N. 30 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 agosto 1992

                                 N. 30
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 13
                              agosto 1992
                       (della regione Lombardia)
 Sanita' pubblica - Applicazione normativa sulla utilizzazione e
    commercio  acque minerali naturali - Interpretazione dell'art. 11,
    sesto comma, del d.P.R. n. 105/1992 quale disposizione abrogatrice
    dell'art.  48  del  d.P.R.  n.   44/1980,   con   la   conseguente
    sostituzione all'obbligo del titolare di munirsi dell'approvazione
    regionale  per  provvedere all'aggiornamento dei dati da riportare
    in etichetta a seguito degli esiti delle analisi sulle acque,  del
    semplice  obbligo  di comunicazione delle nuove analisi - Asserita
    indebita invasione della sfera di competenza regionale.
 (Nota Ministero della sanita', Direzione generale servizi igiene
    pubblica, div. VI, n. 406/ag. 2.6/734 del 24 giugno 1992).
 (Cost., artt. 117 e 118).
(GU n.41 del 30-9-1992 )
   Ricorso per la regione Lombardia, in  persona  del  presidente  pro
 tempore   della   giunta   regionale,   ing.   Giuseppe   Giovenzana,
 rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto e
 in virtu' di deliberazione di  G.R.  di  autorizzazione  a  stare  in
 giudizio,  dagli  avv.  proff.  Giuseppe  Franco  Ferrari  e  Giorgio
 Recchia, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in
 Roma, corso Trieste, n. 88, per conflitto di attribuzione  contro  il
 Presidente  del  Consiglio  dei Ministri pro tempore, a seguito e per
 effetto:  della nota del Ministero della sanita', direzione  generale
 servizi  igiene  pubblica,  div.  VI, n. 406/AG.2.6/734 del 24 giugno
 1992,  pervenuta  alla  giunta   regionale   Lombardia,   assessorato
 all'industria  e artigianato in data 3 luglio 1992 con n. prot. 7923,
 concernente "Applicazione normativa sulla utilizzazione  e  commercio
 acque  minerali  naturali", per la parte in cui tale atto non ritiene
 piu'  operante  l'art.  48  della   l.r.   44/1980,   relativo   alla
 approvazione  regionale  delle  etichette,  a seguito dell'entrata in
 vigore del decreto legislativo n. 105/1992, attuativo della direttiva
 80/777/CEE in materia  di  utilizzazione  e  commercializzazionedelle
 acque minerali.
                               F A T T O
    1.  - Con d.P.R. 25 gennaio 1992, n. 105 (in Gazzetta Ufficiale 17
 febbraio 1992, n. 39) (v. all. 1) e' stata adottata, in  forza  della
 delega  conferita  con l'art. 1 della legge 29 dicembre 1990, n. 428,
 la normativa  attuativa  della  direttiva  80/777/CEE  relativa  alla
 utilizzazione e alla commercializzazione delle acque naturali.
    Tale  testo  normativo, complessivamente rispettoso del riparto di
 competenze tra Stato e regione, contiene anzi tutto la definizione di
 acqua minerale e l'indicazione delle sue  caratteristiche  (art.  1),
 demandando  (art.  2)  al  Ministro  della  sanita' la fissazione dei
 criteri di valutazione di tali caratteristiche nonche' dei metodi  di
 analisi  per  il  controllo  delle  caratteristiche  stesse  e  delle
 modalita' di prelevamento dei campioni; assegna  (artt.  2  e  4)  al
 Ministro  della  sanita'  la competenza al riconoscimento delle acque
 minerali   naturali;   demanda    alla    regione    l'autorizzazione
 all'utilizzazione delle sorgenti (art. 5) previa determinazione delle
 condizioni   per  il  rilascio  (art.  6);  definisce  le  operazioni
 consentite e non (artt. 7 e 8), tutela da denominazione  (art.  9)  e
 regolamenta   le   modalita'   di   utilizzazione  (art.  10);  della
 prescrizione  in  ordine  all'etichettatura  delle  acque   minerali,
 stabilendo  indicazioni  obbligatorie  e  facoltative  ed  enunciando
 divieti (art. 11).
    2. -  La  disciplina  complessivamente  contenuta  nel  d.P.R.  n.
 105/1992  -  come  si  vede  -  non  appariva  violare ne' il riparto
 costituzionale delle competenze in materia ne' le regole  dettate  in
 proposito dal d.P.R. 616/1977. Sulla base di tale contesto normativo,
 la regione si accingeva ad adottare una nuova disciplina legislativa.
