N. 306 SENTENZA 18 giugno - 1 luglio 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Regione Friuli-Venezia Giulia - Inquinamento - Stoccaggio provvisorio
 di rifiuti tossici e nocivi - Previsione, con  legge  regionale,  del
 rilascio  in forma tacita dell'autorizzazione mediante l'introduzione
 del silenzio-assenso nella materia dei rifiuti  tossici  e  nocivi  -
 Prospettato  contrasto con quanto stabilito dalla normativa statale e
 comunitaria che nella materia non prevede  l'istituto  del  silenzio-
 assenso  -  Lamentata  interferenza della regione in materia penale -
 Sussistenza - Illegittimita' costituzionale parziale.
 
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia 4 settembre 1991, n.  41,  artt.
 3, secondo e terzo comma, e 4, quarto comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 25, secondo comma).
 
 Regione Friuli-Venezia Giulia - Inquinamento - Stoccaggio provvisorio
 di  rifiuti  tossici  e nocivi - Ammasso temporaneo di rifiuti nocivi
 all'interno dell'azienda - Esercizio  abusivo  penalmente  sanzionato
 dalla  normativa  statale  -  Previsione,  con legge regionale, della
 possibilita' di continuare l'esercizio abusivo  previa  presentazione
 di  istanza  di  autorizzazione  - Lamentata illegittima interferenza
 della regione in materia penale - Questione relativa  di  norma  gia'
 dichiarata     costituzionalmente     illegittima     -     Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23, artt.  7,
 primo e secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 25 e 116).
(GU n.29 del 8-7-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giuseppe BORZELLINO;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,   prof.   Francesco   Paolo   CASAVOLA,   prof.  Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale a) dell'art. 7,  primo  e
 secondo  comma, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 28 agosto
 1989, n. 23 (Ulteriori norme modificative ed integrative delle  leggi
 regionali 7 settembre 1987, n. 30 e 21 gennaio 1989, n. 1, in materia
 di  smaltimento  dei  rifiuti);  b)  degli  artt. 3, secondo, terzo e
 quarto comma, e 4, quarto comma, della legge regionale Friuli-Venezia
 Giulia 4 settembre 1991, n. 41 (Interventi connessi alle  varie  fasi
 di  smaltimento  dei  rifiuti speciali, tossici o nocivi ed ulteriori
 modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 7 settembre  1987,  n.
 30  e  28  agosto  1989,  n.  23), promosso con ordinanza emessa il 4
 dicembre 1991 dal Pretore di Udine - Sezione distaccata di  Latisana,
 nel  procedimento  penale  a  carico  di Locatelli Luciano, ed altri,
 iscritta al n. 51 del registro  ordinanze  1992  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  7,  prima serie speciale,
 dell'anno 1992;
    Visto l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;
    Udito nella camera di consiglio  del  6  maggio  1992  il  Giudice
 relatore Francesco Greco.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Pretore  di Udine - Sezione distaccata di Latisana, nel
 corso del procedimento penale a carico di Locatelli Luciano ed altri,
 imputati del reato di cui agli artt. 110, 113, codice penale e 26 del
 d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per avere, in concorso  o  comunque
 in  cooperazione  tra loro, nelle rispettive qualita' di Presidente e
 di Consiglieri delegati della ditta ECO s.p.a., effettuato, presso la
 sede dell'azienda, un'attivita' di stoccaggio provvisorio di  rifiuti
 tossici  e  nocivi  senza la prescritta autorizzazione regionale, con
 ordinanza del 4 dicembre 1991 (R.O. n. 51 del 1992), ha sollevato:
       A) questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7,  primo
 e  secondo  comma, della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 28
 agosto 1989, n. 23, in riferimento agli  artt.  3,  25  e  116  della
 Costituzione  (quest'ultimo integrato dalla legge costituzionale n. 1
 del 1963).
