N. 251 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 dicembre 1991
N. 251 Ordinanza emessa il 6 dicembre 1991 dalla commissione tributaria centrale di Roma sul ricorso proposto dall'ufficio del registro di Pisa contro Maestroni Maria Tributi in genere - Termini di prescrizione e decadenza - Proroga (per il mancato funzionamento degli uffici finanziari) fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto con cui il Ministro delle finanze accerta la durata dell'irregolare funzionamento degli uffici - Mancata previsione di un termine per la emanazione del decreto di proroga - Conseguente possibilita' per l'amministrazione finanziaria di prorogare senza limiti i termini di prescrizione o decadenza per la riscossione dei tributi - Creazione nei confronti dell'amministrazione di un ingiustificato privilegio, con incidenza sul principio di imparzialita' della pubblica amministrazione. (D.-L. 21 giugno 1961, n. 498, artt. 1 e 3, modificato dalla legge 28 luglio 1961, n. 770). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.20 del 13-5-1992 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso proposto dall'ufficio del registro di Pisa c/Maestroni Maria contro la decisione della commissione di secondo grado di Pisa n. 791 in data del 30 ottobre 1984. Premesso che in seguito alla registrazione, in data 5 ottobre 1979, di una scrittura privata relativa alla cessione della quota di (1/2) dell'azienda, l'ufficio del registro di Pisa rilevava l'enunciazione della societa' di fatto esistente tra Maestroni Maria e Pontremolesi M. Grazia, con una base imponibile di lire 16 milioni. Veniva quindi notificato avviso di liquidazione per il recupero dell'imposta dovuta. Avverso tale avviso la signora Maestroni proponeva ricorso alla commissione tributaria di primo grado sostenendo che l'amministrazione finanziaria era decaduta dall'azione di accertamento dell'esistenza della societa' di fatto enunciata nell'atto in questione perche' l'enunciazione della medesima risultava dall'atto di cessione dell'azienda registrato il 14 aprile 1977 al n. 5445. Non essendo essa stata rilevata tempestivamente dall'ufficio si era verificata - assumeva la ricorrente - la decadenza. L'ufficio resisteva eccependo che deroghe alla decadenza e alla prescrizione sono state introdotte dalle norme che hanno previsto sospensioni o proroghe dei termini. La commissione di primo grado di Pisa, con decisione n. 1162 del 19 gennaio 1984, accoglieva il ricorso ritenendo intervenuta la decadenza ai sensi dell'art. 74, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634. Ricorreva in appello l'ufficio facendo presente che, in virtu' del d.-l. 21 giugno 1961, n. 498, i termini di prescrizione e di decadenza sono stati prorogati fino al decimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale ivi previsto. L'appello dell'ufficio veniva respinto dalla commissione di secondo grado di Pisa per la considerazione che la legge che proroga termini perentori, prescrizionali o di decadenza, non puo' avere effetto retroattivo e non potrebbe quindi - secondo la suddetta commissione - essere applicata quando, come nella specie, il rapporto tributario non sia piu' pendente, essendo trascorso il termine del quinquennio stabilito dall'art. 74, primo comma, del d.P.R. n. 634/1972, sopra citato. Ricorre in questa sede l'ufficio del registro rilevando "come il termine ultimo per la notifica dell'avviso di liquidazione sarebbe scaduto il 14 aprile 1982, ex art. 74 del d.P.R. n. 634/1972, per cui la notifica avvenuta il 15 maggio 1982 risulterebbe fuori termine, con conseguente decadenza per la finanza, mentre per effetto della citata legge n. 770/1961 tale termine risulta prorogato. Infatti lo sciopero del 12 febbraio 1982 e' stato sanato con decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 145 del 28 maggio 1982, per cui il termine ultimo per la notifica del suddetto avviso di liquidazione scadeva il 7 giugno 1982, ed essendo stato notificato il 15 maggio 1982 esso era pienamente nei termini". Resiste la contribuente sostenendo l'illegittimita' e chiedendo la disapplicazione del d.m. che ha prorogato i termini. CONSIDERATO Il d.-l. 21 giugno 1961, n. 498, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 luglio 1961, n. 770, ha stabilito che "qualora gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale, i termini di prescrizione e di decadenza nonche' quelli di adempimento di obbligazioni e di formalita' previsti dalle norme riguardanti le imposte e tasse a favore dell'erario, scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici stessi, sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto di cui all'art. 3" dello stesso d.