N. 268 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 febbraio 1992
N. 268 Ordinanza emessa il 26 febbraio 1992 dal tribunale di Verona nel procedimento penale a carico di Invigorito Francesco Processo penale - Dibattimento - Divieto per il collegio giudicante di procedere alla lettura delle dichiarazioni gia' rese al p.m. da imputato di reato connesso, gia' giudicato con separato procedimento, quando, comparso in seguito a citazione ai sensi dell'art. 210 del c.p.p., costui si sia avvalso della facolta' di non rispondere - Disparita' di trattamento - Lesione del principio di sottoposizione del giudice alla sola legge. (C.P.P. 1988, art. 513, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 101).(GU n.21 del 20-5-1992 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Invigorito Francesco, sulla opposizione della difesa alla acquisizione al fascicolo per il dibattimento dell'interrogatorio reso al p.m. da Gaspari Pietro, imputato di reato connesso per il quale si e' proceduto separatamente, chiamante in correita' nei confronti dell'Invigorito, nonche', al solo scopo di integrare il contenuto dello stesso, del verbale delle dichiarazioni spontanee resa alla p.g. al cui testo il dichiarante si riporto' nell'interrogatorio al p.m.; Sentite le parti; Visti gli artt. 210, 513, 238, terzo comma, e 512 del c.p.p.; O S S E R V A La lettura piu' ragionevole e piana del disposto di cui all'art. 513, secondo comma, del c.p.p. (che disciplina la posizione del'imputato di reato connesso) in relazione al primo comma dello stesso articolo (che disciplina la posizione dell'imputato parte processuale) conduce a ritenere che e' consentito disporre la lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni delle persone indicate nell'art. 210 del c.p.p., ancorche' rese al p.m. o al giudice, solo nel caso in cui sia risultato impossibile ottenerne la presenza in giudizio e quindi non anche nel caso in cui le persone stesse si siano avvalse della facolta', riconosciuta loro dalla legge, di non rispondere. Neppure soccorre la norma dell'art. 238, terzo comma, del c.p.p. dovendosi intendere per atti irripetibili quelli che tali sono ab origine per loro caratteristica intrinseca (chiaro il riferimento ad una tipicita' di atti che e' la medesima prevista dall'art. 431 del c.p.p.) e non anche quelli che sono divenuti irripetibili ma non rientrano nella diversa ipotesi che consente la lettura ai sensi dell'art. 512 del c.p.p. perche' apparivano prevedibili i fatti e le circostanze che potevano determinare l'impossibilita' di ripetizione. Ne' appare infine consentito, alla luce del chiaro tenore letterale dell'art. 513 del c.p.p., un recupero del primo comma di esso per la parte in cui non viene dettata una disciplina specifica da parte del secondo comma, atteso che il primo comma, a differenza del secondo, disciplina la posizione dell'imputato del processo in cui si intende inserire la dichiarazione della persona di cui all'art. 210 del c.p.p. Cio' premesso in ordine alla interpretazione delle norme in questione, pare al tribunale che la norma di cui all'art. 513, secondo comma, del c.p.p. non sfugga ad una censura di legittimita' costituzionale nella parte in cui non consente la lettura delle dichiarazioni precedentemente rese, a differenza di quanto avverrebbe se la posizione del dichiarante non fosse stata separata, nel caso in cui detta persona si presenti al dibattimento e si avvalga della facolta' di non rispondere. Invero possono delinearsi due categorie di ipotesi per cui la condizione ostativa alla lettura si determina: vale a dire che cio' sia avvenuto o per un evento del tutto sottratto alla possibilita' di dissenso del p.m. o per una libera scelta di strategia processuale da parte dello stesso. Per la prima si richiamano le ipotesi di definizione con giudizio abbreviato (cui il p.m. puo' legittimamente opporsi solo se non ravvisi la definibilita' del procedimento allo stato degli atti), di proscioglimento del coimputato, di applicazione della pena richiesta in termini corretti