N. 342 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 maggio 1992
N. 342 Ordinanza emessa il 12 maggio 1992 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Menna Antonio ed altri e I.N.P.D.A.I. Pensioni - Pensioni previdenziali - Dirigenti di aziende industriali - Pensioni erogate dall'I.N.P.D.A.I. - Determinazione della misura - Previsione del raddoppio dei massimali annui del quinquennio 1983-87 solo per i dirigenti andati in pensione dopo il 1º gennaio 1988 e non anche per quelli (come nella specie i ricorrenti) andati in pensione in un momento ricompreso nel suddetto quinquennio - Diversita' di trattamento fra appartenenti alla medesima categoria derivante (almeno in parte) da un diverso valore dato alla identica contribuzione per gli stessi periodi - Richiamo ai principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 1/1991. (D.-L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 3, comma 2-bis, convertito in legge 20 maggio 1988, n. 160). (Cost., art. 3).(GU n.28 del 1-7-1992 )
IL PRETORE Nella controversia n. 7183/91 vertente tra Menna Antonio, Gallian Claudio, Dalponte Roberto e I.N.P.D.A.I., solleva questioni di legittimita' costituzionale ex art. 23 della legge n. 87/1953, sulla base delle seguenti considerazioni. Con ricorso regolarmente depositato presso la cancelleria della sezione lavoro il 3 luglio 1991, si costituivano in giudizio sedici ricorrenti fra i quali i tre indicati in epigrafe, tutti ex dirigenti industriali ed attualmente pensionati presso l'I.N.P.D.A.I., citando quest'ultimo istituto ed osservando: di essere tutti andati in pensione anteriormente al gennaio 1988; che il regime delle pensioni dei dirigenti I.N.P.D.A.I. era ed e' sottoposto "all'iniquo regime del tetto pensionistico", che avrebbe determinato in capo ai ricorrenti un notevole divario tra il trattamento effettivamente retribuito a titolo pensionistico e quello che sarebbe spettato in percentuale rispetto alla retribuzione media effettiva degli ultimi cinque anni; che l'art. 3 della legge n. 160/1988 (nella parte in cui prevedeva che decorrere dal 1º gennaio 1988 l'applicazione dell'art. 2, terzo comma, della legge n. 967/1953 sulla previdenza dei dirigenti di aziende industriali dovesse considerarsi disposta, in coerenza con l'art. 21, sesto comma, della legge n. 67/1988, entro un limite massimo di contribuzione lorda contributiva non inferiore al doppio della misura in vigore al 31 dicembre 1987) doveva ritenersi esteso, in conformita' con i principi costituzionali, anche ai dirigenti gia' pensionati alla data del 1º gennaio 1988; che quindi, ed in sostanza, del raddoppio del tetto pensionistico avrebbero dovuto godere anche i ricorrenti tutti; che in ogni caso una diversa interpretazione della normativa de qua avrebbe implicato un problema di legittimita' costituzionale per irragionevole disparita' di trattamento fra i dirigenti andati in pensione prima e quelli andati in pensione dopo il 31 dicembre 1987. Si costituiva in giudizio l'I.N.P.D.A.I., osservando di aver ottemperato alla normativa vigente, da un lato non potendosi certo applicare a coloro che erano andati in pensione prima del 1º gennaio 1988 la legge n. 160/1988 nella parte in cui convertiva con modifiche il d.-l. n. 422/1988, e dall'altro lato che in ogni caso nessun risvolto di eventuale incostituzionalita' poteva ravvisarsi in tale normativa, sia perche' le situazioni concrete poste a raffronto non potevano considerarsi identiche, sia perche' la Corte costituzionale aveva sempre riconosciuto la legittimita' di un graduale riconoscimento di miglioramenti pensionistici a coloro che di mano in mano raggiungevano il diritto al trattamento di quiescenza, sia in- fine perche' la normativa, che in ipotesi avrebbe realizzato la lamentata disparita' di trattamento, era un decreto ministeriale e quindi un atto amministrativo insuscettibile di essere portato al giudizio della Corte. La controversia veniva istruita in alcune udienze comprese fra il 18 dicembre 1991 e il 2 aprile 1992. In quest'ultima udienza il pretore decideva la lite nei confronti di tredici ricorrenti; nei confronti dei residui tre ricorrenti i (sigg.ri Menna Antonio, Gallian Claudio e Dalponte Roberto) il pre- tore, con separato provvedimento, disponeva la prosecuzione dell'istruttoria per sollevare la presente questione di legittimita' costituzionale. 