N. 202 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio 1992

                                N. 202
 Ordinanza  emessa  il  13 gennaio 1992 dal tribunale di Civitavecchia
 nel procedimento penale a carico di Barlaam Patrizia
 Processo penale - Procedimenti speciali - Richiesta di rito
    abbreviato  -  Sussistenza  del  consenso  del  p.m.   -   Rigetto
    dell'istanza da parte del G.U.P. per la ritenuta non definibilita'
    allo  stato  degli  atti - Insindacabilita' da parte del tribunale
    della decisione di rigetto del G.U.P. - Conseguente impossibilita'
    per l'imputato di usufruire  della  diminuente  ex  art.  442  del
    c.p.p.   -   Prospettata   violazione   dell'obbligo  di  adeguata
    motivazione dei provvedimenti giurisdizionali  con  incidenza  sul
    diritto di difesa - Irragionevole previsione di disciplina diversa
    rispetto   a   quella  stabilita  per  il  c.d.  patteggiamento  -
    Impossibilita' per il giudice  del  dibattimento  di  decidere  il
    trattamento  sanzionatorio per l'imputato avvalendosi di tutti gli
    strumenti  processuali  (fra  cui  la   citata   diminuente)   che
    l'ordinamento appresta in suo favore.
 (C.P.P. 1988, art. 440).
 (Cost., artt. 3, 24, 25 e 111).
(GU n.18 del 29-4-1992 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Nel  corso del procedimento penale a carico di Barlaam Patrizia il
 difensore dell'imputata, in sede  di  udienza  preliminare,  avanzava
 richiesta  di definizione del processo con rito abbreviato, richiesta
 cui il p.m. prestava il consenso ma che non veniva accolta dal g.u.p.
 presso il tribunale, il quale riteneva il  processo  "non  definibile
 allo stato degli atti".
    In  sede  di  atti  introduttivi al dibattimento il p.m. d'udienza
 deduceva la illegittimita' costituzionale dell'art.  440  del  c.p.p.
 nella  parte  in  cui  escludeva  qualunque possibilita' di sindacato
 sulla decisione del g.u.p.  di  rigetto  dell'istanza,  concordemente
 avanzata  dalla  parti,  di  definizione  del  processo  con  il rito
 abbreviato senza alcun obbligo di motivazione, non potendosi ritenere
 tale il mero richiamo alla formula di stile prevista  dall'art.  440,
 primo  comma, ultima parte, del c.p.p., ed invitando, in conseguenza,
 il tribunale a sottoporre la  questione  al  vaglio  di  legittimita'
 della Corte costituzionale.
    Ritiene  il  collegio  rilevante e non manifestamente infondata la
 questione sollevata.
    Invero, il provvedimento con il quale il g.u.p. respinge l'istanza
 di definizione del giudizio con il rito abbreviato con la generica  e
 vuota  formula  della  ritenuta  "non  definibilita' allo stato degli
 atti"  non  solo  appare  contrastare  con  l'esplicito   dovere   di
 motivazione  stabilito dall'art. 111, primo comma, della Costituzione
 ma  appare  altresi'  contrario  all'art.  24   della   Costituzione,
 precludendo  qualsiasi  possibilita' di difesa da parte dell'imputato
 avverso ipotetici arbitrii, destinati a riflettersi pesantemente  sul
 piano  sostanziale  essendo preclusa, al giudice del dibattimento, la
 possibilita' di applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442
 del c.p.p. e venendosi in tal modo a vanificare, di fatto, il vero  e
 proprio  diritto  subiettivo  dell'imputato  a  chiedere  il giudizio
 abbreviato beneficiando della conseguente riduzione di pena.
    Se, si considera inoltre la forte analogia evidenziata dai  lavori
 preparatori  al c.p.p. tra la disciplina del giudizio abbreviato e la
 disciplina del c.d. "patteggiamento sulla pena"  (il  primo  definito
 "patteggiamento  sul  rito"  nonostante  gli  effetti  non  lievi sul
 trattamento sanzionatorio) si delinea altresi' un possibile conflitto
 anche con l'art. 3 della Costituzione nel momento  in  cui  l'accordo
 "sul  merito"  di  cui  all'art.  444 del c.p.p. (non "omologato" dal
 g.u.p. per un qualunque motivo) puo' essere riproposto al giudice del
 dibattimento, assicurandosi in tal modo un sindacato sulla  decisione
 assunta  in  sede  di  udienza  preliminare  e  salvaguardandosi, per
 l'effetto,  i  legittimi  diritti  dell'imputato,  mentre  nel   caso
 dell'accordo sul rito di cui agli artt. 438 e seguenti del c.p.p., un
 semplice atto di volonta' immotivato (e percio' incontrollabile) con-
 duce,   senza   possibilita'   di  sindacato  alcuno,  al  definitivo
 sacrificio,  oltre  che  del  rito,  anche  del  rilevante  vantaggio
 sostanziale per l'imputato sulla misura della pena.
    Ma   quand'anche   non   potesse  ipotizzarsi  una  disparita'  di
 trattamento tra la  disciplina  del  rito  abbreviato  e  quella  del
 patteggiamento,  attese  le  rilevanti  differenze che reciprocamente
 caratterizzano la fisionomia  degli  istituti,  e'  indubbio  che  la
 questione  si  ponga  in  termini  di  maggiore  concretezza se vista
 all'interno del  medesimo  istituto,  soprattutto  nei  rapporti  tra
 imputato  ed  imputato,  quando  si  consideri  che  (a seguito della
 sentenza n. 81/1991 del c.c.)   ove manchi il consenso  del  p.m.  al
 rito  abbreviato, il giudice, a dibattimento concluso, puo' applicare
 all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442,  secondo
 comma,  del  c.p.p.,  mentre tale possibilita' non e' concessa a chi,
 pur avendo ottenuto il consenso del p.m. al rito  alternativo,  abbia
 ricevuto dal g.u.p., un provvedimento negativo, in ipotesi totalmente
 infondato o inopinato.
    Tale  disparita' potrebbe assumere rilievo, oltre che in relazione
 ai citati artt. 3 e 24 della  Costituzione,  anche  in  relazione  al
 disposto dell'art. 25 della Costituzione venendosi ad espropriare, in
 tale  ultima  eventualita', il giudice del dibattimento (destinatario
 naturale del giudizio in caso di mancata definizione  anticipata  con
 il   rito   alternativo)   del  potere  di  decidere  il  trattamento
 sanzionatorio  dell'imputato  avvalendosi  di  tutti  gli   strumenti
 processuali apprestati dall'ordinamento in favore di quest'ultimo.
                               P. Q. M.
    Solleva  eccezione di incostituzionalita' dell'art. 440 del c.p.p.
 in relazione  agli  artt.  3,  24,  25  e  111,  primo  comma,  della
 Costituzione con riferimento ai profili illustrati in motivazione;
    Dispone  la  sospensione del processo e la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Manda  la  cancelleria  per  la  comunicazione  dell'ordinanza  ai
 Presidenti  delle  due  Camere  del Parlamento e per la notificazione
 della stessa al Presidente del Consiglio dei Ministri.
      Civitavecchia, addi' 13 gennaio 1992
                  Il presidente: (firma illeggibile)

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