N. 501 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 1992

                                N. 501
       Ordinanza emessa il 21 maggio 1992 dal tribunale di Roma
         nel procedimento penale a carico di De Angelis Luigi
 Stupefacenti e sostanze psicotrope - Detenzione in misura superiore
    alla dose media  giornaliera  sufficiente  per  gg.  3  -  Ipotesi
    criminosa  da  non inquadrarsi, per interpretazione della Corte di
    cassazione, nell'ambito di incriminazione attenuata per inequivoca
    destinazione al consumo personale - Lamentata  previsione  di  una
    stessa  sanzione  per  situazioni  disomogenee  -  Violazione  del
    diritto alla salute per impossibilita' di sottoporre il condannato
    ad  un  programma  terapeutico  -  Violazione  del  principio   di
    ponderatezza   della   pena   e  della  finalita'  di  recupero  e
    reinserimento sociale.
 (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73).
 (Cost., artt. 3, 24, 27 e 32).
(GU n.40 del 23-9-1992 )
                             IL TRIBUNALE
    Il Tribunale di Roma con sentenza del 31 giugno 1991 applicava, in
 conformita' della richiesta delle parti, nei confronti di De  Angelis
 Luigi  imputato  di  detenzione  di gr 4,9 di cocaina pari a 32 'dosi
 medie giornaliere', la pena di anni due di reclusione e L.  4.000.000
 di  multa,  ritenendo  concorrere  nella  specie  l'ipotesi attenuata
 prevista dal V comma dell'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
    Contro  questa  decisione  ricorreva  il   sostituto   procuratore
 generale  eccependo che "l'accertata quantita' di cocaina sequestrata
 costituiva un incontestabile impedimento alla configurabilita'  della
 ipotesi attenuata".
    La Corte di cassazione con sentenza del 19 dicembre 1991 annullava
 la sentenza impugnata "limitatamente all'applicazione dell'attenuante
 di  cui  all'art.  73 d.P.R. n. 309 del 1990" e rinviava per il nuovo
 giudizio al tribunale di Roma.
    Nel corso del dibattimento, instauratosi in seguito alla  sentenza
 della  cassazione,  la  difesa  dell'imputato  proponeva eccezione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 73 in relazione agli  artt.  3,
 24, 27, 32 della Costituzione.
    In ordine a tale eccezione vanno fatte le seguenti osservazioni.
    La Corte costituzionale ha affrontato nella sentenza n. 333 del 10
 luglio  1991  il  problema  della quantificazione della pena prevista
 dall'art.  73  del  TULST,  sottolineando   come   il   criterio   di
 ragionevolezza  fosse  salvaguardato  dalla "modulazione di sanzione"
 attuabile attraverso l'applicazione del  comma  quinto  del  suddetto
 articolo.  Su  tale  argomento,  rispondendo  alle eccezioni motivate
 sull'anelasticita' di una  previsione  sanzionatoria  indifferenziata
 sia  nel  caso  di  uso  personale  della sostanza drogante sia nella
 ipotesi di spaccio, la Corte ha individuato nell'attenuazione di pena
 di cui al comma quinto la possibilita' di  adeguare  la  sanzione  da
 irrogare  in  concreto  tenendo  conto  della diversa finalita' della
 condotta dell'agente. La valenza di tale principio e'  per  la  Corte
 costituzionale  tale  che "anche se la detenzione di una quantita' di
 sostanza stupefacente eccede in misura non lieve la dmg puo' comunque
 essere ricondotta nell'ambito della incriminazione attenuata  ove  il
 giudice  ritenga,  in  relazione  alle circostanze del caso, di poter
 valorizzare la inequivoca destinazione al consumo personale".
    La  preminenza  di  una  indagine  in   ordine   all'atteggiamento
 psicologico  dell'agente  appare  dall'altra  parte  uno dei principi
 ispiratori della suddetta sentenza che ha sottolineato la  necessita'
 di  una  consapevolezza da parte dell'agente di tutti gli elementi di
 fatto (compreso quello relativo all'esatta quantita'  della  sostanza
 detenuta) costituenti l'ipotesi incriminatrice.
    La sentenza in questione ha portato quindi una completa inversione
 dei  principi  interpretativi  che  hanno  ispirato in particolare la
 giurisprudenza di legittimita' con una omogenea serie  di  pronuncie,
 in  cui  la  quantita'  della  sostanza  detenuta  e'  indicata  come
 "condizione necessaria per l'ulteriore verifica di sussistenza  delle
 caratteristiche  inducente  a  un  giudizio  di  minore potenzialita'
 offensiva del fatto". Tale tendenza  giurisprudenziale  ha  avuto  un
 autorevole  avallo  nella sentenza delle sezioni unite dalla Corte di
 cassazione del 31 marzo 1991 che ha sottolineato  come  il  cosidetto
 criterio  oggettivo  ha  la  preminenza sugli elementi soggettivi del
 reato tanto da bloccare ogni indagine sulla finalita' dell'azione.