2. - Il d.-l. n. 86/1988, cosi' come convertito e modificato dalla legge n. 160/1988, prevede all'art. 2- bis una consistente rivalutazione del tetto retributivo al quale commisurare la contribuzione a decorrere dal 1º gennaio 1988, ovviamente solo in favore di coloro che vadano in pensione dopo tale data. Lo stesso articolo prevede inoltre che, sempre e solo per coloro che vadano in pensione a partire dal 1º gennaio 1988, le retribuzioni annue rela- tive al quinquennio precedente il 1º gennaio 1988 siano prese in considerazione entro il limite pari al doppio dei massimali annui I.N.P.D.A.I. in vigore nel suddetto quinquennio, secondo modalita' applicative da stabilirsi con apposito decreto del Ministero del lavoro; e poiche' con successivo decreto n. 422/1988 il Ministero del lavoro (in attuazione della disposizione di legge) ha stabilito che le retribuzioni annue imponibili relative al quinquennio precedente il 1º gennaio 1988 sino computate (sempre e solo per le pensioni con decorrenza successiva al 31 dicembre 1987) rispetto ad un tetto retributivo sostanzialmente pari al doppio di quello stabilito durante il quinquennio, ci troviano oggi di fronte alla situazione che segue, con riferimento ai tetti pensionistici I.N.P.D.A.I., e a prescindere dalle correzioni pro-tempore effettuate con norme di tipo perequativo: 1) coloro che sono andati in pensione in data successiva al 31 dicembre 1987 vedono calcolarsi la pensione, con riferimento al quinquennio antecedente la data di cessazione del rapporto di lavoro: a) sulla base del nuovo elevato tetto pensionistico per tutte le retribuzioni afferenti al periodo successivo al 1º gennaio 1988; b) ed in misura invece corrispondente al doppio del tetto pensionistico pro-tempore vigente, per il periodo antecedente al 1º gennaio 1988 (e sempre che, naturalmente, vi fosse "capienza retributiva" sufficiente per arrivare al doppio del tetto retributivo in allora stabilito); 2) coloro che invece sono andati in pensione anteriormente al 1º gennaio 1988 continuano a godere di una pensione commisurata al tetto retributivo (e quindi contributivo) previsto anteriormente alla legge n. 160/1988, pur con le successive perequazioni, queste ultime comunque insufficienti ad arrivare al sostanziale "raddoppio" della base contributiva di riferimento (e sempre compatibilmente con la retribuzione a suo tempo percepita). Esclusa la possibilita' di interpretare la legge n. 160/1988 nel senso prospettato in via principale dai ricorrenti, secondo i quali - tesi francamente ardita - la norma puo' direttamente applicarsi anche a coloro che sono andati in pensione prima del 1º gennaio 1988 (ma si e' visto che l'inequivoca espressione letterale della norma impedisce in radice una simile interpretazione), resta da valutare l'eccezione di incostituzionalita' sollevata in subordine dai ricorrenti stessi. Il pretore ha rigettato l'eccezione per manifesta infondatezza nei confronti dei tredici ricorrenti che erano andati in pensione non solo anteriormente al 1º gennaio 1988, ma altresi' anteriormente al quinquennio antecedente a tale data, e cioe' in sostanza, prima del 1º gennaio 1983; per costoro, infatti, la contribuzione di riferimento per il calcolo della pensione non veniva mai a cadere nel quinquennio per il quale la legge n. 160/1988 aveva previsto ex post il raddoppio del tetto retributivo e contributivo. Si poneva dunque per costoro il solo generico problema connesso alla eventuale disparita' di trattamento fra i diversi benefici pensionistici per chi si trovi ad andare in pensione in tempi diversi; ma in proposito la Corte costituzionale ha gia' avuto occasione di affermare che non sono fondate le questioni sollevate con riferimento alla definizione delle sfere temporali di applicazione della disciplina dell'aumento o della indicizzazione del tetto pensionistico, rilevando