N. 477 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 marzo 1992

                                N. 477
        Ordinanza emessa il 24 marzo 1992 dal pretore di Napoli
          ne procedimento penale a carico di Gargiulo Gaetano
 Reato in genere - Trattamento sanzionatorio risultante dalla
    applicazione  dell'istituto  della  continuazione   -   Reati   di
    esecuzione  di opere abusive in zone sottoposte a vincolo edilizio
    e violazione di sigilli, avvinti dal vincolo della continuazione -
    Possibilita'  di  concedere   il   beneficio   della   sospensione
    condizionale  della  pena  dal  momento che il piu' grave reato di
    violazione di sigilli  (in  quanto  delitto),  sul  quale  operare
    l'aumento   di  pena  secondo  le  norme  della  continuazione  e'
    sanzionato con  pena  formalmente  piu'  grave  (multa  invece  di
    ammenda)  ma  di  minore  entita' - Irragionevole previsione di un
    trattamento sanzionatorio piu'  severo  per  quegli  imputati  che
    abbiano  commesso  il  solo  reato  edilizio  sanzionato  con pena
    edittale formalmente meno grave (in quanto  contravvenzionale)  ma
    di misura tale da non consentire la concessione del beneficio.
 (C.P., art. 81, primo e secondo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.39 del 16-9-1992 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti;
                             O S S E R V A
    All'imputato  Giorgio Gaetano il p.m. ha contestato, fra gli altri
 retati, di aver abusivamente costruito in zona sottoposta  a  vincolo
 (contravvenzione  prevsita  dall'art. 20, lett. c), della legge n. 47
 del 1085) e di  aver  violato  i  sigilli  apposti  alla  costruzione
 abusiva  (delitto previsto dall'art. 349 c.p.): rispettivamente reati
 di cui ai capi A e D della rubrica del d.c. 15096/90.
    Ritiene il guidicante di dover sollevare d'ufficio la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 81, comma 1  e  2  c.p.,  nella
 parte  concernente  il  trattamento sanziatorio previsto per il reato
 continuato, con riferimento all'art. 3 della nostra Costituzione.
    Chi  deve  rispondere  unicamente del reato di cui alla lettera c)
 dell'art. 20 della legge n. 47/1985 potra' vedersi irrogare una  pena
 detentiva  minima di 5 giorni di arresto e una pena pecuniaria minima
 di 30 milioni d'ammenda: poiche'  il  minimo  della  pena  pecuniaria
 edittale,  eseguite le dovute operazioni di ragguaglio (L. 25.000 = 1
 giorno di pena detentiva), supera il limite massimo di pena al di la'
 del quale non e' consentita  la  concessione  del  beneficio  di  cui
 all'art.  163  c.p.,  ne  deriva  che  mai, neppure nei casi di abusi
 edilizi di trascurabile entita'  commessi  da  soggetti  incensurati,
 l'imputato    potra'    legittimamente   invocare   ed   il   giudice
 legittimamente concedere la sospensione condizionale della pena.
    Ne' si potrebbe  ovviare  a  tale  "inconveniente"  accordando  le
 attenuanti  generiche  oppure  ritenendo  il  reato  de  quo semplice
 circostante  aggravante  del  reato  comtemplato  dalla  lettera   b)
 dell'art.  20 ed in quanto tale sottoposta a giudizio di comparazione
 ex art. 69 c.p. con le eventuali circostanze attenuanti  riconosciute
 nel caso concreto.
    Quest'ultimo  "rimedio" urta drasticamente con il diritto vivente:
 la giurisprudenza della Corte di cassazione ha piu' volte e in  tempi
 anche  recenti  statuito  che  la  fattispecie di cui stiamo parlando
 configura un reato autonomo e non una semplice circostanza aggravante
 (Cass. 23 aprile 1990, n. 5894; Cass. 26  gennaio  1990,  n.  957  ed
 altre).   La   concessione   delle  attenuanti  generiche,  poi,  non
 risolverebbe il problema:  se  anche  si  applicasse  la  diminuzione
 massima  (un  terzo)  sul minimo della pena edittale (30 milioni), si
 perverrebbe ad una pena (20 milioni) pur sempre superiore  al  limite
 entro  il  quale  la  pena  deve  essere  contenuta  per poter essere
 condizionalmente sospesa.
