N. 198 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio 1992
N. 198 Ordinanza emessa il 28 febbraio 1992 dal pretore di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, nel procedimento esecutivo tra Del Giudice Teresa e comune di Pozzuoli ed altra Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie - Pignoramento presso terzi - Somme dovute dai comuni - Divieto di esecuzione forzata presso soggetti diversi dal tesoriere del comune e dalle sezioni delle tesorerie provinciali dello Stato - Ingiustificato trattamento di privilegio dei comuni rispetto alle altre p.a. e ai soggetti privati, che sono sottoposti alle regole generali - Incidenza sul diritto di difesa in giudizio nonche' sulla tutela giurisdizionale contro gli atti della p.a. lesivi di diritti. (D.-L. 20 gennaio 1992, n. 11, art. 14, in relazione agli artt. 826, 828, 830, 514 e 545 del c.p.c.; c.c. art. 2740; legge 20 marzo 1965, n. 2248, art. 4, allegato E). (Cost., artt. 3, 24, 28 e 113).(GU n.18 del 29-4-1992 )
IL PRETORE Ha pronunziato in data 28 febbraio 1992, la seguente ordinanza nel procedimento esecutivo, iscritto nel r.g.es. al n. 177/92, tra Del Giudice Teresa, rappresentata e difesa dall'avv. Riccobene Antonino, presso il quale elettivamente domicilia in Pozzuoli, alla via Campi Flegrei 2, giusta procura a margine dell'atto di precetto - esecutante - contro: comune di Pozzuoli, in persona del suo sindaco pro-tempore, domiciliato presso la casa municipale dell'Ente, in Pozzuoli, al Rione Toiano - debitore esecutato - e Serit S.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, con sede in Pozzuoli, al Rione Toiano, nella qualita' di concessionario nell'ambito B della provincia ed esattore-terzo; Premesso che il creditore procedente (Del Giudice Teresa), malgrado il disposto di cui all'art. 14 del d.-l. 20 gennaio 1992, n. 11, secondo cui "non sono ammesse esecuzioni forzate presso soggetti diversi dal tesoriere del comune .. e diversi dalle sezioni di tesorerie dello Stato", ha eseguito, in data 23-24 gennaio 1992, pignoramento presso la Serit S.p.a., soggetto diverso dal tesoriere del comune di Pozzuoli; Rilevato che la citata norma, con la sua singolare ed innovativa dizione, introduce un'ipotesi di inammissibilita' dell'esecuzione, rilevabile di ufficio, che non attiene, invece, come si evince chiaramente dall'esame delle parole "non sono ammesse esecuzioni forzate" (a confronto di quelle di cui alla prima parte del citato articolo "non sono soggette ad esecuzione le somme") la pignorabilita' dei beni aggrediti presso un soggetto diverso dal tesoriere; Rilevato che il presente procedimento va sospeso, per i motivi di cui appresso e che detta pronunzia di sospensione dell'esecuzione, come e' ovvio, facendo permanere il vincolo dell'indisponibilita' delle somme, fino alla pronunzia definitiva, non autorizza, in ogni caso, il terzo a disporre delle somme medesime (quelle indicate nel pignoramento e l'eventuale eccedenza) ed impone al debitore, comunque, di non porre in essere comportamenti atti a sottrarre le garanzie del credito; Rilevato che e', oramai, costante e consolidata giurisprudenza ritenere che il pignoramento delle somme di proprieta' del comune, che si trovino nel possesso di un terzo o che dal detto terzo siano dovute al comune medesimo, deve effettuarsi nelle forme dell'espropriazione presso terzi e non nelle forme dell'espropriazione diretta (Cass. sezioni unite 18 dicembre 1987, n. 9407; Cass. sezioni unite 9 marzo 1981, n. 1299); Ritenuto che, di fronte ad una sentenza di condanna al pagamento di somme, la posizione della p.a. non e' diversa da quella di ogni altro debitore (Cass. 9 marzo 1979, n. 1464; Cass. 14 gennaio 1981, n. 323); sicche' anche nei suoi confronti e' esperibile l'esecuzione forzata presso terzi, inquanto "e' conseguenza imprescindibile della condanna della p.a. al pagamento di somme, l'ammissibilita' dell'esecuzione per espropriazione" (Corte cost. 21 luglio 1981, n. 138); Rilevato che, nei confronti della p.a. debitrice, sono, pertanto, perfettamente applicabili i principi del cumulo dei mezzi di espropriazione e che la stessa e' soggetto passivo dell'esecuzione con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.); Rilevato che i limiti di pignorabilita' dei beni patrimoniali della p.a. vanno individuati concretamente, in