    Ha rilevato che, a seguito della  declaratoria  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  15,  quinto  comma,  della legge regionale
 Friuli-Venezia Giulia  7  settembre  1987,  n.  30,  il  quale  aveva
 introdotto  il  concetto  di  ammasso  temporaneo  di rifiuti tossici
 (sent. Corte Cost. n. 370 del 1989), con l'art. 7, primo comma, della
 legge regionale 28 agosto 1989, n. 23, coloro che avevano  presentato
 denuncia  di  ammasso  temporaneo  di  cui al predetto articolo erano
 autorizzati a proseguire la predetta attivita', sempre  che  avessero
 presentato  la domanda di autorizzazione entro sei mesi dalla data di
 entrata  in  vigore  della  legge (termine poi prorogato al 30 giugno
 1990 con l'art. 100 della legge regionale n.  3  del  1990);  con  il
 secondo  comma  dello stesso art. 7 si era consentita la prosecuzione
 dell'attivita' di ammasso temporaneo sino alla data del provvedimento
 di concessione o del  suo  diniego  e,  comunque,  non  oltre  il  31
 dicembre  1990  (termine poi prorogato al 30 aprile 1991 con l'art. 2
 della legge regionale n. 53 del 1990).
    La ECO s.p.a. si era avvalsa di dette  norme  e  aveva  proseguito
 l'attivita' di ammasso temporaneo di rifiuti tossici.
    Ha  osservato  che  con  la  detta  norma (art. 7, primo e secondo
 comma)   la   Regione    travalicava    la    potesta'    legislativa
 costituzionalmente  conferitale, regolando una fattispecie penalmente
 punita e quindi esercitando una potesta' che spetta solo allo  Stato,
 onde  la  violazione  degli  artt. 3, 25 cpv., 116 della Costituzione
 integrato dalla legge costituzionale n. 1 del 1963;
       B) Lo stesso Pretore ha, altresi', sollevato,  con  riferimento
 ai  medesimi  parametri  costituzionali,  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 3, secondo, terzo e  quarto  comma,  e  4,
 quarto  comma,  della  legge  regionale  del  Friuli-Venezia Giulia 4
 settembre 1991, n. 41.
    Ha rilevato che per il regime transitorio l'art. 3, secondo comma,
 stabilisce che per  le  domande  di  autorizzazione  allo  stoccaggio
 provvisorio  di  rifiuti  tossici  e  nocivi di cui all'art. 7, primo
 comma, della legge regionale n. 23 del 1989, nonche' per  le  istanze
 presentate  prima dell'entrata in vigore della legge in questione, la
 relativa  autorizzazione  deve  essere  rilasciata  entro  30  giorni
 dall'entrata  in  vigore della legge medesima, e il quarto comma, che
 tali domande si intendono accolte  qualora,  decorso  inutilmente  il
 suddetto   termine,  non  sia  stato  comunicato  al  richiedente  un
 provvedimento motivato di diniego, introducendo cosi' l'istituto  del
 silenzio-assenso in materia di rifiuti.
    A  identico  risultato  conduce il successivo art. 4, che detta la
 disciplina   generale   attinente   alle   modalita'   di    rilascio
 dell'autorizzazione,  introducendo  il  comma  5-quinquies all'art. 2
 della legge regionale n. 23 del 1989.
    Ad avviso del giudice a quo, risulterebbe leso il principio  della
 riserva  allo  Stato  della  potesta' punitiva penale, considerandosi
 lecita un'attivita' penalmente sanzionata dall'ordinamento  nazionale
 e  travalicate le competenze legislative regionali con l'introduzione
 del silenzio-assenso in materia di stoccaggio provvisorio di rifiuti.
 Le relative norme sarebbero  in  contrasto  con  quelle  fondamentali
 della  riforma  economico-sociale  realizzata con il citato d.P.R. n.
 915 del 1982, e con gli obblighi internazionali assunti  dallo  Stato
 essendo il detto d.P.R. attuativo di direttive C.E.E.
    Infine,  si  sarebbe  verificata disparita' di trattamento tra chi
 effettua uno stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e  nocivi  nel
 Friuli-Venezia  Giulia  e  chi  lo  esercita nel resto del territorio
 nazionale.
