N. 395 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 1992

                                N. 395
      Ordinanza emessa il 25 febbraio 1992 dal pretore di Milano
     nel procedimento di convalida dell'arresto di Cara Graziella
 Processo penale - Furto aggravato con violenza sulle cose - Prevista
    obbligatorieta' dell'arresto in casi, come quello  di  specie,  di
    danno di lievissima entita' e di reato di nessun allarme sociale -
    Lamentato  egual trattamento tra fattispecie di gravita' diverse -
    Violazione dei principi della legge delega.
 (C.P.P. 1988, art. 380, secondo comma, lett. e)).
 (Cost., artt. 3 e 76; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, dir.
    32).
(GU n.35 del 19-8-1992 )
                              IL PRETORE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di convalida
 dell'arresto effettuato dalla polizia giudiziaria  nei  confronti  di
 Cara Graziella imputata del delitto previsto e punito dagli artt. 56,
 624,  625,  n.  2,  prima  parte, del c.p., perche' al fine di trarne
 profitto  compiva  atti  idonei  diretti  in  modo  non  equivoco  ad
 impossessarsi  di  una gonna e di un tailleur sottraendoli dai banchi
 di  vendita  dei  magazzini  Standa  di  via  Torino,  non  riuscendo
 nell'intento   per   cause   indipendenti  dalla  sua  volonta',  con
 l'aggravante di avere commesso  il  fatto  con  violenza  sulle  cose
 consistita  nella  rottura,  tramite  un  tagliaunghie, delle placche
 antitaccheggio.
    In Milano, il 24 febbraio 1992.
    Il  pretore,  intendendo  sollevare,   d'ufficio,   questione   di
 legittimita'  costituzionale,  ai  sensi  dell'art.  23, terzo comma,
 della legge n. 87/1953, osserva in fatto ed in diritto.
    In data  24  febbraio  1992  alle  ore  18,15,  l'imputata  veniva
 arrestata  da  agenti della polizia giudiziaria in quanto colta nella
 flagranza del reato di furto, ricorrendo  la  circostanza  aggravante
 dell'avere commesso il fatto con violenza sulle cose.
    L'imputata veniva, quindi, presentata all'udienza fissata dal pre-
 tore,  cui  era  stata  data  immediata  notizia dell'arresto, per la
 convalida ed il contestuale giudizio.
    Ritiene questo giudice di non potere pronunciare il  provvedimento
 di  convalida,  dubitando della legittimita' costituzionale dell'art.
 380, secondo comma, lett. e), del c.p.p., nella parte in  cui  impone
 l'arresto nella flagranza del delitto, consumato o tentato, di furto,
 ricorrendo  la  circostanza  aggravante prevista dall'art. 625, primo
 comma, n. 2, prima ipotesi, anche nel caso in cui la  violenza  sulle
 cose abbia cagionato un danno esiguo, tale da non potere integrare un
 deterioramento  di  una  certa consistenza, cio' contrastando con gli
 artt. 76 e 3, primo comma, della Costituzione.
    Occorre in proposito rilevare che la  legge  n.  81/1987,  che  ha
 delegato  al  Governo  l'esercizio  della  funzione  legislativa  per
 l'emanazione  del  nuovo  codice  di  procedura  penale,  ha  fissato
 all'art.  2, n. 32, i principi ed i criteri direttivi tema di arresto
 obbligatorio nella flagranza di reato, stabilendo quali parametri  di
 riferimento  la  sanzione  prevista  per  il  delitto  (criterio c.d.
 quantitativo), ovvero speciali esigenze di tutela della collettivita'
 (criterio c.d. qualitativo).
    In attuazione della legge delega, l'art. 380 del c.p.p.  opera  un
 duplice  ordine di previsioni, distinte a seconda del parametro preso
 a riferimento. In  particolare,  il  comma  secondo  predetermina  le
 fattispecie  delittuose rispondenti alle "speciali esigenze di tutela
 della collettivita'" postulate dalla delega.
