N. 509 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 luglio 1992

                                N. 509
    Ordinanza emessa il 9-27 luglio 1992 dalla Corte costituzionale
           nel procedimento penale a carico di Colli Antonio
 Processo penale - G.I.P. - Sentenza di non luogo a procedere per
    infermita'  psichica - Lamentata impossibilita' di accertamento di
    responsabilita', salvo la non manifesta infondatezza dell'addebito
    - Irragionevole compressione del diritto di difesa - Disparita' di
    trattamento rispetto ai non imputabili che possano usufruire della
    fase dell'udienza preliminare -  Eccesso  di  delega  -  Eccezione
    d'incostituzionalita'     sollevata    d'ufficio    dalla    Corte
    costituzionale per pregiudizialita' rispetto  ad  altra  questione
    relativa all'art. 426, lett. c), del c.p.p.
 (C.P.P. 1988, art. 425, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 76; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2,
    primo comma, dir. 52).
(GU n.40 del 23-9-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nel giudizio di legittimita'
 costituzionale dell'art. 426,  lett.  c),  del  codice  di  procedura
 penale  promosso  con  ordinanza emessa il 13 giugno 1991 dal giudice
 per le indagini preliminari presso il tribunale di Reggio Emilia  nel
 procedimento penale a carico di Colli Antonio, iscritta al n. 536 del
 registro  ordinanze  1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'ano 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 17 giugno 1992 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale  di  Reggio  Emilia,  nel  richiamare la sentenza di questa
 Corte n. 233/1984, ha sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  24
 della  Costituzione,  questione  di legittimita' dell'art. 426, lett.
 c), del codice di procedura penale, nella parte in cui, nel  caso  di
 sentenza  di  non luogo a procedere per infermita' psichica, preclude
 al  giudice  per  le  indagini  preliminari  di  tener  conto   delle
 circostanze  attenuanti e di effettuare il giudice di comparazione di
 cui all'art. 69 del codice penale, ai  fini  dell'applicazione  della
 misura  di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico gudiziario
 o della determinazione della sua durata minima ai sensi dell'art. 222
 del codice penale;
    Considerato che pregiudiziale all'esame della questione  sollevata
 dal  giudice  a  quo e' la verifica della legittimita' costituzionale
 dell'art. 425 del codice di procedura  penale,  nella  parte  in  cui
 stabilisce  che  il  giudice,  all'esito  della  udienza preliminare,
 pronuncia sentenza di non luogo a procedere quando "risulta  evidente
 .. che si tratta di persona non imputabile";
      che  il  nesso  di pregiudizialita' che lega la norma oggetto di
 impugnativa  e  l'art.  425  del  codice  di  rito  puo'  agevolmente
 desumersi  dalla  circostanza  che,  mentre  l'art.  426 dello stesso
 codice disciplina i requisiti della sentenza di non luogo a procedere
 ed enuncia, fra questi,  l'imputazione,  cosi'  da  aver  indotto  il
 remittente  a intravedere la "estensibilita'" dei princi'pi affermati
 da questa Corte nella  sentenza  n.  233/1984,  con  la  quale  venne
 dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  del corrispondente art.
 384, n. 2, del codice abrogato, e' l'art. 425 del  nuovo  codice  che
 disciplina  le  formule  e  la  regola di giudizio con le quali viene
 adottata la sentenza di non luogo a  procedere;  sicche',  solo  dopo
 aver  verificato  la  legittimita'  costituzionale  della  norma, che
 consente al giudice di pronunciare sentenza di non luogo a  procedere
 per  difetto  di  imputabilita', e' possibile affrontare la questione
 che ha dato via al presente giudizio e, per l'effetto,  esaminare  la
 fondatezza del petitum che il giudice a quo mostra di perseguire;
      che,  al riguardo, non appare manifestamente infondato il dubbio
 che l'art. 425 del codice di procedura penale,  nella  parte  in  cui
 stabilisce  che il giudice pronucia sentenza di non luogo a procedere
 quando risulta evidente il difetto di  imputabilita',  applicando  le
 misure  di  sicurezza  nei  casi  e  nei  modi  previsti dalla legge,
 contrasti con gli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione;
      che in proposito deve infatti rilevarsi come  il  giudice,  alla
 stregua   della   regola   di  giudizio  delineata  dalla  norma  qui
 sospettata, sia chiamato ad apprezzare il  merito  della  imputazione
 con  esclusivo  riferimento  ad un parametro di "non evidenza" che il
 fatto non sussista, l'imputato non lo abbia commesso o che  il  fatto
 non  costituisca reato o non sia previsto dalla legge come reato, con
 la conseguenza di imporre la pronuncia di una sentenza di non luogo a
 procedere per difetto di imputabilita' ed applicare, se del caso,  le
 misure  di sicurezza, all'esito di un accertamento di responsabilita'
 che tiene conto solo della non manifesta infondatezza dell'addebito;
      che dal quadro normativo appena delineato scaturisce, quindi, il
 sospetto di una irragionevole compressione del diritto di difesa  che
 non  puo'  certo  ritenersi  bilanciato  da  contrapposte esigenze di
 economia processuale, in quanto la persona non  imputabile  viene  ad
 essere   percio'   privata   del  dibattimento  e  della  conseguente
 possibilita' di esercitare appieno il diritto alla prova  sul  merito
 della regiudicanda;
      che    tutto    cio'   potrebbe   determinare,   altresi',   una
 ingiustificata disparita' di trattamento  tra  quanti  versano  nella
 identica situazione di non imputabilita', dal momento che per costoro
 la   possibilita'  di  fruire  dell'epilogo  dibattimentale  e  delle
 conseguenti garanzie viene fatta dipendere esclusivamente dal tipo di
 modulo processuale adottato, giacche' la preclusione a  quell'epilogo
 non  si  realizza  in  tutte  le altre ipotesi in cui manca, come nel
 giudizio direttissimo e nel procedimento davanti al pretore, la  fase
 dell'udienza preliminare;
      che  nella specie appare infine prospettabile anche il dubbio di
 eccesso di delega, posto che nel n. 52), sesto periodo,  dell'art.  2
 della  legge-delega  16  febbraio  1987,  n.  81,  tra  le  cause che
 legittimano la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, non
 v'e' menzione di quella relativa al difetto di imputabilita';
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in  riferimento
 agli   artt.   3,  24  e  76  della  Costituzione,  la  questione  di
 legittimita' dell'art. 425, primo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  il giudice pronuncia
 sentenza  di  non  luogo  a  procedere  quando  risulta  evidente che
 l'imputato e' persona non imputabile;
    Ordina la sospensione  del  giudizio  introdotto  con  l'ordinanza
 iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1991;
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di legge.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1992.
                       Il presidente: CORASANITI
   Il redattore: VASSALLI
                                              Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 1992
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

 92C1036