    2. - Nel  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  della  Giunta
 regionale   del   Friuli-Venezia  Giulia,  che  ha  concluso  per  la
 inammissibilita' della prima delle questioni sollevate, in quanto  le
 disposizioni  impugnate sono state gia' dichiarate costituzionalmente
 illegittime con sentenza n. 504 del 1991, e per la infondatezza della
 seconda questione, in quanto le  argomentazioni  del  giudice  a  quo
 sarebbero  basate sull'erroneo convincimento che il sistema normativo
 apprestato dal d.P.R. n. 915 del 1982 comporti una  riserva  assoluta
 di  attribuzioni amministrative, che precluderebbe ogni sia pur lieve
 modifica da parte del legislatore regionale.
    3. - Nella imminenza della camera di consiglio il Presidente della
 Giunta regionale ha depositato memoria con  la  quale  sulla  seconda
 questione  ha  rilevato  che lo smaltimento dei rifiuti rientra nella
 materia "urbanistica", di competenza esclusiva della regione  e  che,
 quindi,  per  l'attuazione  delle  direttive  comunitarie,  la  legge
 regionale prevale su quella statale, tranne che per la parte  in  cui
 queste   espressamente  indicano  i  principi  da  seguire.  Inoltre,
 l'introduzione del silenzio-assenso  nel  sistema  autorizzativo  non
 esorbiterebbe dalla sfera della potesta' legislativa regionale, tanto
 piu'  che  esso  e'  ammesso  anche in altre discipline, quale quella
 delle concessioni edilizie (artt. 7 e 8 del decreto-legge 23  gennaio
 1982, n. 9).
    Del  resto,  l'art.  3,  sesto  comma,  della  legge  regionale  4
 settembre  1991,  n.  41,  impone,  in  ogni  momento,  le  eventuali
 prescrizioni   tecniche   necessarie   per  un  corretto  svolgimento
 dell'attivita'.
    Inoltre, in ordine all'aspetto precettistico  delle  norme  penali
 (sent.  Corte Cost. n. 26 del 1966), che e' quello in discussione, la
 riserva penale e' relativa e la definizione di tale aspetto  mediante
 una   forma  alternativa  di  espressione  sarebbe  stata  ampiamente
 adempiuta.
                         Considerato in diritto
    1. - La Corte deve verificare:
       A) se l'art. 7, primo e secondo comma,  della  legge  regionale
 del  Friuli-Venezia  Giulia 28 agosto 1989, n. 23, nella parte in cui
 prevede, sia pure in via transitoria, la possibilita'  di  continuare
 l'abusivo  ammasso temporaneo di rifiuti tossici e nocivi all'interno
 dell'azienda, previa presentazione della domanda  di  autorizzazione,
 violi  gli  artt.  116, integrato dalla legge costituzionale n. 1 del
 1963 (Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia), 3 e  25,  secondo
 comma, della Costituzione;
       B)  se  l'art.  3,  secondo,  terzo e quarto comma, e l'art. 4,
 quarto comma, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 4 settembre
 1991, n. 41, nella parte in cui, in materia di rifiuti  tossici,  sia
 in  regime  transitorio che in via definitiva, introducono l'istituto
 del silenzio-assenso prevedendo la possibilita' di una autorizzazione
 tacita per  l'esercizio  dell'attivita'  di  stoccaggio  provvisorio,
 violino  gli artt. 116, integrato dalla legge Costituzionale n. 1 del
 1963 (Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia), 3 e  25,  secondo
 comma, della Costituzione.
    In entrambe le fattispecie si sarebbero verificati:
       a)  un  travalicamento della sfera delle competenze legislative
 regionali, essendosi legiferato in materia nella quale  sussiste  una
 legislazione statale di principio, emanata in adempimento di obblighi
 comunitari  (  il  d.P.R.  n.  915  del  1982, attuativo di direttive
 C.E.E.);
       b) una irrazionale discriminazione tra coloro che operano nella
 suddetta Regione e coloro che operano in altre regioni;
       c) la lesione del principio della riserva statale in materia di
 legislazione  penale,  trattandosi  di  una  fattispecie  (stoccaggio
 provvisorio non autorizzato) penalmente punita.
