N. 277 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 marzo 1992

                                N. 277
 Ordinanza emessa  il  18  marzo  1992  dal  tribunale  di  Prato  nel
 procedimento penale a carico di Curello Giovanni
 Processo penale - Dibattimento - Divieto per il collegio giudicante
    di  procedere  alla lettura delle dichiarazioni gia' rese al p.m.,
    dal coimputato o dall'imputato di reato connesso o collegato, gia'
    giudicato con separato procedimento, quando, comparso in seguito a
    citazione ai sensi dell'art. 210 del c.p.p., costui si sia avvalso
    della  facolta'  di  non  rispondere  -  Lamentata  disparita'  di
    trattamento   rispetto  alle  stesse  persone  quando  si  procede
    congiuntamente.
 (C.P.P. 1988, art. 513, secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.21 del 20-5-1992 )
                             IL TRIBUNALE
    Riunito in camera di consiglio;
    Sulle richieste del pubblico ministero;
    Sentito il difensore dell'imputato;
    Premesso che il pubblico ministero svolgeva  indagini  preliminari
 nei  confronti  di  Curello  Giovanni  e  Carbone  Alfio in ordine al
 delitto di cui all'art. 73, primo comma, del d.P.R. 9  ottobre  1990,
 n.  309, essendo attribuite, rispettivamente, al Curello, le condotte
 di detenzione e cessione a Carbone Alfio di eroina, ed al Carbone  le
 condotte di acquisto e detenzione della predetta sostanza;
      che  il  giudice  dell'udienza  preliminare,  con  decreto del 3
 luglio 1991 disponeva il giudizio nei confronti di  Curello  Giovanni
 mentre la posizione del Carbone veniva definita con sentenza ex artt.
 444 e segg. del c.p.p.;
      che  nel  decreto ex art. 429 del c.p.p., venivano indicate, tra
 le fonti di prova, le dichiarazioni accusatorie rese,  nei  confronti
 del Curiello, da Carbone Alfio, giudicato separatamente;
      che, all'udienza dibattimentale del 24 ottobre 1991, il Carbone,
 sebbene  citato  dal  pubblico  ministero, ai sensi dell'art. 210 del
 c.p.p., non compariva si' che ne  veniva  ordinato  l'accompagnamento
 coattivo  per  l'udienza  del 12 novembre 1991 alla quale il Carbone,
 avvertito, ex art. 210, quarto comma, del c.p.p., della  facolta'  di
 non rispondere, dichiarava che intendeva avvalersene;
      che,  in  conseguenza  di  cio',  il pubblico ministero chiedeva
 darsi lettura delle dichiarazioni rese dal Carbone  nel  corso  delle
 indagini  preliminari  ed acquisirvi il relativo verbale al fascicolo
 per il dibattimento ai sensi degli artt. 513, primo e secondo  comma,
 e 515 del c.p.p.;
      che  il tribunale, con ordinanza allegata al verbale di udienza,
 rigettava la richiesta ritenendo  non  applicabile,  con  riferimento
 alle  dichiarazioni  rese  dalle  persone  indicate nell'art. 210 del
 c.p.p. nel corso delle indagini preliminari, il  disposto  del  primo
 comma dell'art. 513 del c.p.p.;
    Atteso che, a quanto argomentato nella motivazione della succitata
 ordinanza va aggiunta l'ulteriore considerazione che l'assenza di una
 espressa  previsione,  nel  secondo  comma  dell'art. 513 del c.p.p.,
 circa la leggibilita' delle precedenti dichiarazioni dell'imputato in
 procedimento  connesso,  nel  caso  di  rifiuto  di  quest'ultimo  di
 rispondere,  non  autorizza una interpretazione estensiva della norma
 contenuta nel primo comma dell'articolo in questione, che costituisce
 deroga espressa al principio generale della formazione della prova in
 dibattimento, tant'e' che l'art. 514  del  c.p.p.  vieta  la  lettura
 degli atti che non sono espressamente dichiarati leggibili;
    Ritenuto,  pertanto,  che  le  argomentazioni  svolte dal pubblico
 ministero ed illustrate nella memoria depositata all'udienza  del  18
 febbraio 1992, in gran parte gia' esaminate e disattese dal collegio,
 non giustificano la revoca dell'ordinanza sopra richiamata;
    Rilevato  pero'  che  dalla soluzione interpretativa adottata, che
 appare l'unica aderente al dettato  normativo,  discende  un'evidente
 disparita'  di  trattamento  tra l'imputato del processo cumulativo e
 quello del processo separato stante il diverso regime di leggibilita'
 cui vengono assoggettate le dichiarazioni  rese,  nei  confronti  del
 suddetto,   dal  coimputato  o  dall'imputato  di  reato  connesso  o
 collegato a seconda  della  trattazione  simultanea  o  separata  dei
 rispettivi processi;
    Atteso  che ad evitare la sudescritta situazione il vigente codice
