N. 561 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 giugno 1992
N. 561 Ordinanza emessa il 1 giugno 1992 dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura di Massa nel procedimento penale a carico di B. R. Processo penale - Procedimento pretorile - Reato perseguibile a querela - Decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato - Condanna alle spese processuali del querelante - Omessa previsione - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto ai casi di proscioglimento a seguito di udienza preliminare o di assoluzione dibattimentale. (C.P.P. 1988, artt. 408, 427, 542 e 554; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 125). (Cost., art. 3).(GU n.41 del 30-9-1992 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti tutti gli atti di causa, premesso e considerato quanto segue. 1. - In data 27 novembre 1990, tale M. P. V. D. H., residente in Massa, depositava atto di querela nei confronti del dott. R. B., per il reato di lesioni. Ad esito delle indagini preliminari, in data 22 maggio 1991, il p.m. in sede formulava richiesta di archiviazione per l'infondatezza della notizia di reato. Il giudice ritiene che l'art. 508 del c.p.p. del 1988, richiamato dall'art. 554 dello stesso codice non sia conforme ai principi costituzionali di cui all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non obbliga il giudice a pronunziare condanna alle spese del querelante nei casi di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. 2. - In punto di rilevanza, si osserva quanto segue. 2- a). La persona offesa ha proposto rituale e tempestivo atto di querela, esponendo: di essersi sottoposta alle cure del dott. R. B., il quale, nel mese di agosto dell'anno 1990, l'aveva sottoposta ad una serie di trattamenti al volto consistenti in iniezioni sottocutanee di collagene; che, dopo circa un mese dall'ultimo trattamento, verso la fine del mese di settembre avevano cominciato a manifestarsi le prime cisti in corrispondenza delle zone della faccia sottoposte a trattamento con il collagene (intorno agli occhi e alla bocca), cisti che erano rapidamente aumentate di numero, determinando una deturpazione del volto; che, decisamente allarmata dall'insorgenza delle cisti ed al conseguente danno estetico al volto, essa era tornata dal dott. B., che aveva iniziato a curarla con cortisonici; che, dopo oltre un mese di cura, verso la meta' di novembre, posto che non si notava alcun miglioramento, il dott. B. aveva proposto di passare a cure piu' drastiche, ovverosia intervenire chirurgicamente sulle cisti insorte; che la donna, profondamente turbata per l'aspetto del proprio volto, dovuto al manifestarsi delle cisti tutto intorno agli occhi e alla bocca, e preoccupata di sottoporsi alle cure piu' drastiche suggerite dal dott. B., aveva deciso di rivolgersi ad uno specialista dermatologo, il quale, dopo averla visitata, in data 17 novembre 1990, aveva diagnosticato la presenza di "lesioni nodulari a tipo granuloma da corpo estraneo in regione periorbitale bilaterale molto piu' accentuate a sinistra" (veniva allegata alla querela documentazione medica); che l'esponente, al momento della presentazione della querela, era ancora in cura dermatologica, essendo ancora presenti le cisti manifestatesi a seguito del trattamento con il collagene; che la malattia ancora affliggeva la donna, con evidenti implicazioni negative sia sul piano psicologico personale, che su quello della vita sociale, stante l'aspetto deturpato del volto. 