N. 238 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 1992
N. 238 Ordinanza emessa il 25 febbraio 1992 dal pretore di Lucera nel procedimento civile vertente tra l'I.N.A.D.E.L. e D'Attoli Michele Previdenza ed assistenza sociale - Crediti previdenziali (nella specie: premio di fine servizio) - Ritardata liquidazione - Lamentata omessa previsione del risarcimento integrale del danno (interessi legali e rivalutazione) - Disparita' di trattamento rispetto ai crediti di lavoro - Incidenza sulla garanzia del trattamento previdenziale - Richiamo ai principi affermati nella sentenza n. 156/1991 - Violazione del giudicato costituzionale. (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, sesto comma). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.19 del 6-5-1992 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza all'udienza di discussione del 25 febbraio della causa relativa a controversia in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria iscritta al n. 1896 dell'anno 1991 del ruolo generale delle controversie in materia di lavoro di Lucera promossa dall'I.N.A.D.E.L., con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore, difeso dall'avv. Roberto Pucillo elettivamente domiciliato in Lucera ricorrente in opposizione a decreto ingiuntivo, contro D'Attoli Michele, residente in Lucera, rappresentato e difeso dall'avv. Pio Franco Caso e presso di lui e nel suo studio domiciliato resistente-opposto; letti gli atti ed esaminata la documentazione prodotta dalle parti; sentiti i procuratori costituiti. Con ricorso depositato il 23 dicembre 1991 l'I.N.A.D.E.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, propone opposizione avverso il d.i. emesso dal pretore g.l. di Lucera in favore di D'Attoli Michele in data 26 novembre 1991, chiedendone la revoca. Sostiene l'opponente che la sentenza della Corte costituzionale n.150 del 12 aprile 1991 non determina l'automatico diritto alla rivalutazione monetaria, ma subordina il pagamento della stessa alla verifica delle condizioni legali di responsabilita' dell'ente previdenziale: ne consegue che l'accertamento della responsabilita' per ritardo andrebbe eseguito sulla base di una specifica domanda con dimostrazione a carico del richiedente. L'opponente denuncia inoltre la illegittimita' costituzionale per sopravvenuta arbitrarieta' della disposizione di estensione ai crediti previdenziali della rivalutazione monetaria di cui al terzo comma dell'art. 429 del c.p.c., contenuta nella sent. cit. C.c., per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione: l'aumento al 10% del tasso degli interessi (legge n. 353/1990, art. 1) da praticarsi sulle somme rivalutate secondo indici Istat porterebbe ad un incremento del preteso danno totale intorno al 17,15%, determinando un vero e proprio lucro in favore del creditore, sicuramente piu' protetto dalla spirale inflazionistica anche rispetto ad ogni altro piccolo risparmiatore Aggiunge inoltre l'opponente che l'applicazione della decisione della Corte costituzionale portera' nel recente futuro a violare quel principio di eguaglianza che essa stessa ha voluto salvaguardare e che ha ravvisato nell'ordinanza di rinvio della Corte di cassazione, perche' gli accantonamenti pensionistici in favore degli iscritti verranno in breve tempo ad essere depauperati per effetto di esborsi consistenti, con la conseguenza che nello spazio di pochi anni non si potra' assicurare alle prossime classi di pensionabili la fruizione in tutto o in parte del trattamento di quiescenza, in tal modo facendo irrimediabilmente "saltare" il diritto del lavoratore a vedersi assicurati i mezzi adeguati alle esigenze di vita per la vecchiaia. Per tali ragioni sollecita il giudicante a pronunziare ordinanza di sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ritenendo non manifestamente infondata la proposta questione di illegittimita' costituzionale. Ritualmente si costituisce in giudizio l'opposto sostenendo che l'assicurato non deve compiere alcun adempimento una volta collocato a riposo, ma deve solo attendere il termine massimo di centoventi giorni entro il quale deve essergli corrisposto dall'I.N.A.D.E.L. il premio fine servizio, in base al principio di cui all'art. 7 della legge n. 533/1973, decorsi i quali l'ente e' da considerarsi inadempiente. Aggiunge che dopo la sentenza della Corte costituzionale dell'aprile 1991 intervenuto il legislatore