N. 349 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 1992

                                N. 349
 Ordinanza emessa il 15 aprile 1992 dal tribunale militare  di  Padova
 nel procedimento penale a carico di Gentile Giuseppe
 Processo penale - Procedimenti in corso per il medesimo fatto presso
    giudici  diversi  (ordinario e militare) - Denunciato conflitto di
    giurisdizione - Lamentata omessa  previsione  di  sospensione  dei
    procedimenti  fino  alla risoluzione dello stesso - Compromissione
    dei diritti fondamentali  dell'imputato  con  aggravio  della  sua
    situazione  -  Elusione  del  principio  del  giudice  naturale  -
    Conseguente esercizio di  giurisdizione  su  reato  estraneo  alla
    stessa    -   Contrasto   con   l'esigenza   di   buon   andamento
    dell'amministrazione della giustizia - Eccesso di delega.
 (C.P.P. 1988, art. 30, terzo comma).
 (Cost., artt. 2, 3, 25, 76, 77, 97 e 103).
(GU n.28 del 1-7-1992 )
                         IL TRIBUNALE MILITARE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  contro  Gentile
 Giuseppe,  nato  il  10  dicembre  1935 a Buscemi (Siracusa), atto di
 nascita n. 50/A.I., residente a Treviso in via Grado n. 6, coniugato,
 incensurato;  mar.  magg.  in  congedo  gia'   nella   stazione   dei
 carabinieri  di  Roncade  (Treviso),  libero,  imputato  di  peculato
 militare continuato (artt. 81 cpv., del  c.p.  e  215  del  c.p.m.p.)
 perche',  maresciallo  comandante  la  stazione  dei  carabinieri  di
 Roncade, avendo, per ragioni inerenti il suo incarico  di  comandante
 di stazione, il possesso di bollettari per contravvenzioni e di somme
 di  denaro  frutto  di  proventi  contravvenzionali  con  piu' azioni
 distinte, ma esecutive  di  un  medesimo  disegno  criminoso,  indate
 imprecisate comunque anteriori all'8 agosto 1991 si appropriava di n.
 50  bollettari  serie  L  dal numero 0050001 al 0055000, appartenenti
 all'a.m.   nonche'   di   lit.   6.880.000    costituenti    proventi
 contravvenzionali, pure appartenenti all'a.m.
                            FATTO E DIRITTO
    Prima  che  venisse  dichiarata  l'apertura  del  dibattimento, la
 difesa, nella considerazione che contro l'imputato  Gentile  Giuseppe
 per il medesimo fatto (qualificato peculato ex art. 314 c.p.) procede
 anche  il giudice ordinario, il quale il 19 marzo 1992 ha pronunciato
 sentenza (non ancora passata in giudicato) su richiesta delle parti a
 norma dell'art. 444 del c.p.p., e che inoltre lo stesso g.i.p. presso
 questo  tribunale  militare  il  28  febbraio  1992  ha  rilevato  la
 situazione di conflitto di giurisdizione ed attivata la procedura per
 la  sua  risoluzione (artt. 30 e 31 del c.p.p.), ha chiesto il rinvio
 del dibattimento in attesa del  giudicato  e  della  decisione  della
 Corte di cassazione.
    Il  pubblico  ministero,  da  parte  sua, ha osservato che, per la
 disposizione dell'art. 30, terzo comma, del c.p.p., il  conflitto  di
 giurisdizione  e  la  conseguente  ordinanza  non possono determinare
 alcuna sospensione dei procedimenti in corso. Ha eccepito,  tuttavia,
 l'incostituzionalita'  della citata norma processuale, apparentemente
 in contrasto con plurimi principi costituzionali  (artt.  2,  3,  25,
 primo comma, 76 e 77, 97 e 103, terzo comma).
    Questo  tribunale  militare  concorda  con l'orientamento espresso
 dalla parte  pubblica,  sia  nel  senso  di  non  poter  disporre  la
 sospensione  del  procedimento  o un rinvio del dibattimento, sia per
 quanto riguarda i dubbi sulla legittimita'  costituzionale  dell'art.
 30, terzo comma, del c.p.p.
    La  norma  che  stabilisce  la  prosecuzione,  sino  alla sentenza
 risolutiva della Cassazione, dei  procedimenti  in  conflitto  (senza
 dubbio  innovativa  rispetto  alla  disciplina  desumibile secondo la
 prevalente giurisprudenza e dottrina dall'art. 53 del  c.p.p.  1930),
 costringe  l'imputato  a  difendersi  per un medesimo fatto dinanzi e
 piu'  giudici,  con  evidente   compromissione   dei   suoi   diritti
 fondamentali   e   sostanziale   ingiustificato  aggravio  della  sua
 situazione  nei  confronti  dell'autorita'  (artt.  2   e   3   della
 Costituzione).
    I  procedimenti  in  conflitto, nelle more del giudizio risolutivo
 possono persino giungere, uno solo o anche tutti e due, al giudicato:
 pertanto,  l'art.  30,  terzo  comma,  permette  che  l'imputato  sia
 distolto   dal   giudice   naturale  (art.  25,  primo  comma,  della
 Costituzione) e, quando si tratti di conflitto tra giudice  ordinario
 e  giudice  militare,  che  quest'ultimo conosca di un reato estraneo
 alla sua giurisdizione (art. 103, terzo comma, della Costituzione).
    E' evidente che con la decisione della Cassazione  viene  caducata
 ogni   anomalia  inerente  al  conflitto  ed  alla  prosecuzione  dei
 procedimenti. Tuttavia, appare in contrasto con l'esigenza  del  buon
 andamento dell'amministrazione della giustizia (art. 97, primo comma,
 della  Costituzione)  la  norma  secondo  cui,  sino al momento della
 risoluzione del conflitto, la  pluralita'  dei  procedimenti  per  un
 medesimo  fatto  debba  andare avanti il piu' possibile, senza alcuna
 sospensione.
    L'innovazione posta dall'art. 30, terzo comma, non trova,  infine,
 riscontro nel criterio direttivo n. 15 della legge-delega (artt. 76 e
 77 della Costituzione).
                               P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non manifestamente infondata e rilevante la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 30, terzo comma, del c.p.p., in
 relazione agli artt. 2, 3, 25, primo comma, 76 e 77, 97,  103,  terzo
 comma, della Costituzione;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che l'ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente
 del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti dei  due  rami
 del Parlamento.
      Padova, addi' 15 aprile 1992
                    Il presidente estensore: ROSIN
                                Il collaboratore di cancelleria: DARIO
 92C0754