N. 265 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 febbraio 1992
N. 265 Ordinanza emessa il 14 febbraio 1992 dal g.u.p. presso il tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Strumendo Fernando Reati militari - Insubordinazione con ingiuria - Reato commesso da militare in congedo a causa di precedenti fatti inerenti il servizio - Devoluzione della cognizione al giudice militare nonostante la (ritenuta) impossibilita' di considerare come appartenente alle Forze armate il militare in congedo - Prospettata violazione del principio costituzionale che limita la giurisdizione dei tribunali militari ai reati commessi dai soggetti appartenenti alle Forze armate. (C.P.M.P., art. 263). (Cost., artt. 103).(GU n.21 del 20-5-1992 )
IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Strumendo Fernando, nato il 22 dicembre 1940 a Roma, residente a Portogruaro (Venezia) in via Giulia n. 10; maresciallo capo in congedo, gia' nel nucleo regionale polizia tributaria guardia di finanza in Venezia- Mestre. Imputato di insubordinazione con ingiuria aggravata (artt. 47 n. 2, 189, secondo comma, e 238 del c.p.m.p.) perche', maresciallo capo della g. di f. in congedo dal 20 giugno 1991, il 12 settembre 1991 alle h. 12,50 circa in via Altobello di Mestre, a causa di precedenti fatti inerenti al servizio e successivi in servizio (e per i quali vi e' stato anche un giudizio penale il 13 marzo 1990 ed il 5 ottobre 1990 presso autorita' giudiziarie militari), recava nocumento alla dignita', onore e decoro del maresciallo maggiore aiutante Caroli Angiolino profferendo in sua presenza l'espressione: "ci sta' quel figlio di puttana, pezzo di merda, stronzo, delinquente e ruffiano del capitano Vecchione? questo vale anche per voi, pussa via". Con l'aggravante del grado ricoperto. Il g.u.p. ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente ordinanza: sentito il p.m. il quale - rilevato che l'imputato gia' maresciallo capo g. di f. e' stato chiamato a rispondere per il disposto congiunto degli artt. 189 e 238 del c.p.m.p., di insubordinazione con ingiuria per aver offeso, quando gia' era in congedo, altro militare di grado piu' elevato a causa del servizio prestato, reato la cui cognizione appartiene, ai sensi dell'art. 163 del c.p.m.p., ai tribunali militari - ha chiesto di rimettere gli atti alla Corte costituzionale deducendo la illegittimita' dell'art. 263 del c.p.m.p. per contrasto con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, in quanto quella norma assoggetta alla giurisdizione militare ogni reato militare senza conferire alcun rilievo alla qualita' del soggetto agente; O S S E R V A Secondo l'art. 263 del c.p.m.p. appartiene ai tribunali militari la cognizione dei reati militari commessi dalle persone alle quali e' applicabile la legge penale militare. Tale norma e' fondamentale nell'economia della legislazione penale militare perche' da essa il giudice militare deriva la propria giurisdizione in quanto come e' noto il terzo comma dell'art. 103 della Costituzione - la cui introduzione peraltro non ha fatto venire meno, dovendosi escludere una abrogazione tacita, la validita' di quella disposizione - ha solamente la funzione di stabilire i limiti dell'assoggettamento alla giurisdizione militare. Peraltro l'art. 263 attribuendo al giudice militare la cognizione di ogni reato militare abbia o meno il suo autore la qualita' di appartenente alle Forze armate, purche' ad esso sia applicabile la legge penale militare, contrasta col terzo comma dell'art. 103 della Costituzione perche' comporta la devoluzione al giudice militare dei reati militari commessi non solo dai militari in servizio ma anche dai militari in congedo illimitato e persino da persone del tutto estranee alle Forze armate. In verita' la Corte costituzionale, pronunciandosi in ordine alla legittimita' di altra disposizione del Codice penale militare di pace, ha reiteratamente affermato che nell'art. 103 l'uso dell'avverbio "soltanto" vuole esprimere la volonta' che la giurisdizione militare in tempo di pace sia circoscritta nei limiti soggettivi ed oggettivi a tal fine precisati (qualita' di appartenenti alle Forze armate dei soggetti, carattere obiettivamente militare dei reati) e che i limiti stessi, determinati dal concorso di entrambi i requisiti, non siano per nessuna ragione oltrepassati nei confronti della giurisdizione ordinaria la quale e' da considerarsi normale e prevalente fuori da quei limiti. Pertanto, come del resto e' pacificamente riconosciuto, i limiti di assoggettamento alla legge penale militare in relazione alle persone, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, non coincidono con i limiti dell'assoggettamento alla giurisdizione militare. Questa, escluso ormai che possano essere piu' assoggettabili gli estranei alle Forze armate in tutti i casi, rimane applicabile esclusivamente agli appartenenti alle Forze armate. Ora la nozione di appartenente, atteso il rigore con il quale il Costituente ha inteso circoscrivere l'ambito della giurisdizione militare, non puo' essere quella definita dal legislatore ordinario dall'art. 292- bis del c.p. (introdotto dall'art. 9, della legge 23 marzo 1956, n. 167) con rinvio agli artt. 8 e 9 del c.p.m.p. in quanto quella, come e' stato diffusamente chiarito, "e' una nozione limitata ed eccezionale che vale soltanto per le ipotesi in cui il militare in congedo illimitato viene assoggettato alla legge penale militare". In verita' i militari in congedo illimitato ed in congedo assoluto, gli assimilati ai militari e gli iscritti ai corpi civili militarmente ordinati sono persone estranee alle Forze armate. In definitiva la nozione di appartenente non puo' prescindere dalla attualita' del servizio e fa necessariamente riferimento alla situazione del militare in servizio attivo o considerato tale in virtu' di un specifico rapporto di dipendenza che lo lega alla amministrazione militare. Pertanto rilevato che un militare non piu' in servizio viene cio' nondimeno assoggettato alla giurisdizione militare si ritiene non manifestamente infondata la proposta questione di legittimita' costituzionale dell'art. 263 del c.p.m.p. per contrasto dell'art. 103, terzo comma, della Costituzione. La questione e' indubbiamente rilevante nel presente procedimento in quanto la caducazione della norma della cui costituzionalita' si dubita comporterebbe la riconducibilita' del fatto alla giurisdizione del giudice ordinario.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 263 del c.p.m.p. per contrasto con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Padova, addi' 14 febbraio 1992 Il giudice dell'udienza preliminare: BOCCHINI Depositato in cancelleria addi' 22 febbraio 1992. Il funzionario di cancelleria: VALENTINI 92C0580