-l. Quest'ultimo articolo dispone semplicemente: "Il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari e' accertato con decreto del Ministro per le finanze da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale". Nessun termine e' fissato in tale norma per l'emanazione del decreto e per la sua pubblicazione. La norma e' stata poi corretta dalla legge 25 ottobre 1985, n. 592, la quale, all'art. 2, ha stabilito che "il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari e' accertato con decreto del Ministro delle finanze da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro e non oltre il sessantesimo giorno della scadenza del periodo di mancato o irregolare funzionamento". E' stata cosi' ripristinata in qualche modo la determinatezza e l'obiettiva perentorieta' (con un margine di oscillazione fino a sessanta giorni) dei termini per l'esercizio dei poteri di accertamento e di riscossione del fisco nonche' per l'assolvimento delle obbligazioni tributarie e per i relativi adempimenti formali da parte dei contribuenti. Per la decisione della presente controversia, peraltro, la norma viene in rilievo nella sua formulazione precedente. In base a questa, all'amministrazione veniva lasciato ampio spazio nel prolungare i termini in scadenza (e anche quelli scaduti, in forza dell'art. 18 della legge 2 dicembre 1965, n. 576) e veniva quindi rimessa alla sua discrezionalita' una materia, qual'e', quella del regime dei termini, che va invece per sua natura regolata con precisione dalla legge. Alla relativa regolazione si connette, infatti, la certezza delle situazioni giuridiche, con importanti risvolti sull'uguaglianza di trattamento delle medesime e sul buon andamento dell'amministrazione. Non sono sufficienti a garantire tali esigenze i limiti intrinseci al retto esercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione, sindacabili dal giudice amministrativo. V'e' infatti da tener presente che il giudice tributario non dispone dello stesso tipo di giurisdizione per cui, o il contribuente dovrebbe perseguire per vie diverse la tutela della sua posizione ovvero il giudice tributario dovrebbe disapplicare l'atto amministrativo che proroga i termini. Senonche' non solo questo potere e' in qualche misura controverso, ma v'e' - soprattutto - da considerare che, nel caso di asserito vizio nell'esercizio di un potere discrezionale, (ad esempio di denuncia di eccesso di potere), la pretesa illegittimita' puo' non risultare evidente quando, come nella specie, si sia fatta applicazione di un potere attribuito dalla legge senza determinazione di termini. La norma di regime che, nella materia in esame, regola la "decadenza dell'azione finanza" e' quella dell'art. 74, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634: essa stabilisce, chiaramente e insuperabilmente, il termine del quinquennio, in aderenza e nel rispetto delle esigenze sopra ricordate. La disposizione del d.-l. 21 giugno 1961, n. 498, nella sua formulazione anteriore al temperamento apportato con la legge 25 ottobre 1985, n. 592, mette invece a rischio quelle stesse esigenze, per la sua intrinseca indeterminatezza. E si tratta di esigenze costituzionalmente garantite: art. 3, primo comma, e art. 97, primo comma, della Costituzione. E invece, in concreto, in relazione a uno sciopero durato un solo giorno e verificatosi il 12 febbraio 1982, i termini, sulla base e in applicazione della norma di legge in questione, sono stati prorogati al 7 giugno 1982, cioe' di quasi quattro mesi (anche se, nel caso in esame, l'amministrazione si e' effettivamente avvantaggiata della proroga per un periodo meno esteso: dal 14 aprile al 15 maggio 1982). Ma, tanto rimarcato sul piano della rilevanza, sul piano della legittimita' costituzionale quel che conta e' la inaccettabilita' della remissione tuot court alla discrezionalita' dell'amministrazionedel potere di elasticizzare una disciplina, qual'e' quella dei termini, che deve essere invero quanto piu' possibile rigida e predeterminata, a garanzia di tutti. Tali notazioni non abilitano certo questo giudice a disapplicare la norma di legge in questione, come erroneamente ritenuto dalla commissione tributaria di secondo grado, ma palesano l'immanenza al presente giudizio e la non manifesta infondatezza del dubbio sulla costituzionalita' della norma suddetta, che ha accordato all'amministrazione un cosi' indeterminato e privilegiato potere, con possibili riflessi su posizioni soggettive sostanzialmente uguali che vengano a subire sorte diversa. Per le considerazioni sopra esposte appare dunque rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3, primo comma, e all'art. 97, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 3 del d.-l. 21 giugno 1961, n. 498 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1961, n. 770), nel testo in vigore prima delle modificazioni apportate con la legge 25 ottobre 1985, n. 592. Gli atti vanno conseguentemente rimessi alla Corte costituzionale, previa sospensione del presente giudizio.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3, primo comma, e all'art. 97, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 3 del d.-l. 21 giugno 1961, n. 498 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1991, n. 770) nel testo in vigore prima delle modificazioni apportate con la legge 25 ottobre 1985, n. 592; Dispone la sospensione del presente giudizio; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della segreteria, notificata alle parti in causa e al Presidente del Consigilio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 6 dicembre 1991 Il presidente: (firma illeggibile) Il relatore: (firma illeggibile) 92C0563