N. 16 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 27 aprile 1992
N. 16 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 27 aprile 1992 (della regione Emilia-Romagna) Edilizia e urbanistica - Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante i piani di cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica - Previsione dell'obbligo delle regioni di impartire direttive per la vendita di fabbricati nei quali coloro che intendano acquistare costituiscano almeno il 50% dei locatari - Possibilita' dell'ente gestore di vendere egualmente gli alloggi richiesti anche qualora gli acquirenti rappresentino meno del 50% degli alloggi costituenti il fabbricato - Facolta' delle regioni di autorizzare l'ente gestore a rifiutare le richieste di acquisto inferiori al 50% degli alloggi del fabbricato qualora lo stesso non ravvisi l'opportunita' della vendita, motivandone analiticamente le ragioni - Inclusione in detta disciplina anche degli immobili realizzati con risorse proprie da parte degli enti gestori - Previsione per questi ultimi alloggi, nonche' per quelli acquisiti, realizzati o recuperati con contributi regionali, del versamento degli introiti delle cessioni nelle contabilita' speciali gia' tenute dagli enti gestori presso la Tesoreria dello Stato - Asserita indebita invasione della sfera di competenza regionale in materia di edilizia e urbanistica - Violazione dei principi inerenti alla funzione statale di indirizzo e coordinamento nei confronti dell'attivita' amministrativa regionale, attesa la mancanza nel caso di un fondamento in una espressa disposizione di legge - Mancata consultazione della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni (art. 12, quinto comma, lett. b), legge n. 400/1988) - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 150/1982, 338/1989, 37, 49 e 359 del 1991 e 30/1992. (D.P.R. 14 febbraio 1992). (Cost., artt. 117, 118 e 119).(GU n.20 del 13-5-1992 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore Enrico Boselli, giusta deliberazione della giunta regionale n. 606 del 4 marzo 1992, rappresentata e difesa dal prof. avv. Fabio Roversi- Monaco e dal prof. avv. Sandro Amorosino, presso il cui studio in Roma, via Nazionale 230, ha eletto domicilio, come da mandato speciale a margine contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per l'annullamento per difetto di attribuzione del d.P.R. 14 febbraio 1992, concernente "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante i piani degli alloggi di edilizia residenziale pubblica". F A T T O In data 18 febbraio 1992, e' stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale, il decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1992 cncernente l'"Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni recante i piani di cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica". Tale d.P.R., emanato con il fine di realizzare uniformita' di indirizzo per quanto attiene alla cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e di indicare i criteri cui "dovranno attenersi le regioni per realizzare tale uniformita'", prevede all'art. 1, primo comma l'obbligo per le regioni stesse, nell'approvare i piani di vendita di tali alloggi predisposti dagli enti gestori, di impartire direttive perche': " a)vengano posti in vendita interi fabbricati o porzioni funzionali di essi, in ciacuno dei quali coloro che intendono chiedere l'acquisto dell'alloggio costituiscano almeno il 50% dei locatari; b) siano esclusi dalle alienazioni gli edifici ristrutturati nei quartieri del centro storico o gli edifici per cui esistono programmi di copa n. 2 c /2 d ristrutturazione". L'art. 5, primo comma fissa, inoltre, un termine di 90 giorni dalla ricezione dei piani di cessione degli enti gestori per l'approvazione, da parte delle regioni, dei medesimi piani. Infine l'art. 6 prevede, al primo comma, uno specifico limite nella destinazione dei fondi ricavati dalle alienazioni attraverso l'individuazione di un vincolo di prevalenza in tale destinazione e al secondo comma stabilisce che le somme ottenute dalle alienazioni debbano essere versate nelle contabilita' speciali presso la tesoreria dello Stato. Tali disposizioni si presentano gravemente invasive delle competenze regionali in ordine alla gestione dell'edilizia residenziale pubblica. D I R I T T O 1. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione in relazione agli artt. 93 e 11 del d.P.R. 3.24 luglio 1977, n. 616 ed in relazione all'art. 28 della legge n. 412/1991. Violazione del principio di "leale cooperazione". Le premesse del decreto si richiamano all'art. 93 del d.P.R. n. 6161/1977 e all'art. 28 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, in conformita' ed attuazione dei quali parrebbe porsi il decreto stesso nel dettare le disposizioni in questa sede contestate. In realta' l'art. 93 sopra citato prevede soltanto che lo Stato attui la programmazione nazionale nel settore dell'edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 11, primo comma, dello stesso d.P.R., secondo il quale lo Stato determina gli obiettivi della programmazione economica nazionale con il concorso delle regioni. A ben vedere, dunque, si tratta di una norma generale che non prevede l'esercizio di uno specifico potere d'indirizzo e coordinamento da parte del Governo. Per quanto riguarda la seconda norma richiamata dal decreto, e cioe' l'art. 28 della legge n. 412/1991, esso detta una serie di disposizioni volte a definire quali siano gli alloggi alienabili (primo comma), chi abbia diritto ad acquistarli (quarto comma), quali fini perseguano le alienazioni (terzo comma) e come debbano essere effettuate (settimo comma). Le Regioni, infine, approvano i piani di cessione degli alloggi predisposti dagli enti gestori nel rispetto dei principi dell'articolo stesso, impartendo direttive per la destinazione dei fondi ricavati dalle alienazioni (quinto e sesto comma). Anche tale norma non sembra fondare ne' esplicitamente, ne' implicitamente (data la caratteristica di previsione di dettaglio che la contraddistingue) uno specifico potere di indirizzo e coordinamento in capo al Governo, che lo autorizzi ad emanare disposizioni come quele qui contestate. Infatti, come ha da tempo precisato la Corte Costituzionale (cfr. sentt. 29 luglio 1982, n. 150; 15 giugno 1989, n. 338; 31 gennaio 1991, n. 37; 6 febbraio 1991, n. 49; 11 luglio 1991, n. 359; l'esercizio del potere di indirizzo e di coordinamento da parte del Governo nei confronti di soggetti dotati di autonomia costituzionale garantita, e' sottoposto alla condizione di validita' dell'osservanza del principio di legalita', nel senso che tale potere e' giustificato se legittimato e supportato, nella legislazione statale, da una specifica norma che lo richiami materia per materia. Cio' e' dovuto al fatto che la funzione di indirizzo e di coordinamento costituisce l'esercizio di una competenza particolare, svolta attraverso atti consistenti in indirizzi e criteri di coordinamento volti a vincolare teleologicamente l'esercizio di potesta' legislative ed amministrative, di soggetti dotati di autonomia costituzionalmente garantita, e che, per questa loro peculiare finalita', devono rispettare particolari limiti di svolgimento. Tali limiti di svolgimento attengono all'osservanza del principio di legalita' sostanziale, che richiede, affinche' il Governo possa indirizzare e coordinare l'esercizio di funzioni proprie delle regioni e delle province autonome, una preventiva disposizione legislativa la quale, in relazione alla specifica materia in oggetto, vincoli e diriga l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento da parte del Governo stesso. Pertanto, quando siano adottati atti governativi di indirizzo e coordinamento su determinate materie che comportino condizionamenti o limiti di poteri della regione, la legge dello Stato deve precisamente determinare una disciplina che funga da base sufficientemente chiara e precisa per orientare e delimitare la discrezionalita' del Governo nella determinazione degli indirizzi e delle misure di coordinamento. Di tutto questo non vi e' traccia alcuna nell'art. 28 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, che anzi presuppone, chiaramente, in particolare al quinto, sesto e nono comma, un'attivita' regionale senza intermediazione di ulteriori precisazioni in funzione di indirizzo e coordinamento infatti si puo' rilevare come per il loro carattere dettagliato le norme di cui all'art. 28 della citata legge n. 412, siano esse stesse in funzione di indirizzo e coordinamento. La previsione puntuale dell'indirizzo e coordinamento presenta, rispetto alle norme che regolano in via generale tale potere, un carattere di specificita' consistente, appunto, nell'esistenza di una precisa disposizione legislativa, che attribuisca il potere medesimo, ma ne vincoli e ne diriga anche l'esercizio. In assenza di cio', vi sarebbe una compressione eccessiva della spesa di autonomia regionale. Orbene, le disposizioni del decreto in oggetto non rispettano affatto il principio di legalita' sostanziale sopra delineato. Infatti vengono posti limiti oltremodo restrittivi alle direttive che la Regione puo' impartire ex art. 28 legge n. 412/1991, con la fissazone di un criterio specifico per consentire la vendita di interi fabbricati o di porzioni funzionali di essi e con l'esclusione dell'alienazione di edifici ristrutturati e ristutturabili. Peraltro, l'art. 28 della legge n. 412/1991, su cui parrebbero fondarsi le disposizioni del decreto impugnato, non costituisce certo un'idonea base giustificativa per l'emanazione di un'indicazione come quella sopra ricordata, che