che si tratta di scelte discrezionali del legislatore che trovano un unico limite nel ragionevole uso della discrezionalita' legislativa, limite che non puo' ritenersi violato ove i trattamenti, non ricompresi in una data disciplina per ragioni temporali, restino tuttavia assoggettati ad altro sistema perequativo, anche se meno utile (v. sentenza n. 163/1986). Ancor piu' recentemente la Corte, con la sentenza n. 440/1991, ha ribadito che "sono affidati alla discrezionalita' del legislatore la determinazione dell'ammontare delle prestazioni previdenziali, il rafforzamento della tutela previdenziale e le variazioni dei trattamenti, salvo l'assicurazione per tutti i lavoratori della pensione minima cui e' finalizzato il lavoro prestato .. .. (rientrando) nella discrezionalita' del legislatore, la fissazione della data di entrata in vigore della legge emanata, essendo peraltro connaturale alla genericita' delle leggi la demarcazione temporale". In quest'ottica, dunque, il pretore ha ritenuto che i ricorrenti (nei cui confronti la causa e' stata decisa e le cui pensioni erano state pacificamente perequate successivamente all'inizio delle prime prestazioni previdenziali godute) non potessero lamentarsi per il fatto che una legge successiva avesse rafforzato la tutela previdenziale solo di coloro che erano andati in pensione a decorrere dal 1º gennaio 1988, rientrando tale differenziazione nei limiti di una legittima discrezionalita' operata dal legislatore, ed altresi' nei limiti di ragionevolezza posti dai dettami costituzionali richiamati dalla Corte. 3. - Per i tre ricorrenti Menna, Gallian e Dalponte la questione puo' essere posta in maniera sensibilmente diversa, poiche' costoro sono andati in pensione prima del 1º gennaio 1988, ma dopo il 1º gennaio 1983. Per essi si verifica una situazione che, a parere del pretore, richiede una pronuncia della Corte, poiche' nei casi di cui trattasi emerge indiscutibile una disparita' di trattamento (che sia poi ragionevole o no costituira' oggetto della pronuncia della Corte) in relazione alle contribuzioni afferenti al quinquennio 1983-1987, poiche' esse, per identici periodi, a parita' di tetto retributivo e a parita' di corrispondenti versamenti previdenziali, incidono sul calcolo della base pensionistica in misura difforme per chi e' andato in pensione prima o dopo il 1º gennaio 1988. A scopo esemplificativo, e per chiarire in termini qualitativi la questione cosi' come prospettata da questo giudice, si puo' analizzare il caso di chi e' andato in pensione il 1º gennaio 1989 a fronte di chi e' andato in pensione il 1º gennaio 1987; i tre anni contributivi comuni (e cioe' ricompresi nella base quinquennale di riferimento), e precisamente gli anni 1984, 1985 e 1986, per i quali sia il tetto retributivo sia i versamenti contributivi erano identici, sono venuti invece a "pesare" in maniera diversa nelle due posizioni, solo in funzione della data del pensionamento. E mentre questo giudice non dubita che, anche alla luce delle decisioni della Corte citate, sia ricompresa nel limite di ragionevole discrezionalita' la decisione del legislatore, di aumentare il tetto soltanto a decorrere da una certa data, e anche di "rivalutare" i contributi di un solo quinquennio (e non anche di quelli degli anni precedenti), viceversa piu' problematica appare la decisione di consenire di computare sino al doppio (e sempre che la retribuzione in allora lo consentisse) i contributi del quinquennio 1983-1987, ma solo per chi e' andato in pensione dopo il 1º gennaio 1988. La Corte ha infatti affermato, con la decisione n. 1/91 - nel dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.