N. 236 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 febbraio 1992

                                N. 236
   Ordinanza emessa il 7 febbraio 1992 dal tribunale amministrativo
          regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina,
   sui ricorsi riuniti proposti da Cadile Antonio ed altro contro il
                    Ministero della difesa ed altri
 Impiego pubblico - Militari - Norme riguardanti l'avanzamento e lo
    stato  degli ufficiali - Previsione che gli ufficiali del servizio
    permanente effettivo, a parita' di anzianita',  debbano  precedere
    quelli  del  ruolo  ad  esaurimento  e  che ove i primi posseggano
    un'eguale o maggiore anzianita' di servizio  abbiano  titolo  alla
    retrodatazione  delle  promozioni al giorno precedente a quello in
    cui  e'  avvenuta  la  promozione  di  pari  grado  del  ruolo  ad
    esaurimento   -   Esclusione,   con   norma   di  "interpretazione
    autentica",  dall'applicazione  del  predetto   beneficio,   degli
    ufficiali  in  servizio permanente dei carabinieri - Incidenza sul
    principio di uguaglianza,  sul  diritto  di  difesa  in  giudizio,
    nonche'  sui  principi  di  proporzionalita'  ed adeguatezza della
    retribuzione e di imparzialita' e  buon  andamento  della  p.a.  -
    Riferimenti alla sentenza n. 233/1988.
 (Legge 27 dicembre 1990, n. 404, art. 10).
 (Cost., artt. 3, 24, 36 e 97).
(GU n.19 del 6-5-1992 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Visti  i  ricorsi  nn.  1263  e 1284 del 1991 proposti dai signori
 Antonio Cadile e Nicola  Improta  rappresentati  e  difesi  dall'avv.
 Corrado  de  Simone  e  con  lo  stesso  elettivamente domiciliati in
 Latina, viale dello Statuto n. 24, contro il Ministero della  difesa,
 in   persona  del  Ministro  pro-tempore,  costituitosi  in  giudizio
 rappresentato e difeso dell'Avvocatura generale dello Stato e con  la
 stessa  ex  lege  domiciliato  in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per
 l'annullamento dei provvedimenti 2 luglio  1991,  con  i  quali  sono
 state  respinte le domande dei ricorrenti rivolte all'applicazione in
 loro favore dell'art. 24, quarto comma, della legge 19  maggio  1986,
 n. 224;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 intimata;
    Vista la memoria prodotta dalla parte resistente a sostegno  delle
 proprie difese;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Udito il relatore dott. Salvatore Raponi;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  7  febbraio 1992 l'avv. C. de
 Simone  per  i  ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato  M.  Nicoli   per
 l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    I  capitani  dell'Arma  dei  carabinieri  Antonio  Cadile e Nicola
 Improta con separate istanze del  2  maggio  1991  hanno  sollecitato
 l'applicazione  in  loro  favore  della  norma sull'avanzamento degli
 ufficiali contenuta nell'art. 24, quarto comma, della legge 19 maggio
 1986, n. 224.
    Tali istanze sono state  tuttavia  respinte  con  i  provvedimenti
 indicati  in epigrafe, in quanto il successivo art. 10 della legge 27
 dicembre 1990 ha statuito che la norma invocata degli interessati non
 puo' essere applicata agli ufficiali dell'Arma dei carabinieri.
    Di qui i ricorsi in esame,  con  i  quali  i  capitani  Cadile  ed
 Improta  -  dopo  aver  ricordato  i  loro  rispettivi  precedenti di
 servizio  e  di  carriera  -  hanno  dedotto   l'illegittimita'   dei
 provvedimenti  impugnati e ne hanno chiesto l'annullamento, rilevando
 che nel loro caso, ricorrendone tutte le condizioni,  avrebbe  dovuto
 trovare  applicazione  la norma contenuta nell'art. 24 della legge n.
 224/1986.
    Ne',  ad  avviso  dei  ricorrenti,  il  loro  interesse  legittimo
 all'ammissione  al  giudizio  di  avanzamento incontrerebbe un valido
 ostacolo nella norma sopravvenuta contenuta nell'art. 10 della  legge
 n.  404/1990  cit.,  in  quanto tale disposizione, che in realta' non
 avrebbe valore meramente interpretativo ma innoverebbe la  precedente
 disciplina della materia, risulterebbe, a sua volta, in contrasto con
 i principi affermati dagli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.