con l'art. 16, sesto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, che ha previsto la detrazione degli interessi legali dalla somma eventualmente dovuta a titolo di svalutazione monetaria nel caso in cui quest'ultima superi i primi. Sottolinea pertanto il contrasto della detta norma con gli artt. 3 e 38 della Costituzione perche', avendo il premio di fine servizio carattere retributivo, esso deve essere corrisposto al momento del collocamento a riposo dell'assicurato e se vi e' ritardo l'ente gestore della previdenza e' obbligato a corrispondere gli interessi e svalutazione per assicurare al lavoratore il pieno recupero del risarcimento del danno. Conclude l'opposto chiedendo la pronuncia di esecutorieta' del d.i. per la parte non in contestazione, il rigetto dell'opposizione con rimborso delle spese processuali e la dichiarazione di non manifesta infondatezza dell'eccezione di incostituzionalita' sollevata dell'art. 16, sesto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione. La questione di legittimita' costituzionale sollevata dall'opponente appare manifestamente infondata. Sembra sufficiente rilevare che il raddoppio del tasso legale di interessi, introdotto con l'art. 1 della legge n. 353/1990, vale indistintamente per tutti i crediti pecuniari e che la presunzione iuris et de iure introdotta dal legislatore per il lavoratore, ed ora - a seguito dell'intervento del giudice costituzionale - anche in favore del creditore previdenziale, per l'inderogabile esigenza di tutela del potere di acquisto di tali crediti che, geneticamente collegati al rapporto di lavoro, sono destinati al soddisfacimento dei bisogni primari della vita del lavoratore, del pensionato o dell'invalido e dei membri delle loro famiglie. Mentre la questione di legittimita' costituzionale sollevata dall'opponente appare manifestamente infondata, il problema della illegittimita' costituzionale dell'art. 16, sesto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, cosi' come prospettato dall'opposto e', ad avviso del pretore, rilevante e non manifestamente infondato. Con sentenza del 12 aprile 1991, n. 156, la Corte costituzionale ha eliminato la differenza di trattamento prevista dal codice di rito per quanto attiene al risarcimento del danno dovuto a ritardo nell'adempimento del debitore di obbligazione pecuniaria in favore dei titoli di crediti di lavoro rispetto ai crediti previdenziali, equiparando il trattamento normativo dei due tipi di credito. La stessa sentenza della Corte costituzionale ha precisato come le due categorie di creditori non siano da differenziare, poiche' " .. avvicina, sotto l'aspetto funzionale, le prestazioni previdenziali ai crediti di retribuzione .. la funzione di superare o integrare un reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione". Alla luce della citata sentenza una sola differenza permaneva tra i crediti di lavoro ed i crediti previdenziali ed era rappresentanta dalla decorrenza della svalutazione, che per i primi decorre dal giorno della maturazione, per i secondi dal centoventunesimo giorno. La sentenza C.c. ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 442 del c.p.c. "nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi calcolato dall'Istat per la scala mobile nel settore dell'industria e condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno in cui si sono verificate le condizioni legali di responsabilita' dell'Istituto o ente per il ritardo nell'adempimento". La legge 30 dicembre 1991, n. 412, nell'ambito delle "Disposizioni varie in materia previdenziale" statuisce che "L'importo dovuto a titolo di interessi e' portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito" (art. 16, sesto comma), in tal modo parzialmente vanificando il portato della sentenza della C.c. citata. E' proprio il rilevato contrasto tra la sentenza della C.c. ed il dettato normativo della legge finanziaria a rendere "rilevante" e "non manifestamente infondata" la questione di legittimita' costituzionale prospettata. La rievanza si risolve nell'influenza, ai fini della definizione del giudizio in esame, della disposizione dell'art. 16, sesto comma, della legge cit., tale norma risulta infatti strumentale rispetto alla soluzione della questione di diritto sostanziale, che non richiede ulteriori accertamenti in fatto. In particolare il Pretore adito dovrebbe, in applicazione della normativa vigente, detrarre