N. 248 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 1992

                                N. 248
       Ordinanza emessa il 17 febbraio 1992 dal pretore di Parma
  nel procedimento civile vertente tra Chiusa Levanda ved. Pastore e
                               I.N.P.S.
 Previdenza ed assistenza sociale - Crediti previdenziali (nella
    specie: pensione di  riversibilita')  -  Ritardato  adempimento  -
    Lamentata  omessa  previsione del risarcimento integrale del danno
    (interessi legali e rivalutazione)  -  Disparita'  di  trattamento
    rispetto  ai  crediti  di  lavoro  -  Incidenza sulla garanzia del
    trattamento previdenziale e sulla  funzione  di  integrazione  del
    credito  previdenziale  rispetto  a quello di lavoro - Richiamo ai
    principi affermati nella sentenza n. 156/1991.
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, sesto comma).
 (Cost., artt. 3, 36 e 38).
(GU n.20 del 13-5-1992 )
                              IL PRETORE
    A scioglimento della riserva formulata all'udienza del 7  febbraio
 1992  ha  pronunciato la presente ordinanza nella causa di previdenza
 n. 1376/91 promossa da Chiusa Levanda, ved. Pastore,  con  l'avv.  M.
 Ziveri,   contro   l'Istituto   nazionale  della  previdenza  sociale
 (I.N.P.S.), con l'avv. Liveri osservando in
                               F A T T O
    Con ricorso del 4 ottobre 1991 diretto  al  pretore  di  Parma  in
 funzione di giudice del lavoro, la sig.ra Chiusa Levanda conveniva in
 giudizio  l'I.N.P.S. e premesso che con domanda in data 5 aprile 1990
 essa  ricorrente  richiedeva  all'I.N.P.S.  la  reversibilita'  della
 pensione  cat.  VO/C  gia'  in  godimento dal marito Pastore Gaetano,
 deceduto il 1› novembre 1984; che in data 30 aprile 1990,  l'I.N.P.S.
 comunicava la reiezione della domanda per il fatto che, alla data del
 decesso,  il  marito aveva superato il settantaduesimo anno di eta' e
 il matrimonio era durato meno  di  due  anni,  fondata  com'era  tale
 reiezione  sulla  norma  ci  cui all'art. 7, primo comma, n. 2, della
 legge n. 1338 del  1962,  dichiarata  costituzionalmente  illegittima
 dalla  Corte costituzionale con sentenza 2 maggio 1991, n. 189; tanto
 premesso chiedeva la condanna dell'I.N.P.S. a erogare il  trattamento
 pensionistico di cui sopra, oltre rivalutazione monetaria e interessi
 sui ratei arretrati.
    Radicatori  il  contraddittorio,  l'I.N.P.S.,  a  mezzo di memoria
 difensiva, ha dedotto che in data 8 novembre 1991  la  domanda  della
 ricorrente volta ad ottenere la pensione di reversibilita', era stata
 accolta in base alla sentenza n. 189/1991 della Corte costituzionale,
 provvedendo  alla  liquidazione della pensione, con gli arretrati dal
 dicembre 1984; pertanto l'Istituto chiedeva  dichiararsi  cessata  la
 materia del contendere.
    All'udienza  del 7 febbraio 1992, la ricorrente ha insistito nella
 domanda volta ad ottenere interessi e rivalutazione monetaria, giusta
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n.   156/1991;   ma   essendo
 sopravvenuta  nelle more la legge n. 412/1991 che, all'art. 16, sesto
 comma, ha escluso  il  cumulo  di  detti  emolumenti,  la  ricorrente
 medesima  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale di
 detta disposizione.
    Il pretore si e' riservato di decidere.
                       CONSIDERAZIONI IN DIRITTO
    La Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 12 aprile  1991
 ha ritenuto assimilabili, dal punto di vista funzionale, anche se non
 strutturale  i  crediti  previdenziali ai crediti di retribuzione del
 lavoratore in ragione della comune  finalita'  di  sostentamento  del
 lavoratore  stesso  e  della  sua famiglia, di guisa che e' possibile
 prospettare per i  crediti  previdenziali  la  stessa  ratio  sottesa
 all'art. 429 del c.p.c.