    Si  e'  costituita  in giudizio l'Amministrazione intimata, la cui
 difesa, con  successiva  memoria,  ha  chiesto  che  il  ricorso  sia
 respinto,   rilevando   che  la  norma  sopravvenuta  avrebbe  invece
 contenuto meramente interpretativo in quanto  gia'  l'art.  24  della
 legge  n.  224/1986  conterrebbe espressioni tali da rendere evidente
 l'inaplicabilita'  agli  ufficiali  dell'Arma  dei  carabinieri   dei
 benefici  che la stessa ha introdotto per gli appartenenti a tutte le
 altre Armi.
    Alla pubblica udienza del 7 febbraio 1992 i difensori delle  parti
 hanno concordemente chiesto che i ricorsi siano decisi.
                             D I R I T T O
    1.  -  L'evidente  connessione oggettiva consiglia la riunione dei
 due ricorsi in un solo giudizio.
    2. - I gravami sono ammissibili.
    La   questione  di  legittimita'  costituzionale  con  gli  stessi
 sollevata e' inserita in una  controversia  "di  merito",  in  quanto
 rivolta  all'annullamento  di provvedimenti amministrativi che ledono
 gli interessi dei  ricorrenti,  e  non  e'  stata,  invece,  proposta
 direttamente ed immediatamente in via principale.
    Sono   stati,   pertanto,   osservati   l'art.   1   della   legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87, i quali dispongono che siffatta  questione  deve  essere
 sollevata "nel corso del giudizio".
    Tale  espressione  sta  infatti  "a  significare  che  occorre  un
 giudizio, che abbia un proprio oggetto, ossia un petitum  separato  e
 distinto diverso dalla questione stessa", "sul quale il giudice adito
 sia   chiamato   per   sua   competenza   a   decidere"  (Cfr.  Corte
 costituzionale 9-24 luglio 1986, n. 214).
    Ne' i termini della questione mutano per il  solo  fatto  che  gli
 interessati  hanno  sostanzialmente  dedotto  la  sola  questione  di
 costituzionalita', in quanto anche in tale situazione e' fatto  salvo
 il   principio   che   attribuisce   al   giudizio   di  legittimita'
 costituzionale delle leggi carattere incidentale.
    A tali fini, e' infatti sufficiente che,  come  nella  fattispecie
 avvenuto,   la  parte  ricorrente  abbia  fatto  valere  un  concreto
 interesse all'annullamento dell'atto amministrativo impugnato, e  non
 soltanto  quello  alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale
 della norma (Cfr. per tutte Consiglio di  Sato,  quarta  sezione,  21
 marzo  1972,  n.  208,  t.a.r. Emilia Romagna 14 aprile 1977, n. 195,
 t.a.r. Piemonte 18 gennaio 1977, n. 13, t.a.r. Basilicata 18 dicembre
 1984, n. 398, Cassazione, sezione lavoro, 2 luglio 1987, n. 5775).
    D'altra parte, se cosi'  non  fosse,  si  dovrebbe  giungere  alla
 aberrante   conclusione   di  dover  escludere  -  nonostante  quanto
 affermato negli artt. 24 e 113 della Costituzione,  qualsiasi  tutela
 giurisdizionale  in relazione a quei provvedimenti amministrativi che
 sono  lesivi  di  situazioni  soggettive  e  risultano   affetti   da
 illegittimita'   derivata,   proprio  perche'  applicativi  di  leggi
 contrastanti con i principi della Costituzione.
    2. - Il titolo quarto della legge 19 maggio 1986, n. 224, come  si
 apprende  gia'  dalla sua stessa rubrica, contiene "norme riguardanti
 l'avanzamento e lo stato degli ufficiali" e, pertanto,  si  riferisce
 in  via  generale,  e  salva  espressa  deroga,  a  tutti  coloro che
 ricoprono tale qualifica presso qualsiasi Arma,  ivi  inclusa  quella
 dei Carabinieri.
