N. 291 SENTENZA 4 - 22 giugno 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Circolazione stradale - Autoveicoli - Ipoteca  legale  -  Distruzione
 del  bene  - Trattamento sanzionatorio penale - Eccesso di tutela per
 il creditore - Autonoma repressione di un comportamento fraudolento -
 Non fondatezza.
 
 (R.D.-L. 15 marzo 1927, n. 436,  art.  10,  convertito  in  legge  19
 febbraio 1928, n. 510).
 
 (Cost.,  artt.  2,  3,  secondo  comma,  13, 25, secondo comma, e 27,
 secondo e terzo comma).
(GU n.28 del 1-7-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 10 del regio
 decreto-legge 15 marzo 1927, n.  436  (Disciplina  dei  contratti  di
 compravendita  degli autoveicoli ed istituzione del pubblico registro
 automobilistico  presso  le  sedi  dell'automobile  club   d'Italia),
 convertito  nella  legge  19  febbraio  1928,  n.  510,  promosso con
 ordinanza emessa il 13 settembre 1991 dal  Giudice  per  le  indagini
 preliminari   presso   la   Pretura   Circondariale  di  Matera,  nel
 procedimento penale a carico di Bronzino Domenico  Antonio,  iscritta
 al  n.  721  del  registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n.  51,  prima  serie  speciale  dell'anno
 1991;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 1› aprile 1992 il Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del procedimento penale  contro  Bronzino  Domenico
 Antonio,  iniziato  a  seguito  di querela della Fiat Sava s.p.a., il
 Giudice per le indagini preliminari della  Pretura  circondariale  di
 Matera,  richiesto  dal  Procuratore  della  Repubblica  presso detta
 pretura di disporre il sequestro preventivo dell'autoveicolo  oggetto
 di  "ipoteca  legale"  e non rinvenuto dall'ufficiale giudiziario, ha
 sollevato  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 10
 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436,  in  relazione  agli  artt.  2,  3,
 secondo  comma,  13,  25,  secondo  comma, 27, secondo e terzo comma,
 della Costituzione.
    2. - Ha premesso il remittente  che  la  "piu'  evoluta  dottrina"
 considera come cardine del moderno diritto penale il "principio della
 necessaria lesivita' (od offensivita') del reato".
    Secondo  questo  principio,  un  comportamento  diventa oggetto di
 sanzione penale solo quando metta in pericolo o leda "beni  giuridici
 di  rilievo"  (quelli  posti  a  presidio delle condizioni essenziali
 della convivenza civile o che  sono  piu'  meritevoli  di  protezione
 giuridica).
    Espressione  di  tale  fondamentale  cardine  del  diritto  penale
 sarebbe il principio di riserva di legge in materia penale (art.  25,
 secondo  comma,  della Costituzione), quello della personalita' della
 pena (art. 27, primo comma, della  Costituzione),  quello  della  sua
 funzione  rieducativa  (art.  27,  terzo  comma, della Costituzione),
 quello della inviolabilita' e normale incoercibilita' della  liberta'
 personale (art. 13 della Costituzione), quello della dignita' umana e
 della   persona   (art.  2  della  Costituzione)  e,  infine,  quello
 dell'abbattimento degli ostacoli economici e sociali che ne  limitano
 lo sviluppo (art. 3 della Costituzione).
    Dalla lettura della normativa costituzionale bisognerebbe desumere
 i  beni  per  i  quali  trova  "eccezionale  legittimazione la tutela
 penale" e, quindi, in essa occorrerebbe trovare il  criterio  per  il
 controllo della legislazione esistente.
    3.   -  La  norma  impugnata  prevede  la  sanzione  penale  della
 reclusione sino a sei mesi e della multa sino a lire 100.000 per chi,
 possedendo  o  detenendo  un  autoveicolo   oggetto   di   privilegio
 debitamente  iscritto,  lo  distrugga,  lo  guasti,  lo deteriori, lo
 occulti ovvero lo sottragga alla garanzia del creditore privilegiato.
