N. 175 SENTENZA 2 - 15 aprile 1992
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Pretore - Convalida dell'arresto in flagranza - Presentazione dell' imputato all' udienza entro il quindicesimo giorno - Rito direttissimo - Esclusione - Richiamo alla sentenza n. 102/1991 della Corte - Irragionevole disparita' rispetto al procedimento davanti al tribunale - Ingiustificata discriminazione tra identiche situazioni processuali - Illegittimita'costituzionale. (C.P.P., art. 566, nono comma) (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.17 del 22-4-1992 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: dott. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 566, comma nono, del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 26 giugno 1991 dal Pretore di Taranto - Sezione distaccata di Manduria, nel procedimento penale a carico di Giuliano Luciano iscritta al n. 643 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41 prima serie speciale dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 18 marzo 1992 il Giudice relatore Enzo Cheli; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Giuliano Luciano, nel quale era stato disposto il giudizio direttissimo ai sensi dell'art. 449, quarto comma, del codice di procedura penale, il Pretore di Taranto - Sezione distaccata di Manduria, con ordinanza del 26 giugno 1991 (R.O. n. 643 del 1991), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 566, nono comma, del codice di procedura penale - dove risulta stabilito che "fuori dei casi previsti dai commi precedenti, il pubblico ministero procede a norma del titolo II del presente libro" - in quanto esclude l'applicabilita' al procedimento pretorile della disciplina del rito direttissimo prevista per i giudizi dinanzi al tribunale dal citato art. 449, quarto comma, che consente la celebrazione del rito direttissimo dopo la convalida dell'arresto in flagranza, mediante presentazione dell'imputato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto. Ad avviso del giudice a quo, questa esclusione creerebbe una disparita' di trattamento in quanto l'imputato nel procedimento pretorile "non potrebbe usufruire di una ulteriore scelta del pubblico ministero che lo conducesse a giudizio nel termine massimo di quindici giorni" come e' invece possibile, ai sensi dell'art. 449, quarto comma, del codice di procedura penale, per gli imputati di reati di competenza del tribunale. Tale disparita' verrebbe a ledere gli artt. 3 e 24 della Costituzione, per le conseguenze negative connesse alla maggior durata del processo, da instaurarsi con rito ordinario (con il protrarsi della custodia cautelare), nonche' per l'assenza di una ratio in grado di giustificare l'esclusione. Il giudice remittente, richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 102 del 1991, osserva che la giustificazione contenuta nella relazione al progetto definitivo del nuovo codice di procedura penale - secondo la quale la procedura prevista nell'art. 449, quarto comma, di tale codice sarebbe poco congeniale alla celerita' ed alla snellezza del rito pretorile, dove la regola e' la contestualita' tra convalida e giudizio direttissimo - appare inadeguata, dal momento che non tiene conto della discrezionalita' del pubblico ministero nella scelta del rito dinanzi al pretore. Infatti, dopo l'arresto in flagranza, il pubblico ministero puo' liberamente procedere o per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo o per la sola convalida dell'arresto, avviando poi il rito ordinario. Ma l'esclusione della possibilita' di procedere con giudizio direttissimo entro quindici giorni dall'arresto in flagranza avrebbe - secondo il giudice a quo - un effetto di "complicazione" del procedimento, dal momento che impedirebbe al pubblico ministero di valutare nuove circostanze che lo inducano a procedere con rito direttissimo entro quindici giorni dalla convalida dell'arresto in flagranza, pur non avendo chiesto lo stesso rito contestualmente a tale convalida. 2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata infondata. Considerato in diritto 1. - Il Pretore di Taranto - Sezione distaccata di Manduria, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 566, nono comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude l'applicabilita' al processo pretorile del giudizio direttissimo previsto, per i procedimenti innanzi al tribunale, dall'art. 449, quarto comma, dello stesso codice, nell'ipotesi in cui il pubblico ministero, dopo la convalida dell'arresto in flagranza, presenti l'imputato all'udienza entro il quindicesimo giorno dall'arresto. 