    Di  cio'  si  ha  riprova nel fatto che le specifiche disposizioni
 dello stesso titolo da applicare, invece,  esclusivamente  in  favore
 degli  appartenenti  ad un Corpo o ad un'Arma particolare, contengono
 esse stesse la precisa e tassativa indicazione dei  soggetti  cui  si
 riferiscono  (Cfr.,  per  esempio, gli artt. 23, primo comma, 25, 27,
 31, quinto comma, 37 lett. a), etc.).
    Ne consegue che  l'art.  24,  quarto  comma,  della  legge  citata
 proprio  perche'  non  contiene  limitazioni  di sorta, e' riferito a
 tutti indistintamente "gli ufficiali del servizio permanente che,  in
 applicazione   della   stessa  legge,  sarebbero  promossi  al  grado
 superiore dopo i pari grado appartenenti ai ruoli ad  esaurimento  ed
 aventi uguale anzianita' di servizio da ufficiale".
    Tutto  cio'  comporta  che  gli attuali ricorrenti, possedendone i
 requisiti, sono ricompresi anch'essi nelle previsioni della norma.
    Certo e' che non e' possibile pervenire ad una diversa conclusione
 sol perche' lo stesso quarto comma dell'art. 24 soggiunge  "anche  in
 deroga  alle  norme di cui al successivo art. 37 della presente legge
 ed agli artt. 24, 25, 28, 29 e 30 della legge 20 settembre  1980,  n.
 574".
    Risulta  infatti  evidente  che  l'ulteriore  precisazione  ha  la
 funzione di "confermare" la portata generale della norma, e non gia',
 come invece sostenuto dalla  difesa  resistente,  quella  opposta  di
 restringerne gli effetti, limitando il beneficio ai soli appartenenti
 ai ruoli previsti dagli artt. 24 e seguenti della legge n. 574/1980.
    Come opportunamente evidenziato dalla difesa dei ricorrenti e come
 del resto gia' rilevato dalla Sezione di Brescia del t.a.r. Lombardia
 (dec.  12 gennaio 1990, n. 6), siffatta precisazione, proprio perche'
 preceduta dalla congiunzione "anche", svolge la funzione di  dirimere
 qualsiasi  dubbio  circa la portata generale del beneficio o comunque
 di estenderlo alle ipotesi, in relazione alle quali,  ad  avviso  del
 legislatore, si poneva la necessita' di introdurre anche una deroga a
 specifiche disposizioni precedenti.
    D'altra  parte,  risulterebbe ben difficile capire la ratio di una
 norma che introducesse  un  beneficio  limitato  a  coloro  che,  per
 fruirne,  debbono  altresi'  avvalersi  di una deroga alla precedente
 legislazione, e non esteso a quanti, invece, non abbisognano di  tale
 deroga,  perche'  la  pregressa  normativa  non  contiene ostacoli di
 sorta.
    Ma non basta.
    La norma in esame risponde all'evidente esigenza  di  evitare  che
 gli  ufficiali  del  servizio  permanente,  da sempre considerati dal
 Legislatore con maggiore favore rispetto  a  quelli  appartenenti  ai
 ruoli  ad  esaurimento  possano  essere scavalcati da questi ultimi a
 causa dell'introduzione delle nuove norme  sull'avanzamento  per  gli
 stessi particolarmente favorevoli.
    Sembra   ovvia  che  tale  esigenza  e'  identica  nell'ambito  di
 qualsiasi tipo di Arma, e pertanto anche per quella dei  Carabinieri,
 sicche'     riesce    davvero    difficile    seguire    la    difesa
 dell'Amministrazione  laddove  sembra,  invece,  sostenere   che   in
 quest'ultima  lo scavalcamento degli ufficiali in s.p.e. da parte dei
 loro colleghi dei ruoli ad esaurimento costituirebbe addirittura  una
 necessita'.
    3.  -  Senonche',  e'  successivamente  intervenuta  la  legge  27
 dicembre 1990, n. 404, il cui art. 10, ha  stabilito  che  il  quarto
 comma  dell'art.  24  della legge 29 maggio 1986, n. 224 "deve essere
 interpretato nel senso che  il  beneficio  da  esso  recato  non  sia
 comunque  applicabile  agli ufficiali del ruolo normale dell'Arma dei
 Carabinieri".