    Si tratterebbe, ad avviso del remittente, di una  "stravagante  ed
 anomala   ipotesi  di  responsabilita'  penale  per  il  pericolo  di
 inadempimento  di  obbligazioni  civilistiche"   che,   insieme   con
 l'omologo e coevo art. 10 del r.d.l. 29 luglio 1927, n. 1509 (in tema
 di  ordinamento  del  credito  agrario),  costituirebbe un relitto di
 tempi ormai lontani. Con esse si accordava protezione a beni che oggi
 non  appaiono  piu'  meritevoli  di  tutela   penale.   Infatti,   il
 legislatore  non  sanzionerebbe  piu'  penalmente  le mere violazioni
 contrattuali, anche se capaci di provocare gravi danni  patrimoniali,
 ma   soltanto   certe   modalita'   di   aggressione  del  patrimonio
 (sottrazione materiale della cosa, nel furto;  induzione  in  errore,
 nella  truffa;  approfittamento  dello  stato di bisogno, nell'usura;
 proposito di non adempiere e  dissimulazione  del  proprio  stato  di
 incapacita' patrimoniale, nell'insolvenza fraudolenta).
    Mantenere  in  vita  un  siffatto reato significherebbe far ancora
 riecheggiare il triste ricordo dell'arresto per debiti.
    4. -  La  struttura  del  reato,  che  secondo  il  remittente  si
 configura  come  reato di pericolo presunto, si porrebbe in contrasto
 con il principio costituzionalizzato di  necessaria  lesivita'.  Come
 tale  esso  verrebbe  a:  violare  i  parametri  costituzionali sopra
 indicati; comprimere  ingiustificatamente  i  valori  della  dignita'
 umana   e   della   liberta'  personale;  creare  una  ingiustificata
 disparita' di trattamento tra le varie categorie di creditori.  Sotto
 tale  ultimo  profilo  la  norma  accorderebbe  tutela penale solo ai
 venditori e finanziatori dell'acquisto di autoveicoli o, comunque, ai
 creditori con privilegio sui detti beni. Penalizzerebbe inoltre,  fra
 tutti  i  debitori,  i  soli  possessori o proprietari o detentori di
 autoveicoli oggetto di privilegio.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  della  Pretura
 circondariale di Matera dubita, in relazione agli artt. 2, 3, secondo
 comma,  13,  25,  secondo  comma,  27,  secondo  e terzo comma, della
 Costituzione, della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10  del
 regio  decreto-legge  15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti
 di  compravendita  degli  autoveicoli  ed  istituzione  del  pubblico
 registro   automobilistico   presso   le  sedi  dell'automobile  club
 d'Italia), convertito in legge 19 febbraio 1928, n.  510,  norma  che
 punisce  con  la  reclusione  sino  a sei mesi e la multa sino a lire
 100.000  chi,  possedendo  o  detenendo  un  autoveicolo  oggetto  di
 privilegio   debitamente   iscritto,  lo  distrugga,  lo  guasti,  lo
 deteriori, lo occulti ovvero lo sottragga alla garanzia del creditore
 privilegiato.
    2.  -  Gli  argomenti  posti  a   base   dell'ordinanza,   sebbene
 formalmente tutti incentrati sulla pretesa costituzionalizzazione del
 principio  della  cosiddetta  necessaria offensivita' o lesivita' del
 bene protetto, in  considerazione  dell'argomento  sostanziale,  pure
 svolto nella parte finale del provvedimento, sulla pretesa disparita'
 di  trattamento  fra  le  varie  categorie  di  creditori e debitori,
 possono ben ascriversi a due  gruppi  distinti.  E  come  tali  vanno
 separatamente esaminati.
    3.  -  Con l'enunciazione del principio di necessaria offensivita'
 (o lesivita') del bene protetto dalla norma,  il  giudice  remittente
 intende  sottoporre  all'attenzione  della Corte la necessita' che il
 comportamento previsto quale  oggetto  di  sanzione  penale  leda  o,
 quanto  meno, ponga necessariamente in pericolo un bene giuridico. La
 sanzione  penale,  inoltre,  dovrebbe  essere  -  in  un  ordinamento
 liberaldemocratico - una extrema ratio, e l'intervento punitivo dello
 Stato  limitarsi  a  un ambito ristretto, essendo la sanzione posta a
 presidio delle condizioni essenziali del vivere  civile  e  dei  beni
 (quando  non diversamente tutelabili) socialmente ritenuti meritevoli
 della sanzione penale.
    Nella specie, vi sarebbe invece tale dissonanza con  l'ordinamento
 e con la gerarchia dei valori dei beni socialmente rilevanti al punto
 che,  per  il  Giudice  remittente, questa fattispecie riecheggerebbe
 addirittura l'arcaico istituto dell'arresto per debiti.