    2. - La questione sub A)  deve  essere  dichiarata  inammissibile,
 perche'   la   disposizione   impugnata   e'  gia'  stata  dichiarata
 costituzionalmente illegittima (sentenza n. 504 del 1991) e,  quindi,
 espunta dall'ordinamento.
    3. - La questione sub B) e' fondata.
    La Regione Friuli-Venezia Giulia, a seguito della dichiarazione di
 illegittimita'  costituzionale  (sent. n. 370 del 1989) dell'art. 15,
 quinto comma, della legge regionale del 7 settembre 1987, n. 30,  che
 non  richiedeva l'autorizzazione regionale per alcuni casi di ammasso
 temporaneo di rifiuti tossici e nocivi, ha ridisciplinato la  materia
 con  l'art.  3  della  legge  regionale 4 settembre 1991 n. 41, dando
 possibilita' agli esercenti la detta attivita' in regime  transitorio
 di chiedere l'autorizzazione regionale entro certi termini.
    Dopo  avere  disposto  che la richiesta autorizzazione deve essere
 rilasciata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore  della
 legge  stessa,  ha  previsto  (quarto  comma)  che  le domande devono
 intendersi  accolte  qualora  entro  il  suddetto  termine  non   sia
 intervenuto il provvedimento autorizzativo o il diniego motivato.
    In  tal  modo,  nella  materia  di  cui  trattasi,  ha  introdotto
 l'istituto del silenzio-assenso, ovvero ha previsto  la  possibilita'
 della autorizzazione tacita in luogo di quella espressa.
    Lo  stesso istituto e' stato previsto, per la disciplina generale,
 dal  comma  quinto-quinquies,  aggiunto  all'art.  15   della   legge
 regionale  n.  30  del 1987, come modificato dall'art. 16 della legge
 regionale 28  novembre  1988,  n.  65,  e  dall'art.  2  della  legge
 regionale 28 agosto 1989, n. 23.
    In   tal  modo  non  viene  compiuta  nessuna  indagine  e  nessun
 accertamento sull'esistenza delle  condizioni,  sopratutto  tecniche,
 richieste  per  l'esercizio  dell'attivita'  di  cui  trattasi ed, in
 particolare, sulle misure e sugli  accorgimenti  da  apprestarsi  per
 evitare  che  dall'attivita'  medesima  derivino  danni alla salute e
 all'ambiente, in relazione alla natura tossica e nociva  dei  rifiuti
 accumulati.
    3.1.  -  Ora,  le  direttive  C.E.E.  n.  75/442,  76/403 e 78/319
 qualificano quella di smaltimento di rifiuti tossici  e  nocivi  come
 attivita'   di   pubblico  interesse  da  controllare  accuratamente;
 stabiliscono che essa debba  essere  soggetta  ad  autorizzazione  da
 parte  delle  autorita'  competenti  secondo le legislazioni dei vari
 Stati  membri  e  prevedono  che  l'autorizzazione  sia  espressa   e
 specifica,  nel  senso  che debbono indicarsi quale o quali attivita'
 siano consentite ed a quali condizioni, con riferimento  alla  natura
 dei  luoghi,  al  tipo  di  attivita',  ai  modi e alla quantita' dei
 rifiuti, alla capacita' economica e professionale  dell'imprenditore,
 alle esigenze primarie di protezione della salute e dell'ambiente, ai
 molteplici  criteri di economicita' ed efficenza, alla pianificazione
 economica e territoriale.
    La piu' recente direttiva n. 91/156 del 18 marzo 1991, a  modifica
 della  direttiva  n. 75/442, da recepirsi dagli Stati membri entro il
 1› aprile 1993, dispone, tra l'altro (art. 9), che le  autorizzazioni
 devono  riguardare,  in  particolare,  i  tipi  e  i  quantitativi di
 rifiuti, le precauzioni da prendere in materia di sicurezza, il luogo
 di smaltimento e il metodo di trattamento. In via generale  ribadisce
 (art.  4) che si debbano adottare le misure necessarie per assicurare
 che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per  la  sa-
 lute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero re-
 care pregiudizio all'ambiente.