    Di  tale  norma  e'  stata  data  applicazione  coi  provvedimenti
 impugnati,  in  relazione ai quali i capitani Cadile ed Improta hanno
 sollevato   la,   gia'   ricordata,   questione    di    legittimita'
 costituzionale.
    4. - La questione e' innanzitutto rilevante.
    E'  invero  evidente  che,  in caso di annullamento da parte della
 Corte  costituzionale  della  norma  sopravvenuta,  i   provvedimenti
 impugnati   contenenti   il  diniego  del  beneficio  in  favore  dei
 ricorrenti  risulterebbero  viziati,  oltre  che  per  illegittimita'
 derivata,   perche'   contrastanti  con  la,  gia'  descritta,  norma
 contenuta nel quarto comma dell'art. 24 della legge n. 224/1986, che,
 per  effetto  della  decisione,  riacquisterebbe  la  sua  originaria
 estensione.
    5.  -  La  questione  e' inoltre ammissibile, nonostante che, come
 eccepito  dalla  difesa   dell'Amministrazione,   l'art.   10   della
 sopramenzionata  legge  n. 404/1990 si autoqualifichi e sia formulato
 come "norma interpretativa".
    La Corte costituzionale (Cfr. dec. 24 febbraio-3  marzo  1988,  n.
 233)  ha  gia'  avuto occasione di precisare che una tale definizione
 data dal legislatore "no esime la Corte  stessa  dal  verificare,  ai
 fini   del   giudizio   di   legittimita'   costituzionale,   se   la
 qualificazione e la formulazione siano effettivamente  corrispondenti
 al contenuto dispositivo della legge medesima".
    Ad avviso del collegio, la norma in esame non ha natura e funzione
 interpretativa  perche'  immuta  in  modo  sostanziale  la precedente
 disciplina.
    La stessa Corte costituzionale,  con  la  medesima  decisione,  ha
 osservato  che  possono  essere  definite  come  interpretative  solo
 "quelle leggi  o  quelle  disposizioni  che,  saldandosi  con  quelle
 interpretate,  intervengono  esclusivamente sul significato normativo
 di queste ultime (senza, percio'  intaccarne  o  integrarne  il  dato
 testuale),  chiarendone  o  esplicitandone  il senso (ove considerato
 oscuro) evvoro escludendone e  enuclendone  uno  dei  sensi  ritenuti
 possibili,  al  fine,  in  ogni  caso,  di  imporre all'interprete un
 determianto significato normativo della disposizione interpretata".
    La norma  presa  in  considerazione  con  risponde  certo  a  tale
 descrizione,  in  quanto,  "anziche' desumere o enuclerare un qualche
 significato  gia'  insito  nella   disposizione   interpretata",   e'
 intervenuta  pesantemente  sul  testo  legislativo, aggiungendovi una
 nuova previsione derogatoria e, pertanto, limitandone notevolmente il
 significato originario.
    Come gia' notato, il quarto comma  dell'art.  24  della  legge  n.
 224/1986  si  riferisce a tutti gli ufficiali del servizio permanente
 che, in applicazione della stessa legge, sarebbero promossi al  grado
 superiore  dopo i pari grado appartenenti ai ruoli ad esaurimento; la
 nuova norma esclude, invece, gli ufficiali in  s.p.e.  dell'Arma  dei
 Carabinieri.
    6. - La questione non e', infine, manifestamente infondata.
    Per  dimostrarlo,  oltre  a  ripetere quanto gia' esposto, sarebbe
 invero  sufficiente  riassumere  quanto  affermato  nella   relazione
 stilata  dalla  Corte  dei  conti  in sede di rendiconto del bilancio
 dello Stato per l'anno finanziario 1987.
    Secondo tale Consesso, l'art. 24 della legge  n.  224/1986  ha  la
 funzione di "ripristinare il principio secondo il quale gli ufficiali
 del  servizio  permanente effettivo, a parita' di anzianita', debbono
 precedere quelli del ruolo ad esaurimeto"  e,  per  tale  motivo,  ha
 stabilito  che  i primi, "ove abbiano un'eguale o maggiore anzianita'
 di servizio, hanno titolo a veder
 retrodatate le promozioni al giorno precedente a  quello  in  cui  e'
 avvenuta la promozione dei pari grado del ruolo ad esaurimento".