    Al di la' dell'enfasi argomentativa, l'ordinanza rileva un eccesso
 di tutela accordata al creditore sino al  punto  di  classificare  il
 reato in esame come delitto: sproporzione che si paleserebbe di tutta
 evidenza  rispetto  alla  "scarsa  considerazione  sociale  del  bene
 compromesso" e "dell'entita' dell'offesa arrecata".
    I comportamenti sanzionati dalla norma non  sembrerebbero  infatti
 raggiungere,   oggi,   un  livello  di  gravita'  tale  da  risultare
 intollerabili per il contesto  sociale  o,  comunque,  non  ovviabili
 mediante il ricorso alle sole forme di tutela civile.
    4.  - Il giudice a quo sottolinea come il legislatore non sanzioni
 mai penalmente le mere violazioni contrattuali, anche  quelle  capaci
 di provocare gravi danni patrimoniali.
    Il  ragionamento  e'  solo  parzialmente  esatto.  A ben osservare
 l'ampio ventaglio di fattispecie disegnate dal legislatore, questi ha
 mostrato di accordare una qualche tutela al rapporto di obbligazione,
 quand'anche  sia  ancora  in  corso   il   procedimento   civile   di
 accertamento.  Cosi'  come ha fatto, ad esempio, con la previsione di
 cui al primo comma dell'articolo 388 del codice penale.
    Tale fattispecie, che sanziona tutti quegli atti volti a provocare
 un danneggiamento di  carattere  economico  e  giuridico  della  cosa
 propria,  i  quali  si  riflettono  pero' sulle legittime aspettative
 altrui che si concretano in  un  diritto  di  prelazione  della  cosa
 stessa,  e'  assai  prossima  a  quella  censurata con l'ordinanza di
 rimessione.  Con  essa  si  colpisce  pur  sempre  un   comportamento
 fraudolento,  atteso  che  il  bene su cui vi e' garanzia resta nelle
 mani dell'acquirente, e costui lo occulti o distrugga.
    A un piu' attento  esame,  dunque,  il  remittente  ha  omesso  di
 considerare proprio questo profilo, finendo per schiacciare la figura
 incriminatrice  di cui all'articolo 10 del regio decreto-legge n. 426
 del 1927 sul piano del mero torto contrattuale, cosi' depurandolo  in
 modo   forzoso   d'una   qualunque  maliziosita'  da  parte  del  suo
 responsabile.
    5. - In realta', la fattispecie esaminata germina - non e' un caso
 - sul nuovo terreno costituito dallo speciale regime di  circolazione
 di  quei  beni  mobili particolari che sono gli autoveicoli. La nuova
 normativa  nacque,  secondo   l'unanime   interpretazione,   per   la
 diffusione  dell'autoveicolo  a mezzo di vendite rateali o a credito.
 Ma l'istituzione del Pubblico Registro Automobilistico non fu che una
 conseguenza imposta da finalita' privatistiche di garanzia: prima fra
 tutte la necessita' di annotare il diritto di garanzia (il cosiddetto
 privilegio automobilistico) sul bene trasferito all'acquirente ancora
 debitore del prezzo, o  parte  di  esso,  verso  il  venditore  o  il
 finanziatore  dell'acquisto.  Lo  scopo  di  incentivare  le  vendite
 attraverso l'immediatezza del trasferimento e del godimento del  bene
 postulava  una  garanzia  assimilabile  a  quella  ipotecaria e non a
 quella pignoratizia, certo piu' idonea a tutelare  il  creditore,  ma
 non  anche  (a  causa  del connaturato spossessamento del debitore) a
 incrementare le vendite rateali del  bene.  Di  qui,  la  scelta  del
 legislatore  verso una tutela del creditore (venditore o finanziatore
 dell'acquisto     dell'autoveicolo)     innanzitutto     civilistica,
 caratterizzata  dalla  possibilita'  di  ricorrere  a  un particolare
 procedimento esecutivo (dichiarato  pienamente  legittimo  da  questa
 stessa  Corte con le pronuncie nn. 114 del 1972, 36 del 1968 e 59 del
 1967) che, in deroga ai principi del codice di procedura civile posti
 in tema di esecuzione, sottrae la materia al principio nulla executio
 sine titulo.
