N. 491 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 maggio 1992
N. 491 Ordinanza emessa il 29 maggio 1992 dal tribunale di Oristano nel procedimento penale a carico di Masia Giovanni Processo penale - Dibattimento - Divieto per il collegio giudicante di procedere alla lettura delle dichiarazioni gia' rese al g.i.p. da imputato di reato connesso per il quale sia stato gia' giudicato con separato procedimento quando comparso in seguito a citazione ai sensi dell'art. 210 del c.p.p., costui si sia avvalso della facolta' di non rispondere - Lamentata disparita' di trattamento con incidenza sul principio dell'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. (C.P.P. 1988, art. 513, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 111).(GU n.40 del 23-9-1992 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza, nel procedimento n. 45/1992 mod. 16 a carico di Masia Giovanni, detenuto, imputato dei delitti di rapina pluriaggravata, porto e detenzione illegale di arma, F A T T O Masia Giovanni e' stato tratto a giudizio perche' imputato di aver commesso in concorso con Sanna Roberto, che fungeva da palo, la rapina, a mano armata di pistola, in danno dei coniugi Ibba-Montaldo, In seguito il Sanna rendeva al p.m. dichiarazioni confessorie ed indicava quale correo il Masia, che invece negava la sua responsabilita'. All'udienza preliminare veniva disposta la separazione dei procedimenti poiche' per uno sciopero da parte dei difensori iscritti al Foro di Oristano veniva assicurata la difesa solo al Masia Giovanni, detenuto, e non al Sanna Roberto, a piede libero. All'udienza dibattimentale odierna il p.m. nel procedimento a carico del Masia ha chiesto immediatamente l'esame, ai sensi dell'art. 210 c.p.p. di Sanna Roberto, quale coimputato nei cui confronti si procedeva separatamente, gia' prevente in aula. L'esame e' stato ammesso ed il Sanna, alla presenza del suo difensore di fiducia, ha detto subito di volersi avvalere della facolta' di non rispondere. Il p.m. ha spiegato quindi che le dichiarazioni rese precedentemente da Sanna Roberto a carico del Masia chiamato in correita' erano determinanti, anche ai fini dell'utile prosieguo dell'istruttoria dibattimentale, ed ha quindi chiesto la lettura di quelle dichiarazioni; il difensore del Maisa si e' opposto, ed il tribunale, accogliendo l'opposizione della difesa, ha rigettato la richiesta di lettura in base a quanto disposto dall'art. 513, secondo comma c.p.p.; Il p.m. ha quindi sollevato la questione di costituzionalita' della norma di cui all'art. 513, secondo comma c.p. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione. D I R I T T O La questione sollevata dal p.m. e' sicuramente rilevante per la manifesta importanza delle dichiarazioni rese in precedenza da Sanna Roberto, dichiarazioni che, stando anche a quanto emerge dall'ordinanza del g.i.p. di applicazione al Masia della misura della custodia cautelare, hanno riguardato proprio il ruolo avuto dal Masia Giovanni nella ideazione ed esecuzione della rapina. La questione non e' poi manifestamente infondata, sia sotto il profilo dedotto dal p.m. che in relazione agli artt. 3 e 111 della Costituzione per tutti i motivi gia' esaurientemente indicati dal tribunale di Trapani con ordinanza di rimessione in data 30 ottobre 1991, nel procedimento a carico di Peralta Antonello e dal Tribunale di Roma con ordinanza 28 giugno 1991 nel procedimento a carico di Rinversi e da ultimo dal tribunale di Verona in data 26 febbraio 1992, nel procedimento Ingrito Francesco. In effetti, la lettura dell'intero art. 513, c.p.p. evidenzia la incongruita' di un'ingiustificata disparita' di trattamento in relazione alla mancata previsione della possibilita' di dare lettura, a richiesta, dei verbali contenenti dichiarazioni rese dai coimputati nei confronti dei quali si proceda separatamente anche nel caso in cui il dichiarante compaia, ma si avvalga poi della facolta' di non rispondere alle domande. Non pare infatti a questo collegio che sussista tra imputato e coimputato nei cui confronti si proceda separatamente una sostanziale differenza di posizioni che debba giustificare, quanto alle letture, un trattamento processuale cosi' diverso. Non si comprende poi perche' per il dichiarante (da esaminare ex art. 210) non reperibile, o che comunque non si riesca a portare davanti al giudice, si puo' dare lettura delle dichiarazioni precedentemente rese, mentre invece per il dichiarante che compare in udienza ma non vuole piu' parlare, dovrebbe essere vietato la lettura, con la conseguenza che tutto cio' che e' stato prima legittimamente acquisito non potrebbe essere letto e quindi nemmeno valutato dal giudice. L'incongruita' ingiustificata e' tanto piu' evidente proprio nel caso concreto poiche' il procedimento a carico di Masia e Sanna era unico e vedeva i due, Masia e Sanna, imputati di concorso nei medesimi reati; e' stata necessaria poi la separazione all'udienza preliminare per un fatto del tutto causale ed imprevedibile (sciopero degli avvocati che hanno assicurato la difesa solo dell'imputato Masia detenuto, e non al Sanna coimputato a piede libero). Non ha motivo invece la disparita' di trattamento che si realizza allorche' due coimputati vengano giudicati in un unico procedimento oppure in procedimenti separati. Nel primo caso, infatti, a fronte del rifiuto di rendere dichiarazioni il giudice puo' ordinare, a richiesta di parte, la lettura delle dichiarazioni precedentemente rese e poi legittimamente utilizzarle per la decisione (art. 513 primo comma, c.p.p.); nel secondo caso invece, dovrebbe consentire la lettura solo se le ricerche e le citazioni non abbiano conseguito effetto; dovrebbe invece vietare la lettura, senza alcun valido motivo, se il computatao nei cui confonti si procede separatamente compare, ma dichiara di non voler rispondere. Gli si attribuirebbe cosi', in pratica, il potere dispositivo delle dichiarazioni precedentemente rese che, invece, si ritiene, non possa e non debba essere consentito dal coimputato, solo perche' nei suoi confronti si e' dovuto, per mero caso, procedere separatamente. Tale disparita' di trattamento si risolve anche in una ingiustificata compressione dei poteri di cognizione del Giudice, anche con riferimento, in definitiva, alla impossibilita' di una corretta ed adeguata motivazione della decisione, essendo il giudice costretto ad ignorare aspetti rilevanti della questione trattata. Tutte le considerazioni che precedono inducono questo Tribunale, che si richiama per il resto a quanto esposto nelle cennate ordinanze di rimessione, a sollevare la questione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 513, secondo comma, c.p.p., in relazione agli artt. 3, 111 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87. Ritiene rilevante e non manifestamente infodata la questione di legittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione, dell'art. 513, secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non dispone che possa essere data lettura delle dichiarazioni rere dalla persona di cui all'art. 210, c.p. che comparsa al dibattimento si sia avvalsa della facolta' di non rispondere. Manda alla Cancelleria per notificazione alla Presidenza del Consiglio, la comunicazione alla Presidenza del Senato e della Camera della presente ordinanza. Sospende il procedimento a carico di Masia Giovanni. Ordina la trasmissione degli atti del procedimento e della presente ordinanza alla Corte costituzionale. Oristano, addi' 29 maggio 1992 Il presidente: MASTROLILLI Disposte notifiche 10 giugno 1992 Il collaboratore di cancelleria: CAULI 92C1018