relazione specifica alla loro natura o alla loro destinazione, quando degli stessi si chiede l'espropriazione; e che tali limiti possono essere imposti solo laddove i predetti beni siano destinati a soddisfare esigenze di interesse pubblico; Rilevato, cioe', che la particolare tutela che la legge accorda alle pp.aa., puo' attuarsi solo qualora rimanga accertata l'esistenza di un vincolo di destinazione dello specifico bene (assoggettato all'esecuzione) ad un "pubblico servizio"; sicche' i limiti di pignorabilita' dei beni patrimoniali delle pp.aa. vanno individuati, concretamente, e di volta in volta che degli stessi si chieda l'espropriazione; cio', in conformita' della previsione di cui al comma II del citato art. 2740 c.c. (ed analogicamente a quanto disposto dagli artt. 514 e 545 del c.p.c. in tema di impignorabilita' di cose mobili o di crediti); Rilevato che la non assoggettabilita' all'esecuzione forzata (recte: impignorabilita') delle somme di denaro o dei crediti pecuniari dello Stato e degli enti pubblici discende soltanto dal fatto che essi concorrono a formare il patrimonio indisponibile, perche' vincolati ad un pubblico servizio ovvero perche' nascono dall'esercizio di una potesta' pubblica; il che si traduce nel ritenere che il criterio e' chiaramente e solo "oggettivo" e non certo "soggettivo"; Rilevato che, con la disposizione di cui all'art. 14, ultima parte, del citato d.-l., secondo cui "non sono ammesse esecuzioni forzate" presso soggetti diversi dal tesoriere (seppure limitatamente ai comuni, alle amministrazioni provinciali ed alle comunita' montane) risulta accordata alla p.a. una tutela indiscriminata ed illogica che non tiene conto delle regole citate; cio' in quanto la norma non prevede affatto l'impignorabilita' di beni, bensi' e singolarmente, l'inammissibilita' delle esecuzioni presso terzi (sia pure nei confronti solo di determinati soggetti) e cioe', in sostanza, l'ineseguibilita' in assoluto e l'ineseguibilita' su beni che, magari perfettamente pignorabili, sono in possesso o dovuti da soggetti diversi dal Tesoriere; Rilevato che, pertanto, la norma limita i mezzi di esecuzione, previsti in favore dei creditori, ma solo quando debitrice sia una delle pp.aa. interessate dalla norma stessa; Rilevato che la questione, pertanto, non attiene alla pignorabilita' o meno dei beni aggrediti, bensi' al diritto di procedere in esecuzione, in quanto la norma, fissando limiti alle esecuzioni, in buona sostanza, esclude l'eseguibilita' per espropriazione; ritenuto che, in tal modo, e' riprodotta l'oramai superata tesi secondo cui la p.a. non puo' essere soggetta ad esecuzione forzata e, pertanto, riproposta la questione di giurisdizione, superata, come gia' si e' osservato, da tutta la giurisprudenza di merito, di legittimita' (Cass. s.u. n. 4071/1979 e cass. s.u. 9 marzo 1981, n. 1299) e della stessa Corte costituzionale (sent. 21 luglio 1981, n. 138); Rilevato che e' certamente incostituzionale, pertanto, la previsione di esclusione di esecuzioni tipiche previste dal c.p.c., solo a vantaggio della p.a.; peraltro, nel caso di specie, solo a vantaggio di quelle amministrazioni interessate dalla norma; Rilevato, infatti, che solo limitazioni della responsabilita' patrimoniale, derivanti da specifici provvedimenti di destinazione delle somme e pubbliche finalita', concernendo la possibilita' di esperire l'azione esecutiva e non l'astratta configurabilita' del diritto del creditore, sono le uniche rilevanti, anche al fine di stabilire la fondatezza di eventuali opposizioni promosse dalla p.a. debitrice, che deduca l'inespropriabilita' dei beni aggrediti; Rilevato che la norma, peraltro, pur sancendo la dedotta inammissibilita',non prescrive quali siano i mezzi esperibili per "discutere" o "contestare" in sede giudiziaria, la stessa inammissibilita'; Rilevato che la norma in questione, riducendo le possibilita' esecutive del creditore, in tal modo viola il diritto di quest'ultimo (compreso quello di difesa) e tutte le disposizioni di legge sopracitate; che, pertanto, risulta totalmente ingiusta, in quanto esclude l'ammissibilita' di una procedura esecutiva forzata in danno della p.a. (sia pure solo presso soggetti diversi dal tesoriere); e cioe' crea un limite di ammissibilita' dell'esecuzione presso terzi, senza considerare affatto l'oggettivo