N. 319 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 1992
N. 319 Ordinanza emessa il 5 marzo 1992 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra 3 M Italia S.p.a. e l'I.N.P.S. ed altri Fiscalizzazione degli oneri sociali - Esonero delle aziende dal pagamento del cinquanta per cento degli oneri contributivi all'I.N.P.S. per il prepensionamento di propri dipendenti nel caso abbiano presentato domanda giacente presso il CIPI alla data del 28 febbraio 1989 - Irragionevole subordinazione del trattamento di favore alla circostanza del tutto casuale e dipendente dalla solerzia degli uffici amministrativi nella trasmissione della domanda al CIPI - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni identiche ed incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. (D.-L. 29 marzo 1991, n. 108, art. 5, secondo comma, convertito in legge 1º giugno 1991, n. 169). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.26 del 17-6-1992 )
IL PRETORE R I L E V A La legge 1º giugno 1991, n. 169, ha convertito in legge il d.-l. 29 marzo 1991, n. 108, facendo salvi all'art. 1, secondo comma, gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei precedenti decreti. Si discute in causa dell'esistenza di un obbligo del datore di lavoro di corrispondere il 50% degli oneri contributivi per il prepensionamento dei dipendenti in possesso dei requisiti di legge. Si precisa che il datore di lavoro ritiene che tale obbligo non sussista e richiama l'art. 16 della legge 23 aprile 1981, n. 155 e successive modifiche, nonche' le agevolazioni di cui all'art. 21, quinto comma, lett. a), della legge n. 675 del 1977: norme applicabili a suo avviso alla domanda 1º dicembre 1988 di accertamento delle condizioni di riorganizzazione e ristrutturazionee di concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni e prepensionamento. Il regime legale preesistente e' stato tuttavia modificato dall'art. 3 del d.-l. 1º aprile 1989, n. 119, il quale ha disposto al terzo comma, il pagamento a favore dell'I.N.P.S. da parte delle imprese richiedenti, del cinquanta per cento degli oneri contributivi derivanti dal prepensionamento ottenuto da ciascuno dei dipendenti (nel caso di specie circa 500 milioni per undici dipendenti). Il d.-l. n. 119/1989 non era convertito in legge; tuttavia la disciplina sul prepensionamento in esso contenuta veniva riproposta senza variazioni in una lunga serie di decreti-legge, anche questi non convertiti: 5 giugno 1989, n. 215, 4 agosto 1989, n. 275, 9 ottobre 1989, n. 337, 7 dicembre 1989, n. 390, 13 febbraio 1990, n. 20. Decaduto il d.-l. n. 20/1990, la materia era quindi disciplinata dal d.-l. 24 aprile 1990, n. 82, il quale stabiliva all'art. 4, secondo comma, l'applicazione dell'art. 5, primo comma, del d.-l. 11 gennaio 1989, n. 5, a tutte le domande presentate "dalle aziende e giacenti presso il CIPI alla data del 28 febbraio 1989: cioe' il pagamento della totalita' degli oneri contributivi relativi al prepensionamento, come previsto dalle norme vigenti fino all'emanazione del d.-l. n. 119/1989, a carico dei fondi speciali. Per le domande presentate a partire dal 1º marzo 1989 le aziende invece erano tenute al pagamento del 50% degli oneri contributivi all'I.N.P.S. (art. 4, secondo comma). Il d.-l. 24 aprile 1990, n. 82, non veniva convertito in legge, ma la disciplina descritta veniva recepita in successivi decreti-legge 4 luglio 1990, n. 170, 15 settembre 1990, n. 259, 28 gennaio 1991, n. 29, tutti decaduti, nonche' dall'ultimo d.-l. 29 marzo 1991, n. 108 e' convertito in legge mediante legge 1º giugno 1991, n. 166. La societa' ricorrente ha quindi presentato in data 28 giugno 1990 al CIPI domanda di esonero dal pagamento del 50% degli oneri contributivi; ma il Ministero del bilancio ha respinto la domanda, osservando che la domanda di prepensionamento "non era comunque giacente al CIPI alla data del 28 febbraio 1989" bensi' al 13 marzo 1989. La societa' ricorrente ha dimostrato di avere depositato la domanda presso l'ufficio competente il 7 dicembre 1988 (ma questi ha trasmesso gli atti solo dopo tre mesi al CIPI). Il Ministero ha confermato che solo questa interpretazione letterale della norma e' possibile, escludendo qualsiasi altra interpretazione possibile. Tale posizione viene condivisa dal pretore, in considerazione della chiara dizione della norma che fa riferimento alle "domande presentate dalle aziende e giacenti presso il CIPI alla data del 28 febbraio 1989": occorre in altre parole che la domanda sia non solo presentata dalle aziende, ma anche trasmessa al CIPI entro la data indicata dalla norma stessa. Il termine "giacenza" indica chiaramente una fase ulteriore di pendenza della pratica, distinta da quella della materiale presentazione della stessa. La norma cosi' interpretata secondo l'unica interpretazione letterale e logica possibile urta tuttavia contro alcuni principi costituzionali: l'art. 3 e 97 della Costituzione. La prima norma vieta qualsiasi differenziazione di trattamento fondata su criteri irragionevoli. Nel caso di specie, per avere diritto al rimborso del contributo versato, sarebbe necessaria non solo la presentazione tempestiva della domanda all'ufficio competente del Ministero del lavoro, ma anche la materiale "giacenza" della domanda stessa entro una certa data presso un altro ufficio. Poiche' la trasmissione della pratica non dipende dalla societa' richiedente, ma esclusivamente dall'ufficio del Ministero, si attua una evidente ed assurda disparita' di trattamento, subordinando il diritto di diversi soggetti, in possesso dei medesimi requisiti, alla maggiore o minore rapidita' della trasmissione degli atti da parte degli uffici periferici, secondo un criterio dominato dalla piena casualita', o nella peggiore delle ipotesi destinato in buona sostanza a premiare quei soggetti che possono vantare maggiore influ- enza nei confronti della pubblica amministrazione: il tutto evidentemente in contrasto con i principi di cui all'art. 97 della Costituzione che si ispirano al buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante poiche' tutti i dipendenti prepensionati posseggono i requisiti prescritti dalla legge al 28 febbraio 1989 (v. elenchi agli atti). Per altro verso, va sottolineato che non si discute in causa della validita' dei prepensionamenti, sicche' non puo' porsi alcun problema di litisconsorzio dei dipendenti medesimi, ma solo dell'obbligo del datore di lavoro di corrispondere all'I.N.P.S. un contributo del 50% degli oneri derivanti dal prepensionamento (come stabilito per legge per le domande presentate a partire dal marzo 1989) ovvero se questi oneri debbano gravare per intero sui fondi appositamente costituiti. In ogni caso, questi oneri non graverebbero mai sui lavoratori interessati al pensionamento. Poiche' la questione di legittimita' costituzionale della norma in questione non e' manifestamente infondata e la causa non puo' essere decisa a prescindere da essa, deve disporsi la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Sospende il processo in corso; Dispone trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, secondo comma, del d.-l. 29 marzo 1991, n. 108, convertito dalla legge 1º giugno 1991, n. 169, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione; Ordina alla cancelleria di provvedere agli avvisi di legge. Milano, addi' 5 marzo 1992 Il pretore: FILADORO 92C0696