N. 411 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 1992

                                N. 411
       Ordinanza emessa il 23 maggio 1992 dal pretore di Trieste
    nel procedimento civile vertente tra Millo Ofelia e l'I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Pensioni I.N.P.S. - Ratei di
    pensioni  erogati  in misura non dovuta - Non ripetibilita', salvo
    il dolo del percipiendo - Sopravvenienza di legge, presentata come
    interpretativa, ma contenente quattro  innovazioni  relative  alle
    condizioni  per la ripetibilita' delle somme pagate e non dovute -
    Applicabilita'  della  stessa  -   Irragionevolezza,   atteso   il
    contrasto    dell'interpretazione    autentica   con   consolidata
    giurisprudenza - Sottrazione agli organi giudicanti del potere  di
    interpretazione   delle   norme   -  Violazione  dei  principi  di
    soggezione del giudice alla sola legge  e  di  indipendenza  della
    Magistratura  -  Incidenza  sul diritto all'assicurazione di mezzi
    adeguati per le esigenze di vita.
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 13, primo comma; legge 9 marzo
    1989, n. 88, art. 52, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 38, 101 e 104).
(GU n.36 del 26-8-1992 )
                              IL PRETORE
    Sciogliendo  fuori  udienza  la  riserva,  pronuncia  la  seguente
 ordinanza   di  rimessione  alla  Corte  costituzionale  nella  causa
 promossa da Millo  Ofelia  con  gli  avv.  Diego  e  Ferletic  contro
 l'I.N.P.S. con gli avv. Dolcher, Formicola e Rando, letti gli atti di
 causa
                             O S S E R V A
    Con ricorso depositato il 16 aprile 1992 Ofelia Millo si rivolgeva
 a questo pretore, giudice del lavoro, esponendo di essere titolare di
 due  pensioni  erogate  da  parte  dell'I.N.P.S. a far tempo da epoca
 anteriore al settembre 1983, di  aver  ricevuto  da  parte  dell'ente
 cennato,  che  aveva  continuato  ad erogare le pensioni nelle misure
 adottate ed in atto al settembre 1983, richiesta di ripetizione della
 somma indebitamente erogatale per L. 2.739.550  richiamandosi  quindi
 alla norma di cui all'art. 52 della legge 88/1989 nonche' a quella di
 cui  all'art.  13 della legge n. 412/1991, la ricorrente chiedeva che
 questo pretore, accertata  l'illegittimita'  di  siffatta  richiesta,
 dichiarasse  l'inesistenza  di obbligo alcuno di restituzione di tali
 somme  da  parte  sua  e  l'illegittimita'  di  ogni  e  qualsivoglia
 iniziativa   dell'I.N.P.S.   tesa   al  recupero  degli  indebiti  in
 questione.
    Chiedeva  inoltre  l'attrice,  ex  art.  70  del  c.p.c.,  che  il
 giudicante,  in  considerazione del fatto che l'I.N.P.S. aveva, nelle
 more del procedimento iniziato a recuperare a mezzo di trattenute  la
 somma  citata  e  del  danno  grave  ed irreparabile cosi arrecatole,
 intimasse al convenuto di continuare a pagare alla Millo  l'ammontare
 intero delle somme dovute a titolo pensionistico sino alla definitiva
 pronuncia di merito.
    Si   costituiva   in   giudizio,  ritualmente  e  tempestivamente,
 l'I.N.P.S. nella fase urgente dello stesso che rilevava il fatto  che
 l'indebito era venuto in essere a seguito dell'applicazione dell'art.
 6  della  legge  n. 638/1983 e che in effetti si era recuperato parte
 dell'indebito a mezzo di trattenute di L. 261.260 mensili.
    Chiedeva quindi il convenuto la reiezione  delle  domande  attoree
 tutta.
    Dato corso alla discussione in merito all'istanza di provvedimento
 urgente qui avanzato all'udienza del 15 maggio 1992 questo giudice si
 riservava e provvedeva come da provvedimento qui steso.
    Viene   qui  sollevata,  di  ufficio,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 13, primo comma,  della  legge  30  dicembre
 1991,  n.  412,  in  riferimento  agli  artt.  3, 38, 101 e 104 della
 Costituzione; detta norma infatti  troverebbe  pacifica  applicazione
 nella  fattispecie,  come riconosciuto dalle parti e, in particolare,
 dalla ricorrente.
    In punto rilevanza si nota che la norma di cui all'art. 13  citato
 sopra  si  presenta e si atteggia, per quel che attiene in ispecie al
 suo primo comma, come una norma di  interpretazione  autentica  (vedi
 rubrica)  e  mira "le disposizioni di cui all'art. 52, secondo comma,
 della legge 9 marzo 1989, n. 88 si interpretano ..." come una vera  e
 propria  disposizione  interpretativa  idonea  a  valere anche per le
 situazioni  ancora  in  atto,   quali   quella   della   interessata.
