N. 493 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 giugno 1992

                                N. 493
      Ordinanza emessa il 1 giugno 1992 dal tribunale di Torino
           nel procedimento penale a carico di Bosio Giorgio
 Processo penale - Dibattimento - Sentenza di incompetenza emessa dal
    pretore  -  Lamentata  dovuta  trasmissione  degli atti al giudice
    competente anziche' al p.m. - Conseguente privazione  all'imputato
    dell'udienza  preliminare e della relativa facolta' di chiedere il
    giudizio abbreviato - Prospettata disparita'  di  trattamento  fra
    imputati   con   incidenza  sul  diritto  di  difesa  -  Lamentata
    violazione del principio che  riconosce  al  p.m.  la  titolarita'
    dell'azione penale.
 (C.P.P. 1988, art. 23, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 112).
(GU n.40 del 23-9-1992 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale a
 carico di Bosio Giorgio, nato a Torino il 17 luglio 1939.
    Premesso che con sentenza 6 febbraio 1992, il pretore di Torino, a
 norma dell'art. 23, c.p.p., dichiarava la  propria  incompetenza  per
 materia  nel  procedimento  a carico del Bosio, imputato del reato di
 cui all'art. 582, c.p., in quanto ravvisava nei fatti il  piu'  grave
 reato  di  cui  agli artt. 582 e 583 c.p., e ordinava la trasmissione
 degli atti a questo tribunale;
      che, ha seguito di  tale  decisione,  il  presidente  di  questa
 sezione  emetteva  decreto di rinnovazione della citazione a giudizio
 del Bosio per il piu' grave reato evidenziato dal pretore;
      che il p.m., in sede dibattimentale, chiedeva preliminarmente la
 trasmissione degli atti al suo ufficio  in  quanto  "con  la  diretta
 trasmissione  degli  atti  del  pretore  al tribunale si impedisce il
 corretto esercizio dell'azione penale che spetta unicamente al  p.m.,
 il   quale  in  tal  modo  non  ha,  al  contrario,  nessuna  rituale
 possibilita'  di  contestare  la  nuova   violazione,   comprimendosi
 altresi'  i  diritti  della difesa posto che per la nuova imputazione
 l'imputato non e' posto nelle  condizioni  di  chiedere  il  giudizio
 abbreviato";
      che la difesa si associava a tale richiesta, sollevando dubbi di
 costituzionalita' sulla norma dell'art. 23, primo comma, c.p.p.
                             O S S E R V A
    Prima  di  procedere  il  tribunale deve porsi il quesito circa la
 fondatezza della richiesta del p.m. di trasmissione degli atti al suo
 ufficio.  Tale  richiesta  non  appare  invero  conforme  al  dettato
 dell'art.  23,  primo  comma,  c.p.p.,  che  prevede, in ogni caso di
 incompetenza rilevata nel processo di primo grado (escluso quello  in
 cui  la competenza appartenga ad un giudice di competenza inferiore),
 che il giudice  dichiari  con  sentenza  la  propria  incompetenza  e
 trasmetta gli atti al giudice competente.
    La  normativa e' innovatrice rispetto alla disciplina prevista dal
 codice abrogato, e risponde ad un principio che  in  dottrina  si  e'
 definito  di  "non  retrocessione"  o di "non regressione" dalla fase
 dibattimentale a quella precedente, realizzandosi una vera e  propria
 perpetuatio judicii.
    Alla  luce di questa interpretazione della norma, la richiesta del
 p.m. di trasmissione degli  atti  al  suo  ufficio  appare  priva  di
 riscontro  legislativo,  in  quanto  attraverso  questo meccanismo si
 svuoterebbe  di  significato  la  nuova  normativa  e  si  ridurrebbe
 l'innovazione ad una mera apparenza.
    Ma  proprio perche' la norma dell'art. 23, primo comma, c.p.p., di
 cui si tratta, impone il non ritorno degli atti all'ufficio del  p.m.
 nel  caso  di  dichiarazione  di  incompetenza  di  altro  giudice, e
 comporta  l'investitura  diretta  del   giudice   identificato   come
 competente,  il  tribunale  si deve porre il problema se la norma, di
 cui si chiede l'applicazione, sia conforme o meno a Costituzione.
    Pare infatti non manifestamente infondato il rilievo secondo  cui,
 in   tal   modo,   la  norma  contrasterebbe  con  l'art.  112  della
 Costituzione che pone in capo al p.m.,  ed  esclusivamente  a  questo
 organo, il potere-dovere di esercizio dell'azione penale.
    Il principio della perpetuatio judicii appare corrette nel caso di
 dichiarazione  di  incompetenza  per  territorio,  in quanto l'azione
 penale e' gia' iniziata a carico di  un  determinato  imputato  e  lo
 spostamento  da  un giudice ad altro giudice del procedimento ha come
 presupposto l'iniziativa dell'azione penale,  esercitata  formalmente
 da un diverso p.m., ma pur sempre esercitata.
    Nel  caso,  invece,  di dichiarazione di incompetenza per materia,
 quanto il fatto appare nel corso di un giudizio diverso o piu'  grave
 rispetto a quello originariamente contestato, non vi e' iniziativa da
 parte  del  p.m.  ben  potendo  il  giudice  rilevare  di  ufficio la
 situazione e ordinare la trasmissione diretta degli atti  al  giudice
 di competenza superiore.
    Cio'   facendo  il  giudice  finisce  con  il  divenire  partecipe
 dell'esercizio  dell'azione  penale,  che  per  Costituzione  gli  e'
 precluso.
    Sotto altro profilo puo' evidenziarsi come il passaggio degli atti
 da   una  sede  processuale  di  competenza  inferiore  ad  una  sede
 processuale di competenza superiore, viene a privare l'imputato della
 possibilita' di richiedere il rito abbreviato, che poteva  non  avere
 interesse  a  richiedere  di  fronte al reato di minor peso, ed avere
 invece interesse a richiedere di fronte ad un reato di  maggior  peso
 (non ritualmente contestatogli).
    Non  solo,  ma  in tal modo si viene a privare il processo di quel
 vaglio costituito dall'udienza preliminare, che e'  garanzia  propria
 del procedimento di primo grado che non si svolge dinanzi al pretore.
    Questi  due  ultimi profili, ad avviso del tribunale vengono da un
 lato  a  porsi  in  contrasto  con  l'art.  3,  primo  comma,   della
 Costituzione,  in  quanto  creano  una  situazione  di  disparita' di
 trattamento   di   fronte   a   situazioni   oggettivamente   eguali,
 diversamente  trattate  sol  perche'  in  origine  la  competenza per
 materia non era stata correttamente individuata dal p.m.,  dall'altro
 lato  in  contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione,
 in quanto limitano le potenzialita' difensive,  eliminando  di  fatto
 l'udienza  preliminare  (altrimenti  necessaria) e la possibilita' di
 introdurre il rito alternativo del giudizio abbreviato.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma, c.p.p.,  nella
 parte  in cui prevede la trasmissione degli atti da parte del giudice
 incompetente per materia al  giudice  di  competenza  superiore,  per
 violazione degli artt. 112, 3 e 24 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri e sia comunicata a cura della cancelleria al
 Presidente della camera dei deputati e al Presidente del senato della
 Repubblica.
      Torino, addi' 1ยบ giugno 1992
                  Il presidente estensore: AMBROSINI

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