N. 410 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 1992

                                N. 410
  Ordinanza emessa il 5 giugno 1992 dall commissione tributaria di 1º
                           grado di Verbania
  sul ricorso proposto da Lomazzi Gian Carlo contro ufficio II.DD. di
                               Verbania
 Tributi in genere - Prevista sospensione del procedimento tributario
    su   richiesta   del  contribuente  che  intenda  avvalersi  della
    definizione agevolata del rapporto tributario - Previsione  di  un
    nuovo  condono  tributario - Ritenuta illeggittimita' dei condoni,
    dovendo gli stessi considerarsi un premio per gli  evasori  ed  un
    incentivo  per  ulteriori evasioni - Irragionevole discriminazione
    dei contribuenti onesti con incidenza sui principi della capacita'
    contributiva e della imparzialita' della pubblica amministrazione.
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 32 e segg.).
 (Cost., artt. 2, 3, 53 e 97).
(GU n.36 del 26-8-1992 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso promosso da
 Lomazzi Gian Carlo, avverso  ufficio  imposte  dirette  di  Verbania.
 Presenti in udienza la rag. Marta Lodari per il ricorrente.
    Sentiti il relatore dott. Marziano Cavazzoni, letti gli atti.
    Lomazzi Gian Carlo, residente in Verbania Pallanza, via Albasini 1
 (esercente  l'attivita'  di  motoscafista),  in  data 22 gennaio 1991
 proponeva ricorso contro l'avviso di accertamento - notificatogli  in
 data  26  novembre  1990  - con il quale l'ufficio imposte dirette di
 Verbania, in seguito a verifica fiscale, aveva rettificato,  ai  fini
 irpef  ed  ilor  1988,  il reddito di impresa minore, elevandolo a L.
 21.225.000 (dichiarato in L. 14.011.000).
    Il ricorrente chiedeva  l'annullamento  dell'impugnato  avviso  di
 accertamento per violazione di legge.
    L'ufficio  imposte  dirette  di  Verbania resisteva al ricorso con
 deduzioni scritte.
    Il ricorrente, in data 3 giugno 1992, faceva  pervenire  a  questa
 Commissione   tributaria   copia   fotostatica   della  dichiarazione
 integrativa (domanda di condono) prevista dagli artt. 32 e ss.  della
 legge  30  dicembre  1991, n. 413, e copia fotostatica della ricevuta
 comprovante la consegna, in data 3 giugno 1992, ad un ufficio postale
 della   lettera   raccomandata   di    trasmissione    dell'anzidetta
 dichiarazione.
    Questo  collegio, constatato che il ricorrente ha inteso avvalersi
 delle disposizioni anzidette ed, in particolare,  di  quella  di  cui
 all'art.  34,  primo comma, della citata legge " ..la controversia si
 estingue se la dichiarazione stessa reca un imponibile non  inferiore
 alla  somma  del  60% dell'imponibile accertato dall'Uffcio ... e del
 15% dell'imponibile dichiarato dal  contribuente  ..",  dovrebbe,  ai
 sensi  dell'art.  34, quinto comma, della legge n. 413/1991, emettere
 ordinanza di estinzione del presente giudizio.
    In base all'art.  34,  quinto  comma,  della  legge  n.  413/1991,
 l'estinzione  del  giudizio  dovrebbe,  quindi,  essere  disposta con
 ordinanza,   che,   nonostante    l'imperfetta    terminologia,    ha
 indubbiamente  natura  ed  effetti  di  sentenza (o di decisione), in
 quanto con essa il giudice si spoglia definitivamente della causa.
    Nella legge, peraltro, non si dice, se tale provvedimento  sia  di
 competenza della commissione (o Sezione) ovvero del suo presidente.
    E  nella fattispecie in esame, a parere di questo collegio, non e'
 applicabile la norma di cui all'art. 19 del d.P.R. n. 636/1972 -  nel
 testo  modificato  con il d.-l. n. 90/1990, convertito nella legge n.
 165/1990 - la quale prevede che nei casi di tardivita' del ricorso  o
 di  cessazione  della  materia del contendere " ..il presidente della
 commissione o il presidente della sezione ..  provvede  a  dichiarare
 estinto il processo con ordinanza".