 Neppure,  alcun  allarme  era  stato  destato dalla nota ministeriale
 Direzione generale servizi igiene pubblica, Div. VI, 28  aprile  1992
 prot.  406/AG.  2.6/320,  pervenuta  il  21  maggio 1992 (v. all. 2),
 meramente riassuntiva dei principi contenuti nel d.P.R., facendo essa
 intendere che fosse  restato  salvo  il  potere  di  controllo  della
 Regione,  successivo alle analisi, laddove chiariva che "in occasione
 dell'aggiornamento delle analisi, e'  fatto  obbligo  alle  ditte  di
 trasmettere preventivamente ai competenti organi regionali le analisi
 stesse",  evidentemente  allo  scopo  di  consentire  che  le regioni
 potessero articolare, secondo le peculiarita' delle rispettive disci-
 pline, controlli, anche sulle modifiche alla etichettatura, derivanti
 dall'esito delle analisi medesime.
    3. - Va preliminarmente ricordato che la disciplina della ricerca,
 coltivazione e sviluppo delle acque minerali e termali era  stata  in
 precedenza  adottata dalla Regione Lombardia, nel quadro dei principi
 contenuti negli artt. 27, lett. l) e 61 d.P.R. n. 616/1977, con  L.R.
 29 aprile 1980, n. 44.
    Tale  testo  normativo  prevede, tra l'altro, un'autorizzazione di
 giunta regionale per l'apertura  e  l'esercizio  di  stabilimenti  di
 imbottigliamento di acque minerali (art. 47), nonche' un'approvazione
 dell'etichetta (art. 48).
    4.  - Alla luce dei suesposti dati normativi, la regione Lombardia
 poteva a buon diritto sostenere che la propria  potesta'  approvativa
 delle  etichette  non  fosse  stata  in  alcun  modo  abrogata  dalla
 disciplina delegata statale, proprio in quanto il comma  6  dell'art.
 11   del   d.P.R.   105/1992,   nel   porre  a  carico  del  titolare
 dell'autorizzazione all'utilizzo un obbligo di "previa  comunicazione
 ai   competenti   organi   regionali",   ribadito  e  ragionevolmente
 interpretato dalla nota ministeriale di cui al  precedente  punto  2,
 pareva  lasciare  spazio  ad una disciplina regionale ragionevolmente
 discrezionale delle verifiche e dei controlli da  eseguirsi  dopo  la
 comunicazione delle analisi.
    Questa  interpretazione e' invece contraddetta dall'impugnata nota
 ministeriale, la quale afferma  infatti  che  la  sopravvenienza  del
 d.P.R.  105/1992  determinerebbe  la  caducazione  sia  di  tutta  la
 normativa statale previgente sia  delle  disposizioni  regionali  che
 comunque  si  richiamano  a queste ultime; sicche' in particolare non
 sarebbe piu'  applicabile  l'art.  48  della  L.R.  44/1980,  con  la
 conseguenza  che  sul  titolare dell'autorizzazione non graverebbe se
 non  un  semplice  obbligo  di  comunicazione  delle  nuove  analisi,
 anziche'   l'obbligo   di  munirsi  dell'approvazione  regionale  per
 provvedere all'aggiornamento dei dati da  riportare  in  etichetta  a
 seguito degli esiti delle analisi stesse.
    Tutto  cio'  premesso,  il  ricorso della regione Lombardia merita
 accoglimento per le seguenti ragioni di
                             D I R I T T O
    1. - Violazione degli artt. 117 e 118 Cost.; Violazione  dell'art.
 61  d.P.R.  616/1977; Violazione dell'art. 10 legge 10 febbraio 1953,
 n. 62; Contraddittorieta' con precedenti manifestazioni.
    Il tenore del  comma  6  dell'art.  11  del  d.P.R.  105/1992  non
 comporta, ne' sul piano dell'interpretazione letterale, ne' su quello
 dell'interpretazione  sistematica,  la  abrogazione dell'art. 48 L.R.
 44/1980,  e  dunque  giustifica  l'interpretazione  del  riparto   di
 competenze tra Stato e regione fatto proprio dalla nota impugnata.