    D'altra  parte  ogni  questione  di  legittimita'   costituzionale
 relativa  alla  norma  di cui all'art. 20, lettera c) legge cit., non
 avrebbe piu' ragione di riproporsi atteso che la Corte costituzionale
 l'ha dichiarata manifestamente infondata (cfr. ordinanza n.  377  del
 25  luglio  1990  con  richiamo  alla  sentenza della stessa Corte n.
 256/1987).
    Non rimane, quindi, che prendere atto  che  il  sistema  normativo
 attuale  non  consente  in modo assoluto di concedere il beneficio di
 cui all'art. 163 c.p. a colui che costruisce abusivamente in una zona
 sottoposta a vincolo.
   Invece, nei riguardi del soggetto che, come nel caso di specie, non
 solo si rende responsabile del reato di cui alla lettera c) dell'art.
 20  della  legge  n.  47/1985,  ma  viola  i  sigilli  apposti   alla
 costruzione  abusiva  cosi'  da  porre  in  essere  un  comportamento
 inquadrabile nella fattispecie contemplata dall'art.  349  c.p.,  non
 puo'    opporsi   pregiudizialmente   lo   sbarramento   invalicabile
 rappresentato dall'entita' della pena, per escludere l'applicabilita'
 del beneficio di cui all'art. 163 c.p.
    E valga il vero.
    Qualora piu' reati sono unificati dal vincolo della continuazione,
 nella determinazione della pena deve aversi riguardo  alla  pena  che
 dovrebbe  infliggersi  per la violazione piu' grave aumentata sino al
 triplo (art. 81, commi 1 e 2 c.p.).
    Nel  caso  che  ci  occupa,  la violazione piu' grave non puo' che
 ravvisarsi nel delitto di  cui  all'art.  349  c.p.  sia  perche'  il
 delitto,  rispetto  alla  contravvenzione,  comporta normalmente piu'
 gravi conseguenze per il suo autore  indipendentemente  dalla  misura
 della  pena  prevista (si pensi, ad esempio, alle cause di estinzione
 del  reato  o  della  pena),  sia  perche'  la  nostra  stessa  legge
 processuale  (art.  16  c.p.p.)  considera i delitti piu' gravi delle
 contravvenzioni ancorche' con riferimento ad un istituto diverso  (la
 competenza per territorio in caso di piu' reati connessi), sia infine
 perche',  nel  caso  concreto,  il  delitto  di cui all'art. 349 c.p.
 potendosi riconoscere gli elementi equivalenti all'applicazione ha un
 minimo di pena detentiva - 6 mesi - piu' elevato  rispetto  a  quello
 previsto dalla contravvenzione edilizia (cinque giorni).
    Individuato  nel  delitto  di  cui all'art. 349 c.p. la violazione
 "piu' grave", ne deriva che  qualora  si  ritenga  -  per  esempio  -
 d'irrogare  il  minimo  della pena edittale (6 mesi e L. 200.000) pur
 applicando eventualmente l'aumento nella misura massima (il  triplo),
 si  determinerebbe  una  pena complessiva contenuta nei limiti di cui
 all'art. 163 c.p.: si perverrebbe, ad una sanzione  pari  ad  anni  1
 mesi 6 e L. 600.000. Come si nota, in questa ipotesi sarebbe comunque
 consentito   concedere   il   beneficio  di  cui  all'art.  163  c.p.
 (ricorrendone le altre condizioni di legge) a  differenza  di  quanto
 avviene  allorquando  il  reato contestato e riconosciuto e' soltanto
 quello di cui alla lettera c dell'art. 20 della legge n. 47/1985.
    Ne' si dica  che,  per  ovviare  a  tale  "stortura",  il  giudice
 potrebbe  irrogare,  nel  caso che al reato di costruzione abusiva si
 accompagni anche quello  di  violazione  dei  sigilli,  una  pena  di
 entita'  tale da superare comunque il limite dei due anni previsto in
 via generale dall'art. 163 c.p.