    3.2.  -  Con  il d.P.R. n. 915 del 1982 si e' data attuazione alle
 suddette direttive.
    Rivestono la portata di norme di principio quelle disposizioni del
 decreto  che,  in  stretta  correlazione  con  la  esigenza  di  dare
 attuazione   alle  direttive  comunitarie,  delineano  gli  obiettivi
 essenziali  e  i  limiti  di  operativita'  della  disciplina   dello
 smaltimento dei rifiuti (sentenza n. 192 del 1987).
    In particolare, si tratta delle disposizioni contenute negli artt.
 1  e  2,  in  cui  si  fissano le regole generali per la inderogabile
 necessita' di evitare ogni  rischio  di  inquinamento  e  di  degrado
 dell'ambiente.
    L'art.  4  regola  le  competenze dello Stato al quale spettano le
 funzioni di indirizzo, promozione, consulenza e  coordinamento  delle
 attivita' connesse con la attuazione del decreto, come espressione di
 siffatte  funzioni,  e,  tra  l'altro  (p.f),  la  determinazione dei
 criteri generali per il  rilascio  delle  autorizzazioni  relative  a
 tutte  le  fasi  dello  smaltimento  dei  rifiuti,  ivi  compreso  lo
 stoccaggio provvisorio, prevedendosi poi  (art.  26)  come  reati  le
 attivita' svolte senza l'autorizzazione.
    Le  suddette competenze e la connessa emanazione di norme tecniche
 sono correttamente volte a definire i principi di massima e i criteri
 generali da osservarsi nel settore per  assicurare  le  indefettibili
 esigenze   di   uniformita'  alle  quali  deve  ispirarsi  la  tutela
 dell'ambiente e della salute.
    4.  -  Con  l'art.  6,  in  adempimento  anche   delle   direttive
 comunitarie  le  quali  demandano  agli  stati membri di stabilire le
 autorita'  incaricate,  in  una  determinata  zona,  di  programmare,
 organizzare  e  controllare  le operazioni di smaltimento dei rifiuti
 (art. 5 direttiva n. 75/442, art. 6 direttiva n. 78/319), si conferma
 la competenza regionale in materia gia' trasferita con l'art. 101 del
 d.P.R. n. 616 del 1977 e si demanda  tra  l'altro,  alle  regioni  il
 rilascio delle autorizzazioni.
    Sempre  in  attuazione  delle  direttive  C.E.E.,  all'art. 16, si
 stabilisce che per il  rilascio  dell'autorizzazione,  anche  per  lo
 stoccaggio  provvisorio,  deve  essere  accertata  la rispondenza del
 sito,   dei   metodi   di   trattamento   e   delle   caratteristiche
 dell'impianto, ai requisiti stabiliti nello stesso d.P.R. e che nella
 autorizzazione  dovranno  essere  specificati i tipi e i quantitativi
 massimi trattabili annualmente.
    Sia le direttive C.E.E. che il d.P.R. citato, che ad esse ha  dato
 attuazione,  escludono pertanto che per le fasi dello smaltimento dei
 rifiuti tossici e nocivi  si  possa  fare  ricorso  all'istituto  del
 silenzio-assenso e, cioe', alla autorizzazione tacita.
    5.  -  Anche l'indirizzo giurisprudenziale prevalente e' nel senso
 che, una volta accertata la natura tossica e nociva dei  rifiuti,  il
 regime  delle  attivita'  di  smaltimento  non puo' prescindere dalla
 necessita' di una espressa e specifica autorizzazione regionale, come
 si desume dall'art. 16 del d.P.R n. 915 del 1982.
    Non vi e' spazio per le autorizzazioni tacite e generiche, sia per
 la   dizione   letterale   della  norma,  sia  per  le  finalita'  da
 raggiungere, volte ad assicurare che ogni fase si svolga in  assoluta
 sicurezza  per  la  salute  e  l'ambiente, sulla base di prescrizioni
 puntuali e specifiche dell'atto di autorizzazione.