    Va ricordato inoltre che la suddetta  tendenza  interpretativa  ha
 irrigidito  ancora di piu' l'applicazione dell'art. 73, riportando la
 quantita' suscettibile di  una  ipotesi  di  lieve  reato,  a  quella
 considerata  dalla  giurisprudenza  come  modica  quantita' in regime
 dell'art. 72 della legge n. 685/1975.
    Si e' cosi riproposto il criterio di  indicizzazione  del  consumo
 riportato  al fabbisogno di un tossicodipendente medio nel periodo di
 tre giorni (pari, per il consumo di  cocaina,  a  gr  0,45).  Il  che
 significa  che  la  detenzione  di  cocaina per un quantitativo anche
 superiore di un solo milligrammo alla misura indicata  e'  sanzionata
 con  l'ipotesi piu' grave dell'art. 73, anche se risultasse del tutto
 evidente che la  droga  abbia  una  destinazione  esclusiva  per  uso
 personale.
    La   validita'   di   tale   indirizzo  giurisprudenziale  la  cui
 antiteticita' rispetto quello affermato  dalla  Corte  costituzionale
 appare   evidente,   e'  ribadita  nella  decisione  della  Corte  di
 cassazione che  ha  annullato  la  sentenza  del  tribunale  di  Roma
 rinviando   a   questo   collegio   la  decisione  perche'  ottemperi
 all'applicazione  dei  principi  interpretativi  in  oggetto.   Nella
 sentenza in questione e' esplicitamente affermato che "non sussistono
 motivi  per  discostarsi  da  tale  affermato  orientamento di questa
 Corte, nemmeno dopo la sentenza n. 333".
    Sul  punto  la  Corte  di  cassazione  specifica  che   la   Corte
 costituzionale non si e' occupata direttamente del problema in quanto
 e'  stata  chiamata ha pronunciarsi sulla legittimita' costituzionale
 dell'attuale   discrimine   tra   illecito    penale    e    illecito
 amministrativo,  ha  inoltre osservato che il concetto di "misura non
 lieve" affermato dalla Corte costituzionale puo' essere ricondotto al
 principio di "modica quantita'"  i  cui  limiti  permettono  di  "non
 consentire  accumulazione  di  sostanze stupefacenti e di contrastare
 con la parcellizzazione il traffico dei narcotici".
    La prima  proposizione  non  puo'  che  trovare  questo  Tribunale
 consenziente  in  quanto  in  effetti  la Corte costituzionale non ha
 avuto  modo  di  occuparsi  direttamente  della  differenzazione  tra
 l'ipotesi  di cui l'art. 73, primo comma e quella attenuata di cui al
 comma quinto dello stesso articolo. Tuttavia, come si e' su riferito,
 la  portata  dell'attenuante  ha   consentito   (insieme   ad   altre
 argomentazioni),  l'affermazione  di  "ragionevolezza"  e  quindi  un
 giudizio positivo di costituzionalita' dell'art. 73 del TULST.
    La valutazione del problema in questione  quindi  e'  stata  senza
 dubbio  incidentale,  ma  ha  avuto  un  notevole  peso  sull'assetto
 complessivo di una delle  norme  cardine  del  sistema  sanzionatorio
 posto  dal  TULST. In effetti consegue all'argomentazione della Corte
 costituzionale  che  una  limitazione  alla  indagine  sui  requisiti
 soggettivi  che  consentono  l'applicabilita'  di  una  attenuazione,
 comporterebbe un principio di irragionevolezza dell'art. 73.
    Tale limitazione viene ribadita dalla Corte  di  cassazione  nella
 pronuncia  in  oggetto  che, anche se, con uno sforzo interpretativo,
 ritiene la quantita' "non lieve" indicata dalla Corte costituzionale,
 coincida con "la modica quantita'", fissa comunque in  questa  misura
 un  parametro oggettivo invalicabile in quanto considerato di per se'
 stesso una prova insuperabile della finalita' di traffico.
    Nel caso in specie ne consegue che superando la quantita' detenuta
 dall'odierno imputato  la  misura  fissata  dalla  modica  quantita',
 determinata  dalla  sentenza  della Corte di cassazione, e' del tutto
 preclusa a questo  tribunale  ogni  indagine  in  ordine  agli  altri
 elementi soggettivi da cui poter desumere (o escludere) una finalita'
 di traffico nel comportamento dell'agente.
    Tale  situazione  ritiene questo tribunale venga a confliggere con
 il  principio  costituzionale  fissato  nella  sentenza  della  Corte
 costituzionale.
    In  questo senso la eccezione sollevata dalla difesa dell'imputato
 non appare manifestamente infondata e va quindi proposto  alla  Corte
 costituzionale il quesito della legittimita' costituzionale dell'art.
 73   del  TULST  nei  limiti  in  cui  non  preveda  l'applicabilita'
 dell'attenuante di cui al quinto comma anche nei casi  di  detenzione
 di  sostanza  stupefacente  che  ecceda  in  misura  non lieve la dmg
 qualora  in  relazione  alle  circostanze  del  caso   possa   essere
 riconosciuta la inequivoca destinazione al consumo personale.