    Tale  esigenza evidentemente sussiste in relazione a tutte le Armi
 e, quindi, anche per quella dei Carabinieri, i  cui  componenti  sono
 peraltro  in  via generale riguardati dal legislatore con particolare
 attenzione a causa della peculiarita' dei compiti loro affidati.
    Della necessita' di assicurare parita' di  trattamento  fra  tutti
 gli  ufficiali  in  s.p.e. si e', peraltro, dimostrato consapevole lo
 stesso Parlamento, tanto e' vero che la  sua  commissione  permanente
 per la difesa, nella seduta del 1› marzo 1990, nel licenziare in sede
 referente  proprio il disegno di quella che sarebbe stata la legge n.
 404/1990, ebbe cura di precisare esplicitamente che il  beneficio  in
 questione  avrebbe  dovuto  essere  applicato  anche  agli  ufficiali
 dell'Arma dei Carabinieri.
    Sembra, pertanto, che la norma innovativa (e  non  interpretativa)
 di  cui si e' sinora discorso, non sia in linea con i principi di cui
 agli artt. 3, 24, 36 e 97 della Costituzione.
    6 a. - Con la norma,  e'  stata  introdotta  una,  non  facilmente
 spiegabile,  disparita' di trattamento ai danni dei soli ufficiali in
 servizio permanente dall'Arma dei Carabinieri, la cui progressione di
 carriera risulta, per effetto di essa, sicuramente meno favorevole di
 quella dei pari grado di tutte le altre Armi.
    6 b. - Per effetto di tale norma, all'interno dell'Arma, senza che
 sia  possibile  comprendere  la  ragione,  e'  stato   inopinatamente
 disatteso  il  principio  secondo il quale gli ufficiali del servizio
 permanente, in quanto vincitori di concorso, hanno la precedenza  sui
 colleghi  con  pari  anzianita'  del  ruolo ad esaurimento, in quanto
 provenienti dal complemento.
    6 c. - La disposizione  e'  stata  adottata  quando  il  tribunale
 amministrativo per la Lombardia, sezione di Brescia (ancorche' non ne
 fosse  ancora  avvenuta la pubblicazione) aveva gia' deciso in camera
 di consiglio di accogliere il ricorso di un ufficiale nella  medesima
 situazione  dei  ricorrenti,  riconoscendo il suo titolo a fruire del
 beneficio  della  legge   n.   224/1986;   non   risulta,   pertanto,
 ingiustificato  il  sospetto adombrato dalla difesa ricorrente che il
 fine  perseguito  con,   l'inopinato   ed   immotivato,   emendamento
 introdotto subito prima della votazione in aula, abbia mirato proprio
 a   vanificare   la   tutela   giurisdizionale  che  l'interessato  e
 successivamente i suoi colleghi avrebbero potuto ricevere.
    6 d. - Non sembra che risponda a criteri di imparzialita' e  buona
 amministrazione  una disposizione che oggettivamente penalizza coloro
 che, per  appartenere  al  ruolo  ordinario,  appaiono,  salvo  prova
 contraria,  meritevoli  di  maggiore considerazione rispetto a quanti
 sono, invece, inseriti nel ruolo ad esaurimento.
    6 e. - Non appare ragionevole la  decisione  di  privilegiare  gli
 assunti  senza  concorso  rispetto  a quanti invece abbiano sostenuto
 prove selettive.
    7. - Il collegio  deve,  pertanto,  disporre  la  sospensione  del
 presente   giudizio   e   la   trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale per la risoluzione  della  questione  di  legittimita'
 dinanzi indicata.
                               P. Q. M.
    Previa  riunione dei ricorsi in epigrafe, dichiara rilevante e non
 manifestamente   infondata    la    questione    di    illegittimita'
 costituzionale  relativa all'art. 10 della legge 27 dicembre 1990, n.
 404;
    Sospende il giudizio;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina che a cura  della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alla  Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunicata,
 oltre che alle parti, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Latina nella camera di consiglio  del  7  febbraio
 1992.
                       Il presidente: MICHELOTTI
                                    Il segretario: (firma illeggibile)
   Il consigliere estensore: RAPONI
 92C0532