N. 271 ORDINANZA 3 - 12 giugno 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Pena   -   Ordinamento   penitenziario  -  Liberazione  anticipata  -
 Concessione solo in  assenza  di  collegamenti  con  la  criminalita'
 organizzata  - Ricomprensione, tra gli elementi da considerare, anche
 la condotta del condannato - Erroneo  presupposto  interpretativo  da
 parte del giudice  a quo - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge  26  luglio  1975,  n.  354,  art.  4- bis, primo comma, primo
 periodo, introdotto dall'art. 1, primo comma,  del  d.-l.  13  maggio
 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n.  203).
 
 (Cost., artt. 3 e 27, terzo comma).
(GU n.26 del 17-6-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4-  bis,  primo
 comma,  prima  parte,  della  legge  26  luglio  1975,  n. 354 (Norme
 sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle   misure
 privative e limitative della liberta'), introdotto dall'art. 1, primo
 comma,  del  decreto-legge  13  maggio  1991,  n.  152 (Provvedimenti
 urgenti  in  tema  di  lotta  alla  criminalita'  organizzata  e   di
 trasparenza   e   buon   andamento   dell'attivita'  amministrativa),
 convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, promosso con ordinanza
 emessa il 24 ottobre 1991 dal Tribunale di sorveglianza di Ancona nel
 procedimento di  sorveglianza  relativo  ad  istanza  di  liberazione
 anticipata  nei confronti di Giampaolo Giovanni, iscritta al n. 1 del
 registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio  del  6  maggio  1992  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che  Giampaolo Giovanni veniva condannato dalla Corte di
 assise di Torino alle pene di 30 anni di reclusione e lire  1.200.000
 di  multa per i reati di concorso in omicidio aggravato, in sequestro
 di persona a scopo di estorsione, in associazione  per  delinquere  e
 altro;
      che la condanna diveniva irrevocabile il 30 novembre 1988;
      che,   mentre   era   detenuto   nella  Casa  di  reclusione  di
 Fossombrone, il Giampaolo proponeva richiesta di  riduzione  di  pena
 per  liberazione anticipata commisurata al periodo detentivo sofferto
 dall'inizio di espiazione della pena fino alla data della decisione;
      che, con  ordinanza  del  28  febbraio  1991,  il  Tribunale  di
 sorveglianza  di  Ancona  accoglieva  la  richiesta, pervenendo ad un
 simile  giudizio  sul  presupposto  dell'irrilevanza,  ai  fini   del
 decidere,  delle  informazioni acquisite dal comitato provinciale per
 l'ordine e la sicurezza pubblica  di  Reggio  Calabria  -  che  aveva
 riferito  in  ordine all'attualita' di collegamenti del Giampaolo con
 la criminalita' organizzata  -  perche'  il  beneficio  concesso  non
 poteva annoverarsi fra le misure alternative alla detenzione;
      che  avverso la detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione
 il Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Ancona deducendo
 erronea applicazione, per un verso, dell'art. 4- bis della  legge  26
 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, introdotto dall'art.
 1,  primo  comma,  del  decreto-legge  12  gennaio  1991,  n.  5 (non
 convertito in legge e reiterato con i decreti-legge 13 marzo 1991, n.
 76,  e  13  maggio  1991,  n. 152, quest'ultimo finalmente convertito
 dalla legge 12 luglio 1991, n. 203), per la mancata  valutazione  del
 parere  del  comitato,  valutazione  necessaria  perche' il beneficio
 richiesto doveva essere ricondotto al genus delle misure  alternative
 alla  detenzione  e,  per un altro verso, dell'art. 54 della legge n.