dato della disponibilita' o indisponibilita' specifica dei beni aggrediti; e, pur dovendosi considerare che la stessa fuoriesce dagli schemi tipici, la sua contestazione non si arguisce se possa esser fatta valere dal debitore con il rimedio tipico dell'opposizione ex art. 615 del c.p.c. o con altri mezzi; Rilevato che tutto cio' si traduce in una macroscopica violazione dei precetti costituzionali e comporta, in sostanza, la concreta vanificazione dei principi cui e' pervenuta la giurisprudenza della stessa Corte costituzionale, in forza dei quali "di fronte ad una sentenza di condanna al pagamento di somme, la posizione della p.a. non e' diversa da quella di qualsiasi altro debitore e secondo cui il pagamento e' un atto dovuto dalla p.a. medesima che non puo' percio' sottrarvisi, vanificando il comando del giudice, con l'adozione, chiaramente discrezionale, di una propria graduatoria di priorita' degli obblighi cui adempiere con le risorse disponibili" (cfr. Corte cost. 21 luglio 1981, n. 138); Rilevato, incidentalmente, che il problema nei termini esposti, oltre che giuridico e' anche e soprattutto morale, perche' non pu'o tollerarsi che la p.a. non paghi debiti, anche se "giudicati"; Rilevato che, con l'art. 14 citato, le pp.aa. interessate dalla norma (comuni, provincie e comunita' montane) risultano indiscriminatamente avvantaggiate, pur essendo equiparabili ai soggetti di diritto privato, sia nei confronti dei loro creditori, che delle altre pp.aa. escluse (altrettanto irrazionalmente) dalle previsioni contenute dalla norma in questione; Rilevato che l'esclusione dell'esecuzione presso terzi nei confronti di soggetti diversi dal tesoriere (i quali, come detto, ben potrebbero possedere o essere debitori di somme, perfettamente pignorabili) e' priva di qualsiasi altra logica giustificazione di supporto e che costituisce un indiscriminato favoritismo, accordato alle pp.aa. dal legislatore, perche' non risultano neanche sussistenti ragioni di urgenza, che hanno consigliato la norma; con l'effetto che, in definitiva, la stessa non risulta che tuteli un interesse pubblico (in quanto non tutela il bene oggetto del pignoramento), perche', in contrario, protegge, ma del tutto ingiustificatamente, il solo debitore; Rilevato che la norma si presenta, pertanto, come incostituzionale per le ragioni esposte e per avvantaggiare le pp.aa. debitrici, rispetto agli altri soggetti di diritto privato (oltre che rispetto alle altre amministrazioni pubbliche); Rilevato, infine, che la norma, introducendo, come detto, una nuova figura di "inammissibilita'" dell'esecuzione, solo nei confronti della p.a., fuoriuscente dagli schemi tipici, oltre che innovativa, risulta pure singolare, in quanto non prevede le modalita' e forme della eventuale contestazione giudiziaria (e' chiaro, infatti, che con il mezzo di cui all'art. 615 del c.p.c. puo' opporsi solo la mancanza del diritto del creditore a procedere in executivis o l'impignorabilita' dei beni aggrediti); sicche', in mancanza di altre previsioni, non essendo previsto il mezzo giuridico per contestare, nei singoli casi in esame, la prescritta inammissibilita', la norma viola, macroscopicamente,anche il diritto alla difesa dei creditori (art. 24 della costituzione);
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' dell'art. 14, del d.-l. 20 gennaio 1992, n. 11, nella parte in cui prevede che "non sono ammesse esecuzioni forzate presso soggetti diversi dal tesoriere del comune, della provincia o delle comunita' montane e diversi dalle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato" per violazione degli artt. 3, 24, 28 e 113 della Costituzione, in correlazione con gli artt. 826, 828 e 830 ultimi comma, 514 e 545 del c.p.c. nonche' 2740 del c.c. e 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E; Conseguentemente, rimette alla Corte costituzionale, per la decisione, la predetta questione di legittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; Sospende il presente procedimento, che non puo' essere definito senza risolvere prima la sollevata questione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla predetta Corte; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata, dal Cancelliere, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Pozzuoli, addi' 28 febbraio 1992 Il pretore: COZZI 92C0480