N. 214 ORDINANZA 4 - 11 maggio 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo   penale   -   Nuovo   codice  -  Sequestro  conservativo  -
 Applicabilita' ai procedimenti che proseguono con il il vecchio  rito
 -  Immediata sostituzione della ipoteca legale - Mancata previsione -
 Coerenza della disciplina non sussistendo soluzione
 di continuita' tra ipoteca e sequestro - Manifesta infondatezza.
 
 (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, artt. 218, primo comma,  241  e  245,
 secondo comma).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.21 del 20-5-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,  prof.  Francesco
    GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 218, primo
 comma, 241 e 245, secondo comma, del decreto  legislativo  28  luglio
 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
 codice  di  procedura  penale),  promosso  con ordinanza emessa il 17
 novembre 1990 dal Tribunale  di  Milano  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Lucio Lotti ed altri (Fallimento Codelfa), iscritta al n.
 726 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 1› aprile 1992 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto che nel corso  di  un  procedimento  penale  disciplinato
 dalla  normativa  vigente anteriormente al nuovo codice, il Tribunale
 di Milano aveva concesso,  ai  sensi  dell'art.  316  del  codice  di
 procedura  penale,  il  sequestro  conservativo  sugli immobili degli
 imputati e che, decidendo sulla richiesta di  riesame,  il  Tribunale
 della  Liberta',  dichiarata  inammissibile tale misura - non essendo
 previsto il citato art. 316 tra le norme  immediatamente  applicabili
 elencate  nell'art.  245  del  decreto  legislativo n. 271 del 1989 -
 convertiva la richiesta in opposizione  ad  iscrizione  d'ipoteca  ex
 art. 618 del codice di procedura penale abrogato;
      che quindi il primo giudice, nuovamente investito, con ordinanza
 del   17   novembre   1990,   ha  revocato  la  detta  misura  ed  ha
 contestualmente   sollevato,   in   relazione   all'art.   3    della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt.
 218, primo comma, nonche' 241  e  245,  secondo  comma,  del  decreto
 legislativo n. 271 del 1989;
      che  il  giudice  a quo - pur ribadendo la fondatezza della tesi
 per cui il nuovo sequestro conservativo  risulterebbe  immediatamente
 applicabile  anche ai processi che proseguono con il "vecchio" rito -
 prende atto della diversa opinione del Tribunale della  Liberta',  il
 quale prospetta l'ultrattivita', per tali procedimenti, dell'istituto
 dell'ipoteca    legale,    giudicandola    non    condivisibile   per
 l'immediatezza dell'effetto abrogativo sancito dall'art.  218,  primo
 comma,  del  citato  decreto  legislativo,  onde  detta  norma  viene
 censurata nella parte in cui  non  prevede  l'immediata  sostituzione
 della  ipoteca  legale  con il sequestro conservativo ex art. 316 del
 codice di procedura penale;
     che, simmetricamente, il Tribunale denunzia gli artt. 241 e  245,
 secondo  comma,  del  medesimo decreto legislativo nella parte in cui
 non prevedono l'art. 316 del codice di procedura penale tra le  norme
 immediatamente   applicabili   ai   processi   che   proseguono   con
 l'applicazione  delle  norme  anteriormente  vigenti,  in  quanto  la
 normativa   de   qua,   nel   suo   complesso,   determinerebbe   una
 ingiustificata disparita' rispetto ai procedimenti  disciplinati  dal
 nuovo codice;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello  Stato,  preliminarmente
 eccependo  l'inammissibilita'  della  questione  e  sostenendone  nel
 merito  l'infondatezza,   in   quanto   l'abrogazione   dell'istituto
 dell'ipoteca  legale opererebbe solo in relazione ai procedimenti nei
 quali si applica il "nuovo" rito, ferma  l'applicazione  delle  norme
 anteriormente  vigenti  - che non sarebbero solo quelle del soppresso
 codice di procedura penale,  ma  anche,  come  nella  specie,  quelle
 contenute  nel  codice  penale  -  per  i  processi  disciplinati dal
 "vecchio" rito;
    Considerato che "l'applicazione delle norme anteriormente vigenti"
 disposta dall'art. 241 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271
 per i giudizi, quale quello di rinvio, in corso alla data di  entrata
 in   vigore   del   nuovo  codice,  va  riferita  non  soltanto  alle
 disposizioni processuali  ma  anche  alla  disciplina  sostanziale  a
 queste  necessariamente  correlata dal nesso inscindibile tra diritto
 ed azione;
      che,   quindi,   il   permanere   della   vigenza   del   modulo
 procedimentale  descritto  dagli  artt. 616 e seguenti del previgente
 codice per l'ipoteca legale  implica  e  presuppone  l'applicabilita'
 dell'istituto  stesso  ai  processi  in  questione, dovendo viceversa
 riferirsi l'abrogazione dell'art. 189 del  codice  penale  -  sancita
 dall'art. 218 del citato decreto - soltanto ai processi tenuti con il
 "nuovo" rito, come conferma l'omessa indicazione di tale ultima norma
 tra quelle immediatamente applicabili;
      che, pertanto, il sistema, contrariamente a quanto affermato dal
 giudice  a  quo,  esibisce  una  coerente  saldatura con la novellata
 figura  del  sequestro  conservativo  sui  beni  immobili,  alla  cui
 operativita' si collega l'assorbimento della precedente misura;
      che,  inoltre, l'inesistenza di una soluzione di continuita' tra
 ipoteca  e  sequestro,  come  conseguenza   del   coordinamento   tra
 abrogazione  della  prima  ed  applicabilita'  del  secondo  e' stata
 recentemente sottolineata anche dalla Suprema Corte regolatrice,  che
 ha  parimenti  escluso  la paventata mancanza di una disciplina delle
 garanzie reali nella fase transitoria;
      che la proposta questione risulta di conseguenza  manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  218,  primo  comma,  241 e 245, secondo
 comma, del decreto legislativo 28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di
 attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di procedura
 penale), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal
 Tribunale di Milano con l'ordinanza di cui in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1992.
                        Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: CASAVOLA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria l'11 maggio 1992.
                       Il cancelliere: DI PAOLA
 92C0599