 354 del 1975  e  successive  modificazioni,  laddove  la  valutazione
 espressa  dal  Tribunale  si fondava esclusivamente sulla regolarita'
 custodiale del condannato;
      che  con  sentenza  26  giugno  1991  la  Corte  di   cassazione
 accoglieva  il  ricorso  limitatamente  al secondo motivo, annullando
 l'ordinanza impugnata con rinvio  per  nuovo  giudizio  e  dichiarava
 inammissibile  il  primo  motivo  perche'  nel  corso del giudizio di
 impugnazione era intervenuta la decadenza, per mancata conversione in
 legge, della norma di cui era stata dedotta  l'erronea  applicazione,
 non mancando, peraltro, di avvertire che, ove nelle more del giudizio
 di  rinvio,  i  decreti-legge  successivamente  emanati fossero stati
 convertiti, il Tribunale di sorveglianza  avrebbe  dovuto  tenere  in
 debito conto il novum ius;
      che  il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Ancona, preso atto del
 vincolo derivante dalla sentenza di annullamento, ha,  con  ordinanza
 del  24  ottobre  1991,  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27,
 terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita'  dell'art.
 4- bis, primo comma, prima parte, della legge 26 luglio 1975, n. 354,
 introdotto  dall'art.  1,  primo  comma,  del decreto-legge 13 maggio
 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203,  per  la
 parte   in   cui   prevede,   in   relazione   alle   istanze  intese
 all'ottenimento della riduzione di pena  ai  fini  della  liberazione
 anticipata  presentate  dai  condannati  per  i  delitti commessi per
 finalita'   di   terrorismo   o   di    eversione    dell'ordinamento
 costituzionale,  per  delitti  commessi  avvalendosi delle condizioni
 previste dall'articolo 416- bis del codice penale ovvero al  fine  di
 agevolare   l'attivita'  delle  associazioni  previste  dallo  stesso
 articolo, nonche' per i delitti di cui agli artt. 416- bis e 630  del
 codice  penale  e  all'articolo  74  del  testo  unico  in materia di
 disciplina delle sostanze  stupefacenti  e  psicotrope,  repressione,
 cura  e  riabilitazione  dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza,
 approvato con il d.P.R. 9 ottobre 1990,  n.  309,  che  tali  istanze
 possano  trovare  accoglimento "solo se sono stati acquisiti elementi
 tali da escludere l'attualita' di collegamenti  con  la  criminalita'
 organizzata o eversiva", previa richiesta da parte della magistratura
 di  sorveglianza ai competenti comitati provinciali per l'ordine e la
 sicurezza pubblica;
      che, in punto di rilevanza, il giudice a quo  osserva  che,  nel
 caso  di  specie, gli elementi ostativi alla riduzione della pena per
 liberazione anticipata derivano dalle informazioni acquisite  per  il
 tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica
 di  Reggio Calabria le quali asseriscono, ma in maniera "apodittica",
 la presenza di collegamenti del Giampaolo  con  la  cosca  capeggiata
 dalla famiglia dei Nirta operante in San Luca, senza peraltro fornire
 elementi  di "riscontro a fondamento dell'affermazione", notizie che,
 considerata la presunzione  di  attualita'  di  collegamenti  con  la
 criminalita'   organizzata,   appaiono   sufficienti   "al   fine  di
 consustanziare  una  pronuncia  di  reiezione  dell'istanza",   senza
 rendere  necessari ulteriori piu' approfonditi accertamenti, "siccome
 sarebbe viceversa opportuno laddove la disciplina  legislativa  fosse
 analoga  a  quella  prevista per i soggetti individuati nella seconda
 parte  del   primo   comma   dell'art.   4-   bis"   dell'ordinamento
 penitenziario,  nei  confronti  dei  quali le dette informazioni sono
 ostative della concessione del beneficio "solo se  vi  sono  elementi
 tali   da   far  ritenere  la  sussistenza  di  collegamenti  con  la
 criminalita' organizzata o eversiva";
      che l'osservanza dell'art. 27, terzo comma,  della  Costituzione
 resterebbe   compromessa   dalla   previsione   di   una  presunzione
 qualificata  di  attualita'  di  collegamenti  con  la   criminalita'
 organizzata,   superabile   soltanto  attraverso  la  prova  positiva
 dell'assenza dei collegamenti stessi, di assai  difficile  -  se  non