specifica e limita il potere di impartire direttive, attribuito dall'art. 28 medesimo alle regioni. Infatti tale articolo non riguarda ne' delimita per alcun verso il possibile contenuto sostanziale di atti di indirizzo e di coordinamento, ma pone i principi generali per la gestione dell'edilizia residenziale pubblica, fissando anche, le funzioni e le competenze delle regioni. Alla luce di tali considerazioni, l'art. 1, primo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1992 appare lesivo delle competenze e dell'autonomia regionale. L'indicazione di criteri specifici per l'emanazione delle direttive regionali connesse all'approvazione dei piani di vendita degli alloggi, oltre a non trovare supporto nell'art. 28 della legge n. 412/1991, limita ed esclude arbitrariamente l'alienazione di determinati edifici. Analoghe considerazioni possono farsi per la previsione dell'art. 5 dello stesso decreto, che fissa il termine di 90 giorni dalla ricezione, entro cui le regioni devono approvare i piani di cessione predisposti dagli enti gestori. Anche in tal caso, l'art. 29 non costituisce disposizione legislativa idonea a fondare l'emanazione di atti di coordinamento ed indirizzo conformi al principio di legalita' sostanziale sopra delineato. La previsione di un termine cosi' stringente, infatti, incide profondamente sull'autonomia e sulle competenze regionali delineate dalla legge n. 412/1991 in relazione alla gestione dell'edilizia residenziale pubblica, violando, al pari dell'art. 1, primo comma, il principio di leale cooperazione che avrebbe implicato un confronto con le regioni, onde poter previamente apprezzare le diverse situazioni in essere nelle varie realta' locali; dato, quest'ultimo, che richiede un'adeguata considerazione, pena un'aprioristica fissazione di regole e conseguentemente una lesione delle autonomie locali. Inoltre, le disposizioni qui impugnate si pongono in contrasto con la peculiare natura degli atti di indirizzo e coordinamento, concepiti come estrinsecazione di un potere che condivide, con quello legislativo, la struttura generale delle sue manifestazioni, in modo da non privare le regioni destinatarie degli atti stessi di quei margini di discrezionalita' sufficienti e necessari per consentire loro un apprezzamento, non ineramente vincolato, dalle situazioni in gioco. Infatti, la funzione di indirizzo e coordinamento non e' la manifestazione di un limite "ulteriore" rispetto a quelli segnati nella carta costituzionale come momento di mediazione ed armonizzazione. Cio' significa che tale funzione e' preordinata a fissare criteri minimali di uniformita', ma non togliere qualsivoglia spazio decisorio alle regioni. Pertanto, esula dai poteri di indirizzo e coordinamento l'introduzione di prescrizioni attinenti al momento organizzativo e procedimentale cosi' puntuali da predeterminare, in termini completi ed esaustici, lo svolgimento dei compiti di spettanza regionale e le modalita' di esercizio relativo (Corte costituzionale, sentenza n. 744 del 30 dicembre 1988), situazione che, in questo caso, sembra invece determinarsi. 2. - Violazione degli artt. 117, 118, e 119 della Costituzione sotto diversi e ulteriori profili in relazione all'art. 28, sesto comma, della legge n. 412/1991 ed agli artt. 93, 94, 95 del d.P.R. n. 616/1977. Con riferimento al presente motivo di ricorso viene in particolare considerazione l'art. 6 del d.P.R. Quanto al primo comma con riferimento alle considerazioni svolte nel motivo di ricorso che precede in quanto atto di indirizzo e coordinamento che fuoriesce dal quadro definito dall'art. 117 della Costituzione, anche in relazione a quanto il legislatore ha inteso statuire nell'art. 28, sesto comma, con rifermento alla destinazione dei fondi ricavati dalle alienazioni. In particolare, poi, nella fatispecie si introduce un dovere di vigilanza, finalizzato a ulteriori specificazioni circa la destinazione dei fondi, che sembra concretare anche una ulteriore violazione dell'art. 117 in relazione degli artt. 93, 95 del d.P.R. n. 616/1977, posto che gli I.A.C.P. debbono considerarsi a giusta regione enti strumentali della regione, talche' nell'ambito della legge e' la regione stessa e non lo Stato che deve fissare le direttive di azione. Sotto diversi ma collegati profili risulta violato anche l'art. 119 della Costituzione e i principi in ordine all'autonomia finanziaria delle regioni e dei suoi enti strumentali in esso contenuti.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionale dichiari che il d.P.R. 14 febbraio 1992 invade le competenze regionali per contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione in relazione agli artt. 93, 11 e 13 del d.P.R. n. 616/1977 e conseguentemente lo annulli. Bologna-Roma, addi' 13 aprile 1992 Prof. avv. Fabio Roversi-MONACO - Prof. avv. Sandro AMOROSINO 92C0537