e congrui dall'imputato di separazione ai sensi dell'art. 18, primo comma, del c.p.p. ove il giudice non abbia ritenuto assolutamente necessaria la riunione per l'accertamento dei fatti. Per la seconda categoria si richiamano le ipotesi di accordo per la separazione (art. 18, secondo comma, del c.p.p. sempre che vi sia la valutazione conforme del giudice) e di mancato utilizzo dello strumento dell'incidente probatorio pur ricorrendone i presupposti di legge. Ritiene il tribunale che nelle ipotesi ricomprese nella prima categoria il profilo di incostituzionalita' sia quello dell'art. 3 della Costituzione, atteso che non appare conforme a criteri di ragionevolezza e di coerenza intrinseca del sistema prevedere una disciplina difforme della utilizzabilita' della medesima dichiarazione a seconda dello sviluppo del procedimento anche indipendente dal potere di intervento della parte che ha interesse ad avvalersi come prova della dichiarazione. E' ben vero che il sistema del codice privilegia la formazione della prova al dibattimento (peraltro con eccezioni alla regola), ma e' altresi' vero che inser- ire una sorta di divieto legale di mezzi di prova non e' giustificato da una impossibilita' di assoluta di contraddittorio, che nella spe- cie permarrebbe tra versione resa precedentemente dal dichiarante e versione anche attuale dell'imputato. In buona sostanza il giudice in siffatti casi ben potrebbe valutare la forma della dichiarazione, il fatto che essa non sia stata ripetuta al dibattimento, il fatto che il dichiarante si sia sottratto alla possibilita' del controesame. Ma il divieto legale costituisce un qualcosa di eccessivo, non previsto dal legislatore delegante, non congruo rispetto al fine del procedimento che e' quello di tendere all'accertamento dei fatti; ed integra proprio per tale eccesso l'ipotesi di irragionevolezza della disparita' di trattamento. Il rilevato profilo di incostituzionalita' appare valido anche nel caso in cui la separazione sia dipesa da una mera scelta del p.m. (esempio: caso in cui esistevano i presupposti dell'incidente probatorio ma il p.m. abbia ritenuto di non avvalersi di tale strumento accettando il rischio che si verifichi il pregiudizio che si aveva fondato motivo di temere). Infatti la utilizzazione dello stesso mezzo di prova deve trovare una disciplina astratta che possa essere valida per tutte le possibili ipotesi. Nello stesso esempio fatto, del resto, non si vede per quale motivo debba prodursi una situazione deteriore nel caso in cui sia stata prescelta la strada di fare assumere la prova al dibattimento salvaguardando cosi', indirettamente, anche esigenze diverse che sarebbero invece compromesse dall'utilizzo dello strumento dell'incidente probatorio. Nelle ipotesi appartenenti alla seconda categoria si evidenzia un contrasto anche con l'art. 101, secondo comma, della Costituzione atteso che la strategia processuale del p.m., per ipotesi anche erronea, determinando le condizioni del divieto legale di una prova, vulnera il principio di sottoposizione del giudice esclusivamente alla legge, esprimendosi al di fuori di ogni possibilita' di controllo da parte del giudice. La rilevanza della questione appare evidente, dipendendo la definizione del processo dalla possibilita' di dare lettura e quindi di utilizzare come prova secondo le regola dell'art. 192, terzo comma, del c.p.p. le dichiarazioni rese a carico dell'imputato da Gaspari Pietro davanti al pubblico ministero.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 101, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 513, secondo comma, del c.p.p. nella parte in cui non dispone che possa essere data lettura delle dichiarazioni rese dalla persona di cui all'art. 210 del c.p.p., che, comparsa al dibattimento, si sia avvalsa della facolta' di non rispondere; Dispone la sospensione del processo nei confronti di Invigorito Francesco; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Verona, addi' 26 febbraio 1992 Il presidente: SANNITE I giudici: PASCUCCI - SPERANDIO 92C0583