    L'obbligo  per  le  ditte titolari di autorizzazione di "procedere
 all'aggiornamento delle analisi .. almeno ogni cinque anni e di darne
 preventiva comunicazione ai competenti organi regionali" non  implica
 una   esplicita   abrogazione  della  norma  regionale  di  dettaglio
 previgente finalizzata alla approvazione dell'etichetta.  Sempre  sul
 piano   letterale,   d'altronde,   e'   evidente   che  l'obbligo  di
 comunicazione all'amministrazione regionale ad altro non puo'  essere
 funzionale  che  a consentire a quest'ultima di esplicitare controlli
 che la propria disciplina normativa preveda o imponga.
    Sul piano sistematico, tale interpretazione trova conferma se solo
 si consideri che i controlli - come ipotizzati gia' nell'art. 61  del
 d.P.R.  616/1977  -  erano finalizzati non solo e non tanto a profili
 stricto-sensu igienico-sanitari, per i quali  la  mera  comunicazione
 potrebbe  forse  anche essere in astratto fine a se' stessa, ma anche
 alla tutela della denominazione dell'acqua minerale  naturale  e  del
 nome della localita' di utilizzazione.
    Tale  ultimo  interesse  pubblico,  esplicitato  nell'art.  61 del
 d.P.R. 616/1977, e' con ogni evidenza  localizzato  nella  dimensione
 regionale, e non si vede come potrebbe venire tutelato se l'autorita'
 istituzionalmente preposta venisse estromessa, con la eliminazione di
 un   potere   di   assenso  sulle  modifiche  dell'etichettatura,gia'
 disciplinato  con  legge  regionale  non  contrastante  con  principi
 statali ancorche' sopravvenuti.
    D'altronde,  l'interpretazione  sopra prospettata del rapporto tra
 d.P.R. 105/1992 e L.R. 44/1980 era confermata anche dal  passo  sopra
 richiamato dalla precedente nota ministeriale 28 aprile 1992, con cui
 l'atto impugnato si pone in grave contraddizione.
    Sul  piano  degli  effetti  dell'opposta  interpretazione, poi, si
 consideri  che,  se  fosse  fondato  l'approccio   ministeriale,   ne
 deriverebbe  la  caducazione implicita anche dell'obbligo di presenza
 di un funzionario regionale ai  prelievi  necessari  per  le  analisi
 (art.  15  L.R.  44/1980)  e  persino della tassa regionale relativa,
 attualmente da corrispondersi nell'importo di L. 1.819.000 per caso.
    Neppure, come pretende di fare  la  nota  ministeriale  impugnata,
 puo'  invocarsi  a  sostegno  dell'opposta interpretazione, l'art. 20
 dello  stesso  d.P.R.  105/1992,  che,   nel   disporre   che   "fino
 all'emanazione  dei  d.m. previsti dall'art. 2 si applicano in quanto
 compatibili .. le norme del r.d. 1824/1919, del d.m. 20 gennaio 1927,
 del d.o.g. 7 novembre 1939, n. 1856", intende senza dubbio  riferirsi
 al  rapporto  con  la  previgente  normazione statale, e non certo al
 rapporto con la normativa regionale anteriore.
    Improprio e ultroneo,  poi,  il  richiamo,  contenuto  nella  nota
 impugnata,  al  principio  di  eguaglianza,  alla  luce  delle  ovvie
 diversificazioni derivanti dalla diretta previsione costituzionale di
 una potesta' legislativa spettante alle Regioni,  e  delle  correlate
 competenze amministrative.
    A  tali  attribuzioni  si  correla  ovviamente  anche  la potesta'
 sanzionatoria  appartenente  alle  regioni  nei  settori  di  propria
 competenza   legislativa.   Per   conseguenza,   a  nulla  rileva  la
 considerazione, contenuta nella nota impugnata, che l'art.  18  lett.
 c)  del  d.P.R.  105/1992  "contempla  l'irrogazione  di una sanzione
 amministrativa per le etichette non conformi alle norme  del  decreto
 stesso,  nulla  disponendo  per quelle non autorizzate in ossequio al
 decreto".
    Per i motivi esposti, in  accoglimento  del  ricorso,  la  regione
 Lombardia  chiede che l'ecc.ma Corte dichiari che spetta alla regione
 l'approvazione dell'etichetta delle acque  minerali  naturali  e  per
 conseguenza  annulli  l'atto impugnato nella parte in cui non ritiene
 piu'  operante  l'art.  48  della  l.r.  44/198,  che  istituisce   e
 disciplina detto potere.
      Milano-Roma, 5 agosto 1992
    Avv. prof. Giuseppe Franco FERRARI - Avv. prof. Giorgio RECCHIA

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