N. 267 SENTENZA 1 - 10 giugno 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Fallimento   -   Omesso   versamento  di  ritenute  previdenziali  ed
 assistenziali - Termini per il versamento e l'estinzione del relativo
 reato  -  Sospensione  -   Mancata   previsione   -   Richiamo   alla
 giurisprudenza  della  Corte  (ordinanze  nn.  172  e 240 del 1992) -
 Analoga questione gia' dichiarata inammissibile (sentenza n. 32/1992)
 - Discrezionalita' legislativa - Inammissibilita'.
 
 (D.-L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 1- bis, convertito in
 legge 11 novembre 1983, n. 638, come modificato dal d.-l.  9  ottobre
 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre
 1989, n. 389).
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 27).
(GU n.26 del 17-6-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Giuseppe BORZELLINO;
 Giudici: dott. Francesco GRECO; prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,   prof.   Francesco   Paolo   CASAVOLA,   prof.  Antonio
    BALDASSARE, prof. Vincenzo CAIANIELLO;  avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI; prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1- bis
 del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito  nella  legge
 11  novembre 1983, n. 638 ("misure urgenti in materia previdenziale e
 sanitaria e per il contenimento della  spesa  pubblica,  disposizioni
 per taluni settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni
 termini")  promosso  con ordinanza emessa il 23 ottobre 1991 dal Pre-
 tore di Alessandria nel  procedimento  penale  a  carico  di  Maldini
 Rodolfo  iscritta  al n. 751 del registro ordinanze 1991 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale,
 dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  6 maggio 1992 il Giudice
 relatore Renato Granata;
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il Pretore di Alessandria, nel corso del procedimento penale a
 carico di Maldini Rodolfo, imputato del reato  previsto  dall'art.  2
 del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463, convertito nella legge 11
 novembre  1983  n.  638,  per  aver  omesso  di  versare  le ritenute
 previdenziali ed assistenziali operate quale datore di  lavoro  sulle
 retribuzioni  dei  lavoratori  dipendenti, ha sollevato con ordinanza
 del 23 ottobre 1991 questione di legittimita' costituzionale  in  via
 incidentale  del  citato  art.  2,  comma 1- bis, in riferimento agli
 artt. 3, 24 e 27 Cost.
    Premette il giudice rimettente  che  l'imputato  -  essendo  stato
 dichiarato  fallito prima della scadenza del termine di grazia di sei
 mesi, previsto  dalla  norma  impugnata  per  effettuare  il  tardivo
 versamento  delle  ritenute  omesse con conseguente effetto estintivo
 del reato - si vede precluso  tale  beneficio,  versando  egli  nella
 condizione  di  non  poter  piu'  effettuare il pagamento delle somme
 dovute; ne' il competente organo  fallimentare  potrebbe  autorizzare
 tale  pagamento  per  essere  irrilevante,  per  la massa dei crediti
 ammessi, che il fallito eviti le  sanzioni  penali.  In  tal  modo  -
 ritiene  il  giudice  rimettente  -  la posizione del fallito risulta
 ingiustamente discriminata, dipendendo la responsabilita' penale  dal
 momento in cui viene dichiarato il fallimento, in quanto il beneficio
 del  termine  di  grazia  puo'  essere fruito, o meno, secondo che la
 dichiarazione di fallimento intervenga prima o dopo il suo decorso.
    Altresi' - ad avviso del giudice rimettente - risulta compresso il
 diritto  di  difesa  del  fallito  (art.  24  Cost.), nonche' leso il
 principio della personalita' della responsabilita'  penale  (art.  27
 Cost.),   in  ragione  dell'impossibilita',  indipendente  dalla  sua
 volonta',  di  porre  in  essere  il  comportamento  avente   effetti
 estintivi del reato.
    2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale di Stato,  sostenendo
 la  non  fondatezza  della  questione  non  essendovi  violazione del
 principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., ma unicamente disparita' di
 mero fatto conseguente ad accadimenti accidentali o casuali o a fatti
 contingenti; ne' l'impossibilita' di giovarsi del termine  di  grazia
 comprime  l'esplicazione  del  diritto  di  difesa dell'imputato, che
 invece rimane piena, ne' implica l'esistenza di  una  responsabilita'
 penale  obiettiva,  atteso  che  il  pagamento  in  questione  rileva
 unicamente al fine di conseguire gli effetti meramente  estintivi  di
 un reato gia' consumato.
                        Considerato in diritto
    1.  -  E'  stata  sollevata  questione incidentale di legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli art. 3, 24 e 27 Cost.,  dell'art.