    Infatti,  nella  presente  fattispecie non ricorre, ovviamente, la
 tardivita' del ricorso ma neanche la  cessazione  della  materia  del
 contendere.  Si  ha  cessazione della materia del contendere soltanto
 quando  l'amministrazione,  in  pendenza  del  giudizio,  annulli   o
 comunque rimuova con effetto ex tunc il provvedimento amministrativo,
 contro  il  quale  e'  stato  proposto  il ricorso. Con la domanda di
 "condono", invece, si ha rinunzia tacita al ricorso.
    La competenza a dichiarare l'estinzione del giudizio  spetta  alla
 Commissione e quindi al collegio e non al Presidente, anche perche' -
 e  questa considerazione rimuove ogni possibile dubbio - non puo' non
 applicarsi, per analogia, la disposizione prevista per  un  "condono"
 di poco anteriore a quello di cui alla legge n. 413/1991.
    Con  l'art.  21,  settimo  comma,  del  d.-l. 2 marzo 1989, n. 69,
 convertito con modificazioni nella legge  27  aprile  1989,  n.  154,
 contenente,  tra  l'altro,  "sanatoria  di irregolarita' formali e di
 minori infrazioni", il legislatore ha espressamente disposto che  "Le
 commissioni,   esaminanti   gli  atti,  dichiarino  l'estinzione  del
 giudizio".
    Ai fini della dichiarazione di estinzione del giudizio quindi - in
 base alla citata disposizione che  richiede  soltanto  l'esame  degli
 atti  -  non  occorre  alcuna  udienza  di  discussione. L'estinzione
 potrebbe essere dichiarata in camera di consiglio.
    Ma questo collegio, convinto della sua competenza ad  emettere  il
 provvedimento  in  oggetto,  ritiene,  uniformandosi all'orientamento
 gia' espresso da questa sezione (ord.  n.  112  e  n.  113,  Gazzetta
 Ufficiale  n. 11/1992), di dover subordinare l'anzidetta ordinanza ad
 un giudizio sulla legittimita' costituzionale delle norme  dalla  cui
 applicazione deriva l'estinzione del presente giudizio.
    Se  le norme introdotte con gli artt. 32 e seguenti della legge n.
 413/1991 fossero costituzionalmente illegittime, questo  giudice  non
 potrebbe  emettere  ordinanaza  di estinzione e il giusdizio dovrebbe
 proseguire. Trattasi, pertanto, di questione "rilevante".
    Questo collegio, pur avendo un interesse personale e  diretto  (un
 interesse   personale  e  diretto³)  a  dichiarare  l'estinzione  del
 giudizio e a non sollevare dubbi di legittimita' costituzionale  (per
 le  decisioni di estinzione, infatti, e' previsto un certo compenso a
 favore dei giudici tributari, mentre non e' previsto  alcun  compenso
 per   le   ordinanze   con   le   quali  si  sollevano  eccezioni  di
 illegittimita' costituzionale³), ritiene di non poter in alcun  modo,
 ne'  diretto  ne'  indiretto,  "avallare" la legittimita' dei condoni
 tributari, almeno  fino  a  quando  dalla  Corte  costituzionale  non
 verra',  se  verra', l'"assoluzione" dei condoni con una pronuncia di
 "manifesta infondatezza".
    I condoni fiscali sono un premio per gli evasori e una beffa per i
 contribuenti onesti, - anche se non manca qualche contribuente onesto
 che, a causa delle  aberrazioni,  finora  sottovalutate,  del  nostro
 sistema tributario, chiede il "condono" - e, quel che e' peggio, sono
 un "invito" ad ulteriori evasioni, con conseguente danno per lo Stato
 e  per  la credibilita' delle sue istituzioni. Sono provvedimenti che
 inducono i contribuenti onesti a imparare dagli evasori e a  pentirsi
 .., non per aver violato la legge, ma per averla osservata.