la somma dovuta a titolo di interessi legali e quindi riconoscere in favore dell'opposto una somma inferiore rispetto a quella indicata nel d.i. emesso sulla base della situazione normativa sussistente alla luce della sentanza C.c. dell'aprile 1991 e fino alla pronuncia del legislatore del dicembre u.s. Oltre che rilevante la questione di legittimita' costituzionale prospettata e', ad avviso di questo Pretore, anche non manifestamente infondata, essendo la disposizione legislativa in esame in contrasto con specifici precetti costituzionali. Essa in particolare viola il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, disciplinando in modo difforme situazioni omogenee. Gli emolumenti previdenziali, tendenti a realizzare la garanzia del reddito anche in circostanze di particolare disagio della vita del lavoratore, inevitabili e soprattutto da questo non volute, hanno carattere omogeneo rispetto ai crediti ordinari di lavoro, svolgendo una funzione analgoa a quella svolta dalla retribuzione; vi sono anche ipotesi, come in particolare il premio di fine servizio oggetto del d.i. opposto, in cui il credito previdenziale ha carattere di retribuzione differita, eguale - quindi - ai crediti di lavoro ordinario. La sola differenza riguarda il tempo dell'adempimento: i crediti di lavoro vanno soddisfatti al momento della maturazione, quelli previdenziali decorsi inutilmente centoventi giorni dal momento della collocazione a riposo o dalla presentazione della domanda oppure dalla comunicazione di reiezione della domanda da parte dell'Istituto previdenziale, ma ad entrambi va riconosciuta la natura giuridica di credito alimentare. Ciononostante per il legislatore della legge finanziaria del 1992 il titolare di crediti di lavoro ha diritto ad interessi legali piu' svalutazione monetaria, mentre il creditore previdenziale ha diritto alla svalutazione monetaria meno interessi legali. La discriminazione tra le due categorie di creditori e' evidente. Ne' si individua una qualsiasi ragionevole giustificazione del trattamento diversificativo delle dette omogenee situazioni giuridiche, che non sia una valutazione contingente alla quale non sono estranee preoccupazioni di politica economica-finanziaria, adottata senza curarsi di violare il precetto costituzionale di uguaglianza a discapito dei creditori piu' bisognosi, dei piu' deboli (a discapito - si osa pensare - di chi non ha neppure dalla sua la possibilita' di ricorrere allo sciopero. I titolari di crediti di lavoro ordinario, potendo fare ricorso all'arma dello sciopero sono di maggiore peso rispetto a pensionati, invalidi, ecc.). Non va neppure trascurato che gli enti previdenziali hanno a disposizione quattro mesi (i detti centoventi giorni) per evadere le domande degli assicurati, eppure il legislatore ha pensato di far gravare sui piu' deboli i ritardi e le disfunzioni degli enti stessi. Nella disposizione legislativa in esame si ravvisa altresi' il contrasto con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, avendo determinato la parziale soppressione del diritto alla svalutazione monetaria cumulata con gli interessi legali, riconosciuto con la sentenza C.c. citata. Si rileva inoltre il contrasto della stessa con l'art. 38, quarto comma, della Costituzione. E' pacifico che il dettato costituzionale richiamato non limiti l'attivita' dello Stato, e quindi del legislatore ordinario, a realizzare la tutela previdenziale solamente attraverso la costituzione di appositi istituti, ma deve tendere alla concreta realizzazione della tutela dei singoli soggetti protetti anche attraverso la partecipazione alla gestione finanziaria: il legislatore ha nella fattispecie realizzato una normativa contrastante con le indicazioni costituzionali, anche se - si suppone - mosso dall'esigenza di risolvere problemi finanziari contingenti. La questione va dunque rimessa all'esame della Corte costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1957; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, sesto comma, della legge 30 gennaio 1991, n. 412, per contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione e con l'art. 38, secondo e quarto comma, della Costituzione; Dispone la sospensione del presente giudizio ed ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone altresi' che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Cam- era dei deputati. Il pretore g.l.: NAVAZIO 92C0534