    Tale  ratio,  infatti,  non  e'  tanto  quella  di  assicurare  la
 finalita' alimentare o di sostentamento  del  credito  previdenziale,
 avendo  piuttosto la funzione "di surrogare o integrare un reddito di
 lavoro cessato o ridotto a causa  di  uno  degli  eventi  considerati
 dall'art.  38,  secondo  comma,  della Costituzione. Per il tramite e
 nella  misura  di  questa  norma  si  rende  applicabile  anche  alle
 prestazioni previdenziali l'art. 36, primo comma, della Costituzione,
 quale  parametro  delle  "esigenze  di  vita"  del  lavoratore  (cfr.
 sentenza n. 119/1991) e poiche' l'art. 429,  terzo  comma,  del  cod.
 proc.  civ.  e'  un  modo  di  attuazione  dell'art.  36 (sentenza n.
 204/1989)  appare  fondata  la  valutazione  ..  che  nella   mancata
 previsione  di una regola analoga per i crediti previdenziali ravvisa
 una violazione non solo dell'art. 3 della Costituzione,  ma  altresi'
 dell'art. 38".
    Ne  consegue, percio', la corretta valutazione che, in presenza di
 fattispecie uguali, una diversa disciplina dei crediti retributivi  e
 dei  crediti  previdenziali  e'  illegittima,  per quanto riguarda il
 risarcimento  del  danno  causato   dal   ritardo   dell'adempimento.
 Nonostante  la  chiara  enunciazione  di  tali  principi, la legge 30
 dicembre 1991, n. 412, all'art. 16, sesto comma, ha disposto che "gli
 enti gestori di  forme  di  previdenza  obbligatoria  sono  tenuti  a
 corrispondere  gli  interessi  legali,  sulle  prestazioni  dovute, a
 decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per  l'adozione
 del  provvedimento  sulla  domanda.  L'importo  dovuto  a  titolo  di
 interessi  e'  portato  in  detrazione  dalle   somme   eventualmente
 spettanti  a  ristoro  del  maggior  danno  subito dal titolare della
 prestazione per la diminuzione del valore del suo credito".
    Cosi'  statuendo, il legislatore ha considerato non cumulabili gli
 importi di rivalutazione monetaria  e  di  interessi,  nonostante  la
 eadem   ratio  che  assiste  i  crediti  previdenziali  e  i  crediti
 retributivi ai fini della applicabilita' a  entrambi  dall'art.  429,
 terzo  comma,  del  c.p.c.,  stante  la  funzione  surrogatoria  o di
 integrazione propria del credito previdenziale rispetto al credito di
 lavoro.
    Pertanto,  come  prospettato  da  codesta  Corte,  la   violazione
 dell'art.  429,  terzo  comma,  del c.p.c., comporta anche violazione
 degli  artt.  3,  38,  secondo  comma,  e  36,  primo  comma,   della
 Costituzione e quindi la nuova norma appare viziata di illegittimita'
 costituzionale;  di  guisa  che  la  relativa  questione  appare  non
 manifestamente infondata e rilevante ai fini  della  decosione  della
 presente controversia.
                               P. Q. M.
    Visto  l'art.  23 della legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non
 manifestamente infondata, nei  termini  di  cui  in  motivazione,  la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 16, sesto comma,
 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, per contrasto con gli artt.  3,
 38, secondo comma, e 36, primo comma, della Costituzione;
    Dispone  la  trasmissione  degli  atti alla Corte costituzionale e
 sospende il giudizio in corso;
    Ordina che a cura della cancelleria la  presente  ordinanza  venga
 notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e che della stessa sia data comunicazione ai Presidenti  dei
 due rami del Parlamento.
      Parma, addi' 17 febbraio 1992
                          Il pretore: FERRAU'
                               Il collaboratore di cancelleria: CORINO
    Depositato in cancelleria il 17 febbraio 1992.
                Il collaboratore di cancelleria: CORINO

 92C0560