    Anche l'art. 14 quarto comma, della recente legge n. 241 del  1990
 esclude  la  possibilita'  del  ricorso  al  silenzio-assenso  per le
 amministrazioni dello Stato preposte alla tutela  dell'ambiente,  del
 paesaggio e della salute dei cittadini.
    5.1. - La stessa Corte C.E.E. (sent. del 28 febbraio 1991 in causa
 n.  360/87),  ha  escluso  il  ricorso  al  silenzio-assenso  e  alla
 autorizzazione  tacita  nella   analoga   materia   dell'inquinamento
 provocato da sostanze pericolose. La esclusione e' stata motivata con
 il  rilievo della mancata effettuazione dei controlli necessari prima
 e dopo il  rilascio  dell'autorizzazione  e  dell'accertamento  delle
 condizioni  richieste,  dalle  quali  sorgono  diritti  soggettivi ed
 obblighi in capo alle parti.
    6.  -  In  tale  situazione  risulta  violato  l'art.  116   della
 Costituzione  integrato  dall'art.  4  della  legge Costituzionale 31
 gennaio 1963 n. 1 (Statuto della Regione  Friuli-Venezia  Giulia)  il
 quale  stabilisce  che  la potesta' legislativa regionale si attua in
 armonia   con   la   Costituzione   e   con   i   principi   generali
 dell'ordinamento  dello Stato nonche' con le norme fondamentali delle
 riforme economico-sociali e con  gli  obblighi  internazionali  dello
 Stato.
    Tra  le  materie  indicate  vi  e'  l'urbanistica  che, secondo la
 Regione, comprenderebbe anche la tutela dell'ambiente.
    L'art. 5 della suddetta legge costituzionale  pone  specificamente
 per  la  Regione  l'obbligo  del  rispetto  dei principi fondamentali
 stabiliti dallo Stato  in  alcune  materie  tra  cui  l'igiene  e  la
 sanita'.
    Del  resto  si  e'  gia'  affermato (sent. n. 349 del 1991) che la
 competenza esclusiva delle Regioni,  anche  a  Statuto  speciale,  e'
 destinata  a cedere di fronte all'attuazione di direttive comunitarie
 correlata al rispetto degli  obblighi  internazionali  derivanti  dal
 trattato   istitutivo   della  C.E.E.  e  quindi  in  relazione  alle
 disposizioni  della  legge  statale  direttamente   attuativa   della
 normativa  comunitaria,  nella  misura in cui esse si presentano come
 necessarie al perseguimento della finalita' attuativa.
    Restano assorbite le censure poste in riferimento agli artt.  3  e
 25 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara:
       A)  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo, terzo
 e quarto comma, e dell'art. 4, quarto comma,  della  legge  regionale
 del  Friuli-Venezia  Giulia  4  settembre  1991,  n.  41  (Interventi
 connessi alle varie fasi di smaltimento dei rifiuti speciali, tossici
 o nocivi ed ulteriori modifiche ed integrazioni alle leggi  regionali
 7 settembre 1987, n. 30 e 28 agosto 1989, n. 23), nella parte in cui,
 in  materia  di rifiuti tossici, sia in regime transitorio che in via
 definitiva, introducono l'istituto del  silenzio-assenso,  prevedendo
 la   possibilita'   di  una  autorizzazione  tacita  per  l'esercizio
 dell'attivita' di stoccaggio provvisorio.
       B)   la   manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 7, primo e secondo comma, della
 legge regionale del Friuli-Venezia  Giulia  28  agosto  1989,  n.  23
 (Ulteriori  norme modificative ed integrative delle leggi regionali 7
 settembre 1987, n. 30  e  21  gennaio  1989,  n.  1,  in  materia  di
 smaltimento dei rifiuti), in riferimento agli artt. 3, 25 e 116 della
 Costituzione,  sollevata  dal  Pretore  di  Udine  con  ordinanza  in
 epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 giugno 1992.
                       Il Presidente: BORZELLINO
                          Il redattore: GRECO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 1› luglio 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 92C0791