    Ritiene il pretore che non tutte le ipotesi indicate  nella  norma
 si    muovano   nell'alveo   dei   criteri   indicati   dalla   Corte
 costituzionale,  nella  sentenza  n.   1/1980,   allorche'   ebbe   a
 pronunciarsi  sul concetto, ancora piu' ampio, di "esigenze di tutela
 della collettivita'", contenuto nell'abrogato art. 1 della  legge  n.
 152/1975.  La  genericita'  della  clausola  venne  allora delimitata
 attraverso il riferimento a reati aventi queste caratteristiche: "uso
 d'armi o di altri mezzi di violenza contro le persone,  riferibilita'
 ad  organizzazioni  criminali  comuni  o  politiche, direzione lesiva
 verso le condizioni di base della sicurezza collettiva o  dell'ordine
 democratico".
    Il  legislatore delegato dimostra di rifarsi ai medesimi contenuti
 laddove specifica in che cosa consistono tali esigenze.
    Cosi' l'art. 274, primo  comma,  lett.  c),  in  attuazione  della
 direttiva  numero  59 che subordina il potere del giudice di disporre
 misure  cautelari  alla  sussistenza  di  esigenze  di  tutela  della
 collettivita',  richiede il concreto pericolo che l'imputato commetta
 "gravi delitti con uso di armi od altri mezzi di violenza personale o
 diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalita'
 organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede".
    Tenuto conto dell'ulteriore circoscrizione  del  concetto  operata
 dal   legislatore   delegante   in   materia  di  arresto  attraverso
 l'aggettivo "speciali", non appare conforme  ai  principi  e  criteri
 direttivi  di  cui  all'art.  2, n. 32), lett. b), prima parte, della
 legge  n.  81/1987,  la  previsione  dell'obbligo  di  arresto  nella
 flagranza  del  delitto di furto, ove ricorra l'aggravante 625, n. 2,
 prima ipotesi del c.p., per lo meno nella sua apoditticita'.
    Infatti, la mancata specificazione che l'esercizio del  potere  di
 arresto  da  parte della polizia giudiziaria debba e possa esplicarsi
 solo nelle fattispecie in cui il furto con violenza  sulle  cose  sia
 tale  da  porre  in  pericolo  le  condizioni di base della sicurezza
 collettiva, determina la necessita' di arresto anche nei casi in  cui
 la  violenza si e' manifestata in un danno estremamente esiguo, quale
 e' quello determinato, ad esempio, dalla  rottura  dell'involucro  in
 cellophane  di  una  musicassetta o dall'asportazione della piastrina
 antifurto da capi di abbigliamento in vendita nei  grandi  magazzini.
 La  sussistenza dell'aggravante e' comunque da ritenere anche in tali
 ipotesi,  essendovi  stato  un  atto  positivo,  materiale,   fisico,
 esercitato  direttamente  sulla  cosa,  con  cui  la  stessa e' stata
 danneggiata, e non rilevando l'eventuale possibilita'  di  reversione
 alla situazione antecedente la menomazione.
    Ritiene  pertanto  il  pretore il contrasto nella norma citata con
 l'art. 76 della Costituzione, sussistendo  un  vizio  di  eccesso  di
 delega   per   esorbitanza   dall'oggetto.   Ed  invero,  la  recente
 giurisprudenza della Corte costituzionale e' particolarmente  attenta
 a porre in luce illegittimita' per contrasto con i principi direttivi
 della  legge  delega,  vertendosi  in  materia  che incide su diritti
 fondamentali della persona (cfr. sentenze nn.  435,  496  e  529  del
 1990; 68, 176 e 250 del 1991).
    Un  ulteriore  profilo  di  illegittimita'  costituzionale  appare
 prospettabile alla  luce  del  principio  di  eguaglianza  (formale),
 tutelato  dall'art.  3,  primo  comma,  della  Costituzione, il quale
 impone trattamenti uguali a parita' di condizioni. Si  tratta  di  un
 vincolo   dettato   per  il  legislatore  ordinario,  nel  senso  che
 l'individuazione delle categorie di soggetti cui  ciascuna  norma  e'
 destinata  (es.  gli  autori  di reato) deve avvenire con criteri che
 evitino di trattare situazioni omogenee in modo differenziato, ovvero
 situazioni disomogenee in modo eguale.