 impossibile   -  acquisizione,  cosi'  da  porre  un  "ostacolo  alla
 fruizione di uno  tra  i  piu'  pregnanti  strumenti  di  trattamento
 penitenziario"  e  da svilire la finalita' rieducativa della sanzione
 penale in un momento strettamente connesso al perseguimento  di  tale
 finalita' qual e' quello dell'esecuzione e del trattamento;
      che  sarebbe  anche  violato l'art. 3 della Costituzione, per la
 disparita' di trattamento fra i soggetti di cui alla  prima  parte  e
 quelli  di  cui  alla  seconda parte del primo comma dell'art. 4- bis
 della legge  n.  354  del  1975:  con  riguardo  agli  uni,  sussiste
 l'obbligo  di  acquisizione  di  elementi  positivi atti a comprovare
 l'assenza  di  collegamenti  con  la  criminalita'   organizzata   od
 eversiva,  conseguentemente  privando la magistratura di sorveglianza
 di ogni potere, mentre con riguardo ai secondi la  semplice  mancanza
 di  elementi di riscontro circa l'ipotesi di presenza di collegamenti
 attuali con la criminalita' organizzata potrebbe, in  presenza  degli
 altri  presupposti individuati dalla legge, consentire l'accoglimento
 delle istanze, disparita'  da  ritenere  irrazionale  perche'  questi
 ultimi condannati potrebbero risultare responsabili di delitti di non
 minore efferatezza e disvalore sociale;
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,   chiedendo   che   la  questione  venga  dichiarata,  in  via
 principale, inammissibile e, in subordine, non fondata;
     che   una   prima    ragione    d'inammissibilita'    deriverebbe
 dall'ambiguita'  della  statuizione con la quale, mentre, da un lato,
 si contesta la natura di misura  alternativa  alla  detenzione  della
 riduzione  di pena per la liberazione anticipata, per un altro verso,
 si fa riferimento alla soluzione adottata dalla Corte di  cassazione,
 peraltro  non  vincolante,  neppure nel caso di specie, nei confronti
 del giudice a quo;
      che un ulteriore  motivo  d'inammissibilita'  si  sostanzierebbe
 nell'avere  l'ordinanza  di  rimessione  ritenuto  che l'applicazione
 della norma denunciata deriverebbe ineluttabilmente  dall'informativa
 acquisita  dal  comitato  provinciale  per  l'ordine  e  la sicurezza
 pubblica,  "anche  se  ritenuta  scarna  e  non  significativa",   un
 presupposto  da  considerare  erroneo,  potendo  la  decisione essere
 fondata aliunde, "anche  in  eventuale  difficolta',  in  casi-limite
 adeguatamente motivati, delle informazioni di polizia";
      che,   sotto  il  profilo  della  non  fondatezza,  l'Avvocatura
 Generale dello Stato deduce che la previsione di due fasce  di  reato
 con  una  disciplina  differenziata  non  lederebbe  in  alcun modo i
 parametri costituzionali invocati: non l'art. 27, terzo comma,  della
 Costituzione,  sia per il carattere non vincolante delle informative,
 sia  perche'  le   informative   stesse   non   avrebbero   carattere
 "assorbente"  rispetto  alle  valutazioni  che  devono  essere tratte
 dall'esperienza  intramuraria  ai   fini   del   riconoscimento   dei
 presupposti   sostanziali   di   cui   all'art.  54  dell'ordinamento
 penitenziario,    ma    rileverebbero    esclusivamente    ai    fini
 dell'individuazione di un elemento impeditivo "esterno" all'istituto,
 i  cui  presupposti "primari" non risulterebbero "trasformati"; senza
 contare che l'accertato collegamento con la criminalita'  organizzata
 o  eversiva deve rilevare ai fini della verifica della partecipazione
 all'opera di rieducazione,  potendosi  altrimenti  consentire  "anche
 un'anticipata liberazione del detenuto apparentemente 'modello' ma in
 realta' ancora organicamente inserito nell'organizzazione criminosa";
      che,   in  ordine  alla  dedotta  violazione  del  principio  di
 eguaglianza,  l'Avvocatura  deduce  che  la  meno  rigida  disciplina
 dettata  per  la seconda fascia di reati, non soltanto e' ispirata ad
 un'incensurabile, perche' non irragionevole, ottica di "gradualita'",
 ma si giustifica anche in conseguenza della diversa natura dei  reati
 di  cui  alla  seconda  parte  dell'art.  4- bis, non necessariamente
