N. 378 ORDINANZA 9 - 27 luglio 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - G.i.p. - Sentenza di non luogo a procedere per
 infermita'  psichica - Attenuanti - Misura di sicurezza del ricovero
 in o.p. - Preclusione - Sospetto di  irragionevole  compressione  del
 diritto  di  difesa  -  Pregiudizialita'  all'esame  della  sollevata
 questione della verifica di legittimita' costituzionale dell'art. 425
 del c.p.p. nella parte in cui stabilisce  che  il  giudice  pronuncia
 sentenza  di non luogo a procedere quando "risulta evidente ... " che
 si tratta di persona non  imputabile  -  Rilevanza  e  non  manifesta
 infondatezza  della  questione  -  Sospensione del giudizio - Mandato
 alla cancelleria per gli adempimenti di legge.
 
 (C.P.P., art. 425, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 76).
(GU n.33 del 5-8-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Cesare GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 426 lettera c)
 del codice di procedura penale promosso con ordinanza  emessa  il  13
 giugno  1991  dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  presso il
 Tribunale di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di  Colli
 Antonio,  iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1991 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  34,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  17  giugno  1992  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che  il  Giudice  per  le indagini preliminari presso il
 Tribunale di Reggio Emilia, nel  richiamare  la  sentenza  di  questa
 Corte n. 233 del 1984, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24
 della  Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 426 lett. c)
 del codice di procedura penale, nella  parte  in  cui,  nel  caso  di
 sentenza  di  non luogo a procedere per infermita' psichica, preclude
 al  giudice  per  le  indagini  preliminari  di  tener  conto   delle
 circostanze attenuanti e di effettuare il giudizio di comparazione di
 cui  all'art.  69  del codice penale, ai fini dell'applicazione della
 misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario
 o della determinazione della sua durata minima ai sensi dell'art. 222
 del codice penale;
    Considerato  che pregiudiziale all'esame della questione sollevata
 dal giudice a quo e' la verifica  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  425  del  codice  di  procedura penale, nella parte in cui
 stabilisce che  il  giudice,  all'esito  della  udienza  preliminare,
 pronuncia  sentenza di non luogo a procedere quando "risulta evidente
 .. che si tratta di persona non imputabile";
      che il nesso di pregiudizialita' che lega la  norma  oggetto  di
 impugnativa  e  l'art.  425  del  codice  di  rito  puo'  agevolmente
 desumersi dalla circostanza  che,  mentre  l'art.  426  dello  stesso
 codice disciplina i requisiti della sentenza di non luogo a procedere
 ed  enuncia,  fra  questi,  l'imputazione,  cosi'  da aver indotto il
 remittente a intravedere la "estensibilita'" dei princi'pi  affermati
 da  questa  Corte  nella sentenza n. 233 del 1984, con la quale venne
 dichiarata l'illegittimita' costituzionale  del  corrispondente  art.
 384  n.  2  del  codice  abrogato, e' l'art. 425 del nuovo codice che
 disciplina le formule e la regola di  giudizio  con  le  quali  viene
 adottata  la  sentenza  di  non luogo a procedere; sicche', solo dopo
 aver verificato  la  legittimita'  costituzionale  della  norma,  che
 consente  al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a procedere
 per difetto di imputabilita', e' possibile  affrontare  la  questione
 che  ha dato vita al presente giudizio e, per l'effetto, esaminare la
 fondatezza del petitum che il giudice a quo mostra di perseguire;
      che, al riguardo, non appare manifestamente infondato il  dubbio
 che  l'art.  425  del  codice di procedura penale, nella parte in cui
 stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere
 quando risulta evidente il difetto di  imputabilita',  applicando  le
 misure  di  sicurezza  nei  casi  e  nei  modi  previsti dalla legge,
 contrasti con gli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione;
      che in proposito deve infatti rilevarsi come  il  giudice,  alla
 stregua   della   regola   di  giudizio  delineata  dalla  norma  qui
 sospettata, sia chiamato ad apprezzare il  merito  della  imputazione
 con  esclusivo  riferimento  ad un parametro di "non evidenza" che il
 fatto non sussista, l'imputato non lo abbia commesso o che  il  fatto
 non  costituisca reato o non sia previsto dalla legge come reato, con
 la conseguenza di imporre la pronuncia di una sentenza di non luogo a
 procedere per difetto di imputabilita' ed applicare, se del caso,  le
 misure  di sicurezza, all'esito di un accertamento di responsabilita'
 che tiene conto solo della non manifesta infondatezza dell'addebito;
      che dal quadro normativo appena delineato scaturisce, quindi, il
 sospetto di una irragionevole compressione del diritto di difesa  che
 non  puo'  certo  ritenersi  bilanciato  da  contrapposte esigenze di
 economia processuale, in quanto la persona non  imputabile  viene  ad
 essere  percio'  solo  privata  del  dibattimento e della conseguente
 possibilita' di esercitare appieno il diritto alla prova  sul  merito
 della regiudicanda;
      che    tutto    cio'   potrebbe   determinare,   altresi',   una
 ingiustificata disparita' di trattamento  tra  quanti  versano  nella
 identica situazione di non imputabilita', dal momento che per costoro
 la   possibilita'  di  fruire  dell'epilogo  dibattimentale  e  delle
 conseguenti garanzie viene fatta dipendere esclusivamente dal tipo di
 modulo processuale adottato, giacche' la preclusione a  quell'epilogo
 non  si  realizza  in  tutte  le altre ipotesi in cui manca, come nel
 giudizio  direttissimo e nel procedimento davanti al pretore, la fase
 dell'udienza preliminare;
      che nella specie appare infine prospettabile anche il dubbio  di
 eccesso di delega, posto che nel numero 52), sesto periodo, dell'art.
 2  della  legge-delega  16  febbraio  1987,  n.  81, tra le cause che
 legittimano la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, non
 v'e' menzione di quella relativa al difetto di imputabilita'.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in  riferimento
 agli   artt.   3,  24  e  76  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita' dell'art. 425, primo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  il giudice pronuncia
 sentenza di  non  luogo  a  procedere  quando  risulta  evidente  che
 l'imputato e' persona non imputabile;
    Ordina  la  sospensione  del  giudizio  introdotto con l'ordinanza
 iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1991;
    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di legge.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 92C0921