N. 480 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 1992
N. 480 Ordinanza emessa il 12 giugno 1992 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Palermo nel procedimento penale a carico di Trippodo Antonino Prevenzione (attivita' di) - Condannato a misure alternative - Fermo convalidato - Richiesta del p.m. di detenzione - Lamentata obbligatorieta' per il g.i.p. di ottemperare a tale richiesta senza potere di controllo - Lesione del principio di soggezione del giudice alla sola legge e dell'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali - Incisione sulla liberta' personale. (D.-L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 25, secondo comma). (Cost., artt. 13, 101 e 111).(GU n.39 del 16-9-1992 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento contro Trippodo Antonino, nato a Palermo il 22 agosto 1957; O S S E R V A Trippodo Antonino e' stato fermato alle ore 20,40 del giorno 9 giugno 1992 a norma dell'art. 25 comma 2 del d.-l. 8 giugno 1992 n. 306. Il fermo e' stato convalidato come da separata ordinanza. Indi, deve esaminarsi l'istanza con la quale il pubblico ministero ha chiesto disporsi la detenzione in carcere del fermato. Orbene, e' necessario subito rilevare, in proposito che, seppure, in assenza di conoscenza di elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata, stante l'urgenza di intervenire, il fermo, in relazione alla gravita' del reato per il quale il Trippodo era stato condannato, e' stato legittimamente eseguito (e, pertanto, e' stato convalidato), ad oggi non vi e' piu' ragione di ritenere che debbano essere revocate nei confronti del Trippodo le misure alternative alla detenzione. L'art. 15 del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, infatti per i detenuti (quale e' il Trippodo) per il delitto di cui all'art. 575 c.p., stabilisce che i benefici possono essere concessi quando non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata o eversiva. Nella fattispecie, tali elementi non sussistono o, quanto meno, non sono stati, sin'ora, in alcun modo addotti ne' dal Dirigente della Squadra Mobile che ha sollecitato il fermo, ne' dal P.M. che ha disposto il fermo ed ha chiesto la convalida del fermo ed, infine, la detenzione in carcere del fermato. Tuttavia, l'art. 25 secondo comma, d.-l. 8 giugno 1992, n. 306 prevede che "con il provvedimento di convalida, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del luogo in cui il fermo e' stato eseguito, se il pubblico ministero ne fa richiesta, dispone con ordinanza la detenzione o la custodia cautelare in carcere". Appare del tutto evidente, quindi, alla stregua del chiaro disposto normativo, che il giudice delle indagini preliminari e' tenuto, se vi e' la richiesta del P.M., a disporre la detenzione o la custodia cautelare in carcere senza potere fare alcuna valutazione di carattere discrezionale, che, al contrario, e' rimessa esclusivamente al P.M. stesso (il quale, infatti, senza alcun obbligo di motivazione, puo' anche non richiedere la detenzione o la custodia cautelare in cercare). Orbene, il giudicante ritiene, allora, che sia non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma in esame. Quest'ultima, infatti, assegna al giudice una funzione meramente "notarile" attribuendo un carattere sostanzialmente vincolante alla richiesta (discrezionale) del P.M. ed appare confliggere, conseguentemente, tanto con l'art. 101 secondo comma della Costituzione per il quale "i giudici sono soggetti soltanto alla legge", quanto con gli artt. 13 e 111 della Costituzione, i quali impongono di motivare tutti (art. 111) i provvedimenti giurisdizionali e, in particolar modo (art. 13), quelli che incidono sulla liberta' personale. Sotto tale ultimo profilo, appare, d'altra parte, evidente che non puo' certamente ritenersi che sia motivato un provvedimento che si limiti a dire che vi e' stata la richiesta del P.M. La questione di costituzionalita', poi, e' certamente rilevante, poiche' dalla sua risoluzione deriva la sussistenza, nella fattispecie, del potere o meno del giudice di esercitare il controllo sulla richiesta del pubblico ministero. Conseguentemente, la decisione sulla richiesta del P.M. di disporre la detenzione deve essere sospesa sino alla decisione della Corte Costituzionale cui devono essere rimessi gli atti.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25 secondo comma d.-l. 8 giugno 1992 n. 306 in relazione agli artt. 101, secondo comma, 13 e 111 della Costituzione della Repubblica Italiana nella parte in cui impone al giudice di disporre la detenzione o la custodia cautelare in carcere se vi e' la richiesta del pubblico ministero; Dispone, per l'effetto, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' che ne sia data comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Sospende il procedimento in corso sino alla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. Palermo, 12 giugno 1992 Il giudice per le indagini preliminari: MONTALDO L'assistente giudiziario: MICELI 92C0977