    Al di la' del rilievo che, eseguite sempre le dovute operazioni di
 ragguaglio, in queste ipotesi si rientrerebbe  nei  limiti  anzidetti
 pur  irrogando  una pena complessiva (anni 1 mesi 10 e giorni 12 e L.
 1.200.000) ben superiore al minimo ed oggettivamente elevata, cio che
 rileva e' che comunque in un caso indiscutibilmente  piu'  grave,  e'
 astrattamente  possibile  per  il  giudice  decidere  se  il  reo  e'
 meritevole dei benefici mentre nell'altro, meno grave,  non  e'  data
 questa possibilita'.
    L'irragionevolezza  della conclusione non puo' sfuggire cosi' come
 evidente e' la disparita' di trattamento che ne consegue.
    Con il regime sanzionatorio previsto  dall'art.  81,  primo  comma
 c.p.,  il  legislatore  ha  voluto  mitigare  il principio del cumulo
 materiale - tanti reati, tante pene  -  e  ha  voluto  introdurre  un
 trattamento  piu'  mite  presumendo che chi viola piu' volte la legge
 penale spinto da un unico proposito intellettivo e  volitivo  ha  una
 capacita'  delinquenziale inferiore rispetto a colui che si determina
 a commettere un ugual numero di reati in forza di tante  distinte  ed
 autonome  spinte  criminali.  Certamente non era nelle intenzioni del
 legislatore favorire il soggetto che delinque piu'  volte,  ancorche'
 allo  scopo  di attuare un programma criminale ideato sin dall'inizio
 almeno nelle sue linee essenziali, rispetto a colui che invece  viola
 la  legge  penale  una  sola  volta e che commette uno solo dei tanti
 (almeno due) reati  che  nell'ipotesi  contrapposta  sono  uniti  dal
 vincolo della continuazione.
    Ma allora, se il legislatore non ha voluto questo e se comunque il
 risultato  a  cui  si  perviene comporta cosi' inique conseguenze, ne
 deriva che il sistema sanzionatorio della continuazione fra  i  reati
 come  previsto  dall'art.  81  c.p. e' costituzionalmente illegittimo
 perche' consente l'applicabilita' di benefici anche quando il  o  uno
 dei  reati  satelliti e' punito con minimi edittali cosi' elevati che
 se il reato satellite non  fosse  tale  e  fosse  invece  l'unico  da
 addebitare  all'imputato  non  sarebbe  consentita la concessione dei
 benefici.
    La norma di cui all'art. 81, primo e secondo comma c.p.,  relativa
 al  regime  sanzionatorio  previsto per il reato continuato va dunque
 denunciata nella parte in cui non prevede che la pena complessiva  da
 irrogare  per  il reato continuato non puo' essere inferiore a quella
 prevista per il o i reati satelliti; in altri  termini,  nell'ipotesi
 in  cui l'aumento massimo del triplo sia inferiore al minimo edittale
 del o dei reati satelliti, l'aumento stesso  dovra'  essere  comunque
 almeno pari a tale limite minimo.
    Per  queste  considerazioni,  il  giudicante  solleva d'ufficio la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  81,  primo  e
 secondo  comma  c.p.  per  contrasto  con  l'art.  3 Cost., questione
 indubbiamente  rilevante  nel  caso  concreto  atteso  che   appaiono
 sussistere  tutte  le  condizioni di legge per riconoscere il vincolo
 della  continuazione  fra  i  reati  contestati  per   concedere   le
 attenuanti  generalmente  equivalenti e per accordare all'imputato il
 beneficio invocato e considerato pertanto che, se non  si  sollevasse
 tale   questione,   della   norma  dovrebbe  farsi  una  applicazione
 ingiustamente favorevole per l'imputato.
                               P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge 11  marzo  1953  n.  87  e  successive
 modificazioni;
    Sospende il giudizio in corso;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale perche' decida sulla questione come sopra sollevata;
    Ordina alla cancelleria di far notificare la presente ordinanza al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicare  la  stessa  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Napoli, addi' 24 marzo 1992
                        Il pretore: DE CRECCHIO
                               L'assistente di cancelleria: DE ANGELIS
 92C0974