 di rito - orientato  nel  senso  di  favorire  il  frazionamento  dei
 processi  salvi i casi di assoluta necessita' di trattazione unitaria
 dei medesimi (art.  18,  primo  comma,  del  c.p.p.  -  non  appresta
 efficaci   rimedi,  giacche'  l'incidente  probatorio  della  persona
 sottoposta alle indagini o  di  quelle  indicate  nell'art.  210  del
 c.p.p.  non puo' essere richiesto, all'infuori dei casi espressamente
 e tassativamente previsti  dall'art.  392  del  c.p.p.,  si'  che  la
 medesima  non  puo'  ascriversi  ad  errata strategia processuale del
 pubblico ministero;
    Ritenuto che l'evidenziata disparita' di  trattamento  appare  del
 tutto  ingiustificata, derivando la separazione dei processi da cause
 occasionali (quali la malattia del coimputato, l'impedimento del  suo
 difensore,  la  maturita'  di  una indagine e non di un'altra e cosi'
 via) o dal verificarsi di  circostanze  che  la  rendano  inevitabile
 (come  nel  caso di specie) giacche' non e' contestabile, (anche alla
 luce  della  sentenza  in  data  15  febbraio   1991,   della   Corte
 costituzionale),   l'illegittimita'   di  un  dissenso  del  pubblico
 ministero motivato dalla "rilevanza che, all'esito del giudizio, puo'
 assumere il diverso regime di utilizzabilita' degli atti" anziche' da
 ragioni attinenti alla specifica  posizione  processuale  di  cui  si
 chiede  la  definizione anticipata ai sensi degli artt. 438 e segg. e
 444 e segg. del c.p.p.;
    Ritenuto dunque che,  una  volta  sancita  la  leggibilita'  e  la
 conseguente  acquisibilita',  al fascicolo per il dibattimento, delle
 dichiarazioni  rese,  nel  corso  delle   indagini   preliminari   (o
 all'udienza  preliminare), dall'imputato che si rifiuti di sottoporsi
 ad esame, in deroga al principio della  formazione  della  prova  nel
 dibattimento,   non   appare   comprensibile  la  ragione  della  non
 estensione di detta  deroga  al  caso  dell'imputato  "connesso"  nei
 confronti del quale si procede o si e' proceduto separatamente, posto
 che   l'esigenza   di   garantire   quest'ultimo   da   dichiarazioni
 autoincriminanti viene soddisfatta con la previsione  e  l'esercizio,
 da  parte  di  questo,  della facolta' di non rispondere, giacche' le
 dichiarazioni gia' rese, frutto di una libera scelta precedente  sono
 gia'  state  o saranno comunque separatamente valutate a carico dello
 stesso e verrebbero utilizzate, nel processo cui egli e' estraneo, ai
 soli fini della emissione del giudizio nei confronti dell'imputato di
 detto processo;
    Ritenuto  che  il  diverso  trattamento  che  all'imputato   viene
 riservato  a  cagione  del  diverso  regime  di utilizzabilita' delle
 dichiarazioni  (favorevoli  o  sfavorevoli  che   siano)   rese   dal
 coimputato  o  dall'imputato  di  reato  connesso,  a seconda che nei
 confronti  di  quest'ultimo  si  proceda  simultaneamente  o  si  sia
 proceduto o si  proceda  separatamente,  costituisce  violazione  del
 principio di uguaglianza contenuto nell'art. 3 della Costituzione che
 vieta  disparita' di trattamento ricollegate a condizioni personali o
 sociali in assenza di una razionale giustificazione;
    Considerato che la questione prospettata appare rilevante ai  fini
 della  decisione  per  come si desume dai termini della contestazione
 che  indicano  Carbone  Alfio  quale   cessionario   della   sostanza
 stupefacente la cui detenzione e' ascritta a Curello Giovanni;
                               P. Q. M.
    Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
 n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita'  dell'art.  513,  secondo  comma,  del  c.p.p.,  in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione, nella parte in cui non
 prevede la lettura, su richiesta di parte, dei verbali contenenti  le
 dichiarazioni  rese dal coimputato, dall'imputato di reato connesso o
 collegato nei confronti del  quale  si  procede  o  si  e'  proceduto
 separatamente, che si sia avvalso della facolta' di non rispondere;
    Dispone  la  sospensione  del  giudizio e l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che la presente ordinanza  sia  notificata,  a  cura  della
 cancelleria, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al
 Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati;
    Rinvia il dibattimento a tempo indeterminato.
      Prato, addi' 18 marzo 1992
                         Il presidente: LOCHE
                                       I giudici: MOLLAME - SINGLITICO
 92C0592