 2,  comma  1  bis,  del  decreto  legge  12  settembre  1983  n. 463,
 convertito nella legge 11 novembre 1983 n.  638  (misure  urgenti  in
 materia  previdenziale  e sanitaria e per il contenimento della spesa
 pubblica), come modificato dal d.l. 9 ottobre 1989 n. 338, convertito
 in legge 7 dicembre 1989 n. 389 (disposizioni urgenti in  materia  di
 evasione  contributiva,  di  fiscalizzazione  degli oneri sociali, di
 sgravi  contributivi  nel  Mezzogiorno   e   di   finanziamento   dei
 patronati),  nella  parte  in  cui  non  contempla che il decorso del
 termine di grazia (da tale norma previsto per effettuare tardivamente
 il versamento delle ritenute contributive ed estinguere il reato) sia
 sospeso (unitamente al decorso del termine di prescrizione del reato)
 dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di  fallimento
 e    fino   alla   conclusione   della   procedura   fallimentare   o
 all'approvazione dei piani di ripartizione dell'attivo fallimentare.
    La  norma  impugnata  prevede  l'estinzione  del  reato   ove   il
 versamento  delle  ritenute  venga  effettuato  entro  sei mesi dalla
 scadenza della data stabilita per lo  stesso  e,  comunque,  ove  sia
 fissato   il  dibattimento  prima  di  tale  termine,  non  oltre  le
 formalita' di apertura del  dibattimento  stesso.  Di  tale  speciale
 causa  di estinzione del reato non puo' giovarsi l'imputato che, dopo
 il compimento  della  condotta  omissiva  penalmente  rilevante,  sia
 dichiarato  fallito  con contestuale perdita della disponibilita' del
 suo  patrimonio  e  conseguente  impossibilita'  di   effettuare   il
 pagamento tardivo contemplato dalla norma censurata.
    2. - La questione di costituzionalita' e' inammissibile.
    Questa  Corte  nella  sentenza  n.  32  del  1992 ha gia' ritenuto
 l'inammissibilita' (e successivamente, con ordinanze n. 172 e n.  240
 del  1992, la manifesta inammissibilita') - in riferimento agli artt.
 3 e 24 Cost. - di analoga questione avente ad oggetto la legittimita'
 costituzionale dell'art. 11 della  legge  15  dicembre  1990  n.  386
 (recante  la  nuova  disciplina  del  reato  di  emissione di assegno
 bancario senza provvista) nella parte  in  cui  non  prevede  che  il
 termine,  entro  il  quale il tardivo pagamento degli assegni e degli
 accessori comporta l'improcedibilita' dell'azione penale per il reato
 suddetto,  decorra  -  in  caso  di  intervenuta   dichiarazione   di
 fallimento dell'imputato - dal momento di chiusura della procedura.
    Anche  nella  fattispecie in esame sussiste la medesima ragione di
 inammissibilita' della questione di  costituzionalita'  perche'  essa
 attiene  all'area delle scelte discrezionali del legislatore; infatti
 la soluzione in via additiva proposta dal giudice rimettente  non  si
 presenta  come  l'unica  costituzionalmente obbligata, ma e' soltanto
 una  delle  possibili,  essendo  ipotizzabile  "un  intervento  nella
 disciplina  stessa  della procedura fallimentare, che, in una visione
 piu'  organica,  dia  nuovo  assetto   alle   indirette   conseguenze
 penalistiche  della  dichiarazione  di  fallimento"  (sent.  n. 32/92
 cit.).
    Ne' ad esito diverso puo' condurre la valutazione della  questione
 di  costituzionalita'  sotto  il  profilo, ulteriormente invocato dal
 giudice rimettente, della personalita' della  responsabilita'  penale
 (art.  27,  primo  comma,  Cost.)  atteso  che la condotta penalmente
 rilevante risulta pienamente realizzata quando l'imputato  e'  ancora
 in bonis.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2, comma 1- bis del decreto legge  12  settembre  1983,  n.
 463,  convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638 (misure urgenti
 in materia previdenziale e sanitaria  e  per  il  contenimento  della
 spesa  pubblica,  disposizioni  per  taluni  settori  della  pubblica
 amministrazione e proroga di taluni  termini),  come  modificato  dal
 decreto  legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre
 1989,  n.  389  (disposizioni  urgenti   in   materia   di   evasione
 contributiva,  di  fiscalizzazione  degli  oneri  sociali,  di sgravi
 contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento  dei  patronati),  in
 riferimento  agli  artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, sollevata dal
 pretore di Alessandria con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1› giugno 1992.
                       Il Presidente: BORZELLINO
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 10 giugno 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 92C0709