    Il principio costituzionale violato e' quello previsto dall'art. 3
 della Costituzione in quanto l'interpretazione della Cassazione viene
 a  determinare una disparita' di trattamento con la previsione di una
 stessa sanzione per situazioni disomogenee  quali  lo  spaccio  e  il
 consumo  di  droga  e  in  quanto prevede una presunzione assoluta di
 spaccio, collegata alla quantita' di sostanza drogante detenuta.
    Tale  presunzione  appare  menomare il diritto di difesa in quanto
 sarebbe alla stessa preclusa la possibilita' di proporre una indagine
 in ordine all'atteggiamento soggettivo  dell'agente,  con  violazione
 del principio di cui all'art. 24 della Costituzione.
    Appaiono inoltre violati i principi affermati dagli artt. 32 della
 Costituzione   perche'  in  caso  di  detenzione  di  droga  per  uso
 personale, la comminazione della pena  prevista  dall'art.  73  prima
 parte  impedirebbe  l'applicazione  dei  provvedimenti previsti dalla
 stessa legge a  difesa  della  salute  del  consumatore.  In  effetti
 l'applicazione  di  sanzioni irrogate secondo l'ipotesi non attenuata
 dell'art. 73 del testo unico comporta  sia  l'inapplicabilita'  della
 sospensione  dell'esecuzione  della pena per consentire al condannato
 di sottoporsi a un programma terapeutico (art. 90 del suddetto  testo
 t.u.)  con la conseguente impossibilita' di pervenire alla estinzione
 del reato (art. 93), sia il divieto di affidamento in prova  previsto
 dall'art. 94.
    Questa  situazione  comporta  inoltre  la violazione del principio
 costituzionale che sancisce:  "le  pene  non  possono  consentire  in
 trattamenti  contrari  al  senso  di umanita' e alla rieducazione del
 condannato" (art. 27 della Costituzione).  Su  questo  punto,  appare
 fondato  il  dubbio  che  condannare  a  un  minimo  di  otto anni di
 reclusione una persona sulla base di una presunzione che non permette
 di tener conto della  situazione  soggettiva  e  in  particolare  non
 consente  di  valutare  la  possibilita'  di  utilizzazione  a  scopo
 personale di una quantita' di droga che e' tanto maggiore "non lieve"
 quanto piu' lo stato di tossicodipendenza e' reale e grave, violi  il
 principio  di ponderatezza della pena al caso concreto e la finalita'
 di  recupero  e  reinserimento  sociale,  che  non  solo  il  dettato
 costituzionale,   ma  lo  stesso  TULST  assumono  essere  uno  degli
 obiettivi del legislatore in aderenza all'orientamento internazionale
 in materia.
    La rilevanza della questione nel caso in specie appare  del  tutto
 evidente, in quanto la sentenza di rinvio condiziona questo tribunale
 all'applicazione del principio sancito dalla Corte di cassazione, con
 le conseguenze illustrate precedentemente.
    Dall'altra  parte,  come  la  Corte  costituzionale  ha piu' volte
 affermato, il contenuto della norma giuridica viene a prendere  corpo
 in  relazione  all'impulso  che  viene impresso dalla interpretazione
 giurisprudenziale.  I  connotati  di  costituzionalita'  della  norma
 quindi  vengono  a  formarsi  attraverso le decisioni dei giudici. Ne
 consegue che il pericolo che la norma possa svolgere la sua  funzione
 viziata   da   una   interpretazione   non   aderente   ai   principi
 costituzionali   va   prospettato    all'attenzione    della    Corte
 costituzionale. Nel caso in specie l'autorevolezza dell'organo da cui
 proviene  l'interpretazione  giurisprudenziale  su  citata  e il gia'
 rilevato consolidarsi dell'orientamento ampliano il  pericolo  di  un
 irrobustimento di una lettura della norma in chiave incostituzionale.
                               P. Q. M.
    Dichiara non manifestamente infondata e rilevante nel caso in spe-
 cie  la  questione  di legittimita' costituzionale, in relazione agli
 artt. 3, 24, 27 e 32 della Costituzione, dell'art. 73  del  d.P.R.  9
 ottobre  1990, n. 309, nei limiti in cui non preveda l'applicabilita'
 dell'attenuante di cui al quinto comma, anche in caso  di  detenzione
 di  sostanza stupefacente che ecceda in misura non lieve la "dose me-
 dia giornaliera", qualora in  relazione  alle  circostanze  del  caso
 possa  essere  riconosciuta  la  inequivoca  destinazione  al consumo
 personale;
    Dispone la sospensione del giudizio in corso nei confronti  di  De
 Angelis  Luigi  e  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla Corte
 costituzionale.
    Manda in cancelleria per le comunicazioni e notifiche di rito.
      Roma, addi' 21 maggio 1992
                   Il presidente: (firma illeggibile)

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