N. 64 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 settembre 1992

                                 N. 64
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
                    cancelleria l'11 settembre 1992
              (del Presidente del Consiglio dei Ministri)
 Impiego pubblico - Disposizioni per l'attuazione dell'art. 3 della
    legge   regione  Lombardia  8  maggio  1990,  n.  38  "Recepimento
    nell'ordinamento giuridico della  regione  Lombardia  dell'accordo
    per  il triennio 1988-90 riguardante il personale dipendente delle
    regioni a statuto ordinario .." - Riconoscimento all'indennita' di
    funzione  dirigenziale  del  carattere   di   elemento   fisso   e
    continuativo  (con  conseguente  rilievo  ai  fini di quiescenza e
    previdenza) anche nella misura dello 0,8 per cento del trattamento
    iniziale e non limitatamente alla misura dello 0,1  per  cento  di
    detto trattamento come previsto dalla legge regionale n. 38/1990 e
    dal  d.P.R.  n.  333/1/990 di recepimento del contratto collettivo
    nazionale di lavoro per  il  triennio  1988-90  -  Violazione  dei
    principi   della   legge   quadro   sul   pubblico   impiego   per
    l'introduzione di una disciplina contrastante con la natura  della
    indennita'  di funzione desumibile dalla normativa contrattuale di
    comparto nonche' con i principi di uguaglianza e di  imparzialita'
    e   buon  andamento  della  p.a.  per  i  riflessi  nella  materia
    previdenziale riservata allo Stato.
 (Delibera regione Lombardia n. 83 riapprovata il 6 agosto 1992).
 (Cost., artt. 3, 97 e 117).
(GU n.40 del 23-9-1992 )
    Ricorso  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri rappresentato
 dall'Avvocato generale dello Stato e presso il  medesimo  domiciliato
 in  Roma,  via  dei  Portoghesi  12,  contro  la regione Lombardia in
 persona del Presidente in carica della sua giunta  regionale  per  la
 declaratoria   della  illegittimita'  costituzionale  della  delibera
 legislativa n. 83 riapprovata dal consiglio regionale lombardo  il  6
 agosto  1992 e comunicata al Presidente del Consiglio dei Ministri il
 19 agosto 1992, dal titolo: "Disposizioni per l'attuazione  dell'art.
 3   della   legge   regionale  8  maggio  1990,  n.  38  'Recepimento
 nell'ordinamento giuridico della regione Lombardia  dell'accordo  per
 il  triennio  1988-1990  riguardante  il  personale  dipendente delle
 regioni a statuto ordinario, degli enti  pubblici  non  economici  da
 esse  dipendenti,  dagli  istituti autonomi per la case popolari, dai
 consorzi regionali degli istituti stessi, nonche' dai consorzi e  dai
 nuclei per le aree di sviluppo industriale' e successive integrazioni
 e dell'art. 37 dell'allegato alla legge stessa".
    Con  fonogramma  del Presidente del Consiglio dei Ministri in data
 29 aprile 1992 il Governo rinvio' alla regione Lombardia la  delibera
 legislativa  19  marzo 1992, poi riapprovata, nello stesso testo, con
 la delibera 6 agosto 1992 in epigrafe.
    Come risulta anche  dalla  legislazione,  la  legge  in  esame  e'
 rivolta  a  rafforzare  il  nesso  tra  l'ordinamento organizzativo e
 l'indennita' di funzione dirigenziale, definendo,  per  quest'ultima,
 le  modalita'  applicative,  nonche'  i caratteri ed i presupposti in
 attuazione degli artt. 3 e 37 della legge  regionale  n.  38/1990  di
 recepimento dell'accordo di comparto per il triennio 1988-1990.
    Il provvedimento ha il suo punto nodale nella previsione di cui al
 primo  comma  dell'art.  2  che,  riconoscendo  come elemento fisso e
 continuativo da corrispondere in via  ordinaria  tale  indennita'  di
 funzione  anche  nella  articolazione  percentuale  dello  0,8  e non
 limitatamente all'indice minimo dello 0,1 del trattamento stipendiale
 iniziale,  mira  alla   completa   assoggettabilita'   dei   relativi
 emolumenti  alla  contribuzione  previdenziale  ed  alla  conseguente
 quiescibilita'.