    Tutela civilistica cui fa seguito,  con  cio'  rafforzandola,  una
 forma  di tutela penale disegnata dal censurato articolo 10 del regio
 decreto-legge n. 426 del 1927, che consente  una  certa  effettivita'
 del  recupero  del  bene attraverso la minaccia della sanzione penale
 (irrogabile solo dopo la querela del venditore  o  finanziatore,  che
 puo'  del  pari rimetterla). Essendo l'autoveicolo un bene mobile, e'
 assai facile sottrarlo a un prevedibile sequestro  o  pignoramento  -
 specie  quando  ci  sia mala fede - anche in considerazione del fatto
 che esso non e' oggetto di pegno,  e  dunque  di  spossessamento,  ma
 appunto di "ipoteca mobiliare" (che non comporta spossessamento).
    6.  -  L'originaria genesi privatistica della disciplina in ordine
 alla pubblicita' automobilistica, peraltro gia' posta in collegamento
 con una piu' specifica sul  versante  amministrativo  riguardante  la
 legittimazione  oggettiva  - ovverosia quella concernente i controlli
 pubblici sull'idoneita' del veicolo alla circolazione -, e' divenuta,
 con  il  tempo,  un   imprescindibile   riferimento   per   l'attuale
 regolamentazione   dell'intero   settore,   poiche'   coinvolge   una
 pluralita' di aspetti, tutti facenti capo alla comoda possibilita' di
 individuazione dell'intestatario  dell'autoveicolo  (dalla  sicurezza
 stradale,  al regime della responsabilita' civile da circolazione, ai
 controlli  sulla  limitazione  della  circolazione  dei  veicoli  con
 finalita'  di  tutela della salute, ai profili fiscali concernenti la
 circolazione  degli  autoveicoli).  Si'  che  ne  e'  conseguita  una
 disciplina   assai   complessa,   contrassegnata   da   un  intreccio
 inestricabile fra aspetti privatistici e funzione  pubblicistica  del
 registro per la pubblicita' automobilistica.
    Non  puo'  percio'  parlarsi,  in conclusione, di mera repressione
 penale dell'inadempimento  del  credito  sia  in  considerazione  dei
 profili   pubblicistici   che   la  norma  penale  richiama,  sia  in
 considerazione degli aspetti fraudolenti  della  condotta  delittuosa
 caratterizzante  la fattispecie incriminatrice. E tanto, beninteso, a
 prescindere dalla questione della legittimita'  costituzionale  d'una
 tutela  penale  del  credito, che puo' restare estranea alla presente
 decisione.
    7.  -  Il  secondo  gruppo  di  argomenti  riguarda   il   profilo
 dell'uguaglianza.
    Sebbene   non  enunciato  formalmente,  l'argomento  e'  accennato
 dall'ordinanza allorche' questa lamenta una ingiustificata disparita'
 di trattamento tra le varie categorie di  creditori  ad  opera  della
 fattispecie  incriminatrice.  La  norma  accorderebbe  infatti tutela
 penale solo ai venditori e finanziatori dell'acquisto di  autoveicoli
 o, comunque, ai creditori con privilegio su tali beni. Penalizzerebbe
 per converso, fra tutti i debitori, i soli possessori o proprietari o
 detentori di autoveicoli oggetto di privilegio.
    Vi  sono,  certo,  seri  motivi  di  dubbio,  considerato  che  la
 categoria dei beni mobili registrati, della  quale  fanno  parte  gli
 autoveicoli   ai   quali  si  riferisce  la  garanzia  (che  va  piu'
 correttamente definita come ipoteca),  integra  una  vera  e  propria
 fattispecie legale, che si caratterizza, fra l'altro, per la presenza
 di  un  sistema  di  pubblicita'  che  unifica  i beni e ne determina
 l'inquadramento nell'ambito di un concetto  unitario.  Tale  concetto
 non  richiede  peraltro la uniformita' delle garanzie sotto l'aspetto
 civilistico e penalistico.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   10   del  regio  decreto-legge  15  marzo  1927,  n.  436
 (Disciplina dei  contratti  di  compravendita  degli  autoveicoli  ed
 istituzione  del  pubblico  registro  automobilistico  presso le sedi
 dell'automobile club d'Italia), convertito nella  legge  19  febbraio
 1928,  n.  510,  in relazione agli artt. 2, 3, secondo comma, 13, 25,
 secondo  comma,  27,  secondo  e  terzo  comma,  della  Costituzione,
 sollevata  dal  Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura
 circondariale di Matera con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 22 giugno 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 92C0760