2-b). - Visto il contenuto della querela, il procuratore della Repubblica in sede dava corso alle indagini preliminari, conferendo incarico ad un consulente tecnico, il quale, ad esito dell'incarico ricevuto, ha concluso per l'insussistenza di una malattia dipendente dall'operato del dott. B.. Infatti, il consulente del p.m., nella sua relazione in data 23 febbraio 1991, ha riferito: che il trattamento estetico richiesto dalla querelante era stato praticato con iniezioni di collagene bovino purificato sterile per impianti intradermici, in regolare commercio; che era stato eseguito un test intradermico sull'avambraccio destro al fine di accertare eventuali reazioni allergiche; che non si era verificata alcuna reazione allergica, per cui, dopo una settimana circa, erano iniziate le infiltrazioni nella zona periboccale e nella glabella; che, nei giorni successivi, era seguita una reazione di tipo edematoso della glabella, trattato con una crema cortisonica (Legederm); che, in tale sede non erano state piu' eseguite successive infiltrazioni; che erano state eseguite infiltrazioni nella seconda e terza seduta, che erano avvenute con cadenza settimanale, nella zona periboccale ed anche nel mento; che, nell'ultima seduta, la quarta, effettuata intorno al 10 settembre 1990 circa, erano state eseguite infiltrazioni nelle rughe perioculari e nelle palpebre inferiori, (da venti a trenta infiltrazioni); che la persona offesa ha riferito al c.t., che durante e dopo tale trattamento, si era esposta al sole ed aveva sempre portato occhiali protettivi; che, alla fine di settembre si era manifestato un notevole rigonfiamento delle palpebre inferiori e delle zone perioculari lateralmente e si apprezzavano palpatoriamente delle formazioni di tipo "cistico" ai lati degli occhi e nelle palpebre inferiori; che, nei mesi successivi continuava a manifestarsi il rigonfiamento delle palpebre con fasi alterne di riacutizzazione e remissione, trattate sempre con Lyederm crema; che, nel mese di ottobre, consultato uno specialista, aveva assunto antistaminici, cortisone e antiflogistici; che, dopo altri quindici giorni aveva consultato un altro specialista, che le aveva fatto delle fotografie e le aveva detto che sembrava fosse stato usato il silicone. Circa la situazione del volto della persona offesa, il consulente ha riferito: che, alle ispezioni del volto, si nota un lieve arrossamento per un piccolo tratto di circa un centimetro delle palpebre inferiori, che non si presentano tumefatte e sono morfologicamente normali; che non si nota nulla nelle zone periboccali e nel mento; che non si nota nulla nella glabella; che, alla palpazione, si apprezza una piccola formazione nodulare ai lati di entrambi gli occhi delle dimensioni di un grano di miglio o poco piu' e soprattutto due formazioni nodulari nelle regioni palpebrali inferiori di forma allungata in senso orizzontale, delle dimensioni di circa un centimetro e dello spessore di circa tre mm, con lieve arrossamento della cute sovrastante, senza edema; che tali formazioni sono di consistenza dura e sono situate nell'ipoderma; che non si nota nulla alla palpazione della glabella e del mento e della zona periboccale. La sig.a M. P. V. D. H. ha riferito al consulente che tali formazioni nodulari erano attualmente ridotte del 60% circa, rispetto al volume iniziale dopo le infiltrazioni. Terminata la discussione del caso, il c.t. ha emesso il parere che qui di seguito viene integralmente riportato. "Parere medico legale: sulla scorta dei dati anamnestici e dell'esame obiettico, ritengo che le infiltrazioni con il collagene sono state eseguite correttamente nella zona periorale, nel mento e nella glabella; mentre nella zona perioculare e soprattutto nelle palpabre inferiori, dove la cute e' piu' sottile, il collagene ha superato il derma accumulandosi nell'ipoderma in quantita' eccessiva per cui le formazioni nodulari che si apprezzano alla palpazione non sono altro che accumuli di collagene piu' infiltrazioni di cellule mononucleari. Ora, visto che il collagene iniettato non ha dato reazioni di ipersensibilita' al test intradermico eseguito prima delle sedute, dato che si possono avere reazioni nei trattamenti successivi con eritema, indurimento e prurito, che tali reazioni sono molto variabili nel tempo (con durata media di quattro mesi), dopo di che il collagene e' degradato dall'organismo, il problema e' solo di ordine estetico e percio' il paziente deve essere avvertito ed aiutato a mascherare la reazione fino a quando il collagene e' riassorbito. Pertanto le reazioni nelle zone di infiltrazioni si possono verificare, ma e' pure innegabile che nelle palpebre