 connaturata  a  fattispecie  associative,  prospettate  solo  in  via
 eventuale;
    Considerato   che   le  eccezioni  di  inammissibilita'  sollevate
 dall'Avvocatura  Generale  dello   Stato   devono   essere   entrambe
 disattese:  la  prima,  per  avere  il  giudice  a  quo  operato  una
 inequivoca scelta interpretativa affermando che "anche  in  relazione
 alle   istanze  intese  all'ottenimento  di  riduzione  di  pena  per
 liberazione anticipata,  presentate  per  le  fattispecie  delittuose
 individuate  dal  primo  comma dell'art. 4- bis della legge 26 luglio
 1975, n. 354 e succ. mod., sussiste l'obbligo della  magistratura  di
 sorveglianza  di  procedere  all'acquisizione  di  informazioni sulla
 sussistenza  di  collegamenti  attuali   del   richiedente   con   la
 criminalita'  organizzata o eversiva, ed alla conseguente valutazione
 delle  istanze  predette";  la  seconda,  perche'  non  attiene  alla
 rilevanza  della  questione,  coinvolgendo, invece, l'interpretazione
 della norma denunciata  e,  quindi  -  come  risulta  confermato  dal
 ripetuto  richiamo  al  carattere  non  vincolante  del  parere nelle
 deduzioni  anche  in  tema  di  non  fondatezza  -  il  merito  della
 questione;
      che,  peraltro  - a parte il rilievo che nel caso di specie sono
 stati  indicati  elementi   in   positivo   circa   il   collegamento
 dell'interessato  con  la  criminalita'  organizzata - il presupposto
 interpretativo da cui muove il  giudice  rimettente,  presupposto  in
 base  al  quale l'informativa del comitato provinciale per l'ordine e
 la sicurezza pubblica sarebbe da  sola  "sufficiente  allo  scopo  di
 consustanziare   una   pronuncia  di  reiezione  dell'istanza  intesa
 all'ottenimento di una riduzione di pena", senza  "rendere  necessari
 ulteriori,   piu'   approfonditi   accertamenti   circa   l'effettiva
 sussistenza dei  denunciati  collegamenti",  risulta  smentito  dalla
 giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione,  costante  nella  linea
 interpretativa in base alla quale la verifica quanto all'esistenza di
 elementi in grado di escludere l'attualita' di  collegamenti  con  la
 criminalita'  organizzata  o eversiva e' di esclusiva ed inderogabile
 competenza della magistratura di  sorveglianza,  con  la  conseguente
 qualificazione   dell'informativa   come  atto  obbligatorio  ma  non
 vincolante, potendo il giudice, per un verso, trarre da  altre  fonti
 gli  elementi  di  valutazione,  e  per  un  altro verso, dissentire,
 purche' con appropriate proposizioni interpretative, dal  parere  del
 comitato;
      che tale interpretazione e' univocamente confermata dal disposto
 del  secondo comma dello stesso art. 4- bis, in base al quale in ogni
 caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta  delle
 informazioni;
      che,   infine,   fra   gli   elementi  che  la  magistratura  di
 sorveglianza ha il potere di acquisire aliunde, e' da  ricomprendere,
 ai  fini  indicati  dalla  norma  denunciata,  anche  la condotta del
 condannato nel corso dell'espiazione della pena;
      che,  di  conseguenza,   risultando   erroneo   il   presupposto
 interpretativo  posto  a base delle censure prospettate dal giudice a
 quo, la questione e' da ritenere manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 4- bis,  primo  comma,  prima  parte,  della
 legge  26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
 sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'),
 introdotto dall'art. 1, primo  comma,  del  decreto-legge  13  maggio
 1991,   n.   152   (Provvedimenti  urgenti  in  tema  di  lotta  alla
 criminalita'  organizzata  e  di   trasparenza   e   buon   andamento
 dell'attivita'  amministrativa),  convertito  dalla  legge  12 luglio
 1991, n. 203, questione sollevata, in riferimento agli artt. 3 e  27,
 terzo  comma,  della  Costituzione,  dal Tribunale di sorveglianza di
 Ancona con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  Costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 3 giugno 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 12 giugno 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 92C0715