N. 372 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 febbraio 1992

                                N. 372
 Ordinanza emessa il 13 febbraio 1992 dal tribunale di sorveglianza di
 Perugia nel procedimento penale a carico di Colavito Vittorio
 Ordinamento penitenziario - Beneficio dell'affidamento in prova al
    servizio sociale - Condannati per  gravi  delitti  (nella  specie:
    spaccio  e  associazione  a delinquere finalizzata allo spaccio di
    sostanze stupefacenti  -  Concedibilita'  del  beneficio  solo  in
    assenza  di attuali collegamenti con la criminalita' organizzata -
    Asserita impossibilita' per il  condannato  di  fornire  la  prova
    negativa  in  ordine  alla  sussistenza  dei  collegamenti  con la
    criminalita' accertata  dagli  organi  di  polizia  -  Prospettata
    violazione del diritto di difesa.
 (Legge 12 luglio 1991, n. 203, art. 1, p.p.; d.-l. 13 maggio 1991, n.
    152).
 (Cost., art. 24).
(GU n.29 del 8-7-1992 )
                     IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Sciogliendo  la  riserva  di  decidere espressa all'udienza del 13
 febbraio 1992, ha pronunciato la seguente ordinanza nel  procedimento
 di  sorveglianza iscritto al n. 1190/91 r.g.t.s. promosso da Colavito
 Vittorio nato a Grumo Appulla (Bari) il  24  aprile  1935,  ristretto
 nello   casa  di  reclusione  di  Orvieto  condannato  definitivo  in
 esecuzione della pena di cinque anni e due mesi di reclusione, di cui
 alla sentenza in data 9 maggio 1990 della Corte di appello di Lecce.
    Premesso che il condannato, con istanza del  30  ottobre  1991  ha
 chiesto  l'affidamento  in prova al servizio sociale che l'istante e'
 detenuto dal 9 aprile 1991 con scadenza della pena al 12 agosto 1993;
    Esaminati gli atti  e  sentite  le  conclusioni  del  p.g.  e  del
 difensore,
                           OSSERVA IN FATTO
    Il Colavito Vittorio prima della condanna per la quale e' in stato
 di  detenzione, in espiazione della pena inflittagli di cinque anni e
 due mesi di reclusione per associazione finalizzata allo  spaccio  di
 sostanze  stupefacenti,  era  incensurato  (v.  fg.  22  degli atti):
 espletava attivita' di ragioniere-commercialista  a  Taranto  ed  era
 iscritto nell'albo dei periti del tribunale.
    Coinvolto  in  una vicenda di droga, e' stato condannato alla pena
 su specificata ed e' in detenzione presso la casa  di  reclusione  di
 Orvieto, dove ha costantemente tenuto condotta esemplare e gode della
 fiducia   piu'   completa  della  direzione  dell'istituto  (cfr.  la
 relazione a  fg.  37).  E'  iscritto  alla  facolta'  di  economia  e
 commercio  presso  l'Universita'  degli  studi di Peugia e fruisce di
 regolari permessi, in via eccezionale e ad horas,  per  attendere  ai
 suoi impegni di studio; in occasione di tali permessi non ha mai dato
 luogo a rimarchi di sorta.
    Ha  ancora  da  espiare  un anno e sei mesi di pena e, a' sensi di
 legge, ha chiesto, in data 30 ottobre 1991,  di  essere  affidato  in
 prova  al servizio sociale per riprendere l'attivita' di ragioniere -
 libero professionista - in quel di  Taranto  e  cosi'  poter  seguire
 l'attivita' continuata dal figlio, ragioniere anch'egli.
    Stando  alla formulazione dell'art. 1, prima parte, della legge di
 conversione 12 luglio 1991,  n.  203,  poiche'  le  informazioni  del
 comitato  per  l'ordine e la sicurezza pubbliche presso la prefettura
 competente (quella del luogo di  detenzione  ..  ..³)  risultano,  al
 solito,  fumose  ed  inconcludenti,  senza  escludere il collegamento
 attuale del Colavito Vittorio con la criminalita' organizzata (v. fg.
 35), il tribunale avrebbe dovuto rigettare l'istanza  di  affidamento
 in  prova  al servizio sociale proposta dal predetto Colavito, attesa
 la presunzione ex lege della  sussistenza  dei  collegamenti  di  cui
 sopra  nell'assenza  di  un esplicito riscontro da parte dei comitati
 previsti dalla legge.
    Non  sembra  che  questo  rientri  nella  logica   di   una   equa
 applicazione  del diritto, posto che la pretesa inversione dell'onere
 della  prova  a   carico   dell'interessato,   appare   concretamente
 impossibile, ingiusta ed anticostituzionale.
                           INVERO IN DIRITTO
    La pretesa legislativa deve ritenersi assurda ed impossibile³
    Viene  pretesa  la  prova  positiva  di un fatto negativo e cio' a
 carico di cittadino detenuto da anni e  in  detenzione,  quindi,  con
 limitata  possibilita'  di  azione  nella materiale impossibilita' di
 procurarsi una siffatta prova "diabolica".
    Tanto  a  parere  di questo tribunale di sorveglianza, inficia, in
 concreto, la norma costituzionale dell'art. 24, secondo la quale: "La
 difesa  e'  diritto  inviolabile  in   ogni   stato   e   grado   del
 procedimento",  difesa  che,  nella  fattispecie  di  legge,  non  e'
 esplicabile perche', di fatto impossibile³
   A parere di chi scrive e' lecito pretendere dai  comitati,  che  la
 legge  deputa a fornire informazioni alla magistratura, dei resoconti
 precisi e  dettagliati  in  ordine  ai  collegamenti  attuali  di  un
 detenuto   con   la  criminalita'  organizzata  od  eversiva,  mentre
 nell'ipotesi di riscontri fumosi ed inconcludenti, (ed e' la norma in
 concreto), e' assurdo voler pretendere che sia il  detenuto  a  dover
 fornire  la  prova,  di fatto non fornita, a contrariis, dai Comitati
 competenti: cio' viola la Costituzione e contrasta con il buon  senso
 che  deve  presiedere  ad  ogni  cosa  umana, specie se ha riguardo a
 giustizia, tant'e' che lo stesso p.g. d'udienza  ha  espresso  parere
 favorevole  all'accoglimento  dell'istanza  proposta dal Colavito (v.
 verbale d'udienza).
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; il tribunale  di
 sorveglianza   di   Perugia   solleva   questione   di   legittimita'
 costituzionale e ritenuta, d'ufficio, rilevante e non  manifestamente
 infondata,   con   riferimento  all'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 1, prima parte, della legge di conversione 12 luglio 1991, n. 203;
    Sospende  il  presente  giudizio,  e, ordina la trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale.
    Demanda  alla  cancelleria  di  notificare  l'ordinanza   de   quo
 all'interessato, alla procura generale della Repubblica in sede, alla
 Corte  di  cassazione  e  alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
 nonche' di comunicarla al Presidente del Senato e  della  Camera  dei
 Deputati.
     Cosi' deciso a Perugia, addi' 13 febbraio 1992.
                    Il presidente estensore: POGGI
                           Il collaboratore di cancelleria: MASCALZONI
    Depositato in cancelleria il 17 febbraio 1992.
         Il collaboratore di cancelleria: (firma illeggibile)

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