inferiori tale reazione possa essere stata superiore alla norma per la tecnica non corretta e la eccessiva quantita' di collagene usato. Ritengo che tali formazioni nodulari, gia' ridotte peraltro del 60%, siano destinate a scomparire completamente nei mesi successivi venendo riassorbite da cellule mononucleari macrofagi e linfociti, deputate alla fagocitosi del collagene. In conclusione, il danno e' stato limitato alle zone palpebrali inferiori dovute alla forse eccessiva quantita' di collagene iniettato troppo profondamente e tale danno, gia' molto diminuito, e' destinato a scomparire nei mesi successivi. Escludo che sia stato usato silicone in quanto non sarebbe stato riassorbito e le formazioni nodulari non sarebbero diminuite di vol- ume". 2-c). - Ad esito delle indagini, il p.m. formulava una richiesta di archiviazione, con la seguente motivazione: "Ritenuto che nei fatti esposti non siano ravvisabili, alla luce della consulenza tecnica esperita, estremi di reato per le seguenti considerazioni: gli inconvenienti lamentati dalla querelante non possono qualificarsi come lesioni in senso proprio, essendo limitate a complicanze il cui rischio e' connesso all'intervento medico attuato ed il cui verificarsi, nei limiti riscontrati in perizia, non inficia la correttezza tecnica dell'intervento stesso. Si e' trattato, quindi, di un danno estetico valutabile sul piano civilistico sotto il profilo risarcitorio, ma non riconducibile ad una colpa professionale dell'operatore, non avendo superato i limiti di rischio comunemente accettati in ogni intervento medico chirurgo". 2-d). - Ad avviso del giudice, la richiesta del p.m. e' certamente da condividersi. Invero, perche' si possa ritenere integrato il reato di lesioni deve riscontrarsi una vera e propria malattia, intesa come alterazione dello stato di salute dell'offeso. Nel caso di specie, l'alterazione dello stato di salute, se c'e' stata, e' quella normalmente riferibile ad un intervento del tipo di quello richiesto dalla paziente, la quale ha evidentemente proposto la querela perche' scontenta della riuscita del trattamento estetico richiesto. Peraltro, dalla relazione del c.t., che sembra fondata su dati certi ed obbiettivi ed immune da vizi logici, si evince che non puo' sostenersi neppure che il trattamento estetico richiesto non sia riuscito appieno; ma si evince, piuttosto, che, pur dopo qualche correttivo farmacologico, il trattamento e' riuscito con un decorso maggiore di quanto non si pensasse al momento dell'intervento del dott. B.. Gli elementi acquisiti alle indagini si presentano, quindi, come assolutamente inidonei a sostenere un'accusa in giudizio. In un eventuale successivo giudizio e', infatti, assai probabile l'assoluzione purche' il fatto non sussiste. 3. - A questo punto, il giudice osserva che, per principio generale, chi abbia proposto una querela infondata, deve essere condannato al pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato. Tale principio, che era gia' presente nell'impianto del codice abrogato, trova, nell'attuale codificazione, la sua traduzione normativa nell'art. 427, che impone, nella sentenza di non luogo a procedere, la condanna alle spese del querelante nelle ipotesi di assoluzione del querelato perche' il fatto non sussiste o l'imputato non la ha commesso; lo stesso codice del 1988, nell'art. 542, disciplinando le medesime ipotesi riferite all'assoluzione dibattimentale del querelato, opera un rinvio ricettizio alla disciplina di cui all'art. 427. Ma nulla e' disposto circa le ipotesi di assoluzione del querelato per la infondatezza della notizia di reato; ed, in particolare, nulla e' disposto circa le ipotesi di infondatezza manifesta, e cioe' circa le ipotesi di cui, al termine delle indagini, si sia acquisita la ragionevole certezza dell'insussistenza degli elementi essenziali del reato lamentato. Ne consegue che, in vicende giudiziarie come quella di specie, nella quale l'imprudente prospettazione dei fatti offerta dalla querelante ha determinato il p.m. a conferire un incarico tecnico che ha importato