 L'interpretazione  e  l'applicazione  del  dettato dell'art. 13 della
 legge n. 412/1991 costituiscono elemento ineludibile  ai  fini  delle
 decisioni  visto che non vi e' spazio per il ricorso all'applicazione
 dell'art. 52, secondo comma, della legge n.  88/1989  nel  suo  testo
 originario  e,  come  e' stato asserito sul tema, ben e' possibile il
 ricorso a norme interpretative aventi efficacia ex tunc e  miranti  a
 vincolare  l'operato  dell'interprete  ad attribuire a certe norme un
 senso anziche' un altro. Questo, beninteso, nel caso in cui sul  tema
 non  vi sia un uniforme opera interpretativa da parte della prassi e,
 quindi, degli organi giudicanti in prima  istanza;  dunque  la  norma
 interpretativa  si  attagli  ai casi di norme per la cui applicazione
 sia in atto un vivo  ed  acceso  contrasto  di  orientamenti.  Questo
 invece  non  pare proprio essere il caso dell'art. 52, secondo comma,
 della legge n.  88/1989 sull'interpretazione del quale  non  e'  dato
 rinvenire contrasto di tale portata e natura; l'art. 13, primo comma,
 della  legge  n.  412/1991 citata ha in realta' la natura di un norma
 con diversi profili innovativi che e' tesa a far attribuire  all'art.
 52  cennato  una  portata  assai differente rispetto a quella sino ad
 allora pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza.
    Infatti, rifacendosi ad autorevolissimo suffragio (vedi  ordinanza
 n.  235/1992  della  Corte di cassazione nella causa I.N.P.S./Ferrari
 Tenca) il lavoro interpretativo della stessa Corte suprema (vedi,  in
 particolare,  cass.  1839/1991, cass. 828/1991 e cass. 10061/1990 fra
 le tante citate dalla stessa Corte suprema nel sollevare la  medesima
 questione)  era  orientato  nel  senso  che l'art. 52, secondo comma,
 della legge n. 88/1989 citata prima si riferiva ad  ogni  ipotesi  di
 errore e con riferimento ad ogni fase indistintamente dello svolgersi
 del  rapporto  previdenziale e pensionistico. Quindi ci si trovava in
 presenza di un  orientamento  giurisprudenziale  del  tutto  costante
 anche  con  riferimento a casi del tutto simili a quello presente (ci
 si riferisce all'ipotesi di cui all'art. 19 della legge n. 843/1978 e
 di cui alle sentenze nn. 828 e 1839 del 1991 su ricordate) nel  quale
 l'avvenuta  introduzione di una normativa (nel caso specifico, l'art.
 6, primo comma, del d.-l. n. 463/1983  cosi'  come  convertito  nella
 legge  n. 638/1983) ha determinato l'errato pagamento all'interessata
 di somme a lei non piu' dovute e, di conseguenza, l'indebito per  cui
 e' lite. Ora l'art.  13 della legge n. 412/1991 ha introdotto quattro
 innovazioni  in  materia: l'esigenza che le somme siano state erogate
 in base a provvedimento formale e definitivo, che detto provvedimento
 sia stato comunicato  agli  interessati,  che  l'errore  risulti  dal
 provvedimento, che non vi sia stata omessa od incompleta segnalazione
 da parte dei ricorrenti di fatti incidenti sul diritto e sulla misura
 della  pensione  goduta.  Mentre  l'art. 52 dava rilevanza all'errore
 verificatosi in  qualsiasi  fase  del  rapporto  pensionistico  senza
 necessita'  di  provvedimento  formale  la  nuova  norma  esige detto
 provvedimento affinche' possa operare la sanatoria di cui all'art. 52
 della legge n. 88/1989 senza peraltro considerare  le  ipotesi  assai
 frequenti di indebiti venuti in essere a causa di atti applicativi di
 nuove norme.
