in   contrasto   con   i   criteri
 costituzionali  di riparto delle competenze, sia perche', trattandosi
 di interventi rientranti nell'ambito delle competenze  regionali,  lo
 Stato  non  puo'  erogare finanziamenti diretti agli enti locali o ad
 atri  soggetti,  ne',  in  ogni  caso,   sostituirsi   alla   regione
 nell'esercizio di competenze amministrative o normative.
    Sotto  il  profilo  finanziario,  poi,  come  si  e' accennato, la
 previsione di contributi discrezionalmente concessi da  organi  dello
 Stato,  sulla  base  di  programmi  e progetti da essi approvati, per
 opere sicuramente rientranti nella  sfera  di  competenza  regionale,
 viola  l'autonomia finanziaria oltre che amministrativa della regione
 (cfr. ad es. sentenze nn. 307/1983, 517/1987 e 921/1988). Come questa
 Corte ha chiarito ad esempio nella sentenza n. 517/1987 (punto 6  del
 considerato  in  diritto), con le norme di riparto della competenza e
 di trasferimento delle funzioni "sono  riconosciuti  alla  competenza
 regionale,  ovviamente  in  relazione  alle  opere  rientranti  nella
 propria sfera di attribuzioni, gli interventi finanziari  diretti  ad
 agevolare  l'accesso  al  credito, la disciplina dei rapporti con gli
 istituti    di    credito,    la    determinazione    dei     criteri
 dell'ammissibilita'   al  credito  agevolato  e  il  controllo  sulla
 destinazione dello stesso".
    L'art. 10 della legge prevede  un  ulteriore  tipo  di  intervento
 finanziario dello Stato. Esso autorizza "gli enti indicati all'art. 8
 della  legge  15 dicembre 1990, n. 385" - cioe' l'ente Ferrovie dello
 Stato e i soggetti gestori delle ferrovie in regime di concessione  o
 in  gestione  commissariale  governativa  -  nonche'  "gli altri enti
 interessati" ad accendere mutui decennali, garantiti dallo Stato, per
 la realizzazione delle finalita' indicate in detto art. 8 (cioe' "per
 l'ammodernamento e la realizzazione di  collegamenti  ferroviari  fra
 gli   aeroporti   intercontinentali   e   internazionali  e  la  rete
 ferroviaria  esistente,  per  la  realizzazione  di  reti  su   guida
 vincolata  strettamente  integrate con le linee ferroviarie esistenti
 all'interno dei sistemi urbani, nonche'  per  interventi  volti  alla
 realizzazione  di  innovazioni tecnologiche tendenti a incentivare la
 riduzione di personale"), e inoltre "per la realizzazione di  sistemi
 ferroviari    passanti,   di   collegamenti   ferroviari   con   aree
 aeroportuali, espositive ed universitarie, di  sistemi  di  trasporto
 rapido  di  massa  e  di programmi urbani integrati". Come si vede le
 opere specificamente elencate  da  detto  art.  10  si  sovrappongono
 largamente,  ma  vanno  al di la' di quelle gia' indicate dall'art. 8
 della legge  n.  385/1990,  e  in  particolare  si  riferiscono  piu'
 chiaramente a opere strettamente riguardanti il trasporto urbano.
    A  tali  fini  l'art. 10 in esame prevede che gli enti interessati
 presentino domanda, sulla base dei relativi progetti, entro  sessanta
 giorni  dall'entrata  in  vigore  della  legge  (primo comma); che il
 Cipet, su proposta del Ministro dei trasporti di concerto con  quello
 per  i  problemi delle aree urbane, approvi il piano di riparto delle
 risorse e conceda, per i singoli  interventi,  contributi  in  misura
 pari  agli oneri per capitale e interessi derivanti dall'ammortamento
 dei mutui (secondo comma:  si  tratta,  dunque,  in  realta',  di  un
 finanziamento diretto del costo delle opere); che le modalita' per la
 concessione   e  l'erogazione  dei  contributi  siano  stabilite  dal
 Ministro del tesoro,  su  proposta  del  Ministro  dei  trasporti  di
 concerto,  come al solito, col Ministro per i problemi delle aree ur-
 bane (terzo comma).
    Il quarto comma autorizza, per l'erogazione dei contributi, limiti
 di impegno decennali di 195 miliardi per il 1993 e di  ulteriori  155
 miliardi per il 1994.
    Anche  tali  disposizioni sono lesive dell'autonomia regionale, in
 quanto prevedono interventi finanziari  diretti  dello  Stato,  senza
 alcun coinvolgimento della regione, per opere e interventi che almeno
 in   parte   rientrano   certamente   nell'ambito   delle  competenze
 provinciali (almeno per  quanto  riguarda  i  "sistemi  di  trasporto
 rapido di massa" e i "programmi urbani integrati").
                               P. Q. M.
   Chiede   che   la   Corte   voglia   dichiarare  la  illegittimita'
 costituzionale degli articoli 1, 4, 5, 7,  9  e  10  della  legge  26
 febbraio  1992,  n.  211, in riferimento agli articoli 117, 118 e 119
 della  Costituzione,  nonche'  in  riferimento  all'art.  128   della
 Costituzione  e  agli  articoli  1,  terzo  comma, e 27 della legge 8
 giugno 1990, n. 142.
      Roma, addi' 3 aprile 1992
            Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA

 92C0466