una spesa per l'erario, non e' possibile - in mancanza di un'espressa disposizione al riguardo - condannare la querelante al pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato. 4. - Ritiene il giudicante che, gli artt. 554, 408, 125 delle disp. att., 427 e 542 del c.p.p. del 1988, non siano conformi al principio costituzionale di uguaglianza nella parte in cui non prevedono che il querelante debba essere condannato, con il decreto che dispone l'archiviazione, al pagamento delle spese anticipate dallo Stato, nei casi in cui gli elementi giudicati non idonei a sostenere l'accusa in giudizio investano la sussistenza del fatto o la commissione dello stesso da parte del querelato. L'omissione di una tale previsione, e', ad avviso del giudicante, foriera di una grave disparita' di trattamento. Infatti, il proscioglimento avvenuto a seguito dell'udienza preliminare o addirittura a seguito del dibattimento, presuppone che sia gia' superato il passaggio logico relativo alla prognosi di sostenibilita' di cui all'art. 125 delle disp. att., del c.p.p. Con la conseguenza che, nei casi nei quali la querela si possa ritenere, ai fini delle determinazioni circa l'esercizio dell'azione penale, di una certa fondatezza, il querelante viene condannato al pagamento delle spese processuali, quando l'ipotesi accusatoria non abbia ricevuto il sufficiente conforto dalle sopravvenienze processuali. Nel caso dell'archiviazione, invece, che presuppone l'infondatezza della querela anche ai soli fini delle positive determinazioni circa l'esercizio dell'azione penale, il querelante, la cui imprudenza si presenta certamente piu' grave, non e' condannato al pagamento di alcuna spesa. Tale disparita' di trattamento non sembra giustificata alla stregua del parametro della ragionevolezza, perche' e' appunto irragionevole che, a situazioni ugualmente diverse (quelle dell'ipotesi di proscioglimento nel corso dell'udienza preliminare o di assoluzione dibattimentale e quelle di archiviazione per infondatezza della notizia di reato) corrisponda un trattamento profondamente differenziato; e senza che cio' trovi una razionale giustificazione. Ed e' proprio sull'assenza di una razionale giustificazione che si appuntano le ultime considerazioni di questo giudice. Al riguardo, va, infatti, osservato che la mancata previsione della quale il giudice oggi lamenta l'illegittimita' costituzionale non sembra giustificarsi neppure con riferimento alla particolare natura del decreto di archiviazione. Sono, infatti, frequentissimi i casi in cui il decreto di archiviazione contiene pronunzie accessorie di condanna, come, per esempio, quella della confisca di cui all'art. 240, secondo comma, del c.p. o quello della condanna del querelante- remittente al pagamento delle spese processuali ((e cio' ex art. 340 del c.p.p., che non fa distinzione alcuna circa la fase processuale nella quale la remissione viene fatta ed impone, quindi, la condanna nel decreto di archiviazione). Il condannato che, in tali ipotesi, abbia a dolersi del provvedimento puo' ben promuovere contro lo stesso un incidente di esecuzione (Cass., II, 30 aprile 1991 (c.c. 27 marzo 1991) n. 2237, in Mass. uff. Cass. m. 187011).
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenutala rilevante e non manifestamente infondata, solleva questione incidentale di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, degli artt. 554, 408, 125 delle disp. att., 427 e 542 del c.p.p. del 1988, nella parte in cui non prevedono che il querelante debba essere condannato, con il decreto che dispone l'archiviazione, al pagamento delle spese anticipate dallo Stato, nei casi in cui gli elementi giudicati non idonei a sostenere l'accusa in giudizio investano la sussistenza del fatto o la commissione dello stesso da parte del querelato sottoposto ad indagini; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia comunicata al pubblico ministero e sia notificata all'imputato ed al difensore, e notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Massa, addi' 1ยบ giugno 1992 Il giudice: DE GREGORIO 92C1091