    Circoscrivere  l'errore  rilevante  ai  soli  casi  di  formale  e
 definitivo provvedimento  significa  escludere  ad  esempio  l'errore
 occorso in sede di erogazione cui si rifaceva espressamente l'art. 52
 citato; l'esclusione poi dalla sanatoria di tutti i casi di omessa od
 incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto o sulla misura
 della  pensione costituisce l'introduzione di un onere a carico degli
 interessati  prima   inesistente   e   anche   di   una   presunzione
 generalizzata  di conoscibilita' delle norme regolanti la materia che
 parte  ingiusto  ed  ingeneroso  creare  a  peso  degli   interessati
 (pensionati  non  certo  al  corrente  delle, frequenti, ripetute e a
 volta caotiche novita' legislative sul tema).  Si  condivide  infatti
 quanto  sostenuto  dalla Corte suprema (ordinanza n. 235/1992 citata)
 secondo cui si e' equiparato al dolo il silenzio  dei  pensionati  in
 materia (possesso di altri redditi, titolarita' di altre pensioni ..)
 senza  tener  conto  del  generale  principio  di  buona  fede cui e'
 improntato il nostro ordinamento. Pertanto non ci troviamo di  fronte
 ad  una  norma interpretativa ma a qualcosa di piu' e di diverso: non
 vi era incertezza veruna sul dettato  dell'art.  52  della  legge  n.
 88/1989  e  la  norma  di  cui all'art. 13 ha ampliato a dismisura la
 portata dell'art. 52 suddetto, per le ragioni esposte  prima.  Si  e'
 cosi'  sottratto  agli  organi  giudicanti  tutti, in presenza di una
 normativa del tutto nuova, ogni potere  di  interpretare  la  vecchia
 normativa di cui alla legge n. 88/1989; di qui il possibile contrasto
 dell'art.  13,  primo  comma, della legge n. 412/1991 con gli artt. 3
 (principio di ragionevolezza) 101 (soggezione dei giudici alla  legge
 soltanto) e 104 (indipendenza della Magistratura) della Costituzione.
    Ancora,  no  vi  e'  chi non veda la disparita' di trattamento che
 verrebbe in essere fra i vari tipi di indebiti, quelli derivati da un
 formale  provvedimento  viziato  e  quelli  non  derivati   da   tale
 evenienza,  quali  quelli che qui ci riguardano. Giova poi rammentare
 quanto affermato dalla stessa Consulta (vedi sent.  n.  383/1990)  in
 materia,  allorche'  la  Corte  stessa  si occupo' dell'art. 52 della
 legge n. 88/1989 e cioe' che " .. in  altri  termini  e'  sancita  la
 irripetibilita'  delle  somme  erogate,  sia  che l'errore sia caduto
 sull'  an  sia  sul  quantum  ..  la  suddetta  interpretazione  ..e'
 adeguatrice  ai  precetti  costituzionali,  ponendo  su  un  piano di
 parita' il trattamento dei  pensionati  dell'I.N.P.S.  e  quello  dei
 pensionati  ex  dipendenti pubblici ..": diversamente quando verrebbe
 di  nuovo  in  essere  la  disparita'  di  trattamento  lamentata   e
 denunciata dal pretore di Ferrara. Il ripetere poi da persone quali i
 pensionati,  modesti  consumatori, degli importi percepiti per errori
 ed in buona fede, importi notoriamente  impiegati  dagli  interessati
 per  il  proprio  sostentamento  e  la conseguente compressione delle
 entrate dei pensionati stessi  potrebbe  far  venire  in  essere  una
 violazione  del diritto a disporre di mezzi adeguati alle esigenze di
 vita rispetto agli aventi tutelati dall'art. 38, secondo comma, della
 Costituzione.  Ricordato  quindi  che,  in  merito alla rilevanza, la
 norma di cui all'art. 13, primo comma, della legge n. 412/1991 appare
 nel  caso  di  specie  di  immediata  applicazione  laddove  essa  si
 riferisce al caso dell'omessa ed incompleta segnalazione da parte del
 pensionato  di  fatti  incidenti  sul diritto a pensione .. (nel caso
 della ricorrente leggasi l'omessa comunicazione del reddito posseduto
 o della titolarita' di altra pensione, fatto emergente dagli atti  di
 causa)  e'  necessario  rimettere  gli atti alla Corte costituzionale
 acche' sia risolta la questione di legittimita' qui  prospettata.  Il
 giudizio  va  dunque sospeso e si deve provvedere agli adempimenti di
 rito ex art. 23 della legge n. 87/1953.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953 dispone la sospensione  del
 presente giudizio.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionle dell'art. 13, primo comma, della legge  n.
 412/1991  di  interpretazione  autentica dell'art. 52, secondo comma,
 legge n. 88/1989 in relazione agli artt.  3,  38,  101  e  104  della
 Costituzione   ed  ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale, eseguite le notificazioni e le comunicazioni di rito,
 perche' risolva detta questione;
    Manda alla cancelleria per la notifica  della  presente  ordinanza
 alla  parti  in  causa  ed  al  Presidente del Consiglio dei Ministri
 nonche' per la comunicazione della stessa ai Presidenti della  Camera
 dei deputati e del Senato.
      Trieste, addi' 23 maggio 1992
                        Il pretore: PELLEGRINI
                                               Il cancelliere: CONSOLI
 92C0896