    Sono,  quindi,  quanto  meno, di dubbia razionalita' (art. 3 della
 Costituzione)  e  antitetici  all'art.  2  della   Costituzione   che
 "richiede  l'adempimento  dei  doveri inderogabili (inderogabili³) di
 solidarieta'  politica,  economica   e   sociale",   tra   i   quali,
 indubbiamente,  e' compreso anche il dovere di "concorrere alle spese
 pubbliche in ragione della propria capacita' contributiva".
    I condoni fiscali, peraltro, contrariamente ad alcune affermazioni
 ufficiali, non risolvono i problemi della finanza pubblica,  anzi  li
 aggravano,  non  solo perche' "rendono" sempre di meno, ma perche' lo
 Stato, pur di riscuotere in tempi brevi alcune migliaia  di  miliardi
 di  lire, rinunzia ad entrate di gran lunga piu' elevate, non solo ad
 entrate che potrebbero essere accertate, ma addirittura (ed e'  forse
 questo l'aspetto piu' irrazionale) ad entrare gia' accertate che, con
 un'opportuna  riforma  legislativa, potrebbero essere riscosse subito
 per intero, salva la tutela cautelare  per  il  contribuente,  e  non
 soltanto nella misura di un terzo.
    Sono   provvedimenti  che,  oltre  a  provocare  un'ingiustificata
 disparita' di trattamento tra i cittadini, arrecano  ulteriori  danni
 ai  contribuenti  onesti  perche', quando occorre contenere il debito
 pubblico che, tra le sue cause, ha anche l'evasione  fiscale,  si  e'
 soliti   adottare  provvedimenti  impopolari  (tagli  alle  pensioni,
 introduzione ed aumenti di tikets sanitari, aumento del prezzo  della
 benzina  etc.),  che sarebbero necessari se anche gli evasori, invece
 di  essere  premiati,  fossero  costretti,  cosi'  come  prevede   la
 Costituzione,  a  concorrere  alle  spese pubbliche in base alla loro
 capacita' contributiva (art. 53).
    Inoltre, sono disposizioni con le quali lo Stato appare debole con
 i forti e vanifica l'attivita' e l'impegno  degli  Uffici  tributari,
 per  i  quali  diventa piu' difficile perseguire "il buon andamento e
 l'imparzialita' dell'amministrazione" (art. 97 della Costituzione).
    I condoni fiscali, a differenza dei provvedimenti di  clemenza  in
 materia   penale  (amnistia,  indulto  e  grazia),  non  hanno  alcun
 fondamento  nella  Costituzione,  con  la   quale,   anzi,   per   le
 argomentazioni  sopra  esposte,  potrebbero  essere  in  contrasto in
 relazione  all'art.  2,  all'art.  3,  primo  comma,  (principio   di
 uguaglianza  e di razionalita'), all'art. 53, primo comma, (principio
 di capacita' contributiva) e all'art. 97, primo comma, (principio del
 buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione).
    Pertanto, gli  artt.  32  e  seguenti  (eufemisticamente  chiamati
 "Disposizioni   per  agevolare  la  definizione  delle  situazioni  e
 pendenze tributarie" e, in particolare, le  disposizioni  di  cui  al
 primo e al quinto comma dell'art. 34 della legge 30 dicembre 1991, n.
 413, potrebbero essere costituzionalmente illegittime.
    La   presente   questione   di   legittimita'   costituzionale  e'
 "rilevante"" ai fini della definizione del presente giudizio  e  "non
 manifestamente infondata".
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara, d'ufficio, non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 32 e seguenti (Disposizioni
 per agevolare la definizione delle situazioni e pendenze  tributarie)
 e,  in  particolare,  delle  disposizioni di cui al primo e al quinto
 comma dell'art. 34 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, in relazione
 agli artt. 2, 3, primo comma, 53, primo comma,  e  97,  primo  comma,
 della Costituzione e "rilevante" per quanto in motivazione;
    Sospende   il   procedimento   in   corso   e  ordina  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza  venga
 notificata  al ricorrente e all'ufficio imposte dirette di Verbania e
 al Presidente del Consiglio dei Ministri  e  comunica  ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Verbania, addi' 5 giugno 1992
                       Il presidente: PISCITELLO
                                     I componenti: CAVAZZONI - MARCONI
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