2. - La questione e' fondata. L'art. 566, nono comma, del codice di procedura penale, nella sua stesura originaria, escludendo l'applicabilita' della disposizione di rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale di cui all'art. 549 dello stesso codice, limitava l'instaurazione del giudizio direttissimo davanti al pretore alle sole due ipotesi regolate nel medesimo art. 566, commi quinto e sesto, relative al giudizio contestuale alla convalida dell'arresto in flagranza ed al giudizio su consenso dell'imputato e del pubblico ministero in caso di mancata convalida. Questa Corte, con sentenza n. 102 del 1991, ha, peraltro, dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 566, nono comma, nella parte in cui escludeva l'applicabilita' nel procedimento davanti al pretore della ipotesi di giudizio direttissimo previsto, per i procedimenti innanzi al tribunale, dall'art. 449, quinto comma, nei confronti della persona che abbia reso confessione nel corso dell'interrogatorio. Pertanto, nell'attuale assetto normativo che disciplina il giudizio direttissimo davanti al pretore, risulta ancora esclusa la possibilita' di procedere con tale rito in relazione all'ipotesi contemplata, per i procedimenti innanzi al tribunale, dall'art. 449, quarto comma, ove si prevede che il pubblico ministero possa procedere al giudizio direttissimo anche dopo la convalida dell'arresto in flagranza, ma a condizione che l'imputato venga presentato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto. E proprio a tale residua ipotesi si riferisce la questione di legittimita' costituzionale di cui al presente giudizio. 3. - Nella richiamata sentenza n. 102 del 1991, pur con riferimento alla sola ipotesi di giudizio direttissimo di cui al quinto comma dell'art. 449, e' stato rilevato, in generale, che "l'esclusione nel processo di pretura del rito direttissimo in alcune ipotesi andrebbe sorretta, onde evitare ingiuste discriminazioni, da una adeguata ratio, strettamente connessa con la struttura e le caratteristiche del processo pretorile volute dal legislatore delegante". Sulla scorta di questo principio, occorre, dunque, verificare, anche in riferimento all'esclusione dal rito pretorile dell'ipotesi di giudizio direttissimo di cui al quarto comma dell'art. 449, la ragionevolezza della scelta operata dal legislatore delegato attraverso la norma impugnata. 4. - Come risulta dalla direttiva n. 103 della legge di delega, la disciplina del giudizio avanti al pretore deve rispettare il principio della "massima semplificazione" al fine di assicurare la celerita' e la snellezza del processo. Dai lavori preparatori relativi al giudizio direttissimo davanti al pretore si evince, altresi', che l'ipotesi di cui all'art. 449, quarto comma, e' stata esclusa per il rito pretorile nella convinzione che detta ipotesi, ove consentita, sarebbe potuta divenire "normale", comportando "un arretramento" rispetto alla stessa disciplina del codice di procedura penale abrogato (art. 505) (cfr. la Relazione al progetto preliminare, in G.U. 24 novembre 1988, supplemento ordinario n. 2, p. 124 e la Relazione al testo definitivo del codice di procedura penale, ivi, p. 197). Pertanto - ad avviso del legislatore delegato - l'estensione di tale ipotesi anche al giudizio pretorile non avrebbe favorito la speditezza del processo, ma bensi' disincentivato il ricorso al procedimento direttissimo con contestuale convalida e giudizio. Senonche' - come gia' rilevato da questa Corte, nella sentenza n. 102/1991, in riferimento alla ratio che aveva inteso giustificare l'esclusione dal rito pretorile del giudizio direttissimo di cui all'art. 449, quinto comma, in caso di confessione resa al pubblico ministero - le motivazioni addotte dal legislatore delegato si presentano, pure in relazione al profilo in esame, "inadeguate allo scopo anche perche' basate in gran parte su considerazioni meramente empiriche". E invero, l'attribuzione al pubblico ministero della facolta' di procedere, anche davanti al pretore, con giudizio direttissimo entro quindici giorni dall'arresto gia' convalidato puo' consentire la celebrazione del dibattimento con il massimo di celerita', mentre a tale risultato non puo' pervenirsi quando si proceda nel rispetto delle forme ordinarie, dove devono comunque osservarsi i termini previsti nell'art. 555, ultimo comma, del codice di procedura penale, ai fini della notifica del decreto di citazione. Inoltre, l'estensione al rito pretorile della disciplina prevista dall'art. 449, quarto comma, mentre non altera il carattere normale dell'ipotesi di cui al sesto comma dell'art. 566 (giudizio direttissimo contestuale alla convalida dell'arresto), consente di recuperare alla forma piu' celere del giudizio quelle particolari situazioni nelle quali il pubblico ministero, rilevando - solo dopo la convalida dell'arresto in flagranza - la completezza delle indagini svolte, ritenga che sia possibile procedere senza ulteriori ritardi alla celebrazione del dibattimento. La disparita' prevista nella norma impugnata in relazione al giudizio direttissimo davanti al tribunale appare, pertanto, irragionevole, dal momento che la preclusione di una forma di definizione piu' celere del processo discrimina, senza giustificazione adeguata, tra identiche situazioni processuali. Di conseguenza, va dichiarata l'illegittimita' costituzionale, in relazione all'art. 3 della Costituzione, della disposizione impugnata nella parte in cui esclude l'applicabilita' al rito pretorile dell'art. 449, quarto comma, del codice di procedura penale, dovendosi considerare assorbito il profilo di censura relativo all'art. 24 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 566, nono comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude l'applicabilita' al rito pretorile dell'art. 449, quarto comma, dello stesso codice. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 1992. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: CHELI Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 15 aprile 1992. Il cancelliere: FRUSCELLA 92C0470