    Nella fattispecie in esame  il  legislatore  delegato  ha  operato
 un'irragionevole  ed  arbitraria  assimilazione  di  trattamento  nei
 confronti di situazioni che, in realta', sono diverse.
    Infatti, l'obbligo di arresto  e'  indifferentemente  previsto  in
 ogni  ipotesi  di furto con violenza sulle cose, a nulla rilevando le
 rilevanti difformita' che, in concreto, possono sussistere  sotto  il
 profilo  del  disvalore  e  di  quello della sintomaticita' del fatto
 (cio' che appare evidente raffrontando le diverse ipotesi di furto di
 musicassetta  con  rottura  della cellophanatura, o di sottrazione di
 ingenti quantita' di denaro  e  preziosi  mediante  perforamento  con
 lancia termica del caveau di istituto di credito).
    Non e' mai consentito all'organo di polizia giudiziaria che coglie
 una  persona  nell'atto  di  commettere  un  reato,  di effettuare un
 giudizio di necessita' della misura dell'arresto  in  relazione  alla
 gravita'  del  fatto od alla pericolosita' del soggetto desunta dalla
 sua personalita' o dalle circostanze dell'azione, come invece  l'art.
 381,  quarto comma, del c.p.p. prevede per fattispecie obiettivamente
 piu' gravi, suscettibili di determinare nella collettivita'  un  piu'
 intenso allarme, quali il furto commesso da persona che porta indosso
 armi, da tre o piu' persone, ovvero con destrezza.
    Nel  caso  di specie si e' proceduto all'arresto malgrado il fatto
 appaia  di  nessuna  rilevanza  sia  sotto  il  profilo   del   danno
 (sottrazione  di  capi  di  abbigliamento  di  limitato  valore ad un
 supermercato) che della violenza  esercitata  (rottura  di  piastrine
 antitaccheggio   e   minimo   deterioramento  dei  capi  stessi)  che
 conseguentementesia minimo o nullo l'allarme sociale determinato  dal
 fatto,  e nonostante che - presumibilmente - la pena irroganda sia di
 lieve   entita'.   Si   consideri   inoltre   che   l'obbligatorieta'
 dell'arresto  impone  la  coercizione anche di soggetti (diversamente
 dal caso di specie) incensurati e/o di giovane eta'.
    Del  resto  di  tali  necessita'  il  legislatore  si   e'   fatto
 recentemente carico per i delitti concernenti sostanze stupefacenti o
 psicotrope,  per  i  quali  l'art.  380, secondo comma, lett. h), del
 c.p.p. prevedeva, nell'originaria formulazione, l'obbligatorieta'  in
 ogni caso dell'arresto in flagranza. L'art. 2 della legge n. 314/1991
 ha  disposto la sostituzione della norma citata con altre che esclude
 l'obbligo laddove per i mezzi, per  la  modalita'  o  le  circostanze
 dell'azione  ovvero  per  la  qualita'  e quantita' delle sostanze, i
 fatti previsti dall'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 risultino di lieve
 entita'.
    Occorre pertanto disporre l'immediata trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale, sospendendo il giudizio di convalida in corso.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23, terzo e quarto comma, della legge n. 87/1953;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e la sospensione del giudizio in corso;
    Ordina  che la presente ordinanza sia notificata al presidente del
 Consiglio dei Ministri e comunicata ai presidenti  delle  due  Camere
 del   Parlamento,  mandando  alla  cancelleria  per  gli  adempimenti
 necessari;
    Ordina l'immediata liberazione dell'arrestata, se non detenuta per
 altra causa, sul rilievo della carenza di ogni  legittimo  titolo  di
 detenzione.
      Milano, addi' 25 febbraio 1992
                          Il pretore: GHEZZI
                              Il collaboratore di cancelleria: PUTORTI
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