-l. n. 379/1987 nella parte in cui non dispone in favore dei dirigenti statali collocati a riposo anteriormente al 1º gennaio 1979 la liquidazione della pensione - che il legislatore non ha esercitato il potere discrezionale attribuitogli secondo i canoni di razionalita' e ragionevolezza nel momento in cui ha diviso " .. nettamente i dirigenti pensionati in due gruppi, nonostante che essi appartenessero alla stessa categoria ed avessero svolto identico lavoro, concedendo agli uni la riliquidazione della pensione nei suddetti termini ed agli altri la mera perequazione". In sostanza nel caso di specie si e' in presenza di una diversita' di trattamento fra appartenenti alla medesima categoria derivante (almeno parzialmente) da un diverso valore dato alla identica contribuzione e relativa agli stessi periodi. Certo e' possibile sostenere che la fattispecie presa in considerazione dalla sentenza n. 1/1991 attiene ad una categoria particolarmente omogenea anche sotto il profilo retributivo quale quella dei dipendenti statali, omogenita' probabilmente non riscontrabile nella categoria dei dirigenti privati, le cui retribuzioni sono distribuite su un ventaglio molto ampio, ancorche' unificato nell'ottica contributiva. Ma una valutazione di tale aspetto sembra al pretore che sia opportuno venga demandata alla Corte, non apparendo la questione "manifestamente infondata". Piu' specificamente questo giudice prospetta la possibilita' che la Corte modifichi il comma n. 2- bis dell'art. 3 del d.-l. n. 86/1988, cosi' come modificato dalla legge di conversione n. 160/1988, nel senso di eliminare l'inciso "con decorrenza a partire dal 1º gennaio 1988"; tale eliminazione non farebbe venir meno l'individuazione di un nuovo tetto retributivo solo a decorrere dal 1º gennaio 1988, ne' amplierebbe l'intervallo quinquennale (1983-1987) nel quale le retribuzioni annue possano venire prese in considerazione entro il limite pari al doppio dei massimali annui I.N.P.D.A.I. in vigore nel suddetto quinquennio; l'eliminazione dell'inciso consentirebbe quindi solo a coloro che siano andati in pensione in un momento ricompreso in tale quinquennio, di poter godere anch'essi di un (eventuale) raddoppio dei massimali annui di retribuzione, per gli anni di tale quinquennio utili ai fini del calcolo della retribuzione cui commisurare la base pensionistica, nell'ambito delle individuali ultime 260 settimane di contribuzione; e poiche' i tre ricorrenti de quibus, come riconosciuto dall'I.N.P.D.A.I., avevano goduto a suo tempo di una retribuzione che sarebbe stata "capiente" sotto il profilo del raddoppio della base contributiva, dall'eventuale accoglimento della eccezione essi ricaverebbero un aumento pensionistico piu' rilevante di quello determinato dalla sola perequazione: di qui la rilevanza della questione. In tal modo viene anche superata la formale eccezione sollevata dall'ente convenuto, che ritiene non deducibile davanti alla Corte il decreto ministeriale n. 422/1988, che ha appunto stabilito, in ottemperanza alla normativa citata, che le pensioni aventi decorrenza successiva al 31 dicembre 1987 siano computate " .. secondo le percentuali di commisurazione indicate nella tabella di cui al terzo comma, per una quota eccedente il limite massimo di retribuzione lorda in vigore nei singoli periodi, entro un importo non superiore al doppio del limite stesso". La norma di cui viene prospettata l'eventuale modifica ad opera della Corte, infatti, non e' quella di natura regolamentare piu' sopra citata, ma l'art. 3 del d.-l. n. 86/1988, convertito con la legge n. 160/1988, poiche' e' tale disposizione che limita i meccanismi rivalutativi attinenti al quinquennio 1983-1987 solo a coloro che sono andati in pensione dopo il 1º gennaio 1988.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; Solleva questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, del d.-l. n. 86/1988, cosi' come convertito dalla legge n. 160/1980, nella parte in cui limita il raddoppio dei massimali annui del quinquennio 1982-1987 solo nei confronti di coloro che sono andati in pensione " .. con decorrenza a partire dal 1º gennaio 1988", per contrasto con l'art. 3 della Costituzione; Ordina alla cancelleria la trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale, disponendone la notifica alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Sospende il processo. Torino, addi' 12 maggio 1992 Il pretore: (firma illeggibile) Depositato in cancelleria, oggi 13 maggio 1992. Il funzionario di cancelleria: RUSCAZIO 92C0747