    In proposito va, pero', obiettato  che  puo'  essere  quiescibile,
 alla  luce  della  natura  stessa di tale indennita' rilevabile dalla
 disciplina  contrattuale,  solo  quella  parte  di  indennita'  (0,1)
 "assicurata  dalla fonte normativa (legge e d.P.R. di recepimento del
 contratto  collettivo  nazionale  di   lavoro)   con   carattere   di
 generalita'  e  fissita' a tutti i dirigenti della medesima qualifica
 indipendentemente dalla posizione funzionale specifica.  E'  esclusa,
 invece,   dalla   pensionabilita'  quella  parte  dell'indennita'  di
 funzione che non presenta tali caratteri di fissita' e continuita', e
 sia invece "variabile, aleatoria, revocabile".
    Da tali ultimi attributi e' invece caratterizzata l'indennita'  di
 funzione dirigenziale per la parte eccedente lo 0,1.
    Gli  importi superiori, infatti, sono mutevoli ed aleatori poiche'
 le varie  funzioni  dirigenziali  alle  quali  sono  legati,  vengono
 attribuite con incarico "ad personam" teoricamente revocabile.
    Ne' valgono, in proposito, le disposizioni della legge in epigrafe
 che  mirano  a  creare  una  correlazione  "permanente" tra struttura
 organizzativa   e   funzione   dirigenziale   cosi'   da    escludere
 "l'aleatorieta'"  degli  incarichi  e  permettere di riconsiderare la
 natura  della  indennita'  di  funzione  dirigenziale alla luce della
 peculiare  legislazione  regionale,  anziche'   in   relazione   alle
 articolazioni  previste  dall'art.  38  del  d.P.R.  n.  333/1990  di
 recepimento del surriferito accordo di comparto.
    E' appena il caso di sottolineare, infatti, che  la  natura  e  la
 disciplina  dell'istituto  retributivo  in  questione sono poste, con
 carattere  di  generalita'  ed   uniformita'   esclusivamente   dalla
 normativa  contrattuale  e  che ininfluenti debbono essere certamente
 ritenute le eventuali deliberazioni di applicazione dei singoli  enti
 qualora se se discostino.
    E' quindi costituzionalmente illegittima la citata disposizione di
 cui  all'art. 2, primo comma, che viola l'art. 3 - disciplina in base
 ad accordi - della legge  quadro  sul  pubblico  impiego  n.  93/1983
 introducendo   una   disciplina  contrastante  con  la  natura  della
 indennita' di funzione desumibile  dalla  normativa  contrattuale  di
 comparto,   nonche'  i  generali  principi  di  uguaglianza  e  buona
 amministrazione  di  cui  agli  artt.  3  e  97  della  Costituzione,
 disponendo  in difformita' da quanto previsto per analoghi emolumenti
 nell'ambito del restante pubblico impiego.  La  stessa  disposizione,
 essendo   suscettibile   di   incidere   ed  innovare  nella  materia
 previdenziale riservata allo Stato, eccede, inoltre, i  limiti  della
 competenza  legislativa  regionale  in  violazione  dei  limiti posti
 dall'art. 117 della Costituzione.
    Ugualmente in contrasto con  i  surriferiti  principi  si  rivela,
 altresi',  l'art.  3  che  disponendo  l'abrogazione  del terzo comma
 dell'art. 38 della legge regionale n. 38/1990  il  quale  prevede  la
 rimozione  dei  dirigenti  dalle funzioni esercitate e la conseguente
 perdita   della   relativa    indennita'    di    funzione,    appare
 surrettiziamente  volto  ad  affermare  il  suddetto  emolumento come
 elemento fisso e continuativo anche oltre il limite percentuale dello
 0,1, del trattamento stipendiale dirigenziale.
   A seguito di delibera del Consiglio dei Ministri in data 25  agosto
 1992  e sulla base delle considerazioni su esposte, il Presidente del
 Consiglio chiede che sia dichiarata la illegittimita'  costituzionale
 della delibera regionale impugnata.
    Si produrranno il testo della delibera impugnata, il fonogramma di
 rinvio,  e la comunicazione della delibera del Consiglio dei Ministri
 25 agosto 1992.
      Roma, addi' 28 agosto 1992
                  Antonio BRUNO, avvocato dello Stato

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